Redazione scientifica
24 Marzo 2021

La Corte di cassazione ha sottolineato che nello scrutinio della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi familiari dev'essere valutata sia la pericolosità sociale del soggetto, sia l'effettiva esistenza dei legami familiari presupposti alla richiesta.

È il principio affermato dalla Suprema Corte con l'ordinanza n. 7842/21, depositata il 19 marzo.

La Questura di Genova rigettava la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi famigliari presentata da uno straniero, a causa delle numerose condanne penali.

E sia il Tribunale di Genova, sia la Corte d'appello di Genova ne rigettavano i vari ricorsi.

Lo straniero ricorre quindi in Cassazione lamentando, tra i vari motivi, la violazione degli artt. 132, n. 4, c.p.c., 4, 5, 5-bis, 9, 13 del d.lgs. 286/1998, 8 della Convenzione E.D.U., in quanto la Corte d'appello non si è attenuta ad un precedente principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione, in modo da accertare che «lo straniero rappresenti una minaccia concreta ed attuale per l'ordine pubblico e la sicurezza, tale da rendere recessiva la valutazione degli ulteriori elementi contenuti nel novellato d.lgs. 286/1998, art. 5, comma 5 (la natura e la durata dei vincoli familiari, l'esistenza di legami familiari e sociali con il paese d'origine e, per lo straniero già presente nel territorio nazionale, la durata del soggiorno pregresso)».

Nel caso di specie la Corte d'appello di Genova ha erroneamente valutato la pericolosità sociale dell'attore esclusivamente sulla base dei suoi precedenti penali, elementi che non possono tuttavia esaurire il giudizio sulla pericolosità sociale del soggetto previsto dalla normativa di riferimento. La Corte ha già ribadito in precedenza che «detto giudizio infatti deve essere esteso anche alla valutazione della personalità dello straniero, della sua condotta di vita, delle manifestazioni sociali nelle quali quest'ultima si articola, poiché solo in questo modo è possibile compiere quella complessiva ponderazione circa la sussistenza di una attuale pericolosità sociale del soggetto» (Cass. civ., n. 17070/18).

Ne consegue che la commissione di reati non può essere automaticamente ricondotta ad ipotesi di pericolosità sociale conclamata, qualora non si enuclei un quadro di elementi eloquenti circa la predetta pericolosità, desumibili da valutazioni tratte dalla concretezza degli episodi della condotta di vita e dalla personalità complessiva dello straniero.

La Corte d'appello ha inoltre ritenuto erroneamente l'assenza di effettivi legami familiari senza considerare le risultanze della documentazione sul contesto familiare acquisita agli atti del giudizio, travisandone inoltre il contenuto.

Infatti, nè il matrimonio tra soggetti di età diversa, nè il fatto che la madre si trovi all'estero per motivi di studio, nè la circostanza che la nonna materna sia molto presente nella vita del nipote e nella gestione familiare sono elementi a tal punto rilevanti.

Ed è per questo che la Corte di cassazione ha enunciato il seguente principio di diritto: «nell'ambito dello scrutinio della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi familiari dev'essere valutata sia la pericolosità sociale del soggetto, sia l'effettiva esistenza dei legami familiari presupposti alla richiesta. La prima va valutata in base ad elementi di fatto aggiornati all'epoca della decisione, ovvero su presunzioni a loro volta poggiate su circostanze concrete ed attuali, potendosi richiamare i precedenti penali del soggetto, se risalenti nel tempo, solo come elemento di sostegno indiretto della predetta valutazione, in quanto indicatori della personalità del soggetto. Allo stesso modo, nell'apprezzamento dell'esistenza e del livello di effettività dei legami familiari si deve tener conto degli elementi di fatto emersi dall'istruttoria, avendo cura di attribuire valenza neutra a quelli che, oggettivamente, non sono idonei ad indicare un sostanziale abbandono, da parte del richiedente, del contesto familiare, o comunque una sua rilevante disaffezione nei confronti dei suoi prossimi congiunti. Nell'ambito di tale disamina, l'età dei coniugi al momento del matrimonio, la circostanza che uno di essi viva all'estero per giustificati motivi, e che in sua vece intervenga nella vita familiare una diversa figura parentale, non sono elementi che possono, di per sé soli, essere ritenuti decisivi ai fini della prova di un contesto di abbandono familiare, tanto meno quando sia comunque accertata la presenza, nel contesto familiare, del richiedente il permesso di soggiorno, e sia nota l'esistenza di una misura di limitazione della sua libertà personale che, di per sé stessa, giustifica ampiamente da un lato la sua minore, o più difficoltosa, presenza nella vita dei congiunti, e dall'altro lato la presenza, nella quotidianità familiare, di altra figura parentale di riferimento e di ausilio».

Per questi motivi, la Corte di cassazione accoglie il ricorso, cassa la sentenza e rinvia la causa alla Corte d'appello di Genova, in diversa composizione, anche per le spese processuali.

*fonte: www.dirittoegiustizia.it

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