E' legittima l'azione del Condominio diretta a tutelare il bene comune nel rispetto dei limiti dell'art. 1102 c.c.

Nicola Frivoli
29 Marzo 2021

Il condomino che si serve del muro perimetrale per ricavarne maggiore vantaggio nel godimento di una unità immobiliare già strutturalmente e funzionalmente collegata al bene comune, lo fa nell'esercizio del diritto di condominio, i cui limiti sono segnati dall'art. 1102 c.c., non avvalendosi di una servitù.

Così la Corte di cassazione, sez. II Civile, con l'ordinanza n. 7884/21; depositata il 19 marzo.

Il caso. Un Condominio proponeva innanzi al Tribunale domanda diretta ad ottenere il ripristino dello stato dei luoghi stante l'illegittimità dell'apertura praticata da una condomina nella ringhiera del balcone di sua proprietà, apertura che le consentiva di scendere direttamente nel cortile comune. Si costituiva la convenuta la quale pregiudizialmente eccepiva il difetto di procura alle liti conferito dall'amministratore e, nel merito, affermava la legittimità del proprio operato e di aver già provveduto al ripristino dello stato dei luoghi in modo stabile e definitivo.
Il giudice di primo grado accoglieva la domanda dell'attore, ordinando il ripristino dello stato dei luoghi. Avverso tale pronuncia veniva proposto gravame innanzi Corte d'appello che confermava la sentenza di prime cure. Avverso la decisione del giudice del gravame, la condomina proponeva ricorso in Cassazione adducendo cinque motivi.
Con il primo motivo, la ricorrente eccepiva la violazione e falsa applicazione degli artt. 1102 e 2697 c.c., negando che il varco nella ringhiera del balcone, aperto dalla stessa, determinasse una costituzione di servitù con riguardo al cortile condominiale. Con il secondo motivo, la condomina deduceva l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione e l'omesso esame circa un fatto decisivo, sostenendo che, nel corso del giudizio di primo grado, la stessa aveva chiesto di provare mediante testimoni e CTU, che la chiusura della ringhiera era stata già eseguita in epoca antecedente all'atto di citazione, ma tale istanza, reiterata anche in appello, non era stata ammessa. Con il terzo motivo, eccepiva il vizio di procura alle liti conferita dall'amministratore senza spendita del nome del Condominio e della sua qualità di capo condomino. Con il quarto motivo, contestava il difetto di legittimazione attiva dell'amministratore, stante la carenza di apposita deliberazione autorizzativa dell'assemblea. Con il quinto motivo, contestava l'interesse ad agire del Condominio dopo che la ringhiera era stata comunque chiusa con lo specifico collante. Il Condominio resisteva, con controricorso.

La procura alle liti può essere conferita dall'amministratore anche in assenza di delibera. La Suprema Corte ritiene opportuno esaminare congiuntamente, in quanto connessi, il terzo e quarto motivo del ricorso; questi due motivi sono inammissibili ex art. 360-bis, n.1, c.p.c. Si afferma che l'azione promossa dal Condominio per ottenere la declaratoria di illegittimità della modifica operata dalla condomina, non è una negatoria servitus giacchè ciascun condomino è libero di servirsi della cosa comune, anche per fine esclusivamente proprio, traendo ogni possibile utilità, sicchè il condomino agisce nell'esercizio del diritto di Condominio, i cui limiti sono segnati dall'art. 1102 c.c. e non avvalendosi di servitù. La Cassazione precisa altresì che la denuncia dell'abuso della cosa comune da parte di un condomino rientra tra gli atti conservativi inerenti alle parti comuni dell'edificio che spetta di compiere all'amministratore, ai sensi dell'art. 1130, n. 4, c.c., senza alcuna necessità di autorizzazione dell'assemblea dei condomini (Cass. civ., 25 maggio 2016, n. 10865). La procura alle liti conferita dall'amministratore è poi valida anche se la persona fisica che la conferisce non indichi espressamente la qualità di rappresentante, purchè tale qualità risulti dall'intestazione o anche dal contesto dell'atto.

Il condomino è libero di servirsi della cosa comune senza avvalersi di una servitù. La Suprema Corte esamina congiuntamente il primo, il secondo e quinto motivo del ricorso, in particolare il secondo e il quinto motivo vanno integralmente rigettati atteso che le prove che la ricorrente lamenta non essere state ammesse si rivelano prive di decisività; per il primo motivo gli ermellini hanno ritenuto che la modifica eseguita sulla ringhiera del balcone per accedere al cortile condominiale non costituisse uso illegittimo della cosa, pertanto, ne consegue, che non vi è ragione di negare l'interesse ad agire del Condominio per ottenere l'accertamento del dedotto abuso.

In conclusione, i motivi di censura sono stati considerati infondati ed il ricorso è stato rigettato, con condanna della ricorrente alla rifusione delle spese di lite in favore della parte contro ricorrente.

*fonte: www.dirittoegiustizia.it