Aspetti fiscali del concordato con assunzione

Angelo Sica
25 Marzo 2021

Ai sensi dell'art. 124 l.f., l'imprenditore che si trovi in stato crisi può proporre ai creditori un concordato fallimentare sulla base di un piano che preveda la presenza della figura dell'assuntore, il quale si obbliga a soddisfare i crediti concorsuali nella misura concordata, dietro corrispettivo della cessione delle attività fallimentari.
Premessa

L'art. 160, comma 1, lett. b) l.f. prevede che l'imprenditore che si trovi in stato crisi possa proporre ai creditori un concordato preventivo sulla base di un piano che attribuisca ad un assuntore le attività delle imprese interessate dalla proposta di concordato.

La stessa possibilità viene prevista nell'ambito del concordato fallimentare, che può essere proposto, ai sensi dell'art. 124 l.f., da uno o più creditori o anche da un terzo, anche prima del decreto che rende esecutivo lo stato passivo. In questo caso la proposta può prevedere la presenza della figura dell'assuntore del concordato, che si obbliga a soddisfare i crediti concorsuali nella misura concordata, dietro corrispettivo della cessione delle attività fallimentari.

Nel presente contributo si intendono affrontare gli aspetti fiscali di tali concordati con assunzione, con particolare riferimento alla determinazione dell'imposta di registro sul decreto di omologazione.

L'imposta di registro: profili generali

In generale, l'imposta di registro si applica agli atti soggetti a registrazione e a quelli volontariamente presentati per la registrazione, nella misura indicata nella Tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 26 aprile 1986.

Fra i casi più frequenti si annoverano il contratto di locazione (nella misura del 2%, con un minimo di € 67,00 alla registrazione), il trasferimento di immobili fra privati (nella misura del 9%), e il trasferimento di immobili destinati a prima casa (nella misura del 2%).

La base imponibile sulla quale calcolare l'imposta, ai sensi dell'art. 43 di tale d.P.R., è costituita, per quanto riguarda i contratti a titolo oneroso traslativi o costitutivi di diritti reali, “dal valore del bene o del diritto alla data dell'atto ovvero, per gli atti sottoposti a condizione sospensiva, ad approvazione o ad omologazione, alla data in cui si producono i relativi effetti traslativi o costitutivi”.

Il medesimo articolo specifica altresì che “i debiti o gli altri oneri accollati e le obbligazioni estinte per effetto dell'atto concorrono a formare la base imponibile”, con la conseguenza che, per il calcolo della base imponibile sulla quale verrà calcolata l'imposta, il valore dei debiti o degli altri oneri accollati e delle obbligazioni estinte andrà sottratto dal valore del bene trasferito, e le aliquote previste dalla Tariffa allegata al testo unico andranno applicate su tale minor importo.

Ne consegue che, qualora l'importo dall'attivo traslato fosse pari al valore dei debiti accollati od estinti, il valore della base imponibile sarebbe uguale a zero e non vi sarebbe alcuna imposta di registro da versare.

Se una disposizione ha per oggetto più beni o diritti, per i quali sono previste aliquote diverse, l'art. 23, comma 1, dispone che si applichi l'aliquota più elevata (ovvero il 3% se nel complesso ceduto non vi fanno parte beni immobili, altrimenti il 9%) salvo che per i singoli beni o diritti siano stati pattuiti corrispettivi distinti. In quest'ultimo caso, verrà applicata in corrispondenza di ciascuno di essi l'aliquota espressamente prevista. Si applicherà, per esempio, il 3% per l'avviamento e sul valore degli altri beni e diritti, il 9% per i fabbricati e le relative pertinenze e i terreni edificabili, lo 0,5% sul valore dei crediti.

Con riferimento alle modalità di sottrazione di tali passività dalla base imponibile, sempre l'art. 23, al comma 4, prevede che: “nelle cessioni di aziende o di complessi aziendali relativi a singoli rami dell'impresa, ai fini dell'applicazione delle diverse aliquote, le passività si imputano ai diversi beni sia mobili che immobili in proporzione del loro rispettivo valore”.

In generale, si assume come valore dei beni o dei diritti quello dichiarato dalle parti nell'atto.

L'art. 51, comma 4, specifica che “per gli atti che hanno per oggetto aziende o diritti reali su di esse il valore di cui al comma 1 (ossia il valore dichiarato dalle parti nell'atto) è controllato dall'ufficio con riferimento al valore complessivo dei beni che compongono l'azienda, compreso l'avviamento ed esclusi i beni indicati nell'art. 7 della parte prima della tariffa (ovvero i contratti di assicurazione, di riassicurazione e di rendita vitalizia) e art. 11-bis della tabella (trattasi dei veicoli iscritti nel pubblico registro automobilistico), al netto delle passività risultanti dalle scritture contabili obbligatorie o da atti aventi data certa a norma del codice civile, tranne quelle che l'alienante si sia espressamente impegnato ad estinguere e quelle relative ai beni di cui al citato art. 7 della parte prima della tariffa e art. 11-bis della tabella”.

L'imposta di registro sui provvedimenti emessi dall'autorità giudiziaria

L'art. 37 prevede che anche i provvedimenti emessi dall'autorità giudiziaria che intervengono in materia di controversie civili (ovvero “quelle in cui si invochi la tutela giurisdizionale verso una pretesa violazione di un diritto soggettivo e che quindi attengano alla esistenza, alla attuazione, alla modificazione e alla estinzione di un diritto soggettivo”, così A. Busani, La tassazione degli atti dell'autorità giudiziaria, in Dir. e Prat. Trib., 2018, 4, 1768, il quale a sua volta richiama A. Uricchio, Attività giudiziaria e imposizione tributaria tra imposta di registro e contributo unificato per l'iscrizione a ruolo, in Boll. Trib., 2006, 5, 380) siano assoggettati ad imposizione indiretta attraverso l'imposta di registro.

Trattasi dei soli provvedimenti emessi da un giudice (sentenze, ordinanze, decreti).

In base al combinato disposto dell'art. 8 Tariffa, parte I, e dell'art. 2 Tabella d.P.R. n. 131 del 26 aprile 1986, viene chiarito chi siano gli organi qualificabili come “autorità giudiziaria”, ovvero gli organi di giurisdizione ordinaria (Giudice di pace, Tribunale, Corte di appello, ma non i provvedimenti della Corte di Cassazione, esclusi dalla registrazione ai sensi dell'art. 73, comma. 2-bis, D.P.R. 115/2002) e della giurisdizione amministrativa (Tribunale amministrativo regionale e Consiglio di Stato).

Con riguardo al profilo operativo, ai sensi dell'art. 10 T.U.R. sono obbligati a richiedere la registrazione degli atti giudiziari i cancellieri e i segretari degli organi giurisdizionali presso i quali prestano servizio.

L'art. 9, comma 1, T.U.R. prevede che le sentenze e gli altri provvedimenti soggetti a registrazione siano trasmessi all'ufficio territoriale dell'Agenzia delle Entrate nella cui giurisdizione opera il pubblico ufficiale che ha richiesto la registrazione.

In generale, ai sensi dell'art. 13, comma 3, T.U.R., tali atti dovranno pervenire all'ufficio finanziario decorsi dieci giorni ed entro trenta giorni dalla data in cui il provvedimento è stato pubblicato o emanato.

L'Amministrazione finanziaria, una volta ricevuti gli atti da assoggettare a registrazione, procederà a liquidare l'imposta dovuta individuando il valore economico da tassare e l'aliquota dell'imposta da applicare.

In merito a tale ultimo aspetto, l'art. 8 della Tariffa, parte prima, relativo agli atti soggetti a registrazione in termine fisso, prevede:

- al comma 1, lett. a), che per gli atti recanti il trasferimento o la costituzione di diritti reali su beni immobili o su unità da diporto, ovvero su altri beni e diritti, si applichino le stesse imposte stabilite per i corrispondenti atti;

- al comma 1, lett. g), che per gli atti di omologa si applichi l'imposta di registro in misura fissa dell'importo di euro 200,00.

L'orientamento dell'agenzia delle entrate

Al riguardo, la circolare n. 27/E del 21 giugno 2012 dell'Agenzia delle Entrate prevede che: “Contrariamente a quanto accade nella procedura di concordato con cessione di beni o in quella con garanzia, nel caso del concordato con terzo assuntore, l'atto giudiziario di omologa produce effetti immediatamente traslativi. Pertanto, il decreto di omologa del concordato con intervento del terzo assuntore, in qualità di atto traslativo della proprietà dei beni a favore del terzo assuntore, deve essere assoggettato ad imposta di registro in misura proporzionale, in base a quanto stabilito dall'articolo 8, lettera a), della Tariffa, parte prima, allegata al TUR, che prevede l'applicazione delle «stesse imposte stabilite per i corrispondenti atti»”.

Di conseguenza, secondo l'interpretazione dell'Agenzia delle Entrate, ai fini fiscali nel decreto di omologa del concordato con assunzione occorre applicare un regime fiscale differente e più oneroso con riguardo all'imposta di registro.

Per quanto riguarda, infatti, le altre tipologie di concordati, la risoluzione dell'Agenzia delle Entrate n. 27 del 26 marzo 2012 ha chiarito che i decreti di omologa dei concordati, sia con garanzia, sia aventi ad oggetto la cessione dei beni ai creditori, debbano essere assoggettati ad imposta di registro in misura fissa, in quanto annoverabili tra gli atti di cui all'art. 8, lettera g) della Tariffa, parte prima, allegata al TUR, avente ad oggetto gli atti “di omologazione”.

Nel concordato con assunzione, al contrario, dove l'omologazione produce effetti immediatamente traslativi della proprietà dei beni a favore dell'assuntore, l'Agenzia delle Entrate prevede che vada applicata l'imposta di registro in misura proporzionale secondo quanto stabilito dall'art. 8, lettera a) della Tariffa, parte prima, allegata al TUR.

Ciò “per coerenza con quanto accade nei concordati privi di effetti traslativi nei quali, alla tassazione in misura fissa applicata nel momento del decreto di omologa, fa poi riscontro la tassazione in misura proporzionale successivamente applicata nel momento in cui vengono posti in essere gli atti traslativi esecutivi del programma concordatario che ha ricevuto l'omologa giudiziale” (cfr. A. Busani, Niente sconti al “terzo assuntore”, in Il Sole 24 Ore, 14 febbraio 2018).

Resta fermo che, in virtù del principio di alternatività IVA/Registro di cui all'art. 40 TUR, tali atti non debbano essere assoggettati all'imposta proporzionale nel caso in cui abbiano ad oggetto operazioni incluse nell'ambito applicativo dell'IVA, nel qual caso l'imposta di registro deve essere applicata in misura fissa.

Per esempio, nel caso di acquisto di immobili, l'acquisto da un'impresa è in generale un atto esente da Iva; ne consegue che l'acquirente dovrà pagare, oltre alle imposte ipotecarie e catastali fisse, l'imposta di registro in misura proporzionale del 9%.

Al contrario, quando si applica l'Iva, l'acquirente dovrà pagare l'imposta sul valore aggiunto e l'imposta di registro fissa di 200 euro, e ciò, per esempio, nei seguenti casi di:

- cessioni effettuate dalle imprese costruttrici o di ripristino dei fabbricati entro 5 anni dall'ultimazione della costruzione o dell'intervento oppure anche dopo i 5 anni, se il venditore sceglie di assoggettare l'operazione a Iva (la scelta va espressa nell'atto di vendita o nel contratto preliminare);

- cessioni di fabbricati abitativi destinati ad alloggi sociali, per le quali il venditore sceglie di sottoporre l'operazione a Iva (anche in questo caso, la scelta va espressa nell'atto di vendita o nel contratto preliminare).

Per quanto riguarda la determinazione della base imponibile, l'Agenzia delle Entrate ritiene che “l'accollo delle obbligazioni scaturenti dal concordato da parte del terzo assuntore costituisca una disposizione intrinsecamente connessa a quella relativa al trasferimento dell'attivo fallimentare, essendo entrambe finalizzate a realizzare una vicenda giuridica unitaria ed inscindibile”.

Ad avviso dell'Agenzia delle Entrate, da ciò consegue che “si rende applicabile la disposizione recata dall'art. 21, comma 2, TUR, relativo agli atti contenenti più disposizioni che derivano necessariamente le une delle altre. In ossequio a tale disposizione normativa, l'imposta di registro si applica come se l'atto contenesse la sola disposizione che dà luogo alla imposizione più onerosa, da determinare avendo riguardo sia all'aliquota che alla base imponibile”.

Sulla medesima base imponibile andrà determinata, ai sensi dell'art. 2 del D.L. n. 347 del 31 ottobre 1990 (il primo comma di articolo prevede che: “l'imposta proporzionale dovuta sulle trascrizioni è commisurata alla base imponibile determinata ai fini dell'imposta di registro o dell'imposta sulle successioni e donazioni”.), l'imposta ipotecaria proporzionale nella misura del 2% (cfr. Tariffa Allegato 1 al D.L. 347 del 31 ottobre 1990) e l'imposta catastale nella misura del 10 per mille sul valore dei beni immobili o dei diritti reali immobiliari, ovvero entrambe nella misura fissa di euro 200,00 per le volture eseguite in dipendenza di atti che non importano trasferimento di beni immobili né costituzione o trasferimento di diritti reali immobiliari e per gli atti soggetti all'imposta sul valore aggiunto.

Affinché si perfezioni la registrazione dell'atto giudiziario, una volta liquidata l'imposta da parte dell'Agenzia delle Entrate, occorre che uno dei soggetti individuati dalla legge proceda al pagamento del dovuto.

L'art. 57 T.U.R. stabilisce che, per quanto riguarda gli atti giudiziari, ad essere obbligate all'assolvimento dell'imposta siano le parti in causa, solidalmente tra loro, a cui verrà notificato un avviso di liquidazione con il quale verrà richiesto il versamento entro il termine di sessanta giorni dal ricevimento dell'avviso stesso.

L'orientamento giurisprudenziale

Passando ad analizzare le pronunce dei giudici di merito, in passato vi sono state diverse sentenze che hanno contraddetto l'impostazione dell'Agenzia delle Entrate in merito all'applicazione dell'imposta di registro in misura proporzionale.

Si pensi alla sentenza n. 1303 della CTP di Milano del 13 febbraio 2017, che si è espressa in merito alla corretta tassazione ai fini dell'imposta di registro di un decreto di omologazione di un concordato fallimentare con terzo assuntore, sostenendo che: “La tesi dell'ufficio è contraddetta dalla specifica disposizione contenuta nell'art. 8, lettera g) parte prima della Tariffa sopra richiamata, che, in applicazione del criterio cosiddetto nominalistico, sottopone ad imposta di registro nella misura fissa, tutti gli atti giudiziari di omologazione. Non sussistono elementi di diritto positivo che, in contrasto con il tenore letterale della norma, legittimino una interpretazione tendente ad escludere il decreto di omologa del concordato fallimentare, con intervento del terzo assuntore, dal novero dei provvedimenti di omologa indistintamente sottoposti a tassazione fissa dal citato art. 8, lettera g). Poiché la tassazione di tutti gli atti di omologa sconta l'imposta fissa prevista dall'apposita disposizione, non vi è spazio per una diversa applicazione dell'imposta proporzionale prevista dall'art. 9, parte prima, Tariffa, riguardante i soli «atti diversi da quelli altrove citati»”.

Tale sentenza è conforme a quanto sancito in precedenza dalla CTR della Lombardia, sede distaccata di Brescia, con la sentenza n. 2816 del 26 maggio 2014, dove veniva chiarito che “la disposizione normativa assoggetta ad imposta di registro pari al 3% (misura pari al 3% stabilita per i corrispondenti atti, se gli stessi hanno contenuto patrimoniale) gli atti dell'autorità giudiziaria ordinaria o speciale in materia di controversie civili recanti trasferimento o costituzione di diritti reali su beni immobili o su unità da diporto ovvero su altri beni e diritti”. Quindi la revisione in questione si riferisce ai soli atti di trasferimento o costituzione di diritti reali e non riguarda gli atti, quali sentenze o decreti, di omologazione come quello di cui trattasi, non essendo avvenuto a favore del terzo assuntore alcun trasferimento o costituzione di diritti reali su alcun bene o diritto. Se il legislatore avesse voluto inserire nella previsione in argomento anche il trasferimento (o la costituzione di diritti reali) di beni diversi da immobili o da autovetture o da unità da diporto e di diritti diversi da quelli reali, avrebbe riportato sic et simpliciter nella nuova formulazione della lett. a) dell'art. 8 la dizione della prima parte della precedente lett. c) dell'art. 8, D.P.R. n. 634 del 1972, statuendo la tassabilità, con aliquota pari al 3%, dei provvedimenti dell'autorità giudiziaria aventi per oggetto beni e diritti diversi da quelli indicati alle lett. a) e b). Pertanto, gli atti di omologazione, in quanto non recanti il trasferimento o la costituzione di alcun diritto reale, come nella fattispecie di cui trattasi, non possono rientrare nella previsione ex art. 8, lett. a), Tariffa, Parte Prima, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986 (Cass. n. 19141/2010)”

Anche la Corte di Cassazione aveva avvallato tale orientamento con alcune pronunce.

Con la sentenza n. 19141 del 7 settembre 2010 aveva affermato che, “In tema di imposta di registro, la sentenza di omologazione del concordato preventivo con cessione dei beni ai creditori, va inquadrata, valorizzando il criterio nominalistico, nella previsione di cui lettera g, dell'art. 8, della tariffa, parte 9, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, comprendente,genericamente, gli atti «di omologazione», con la conseguenza che ad essa si applica l'imposta non in misura proporzionale ma fissa.”

Ad analoga conclusione era giunta la sentenza n. 19596 del 1° ottobre 2015, nella quale veniva sostenuto che “In tema d'imposta di registro, la sentenza di omologazione del concordato preventivo va inquadrata nella previsione di cui alla lettera g) dell'art. 8, della tariffa, parte nona, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, comprendente genericamente gli atti «di omologazione», sicché ad essa si applica l'imposta non in misura proporzionale ma fissa.”

In netta contrapposizione con tali pronunce si è posta la Cass. civ. con la sentenza n. 3286 del 12 febbraio 2018, dove viene affermato che “In tema d'imposta di registro, il decreto di omologa del concordato fallimentare con intervento di terzo assuntore deve essere tassato in misura proporzionale ai sensi della lett. a) dell'art. 8 della tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, in ragione degli effetti immediatamente traslativi del provvedimento, con il quale il terzo assuntore acquista i beni fallimentari, senza che assuma conseguentemente rilevanza il generico e nominalistico riferimento agli «atti di omologazione» contenuto nella lett. g) del detto articolo.”

Tale orientamento è stato recentemente ribadito della Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 13352 del 1° luglio 2020, che ha confermato, nel caso di concordato fallimentare con terzo assuntore, che con il decreto di omologa si realizzano immediatamente effetti traslativi, e che pertanto non sia possibile applicare l'imposta di registro in misura fissa prevista dall'art. 8, comma 1, lett. g) della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. 131 del 1986 per gli atti di omologazione.

Nel caso di specie, avendo il terzo assuntore conseguito al proprio patrimonio solo i crediti del fallimento, la Cassazione si spinge oltre, riconducendo la fattispecie “nell'ambito dell'art. 6 della Tariffa, Parte Prima, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, che tassa le cessioni di credito e non già nell'alveo dell'art. 8 cit., che prevede l'applicazione dell'imposta in misura fissa per il provvedimento di omologa”. Nella sentenza viene giustificata tale interpretazione affermando che “è peraltro in linea col principio generale che ancora l'imposizione di registro agli «effetti dell'atto, piuttosto che al relativo titolo» (art. 20 D.P.R. 131/1986, pur dopo la modifica di cui alla L. 205/2017)”.

Nonostante il cambio di fattispecie, motivato dalla Cassazione considerando gli effetti dell'atto, ovvero l'acquisto di crediti, piuttosto che il relativo titolo, ovvero la sentenza di omologazione, in quest'ultimo caso tuttavia non cambia l'aliquota dell'imposta di registro, che rimane proporzionale e nella misura dello 0,50%. L'art. 6 della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986 prevede, infatti, un'aliquota dell'imposta di registro nella misura dello 0,50% per le “Cessioni di crediti, compensazioni e remissioni di debiti, quietanze, tranne quelle rilasciate mediante scrittura privata non autenticata; garanzie reali e personali a favore di terzi, se non richieste dalla legge”, mentre l'8, comma 1, lett. a) della medesima Tariffa prevede che si applichino le stesse imposte stabilite per i corrispondenti atti, e quindi la medesima aliquota prevista dall'art. 6.

Tali ultime sentenze sostengono, pertanto, la tesi sempre affermata dell'Agenzia delle Entrate, ovvero che in caso di concordato fallimentare con trasferimento dei beni al terzo assuntore, l'imposta di registro debba essere corrisposta in misura proporzionale, atteso che con tale procedura si realizzano effetti immediatamente traslativi che comportano l'applicazione dell'art. 8, lett. a) sopracitato.

Altri aspetti fiscali in capo all'assuntore

Va analizzata anche la problematica del costo fiscalmente riconosciuto delle attività fallimentari nei confronti del terzo assuntore nei concordati fallimentari.

A tal proposito l'Agenzia delle Entrate, con la risposta all'interpello n. 55 del 30 ottobre 2018, ha precisato che, nell'ambito di un concordato fallimentare con terzo assuntore, il costo fiscale delle attività di cui l'assuntore ha acquisito la titolarità giuridica coincide con l'esborso finanziario che quest'ultimo ha dovuto sostenere.

Successivamente, sarà necessario ripartire tale valore tra i vari asset, in modo da riflettere il valore reale dei beni/diritti acquisiti dall'assuntore.

Anche in questo caso, ad avviso dello scrivente, l'interpretazione fornita dall'Agenzia delle Entrate non è corretta. Così facendo verrebbe sottostimato il valore fiscale dei beni in capo all'assuntore, che, di conseguenza, non potrebbe dedurre, attraverso gli ammortamenti delle immobilizzazioni acquisite, l'intero costo sostenuto all'interno dell'operazione di assunzione. Inoltre, in caso di successiva rivendita, il ridotto valore fiscale assegnato ai beni comporterebbe una plusvalenza, sempre ai fini fiscali, più elevata.

Nella stragrande maggioranza dei casi, infatti, l'attivo fallimentare viene acquisito dall'assuntore in parte mediante un apporto ed in parte, in genere quella più rilevante, mediante l'accollo di debiti.

In definitiva, uniformandosi all'interpretazione dell'Agenzia delle Entrate, l'assuntore non vedrebbe valorizzato l'accollo dei debiti, che però comporta, al pari dell'apporto, un'uscita finanziaria in capo allo stesso.

Sarebbe pertanto auspicabile, anche sotto questo profilo, una pronuncia anche di merito che chiarisca quale sia il costo fiscale delle attività acquisite, che secondo lo scrivente dovrebbe essere pari al fabbisogno concordatario, ossia all'importo complessivo offerto dall'assuntore ai creditori; in caso contrario vi sarebbe, dal punto di vista fiscale, una forte penalizzazione dell'operazione di assunzione.

Infine, si segnala la risposta all'interpello n. 34 del 7 febbraio 2020, con cui l'Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti sul soggetto legittimato agli adempimenti fiscali nel concordato fallimentare con assunzione.

Nella risposta in oggetto viene stabilito che: “tutti gli adempimenti IVA inerenti al periodo compreso fra l'apertura e la chiusura del fallimento sono a carico del curatore, inclusi gli obblighi di dichiarazione. La chiusura del fallimento ex art. 130 l.f., per intervenuta definitività del decreto di omologazione del concordato fallimentare con assuntore, non pregiudica la legittimazione del curatore fallimentare ad eseguire i connessi adempimenti fiscali, finalizzati anche all'acquisizione di eventuali crediti d'imposta emergenti dalle dichiarazioni fiscali. Tanto precisato, si conferma che l'istante, in qualità di curatore fallimentare, è il soggetto legittimato a presentare la dichiarazione IVA finale con richiesta di rimborso del credito IVA da erogare all'assuntore, nonché a notificare alla competente Direzione provinciale dell'Agenzia delle entrate l'avvenuta cessione del credito all'assuntore”.

Con riguardo al trasferimento del credito IVA dal fallimento all'assuntore, sempre tale risposta all'interpello afferma che lo stesso “si perfeziona in base al concordato fallimentare per assunzione, fattispecie in cui la posizione dell'assuntore è identica a quella del fallito. Il primo, infatti, succede al secondo a titolo particolare laddove, col suo subingresso nelle singole posizioni debitorie, è prevista la contemporanea liberazione del debitore originario (cfr. Cass., 30 novembre 2010, n. 24263; 2 dicembre 2003, n. 18382; 23 giugno 1998, n. 6231; 30 luglio 1984, n. 4535; 14 aprile 1981, n. 2227)”.

In conclusione

Ad avviso dello scrivente, il tenore letterale della lettera g), dell'art. 8, della Tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, dove si fa riferimento a decreti di omologazione, senza prevedere alcuna eccezione, non lascia dubbi; riprendendo quanto affermato dalla sentenza della CTR sopracitata, se il legislatore avesse voluto escludere il decreto di omologazione di un concordato fallimentare con terzo assuntore dall'applicazione dell'imposta in misura fissa, lo avrebbe esplicitamente previsto.

L'orientamento favorevole all'applicazione dell'imposta di registro in misura proporzionale applica alla fattispecie in esame, per analogia legis, quanto disposto dalla lettera a) dell'art. 8, relativa agli atti recanti il trasferimento o la costituzione di diritti reali su beni immobili o su unità da diporto, ovvero su altri beni e diritti.

L'applicazione analogica è possibile, però, solo in quei casi in cui la fattispecie concreta sottoposta all'esame dell'interprete non appare disciplinata da alcuna disposizione di legge specifica, e non è questo il caso.

Viene qui in rilievo la concezione illuminista del primato della legislazione, che ha il compito di realizzare sul piano concreto e di tradurre in termini positivi i principi assoluti e razionali di giustizia attraverso poche, chiare e semplici leggi. Tale pensiero sostiene inoltre la certezza del diritto proclamata da Bacone nella celebre citazione “legis tantum interest ut certa sit, ut abusque hoc nec justa esse potest” (F. Bacone De Dignitate et Augmentis Scientarium, libro VIII, titolo I).

Se è vero che, nel caso in oggetto, si manifesta l'effetto traslativo dell'attivo a favore del terzo assuntore già con il decreto di omologa, mentre ciò non accade nelle altre ipotesi di concordato, e ciò rappresenta, secondo l'Agenzia delle Entrate e le ultime sentenze della Corte di Cassazione, il discrimine tra l'applicazione dell'imposta in misura fissa od in misura proporzionale, è anche vero che l'intervento del terzo assuntore permette il soddisfacimento dei creditori in misura più elevata e la chiusura della procedura in termini molto più celeri rispetto alla procedura fallimentare.

Si tratta di aspetti di non poco conto, considerando il cronico problema della durata delle procedure fallimentari in Italia e la scarsa, se non nulla, soddisfazione dei creditori chirografari in tali procedure, che, ad avviso dello scrivente, sono degni di tutela da parte del legislatore, prevedendo, per esempio, una minore imposta all'atto del trasferimento della titolarità dell'attivo fallimentare. Tale tutela verrebbe applicata rispettando il tenore letterale della lettera g), dell'art. 8, e quindi applicando l'imposta di registro in misura fissa per i decreti di omologa di tali concordati.

Si rammenta che il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa nel 2009 ha adottato una risoluzione interinale (Trattasi della “Interim Resolution CM/ResDH(2009)42” dove viene affermato che: “Bearing in mind that in Interim Resolution CM/ResDH(2007)27 concerning bankruptcy proceedings the Committee welcomed the 2006 reform of bankruptcy proceedings and its immediate effect in erasing many of the restrictions on rights and freedoms criticised in the Court's judgments; moreover, it called on the Italian authorities to provide information on the effects of this reform as regards the acceleration of bankruptcy proceedings and decided to examine these cases in conjunction with those related to the more general problem of the excessive duration of judicial proceedings; Recalling that the dysfunction of the justice system, as a consequence of the length of proceedings, represents an important danger, not least for the respect of the Rule of Law”) riguardante l'eccessiva durata delle procedure giudiziarie in Italia, osservando che la riforma del 2006, in materia di procedure fallimentari, ne ha agevolato l'accelerazione e ridotto il numero, ma esortando altresì le autorità italiane a garantire l'accelerazione dei procedimenti fallimentari, mediante l'adozione di apposite misure volte alla celere definizione anche di quelli ai quali non si applica la riforma.

A ciò si aggiunga che il concordato con assunzione sarebbe addirittura penalizzato rispetto ai concordati senza assunzione quando, per esempio, gli atti traslativi esecutivi del programma concordatario che ha ricevuto l'omologa giudiziale fossero sottoposti ad imposta sul valore aggiunto, per definizione neutra, invece che ad imposta di registro.

Per questi motivi sarebbe auspicabile un nuovo intervento della Cassazione, magari a sezioni unite, che chiarisca in modo definitivo il punto e agevoli, il più possibile, l'intervento del terzo assuntore.

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