Se il consigliere dell’ordine si dimette dopo due anni scatta comunque lo stop per un mandato

31 Marzo 2021

Le Sezioni Unite hanno risolto una (ulteriore) questione interpretativa connessa al c.d. divieto del terzo mandato consecutivo previsto per le elezioni forensi in una fattispecie particolare in cui l'avvocato che si ricandidava aveva già svolto un secondo mandato, seppure non per tutta la durata a causa delle sue dimissioni.

Dimissioni. Nel caso di specie, infatti, la questione riguardava l'eleggibilità di un avvocato che era stato parte del Consiglio dell'ordine per due mandati il secondo dei quali, però di durata almeno pari al tempo trascorso tra la data di dimissioni anticipate e l'indizione delle elezioni per la consiliatura successiva oggetto di contenzioso.

Più precisamente era stato eletto consigliere per i mandati 2011-2013 e 2014-2018, ma il secondo mandato (iniziato il 9 febbraio 2015) si era concluso anticipatamente per dimissioni il 13 marzo 2017. Secondo il resistente non vi erano problemi per la sua rieleggibilità poiché tra la data di dimissioni (13 marzo 2017) e la data delle nuove elezioni (12 aprile 2019) era trascorso un periodo di tempo pari all'ultima consiliatura «effettiva».

Il quadro normativo. Ebbene, anche in questo caso, la norma rilevante è l'art. 3, comma 3, della l. 113/2017 in base alla quale - per quanto qui di interesse - «i consiglieri non possono essere eletti per più di due mandati consecutivi. La ricandidatura è possibile quando sia trascorso un numero di anni uguale agli anni nei quali si è svolto il precedente mandato».

E ciò ferma l'operatività del comma 4 in base al quale «dei mandati di durata inferiore ai due anni non si tiene conto ai fini del rispetto del divieto di cui al secondo periodo del comma 3».

Per le Sezioni Unite occorre dare seguito, anche in questo caso, all'interpretazione consolidata (e «supportata» dalla Consulta) secondo cui «il limite rappresentato dal divieto di presentazione del candidato che abbia già espletato due mandati consecutivi [deve] essere intesto in senso oggettivo, rilevando, come suggerito dall'autorevole interpretazione che delle norma è stata offerta dalla Consulta, la necessità di impedire un terzo mandato da parte di chi abbia svolto le funzioni di consigliere, seppure solo per parte della consiliatura, per due mandati consecutivi, essendo quindi necessario attendere il decorso di una tornata elettorale dopo l'espletamento del secondo mandato (sebbene non integrale) trovando eccezione tale divieto nella sola ipotesi in cui uno dei precedenti mandati non abbia raggiunto la durata dei due anni».

Del resto la ratio della norma è quella di favorire la più ampia partecipazione degli iscritti all'esercizio delle funzioni di governo degli Ordini, favorendone l'avvicendamento nell'accesso agli organi di vertice, in modo tale da garantire la par condiciotra i candidati senza che possano valere «rendite di posizione».

Ne deriva che «per valutazione legislativa ogni prolungato esercizio del mandato, come dalla norma individuato per tempo pari alla durata di due mandati consecutivi (purché ognuno non inferiore a due anni e cioè, per gli Avvocati in ragione della metà della durata del mandato ordinario) preclude la (immediata) rieleggibilità del consigliere».

E ciò «al fine di impedire la cristallizzazione della sua rendita di posizione e di porre almeno un limite o correttivo a quella che da taluni si è definita come l'evidente asimmetria di potere tra esponenti già in carica - soprattutto se da anni e per un mandato già rinnovato - e nuovi aspiranti alla carica».

Posizione processuale dei consiglieri eletti ed eleggibili… Infine, la Suprema Corte ha modo di prendere posizione con riferimento a due importanti questioni processuali che si pongono nel contenzioso elettorale.

La prima attiene alla conseguenza della mancata evocazione in giudizio dei consiglieri eletti ma rispetto ai quali non viene contestata l'ineleggibilità.

Ebbene, in questo caso non ricorre alcuna ipotesi di litisconsorzio necessario e, nel giudizio di cassazione, la conclusione non muta neppure laddove quei consiglieri si fossero costituiti nel corso del giudizio di primo grado.

Ed infatti, l'eventuale accertamento dell'ineleggibilità individuale «comporta la sola invalidità originaria dell'elezione del soggetto ineleggibile, man non incide sul risultato complessivo della tornata elettorale, che resta valido ed efficace».

… e tempestività del reclamo elettorale. La seconda questione processuale riguarda, infine, la tempestività del reclamo elettorale: è sufficiente il mero deposito presso il Consiglio Nazionale Forense o è necessario procedere anche alla sua notificazione ad opera del ricorrente?

Secondo le Sezioni Unite il reclamo elettorale «è ammissibile, una volta che sia tempestivamente depositato o presentato presso il Consiglio Nazionale entro il termine di dieci giorni dalla proclamazione, pur in difetto di preventiva notifica anche ad uno solo degli eletti, competendo all'organo di giurisdizione domestica destinato a conoscere il reclamo disporre che il contraddittorio sia costituito nei confronti dei consiglieri risultati eletti» che devono essere chiamati a partecipare al giudizio.

*fonte: www.dirittoegiustizia.it

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