L'omologazione dell'accordo di composizione della crisi in caso di voto contrario dell'Agenzia delle Entrate

Luciano Panzani
17 Marzo 2021

Va ritenuto raggiunto l'accordo di composizione della crisi, ai sensi dell'art. 12, comma 1, L. 3/2012, e va quindi comunicata ai creditori la relazione del gestore della crisi sull'esito del voto ai fini delle eventuali contestazioni e della successiva omologazione, quando non sia stata raggiunta la maggioranza del 60% dei creditori aventi diritto al voto, ma il voto negativo espresso dall'Agenzia delle Entrate debba ritenersi convertito ipso iure in voto positivo ai sensi dell'art. 12, comma 3 quater L. 3/2012, come introdotto dall'art. 4 ter comma 1 lett. f, d.l. 137/2020, convertito in L. 176/2020, quando tale voto sia: a) decisivo ai fini dell'approvazione della proposta; b) la proposta di accordo consenta una soddisfazione maggiore dell'Agenzia rispetto a quella ricavabile dalla procedura di liquidazione del patrimonio ai sensi degli artt. 14 ss. L. 3/2012.
Massima

Va ritenuto raggiunto l'accordo di composizione della crisi, ai sensi dell'art. 12, comma 1, L. 3/2012, e va quindi comunicata ai creditori la relazione del gestore della crisi sull'esito del voto ai fini delle eventuali contestazioni e della successiva omologazione, quando non sia stata raggiunta la maggioranza del 60% dei creditori aventi diritto al voto, ma il voto negativo espresso dall'Agenzia delle Entrate debba ritenersi convertito ipso iure in voto positivo ai sensi dell'art. 12, comma 3 quater L. 3/2012, come introdotto dall'art. 4 ter comma 1 lett. f, d.l. 137/2020, convertito in L. 176/2020, quando tale voto sia: a) decisivo ai fini dell'approvazione della proposta; b) la proposta di accordo consenta una soddisfazione maggiore dell'Agenzia rispetto a quella ricavabile dalla procedura di liquidazione del patrimonio ai sensi degli artt. 14 ss. L. 3/2012.

Il caso

Il Tribunale di La Spezia fa applicazione dell'art. 12, comma 3 quater, L. 3/2012, come introdotto dall'art. 4 ter, comma 1, lett. f, D.L. 137/2020, convertito in L. 176/2020, in un caso in cui alcuni creditori avevano votato contro la proposta di accordo di composizione della crisi presentata nell'ambito della procedura di sovraindebitamento, con la conseguenza che non era stata raggiunta la maggioranza minima del 60% dei crediti ammessi. Il Tribunale accerta che risultano soddisfatte le condizioni previste dalla norma, di recentissima introduzione, perché il voto dell'Agenzia era determinante ai fini dell'approvazione della proposta e perché la proposta di soddisfacimento risultava più conveniente dell'alternativa liquidatoria.

Questioni giuridiche

L'art. 12, comma 3 quater, L. 3/2012, recita: “Il tribunale omologa l'accordo di composizione della crisi anche in mancanza di adesione da parte dell'amministrazione finanziaria quando l'adesione è decisiva ai fini del raggiungimento delle percentuali di cui all'articolo 11, comma 2, e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione dell'organismo di composizione della crisi, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione è conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria”.

La norma detta una regola diversa, ma non troppo lontana da quella già prevista dal secondo comma dell'art. 12, secondo il quale “quando uno dei creditori che non ha aderito o che risulta escluso o qualunque altro interessato contesta la convenienza dell'accordo, il giudice lo omologa se ritiene che il credito può essere soddisfatto dall'esecuzione dello stesso in misura non inferiore all'alternativa liquidatoria disciplinata dalla sezione seconda”.

Come osserva il Tribunale di La Spezia, l'art. 12, comma 3 quater costituisce riproduzione dell'art. 80, comma 3, primo periodo, CCII, riferito alla procedura di concordato minore, dove la procedura liquidatoria di raffronto è costituita dalla liquidazione controllata.

Si tratta di una regola prevista anche per il concordato preventivo e per gli accordi di ristrutturazione dagli artt. 180, comma 4 e 182 bis, comma 4, L.fall., come modificati dall'art. 1 bis D.L. 125/2020 convertito in l. 159/2020.

La medesima disposizione è contenuta nell'art. 48, comma 5, CCII in tema di accordi di ristrutturazione.

Il Tribunale di La Spezia ritiene che per effetto della norma in commento il voto dell'Amministrazione finanziaria si converta da voto negativo in voto favorevole, conclusione questa che non deriva necessariamente dal tenore della legge, che si limita ad affermare che il tribunale omologa l'accordo anche in mancanza di adesione dell'amministrazione finanziaria. Secondo il tribunale, occorrerebbe comunque un voto espresso dall'Agenzia delle Entrate, mentre la lettera della legge consentirebbe di ritenere che il tribunale, ricorrendo le altre condizioni di legge, possa approvare l'accordo anche quando non vi è stata espressione di voto da parte del creditore.

Osservazioni

Va anzitutto notato che la nuova fattispecie ha un ambito più ristretto di quello disciplinato dal secondo comma dell'art. 12 L. 3/2012. In quest'ultimo caso, infatti, vi è un'applicazione del cram down quando un creditore che non ha aderito o che risulta escluso o qualsiasi altro interessato contesta la convenienza dell'accordo. Come nel caso che ci occupa, anche in quest'ipotesi il tertium comparationis è il trattamento previsto in caso di liquidazione ai sensi della disciplina del sovraindebitamento, ma oggetto di esame è soltanto la convenienza dell'accordo per il creditore che non ha votato o che è stato escluso e che è dissenziente. Al contrario, per l'ipotesi in esame, occorre che il voto dell'Amministrazione finanziaria sia decisivo per il raggiungimento della maggioranza.

Come si è detto, anche nel caso disciplinato dall'art. 48, comma 5, CCII per gli accordi di ristrutturazione, il legislatore ha usato la medesima formula prevista dall'art. 12, comma 3 quater, facendo riferimento alla mancata adesione dell'amministrazione. E la stessa formula è stata utilizzata nell'art. 80, comma 3, CCII, per il concordato minore. In quest'ultimo caso, infatti, come risulta dalla Relazione governativa, il legislatore ha recepito il suggerimento della Commissione Giustizia della Camera di uniformare la disciplina con quella prevista dall'art. 48.

Viceversa l'art. 180, comma 5, L.fall. nel testo emendato recita: “Il tribunale omologa il concordato preventivo anche in mancanza di voto da parte dell'amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando l'adesione è determinante ai fini del raggiungimento delle maggioranze di cui all'art. 177 e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista di cui all'art. 161, terzo comma , la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria”.

E l'art. 182 bis, comma 4, per gli accordi di ristrutturazione, ritorna alla diversa formula:Il tribunale omologa l'accordo anche in mancanza di adesione da parte dell' amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando l'adesione è decisiva ai fini del raggiungimento della percentuale di cui al primo comma e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista di cui al medesimo comma, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria”.

Confrontando le diverse formule usate dal legislatore (e si noti che si tratta di modifiche che sono state introdotte quasi contestualmente, per rendere più agevole l'approvazione della proposta del debitore nelle diverse procedure) sembra evidente che, nel caso del concordato preventivo, si fa riferimento alla mancanza di voto dell'Amministrazione e quindi anche al caso in cui essa non si sia espressa sulla proposta.

Dove invece si fa riferimento all'adesione, scelta inevitabile nel caso degli accordi di ristrutturazione perché il consenso dei creditori deve essere raggiunto al di fuori di un procedimento di votazione per cui i creditori o aderiscono all'accordo o debbono essere considerati estranei all'accordo stesso, pare che il legislatore abbia inteso prendere in considerazione la sola mancanza di un voto favorevole (in questo senso G. Buffelli F. Clemente, La cd. “transazione fiscale” dalla facoltatività alla obbligatorietà: riflessioni operative in tema di obbligatorietà attenuata, in corso di pubblicazione ).

Il meccanismo previsto dall'art. 12, comma 3 quater pare dunque poter funzionare soltanto quando l'Amministrazione si sia espressa, sia pur in termini negativi, sulla proposta di accordo e non quando non abbia manifestato alcun voto.

Non pare invece che si possa concordare con il Tribunale di La Spezia, come si è già accennato, quando afferma che per effetto del meccanismo previsto dal legislatore al voto contrario dell'Amministrazione si sostituisce un voto favorevole, perché in realtà la formula legislativa si limita a stabilire che il tribunale può omologare l'accordo nonostante il voto contrario, a condizione che tale voto sia decisivo ai fini della formazione della maggioranza. Altrimenti, infatti, il consenso dell'Amministrazione sarebbe irrilevante vuoi perché vi sarebbe comunque la maggioranza vuoi perché tale maggioranza non potrebbe comunque essere raggiunta anche sterilizzando il voto relativo al credito tributario.

In altri termini nella ricorrenza dei presupposti di legge il voto dell'Amministrazione viene messo in non cale. Diventa irrilevante che la maggioranza di legge non sia stata raggiunta e tale risultato non impedisce l'omologazione.

Una considerazione ulteriore riguarda la ratio legis che il Tribunale di La Spezia riferisce al principio di efficienza della P.A., sancito dall'art. 97 Cost. e che invece la Relazione al codice della crisi sub art. 48 ascrive all'intenzione di evitare ingiustificate resistenze all'omologazione ( in questo caso) degli accordi di ristrutturazione. Se questa è la ragione del principio inserito dal legislatore sia in materia di sovraindebitamento che di procedure maggiori ( e tanto nel codice della crisi che nella legge fallimentare emendata), va detto che là dove non è possibile per il tribunale sostituirsi all'Amministrazione renitente che non voti contro, ma si limiti a non esprimere il proprio voto, lo scopo della novella rischia di non essere realizzato pienamente.

Il funzionario che vota contro per non esporsi a maggiori responsabilità può infatti limitarsi a non esprimere il proprio voto, anche se il comportamento omissivo lo espone maggiormente a profili di censura.

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