Sì al risarcimento danni da lesione del rapporto parentale, anche se il danneggiato non conviveva con la vittimaFonte: Cass. Civ. sez. VI, 24 marzo 2021, n. 8218 | Cass. Civ. sez. III, 16 marzo 2012, n. 4253 | Costituzione 27 dicembre 1947 n. 0 Articolo 2 | Costituzione 27 dicembre 1947 n. 0 Articolo 29 | Costituzione 27 dicembre 1947 n. 0 Articolo 30 | Costituzione 27 dicembre 1947 n. 0 Articolo 31 | Costituzione 27 dicembre 1947 n. 0 Articolo 32 | Cod. Civ. Articolo 1226 | Cod. Civ. Articolo 2043 | Cod. Civ. Articolo 2059 | Cass. Civ. sez. III, 20 ottobre 2016, n. 21230
26 Marzo 2021
Sul tema la Suprema Corte con l'ordinanza n. 8218/2021, depositata il 24 marzo.
La Corte d'Appello di Roma confermava la decisione di primo grado concernente la richiesta di risarcimento danni da lesione del rapporto parentale patiti da tre nipoti per la morte della zia, investita mentre attraversava la strada. La decisone si basava sul precedente di Cass. n. 4253/2012 secondo cui «perché…possa ritenersi risarcibile la lesione del rapporto parentale subita da soggetti estranei a ristretto nucleo familiare (quali i nonni, i nipoti, il genero, o la nuora) è necessario che sussista una situazione di convivenza, in quanto connotato minimo attraverso cui si esteriorizza l'intimità delle relazioni di parentela, anche allargate, contraddistinte da reciproci legami affettivi, pratica della solidarietà e sostegno economico, solo in tal modo assumendo rilevanza giuridica il collegamento tra danneggiato primario e secondario, nonché la famiglia intesa come luogo in cui si esplica la personalità di ciascuno, ai sensi dell'art. 2 Cost.». Nel caso di specie la Corte d'Appello ha infatti rilevato che «non vi è dubbio che i tre appellanti risultassero soggetti/parenti non conviventi con la defunta (a nulla rilevando che essi fossero stati istituti eredi della stessa) e che in alcun modo l'esito della prova testimoniale può sopperire alla carenza dell'elemento principale ed assorbente della “convivenza”».
I nipoti della zia defunta ricorrono quindi in Cassazione denunciando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2, 29, 30, 31 e 32 Cost. in combinato disposto con gli artt. 1226, 2043 e 2059 c.c., sostenendo l'erroneità della regola di giudizio applicata dal giudice a quo, in quanto ispirata ad un indirizzo giurisprudenziale respinto da diverse successive pronunce secondo le quali il dato esterno ed oggettivo della convivenza non costituisce elemento idoneo ad escludere a priori il diritto del non convivente al risarcimento del danno non patrimoniale da lesione del rapporto parentale.
Il ricorso è fondato in quanto la Corte di Cassazione ha precedentemente rilevato che «se da un lato, occorre certamente evitare il pericolo di una dilatazione ingiustificata dei soggetti danneggiati secondari, dall'altro non può tuttavia condividersi l'assunto che il dato esterno ed oggettivo della convivenza possa costituire elemento idoneo di discrimine e giustificare dunque l'aprioristica esclusione, nel caso di non sussistenza della convivenza, della possibilità di provare in concreto l'esistenza di rapporti costanti e caratterizzati da reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto» (Cass. n. 21230/2016) ed inoltre che «il legame parentale tra zio e nipote, di per sé e indipendentemente dalla effettiva convivenza (dato rilevante solo quale eventuale concorrente elemento presuntivo), tra le circostanze che possono giustificare “meccanismi presuntivi” utilizzabili al fine di apprezzare la gravità o l'entità effettiva del danno attraverso il dato della maggiore o minore prossimità formale del legame parentale (…) secondo una progressione che, se da un lato, trova un limite ragionevole (sul piano presuntivo e salva la prova contraria) nell'ambito delle tradizionali figure parentali nominate, dall'altro non può che rimanere aperta alla libera dimostrazione della qualità di rapporti e legami parentali che, benchè di più lontana configurazione formale (…) si qualifichino per la loro consistente e apprezzabile dimensione affettiva e/o esistenziale».
Per questi motivi la Corte di Cassazione accoglie il ricorso, cassa la sentenza e rinvia alla Corte d'Appello di Roma in diversa composizione anche per le spese processuali.
(Fonte: DirittoeGiustizia.it) |