Le (variegate) infiltrazioni dai beni comuni a danno delle proprietà esclusive

01 Aprile 2021

L'art. 2051 c.c. - secondo cui ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito - ha trovato, frequente e variegata, applicazione anche nel regime del condominio degli edifici, dove l'ente, in veste di custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché le cose comuni non rechino pregiudizio ad alcuno.
Il quadro normativo

L'art. 2051 c.c., secondo cui ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito, prevede una responsabilità oggettivamente presunta in capo al custode per i danni provocati dalla res, salvo che provi il caso fortuito.

Il fondamento della responsabilità prevista dall'art. 2051 c.c. dev'essere, dunque, individuato nel dovere di custodia che grava sul soggetto che, a qualsiasi titolo, ha un effettivo e non occasionale potere fisico sulla cosa in relazione all'obbligo di vigilare affinché la stessa non arrechi danni a terzi.

La norma anzidetta trova applicazione anche nel regime del condominio degli edifici dove l'ente, in veste di custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché le cose comuni non rechino pregiudizio ad alcuno, rispondendo conseguentemente dei danni da queste cagionati sia a terzi che agli stessi condomini.

E' opportuno precisare che nella nozione di «beni comuni» non rientrano i balconi di un edificio condominiale, ai sensi dell'art. 1117 c.c., non essendo necessari per l'esistenza del fabbricato, nè essendo destinati all'uso od al servizio di esso, a differenza del rivestimento del parapetto e della soletta i quali devono invece essere considerati beni comuni se svolgono una prevalente funzione estetica per l'edificio, divenendo così elementi decorativi ed ornamentali essenziali della facciata e contribuendo a renderlo esteticamente gradevole (Cass. civ., sez. II, 14 dicembre 2017, n. 30071).

In particolare, per quanto concerne i danni sofferti dal singolo condomino per il cattivo funzionamento di un impianto condominiale o per la difettosità di parti comuni dell'edificio (Cass. civ., sez. III, 11 febbraio 1981, n. 850) dalle quali provengono infiltrazioni d'acqua od umidità pregiudizievoli per gli ambienti di sua proprietà esclusiva (Cass. civ., sez. III, 7 maggio 1981, n. 2998), si è affermato che il medesimo, allorché agisca per la ricostituzione della sua integrità patrimoniale già lesa, si presenta in posizione di «terzo» nei confronti del condominio (Cass. civ., sez. lav., 11 febbraio 1987, n. 1500).

Consegue che per il verificarsi della responsabilità ex art. 2051 c.c., per i danni causati da infiltrazioni è allora necessario e sufficiente che l'attore fornisca la prova di una relazione tra la cosa in custodia e l'evento dannoso (infiltrazioni) che risulti riconducibile ad una anomalia, originaria e sopravvenuta, nella struttura e nel funzionamento dei beni comuni (ad esempio, gli impianti), nonché l'esistenza di un effettivo potere fisico su di essi da parte del condominio-custode, sul quale incombe il dovere di vigilare e di mantenerne il controllo dei beni comuni onde evitare che producano danni alle proprietà esclusive dei condomini.

Al riguardo, vertendosi in tema di responsabilità civile per i danni cagionati da cose in custodia, per aversi il caso fortuito occorre che il fattore causale estraneo al soggetto danneggiante abbia un'efficacia di tale intensità da interrompere il nesso eziologico tra la cosa custodita e l'evento lesivo, ossia che possa essere considerato una causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare il prodursi dell'evento dannoso.

In tema di condominio, l'ente di gestione ha la custodia delle parti comuni, sulla cui scorta dunque consegue che è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché le cose comuni non rechino pregiudizio ad alcuno rispondendo, in base all'art. 2051 c.c., dei danni cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini, ancorché tali danni siano imputabili a difetti costruttivi dello stabile.

Inoltre, il condominio, in ottemperanza ai propri doveri di diligenza quale custode dei beni condominiali, deve attivarsi immediatamente per indagare sulle possibili cause delle infiltrazioni al fine di porvi rimedio.

Conseguentemente, il condominio che protrae la propria condotta negligente anche successivamente alla tardiva individuazione della causa delle infiltrazioni aggravando ulteriormente la situazione di danno già subita dalla proprietà esclusiva del singolo condomino, risponde degli ulteriori danni patrimoniali e non patrimoniali arrecati all'altrui proprietà per effetto del proprio comportamento omissivo.

Nell'ipotesi di infiltrazioni di acqua derivanti da una parte comune di edificio condominiale, il danno subito dal proprietario per l'indisponibilità del medesimo può definirsi in re ipsa, purchè inteso in senso di normale inerenza del pregiudizio all'impossibilità stessa di disporre del bene, senza fare venire meno l'onere per il danneggiato di allegare e provare, con l'ausilio delle presunzioni, il fatto da cui discende il lamentato pregiudizio, ossia che se egli avesse immediatamente recuperato la disponibilità dell'immobile, l'avrebbe subito impiegato per finalità produttive, quali il suo godimento diretto o la sua locazione (Cass. civ., sez. II, 9 ottobre 2020, n. 21835).

La solidarietà impropria del condominio per i danni da infiltrazioni arrecati alla proprietà esclusiva di un condomino

Il condominio di un edificio, quale custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinchè tali cose non rechino pregiudizio ad alcuno, e risponde in base all'art. 2051 c.c., dei danni da queste cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini, ancorchè tali danni siano causalmente imputabili altresì al concorso del fatto di un terzo.

In tale caso, si prospetta la situazione di un medesimo danno derivante dalle infiltrazioni all'immobile sottostante, provocato da più soggetti per effetto di diversi titoli di responsabilità, quella ascrivibile al condominio per la custodia dei beni e dei servizi comuni e la responsabilità del singolo proprietario per la custodia dell'unità immobiliare a lui appartenente, il che dà luogo ad una situazione di solidarietà impropria, in quanto relativa a rapporti eziologicamente ricollegati a distinti titoli extracontrattuali.

La conseguenza della corresponsabilità in solido, comporta che la domanda del proprietario dell'appartamento danneggiato va intesa sempre come volta a conseguire per l'intero il risarcimento da ciascuno dei coobbligati, in ragione del comune contributo causale alla determinazione del danno.

Pertanto, al condomino che abbia agito chiedendo l'integrale risarcimento dei danni solo nei confronti del condominio, il risarcimento non può perciò essere negato in ragione del concorrente apporto causale colposo imputabile al singolo condomino, applicandosi in tale caso non l'art. 1227, comma 1, c.c., ma l'art. 2055, comma 1, c.c., che prevede la responsabilità solidale degli autori del danno, non essendo la concorrente mancata manutenzione di porzioni di proprietà solitaria equiparabile alla condotta di un terzo idonea a negare la responsabilità oggettiva del condominio quale custode dei beni e dei servizi comuni ex art. 2051 c.c., a meno che essa, rivelandosi autonoma, non risulti dotata di efficacia causale esclusiva nella produzione dell'evento lesivo (Cass. civ., sez. VI, 12 marzo 2020, n. 7044).

Infiltrazioni e vizi dello stabile

Il condominio di un edificio, quale custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché le cose comuni non rechino pregiudizio ad alcuno (Cass. civ., sez. VI, 12 marzo 2020, n. 7044), rispondendo in base all'art. 2051 c.c. dei danni da queste cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini, ancorché i danni siano imputabili ai vizi edificatori dello stabile comportanti la concorrente responsabilità del costruttore-venditore ex art. 1669 c.c., non potendosi equiparare i difetti originari dell'immobile al caso fortuito, che costituisce l'unica causa di esonero del custode dalla responsabilità dell'art. 2051 c.c. (Cass. civ., sez. III, 20 agosto 2003, n. 12211).

In buona sostanza, il condominio è tenuto ad eseguire le opere destinate ad eliminare od attenuare le infiltrazioni di umidità, riconducibili comunque a fattori rientranti nell'ambito di responsabilità dello stesso ente (Trib. Livorno 23 giugno 2017).

Infatti, in tale senso si è altresì affermato che riguardo ai danni che una porzione di proprietà esclusiva dell'edificio condominiale subisca per i vizi delle parti comuni imputabili all'originario costruttore-venditore, la possibilità di esperire l'azione risarcitoria contro il condominio, quale successore a titolo particolare del costruttore che subentra nella responsabilità posta a carico di quest'ultimo dall'art. 1669 c.c. - tenendo presente che la responsabilità per le obbligazioni di risarcire i danni ex art. 1669 c.c. si trasmette ex lege agli eredi, cioè ai successori a titolo universale, non già agli aventi causa a titolo particolare dall'obbligato, come nel caso del condominio (Cass. civ., sez. II, 6 novembre 1986, n. 6507) - (Cass. civ., sez. III, 9 maggio 1988, n. 3405), attiene alla ricollegabilità di quegli stessi danni all'inosservanza da parte del condominio medesimo dell'obbligo di provvedere, quale custode, in forza dell'art. 2051 c.c., ad eliminare le caratteristiche dannose della res comune, ed è irrilevante la possibilità di esercitare la rivalsa nei confronti del costruttore, ovvero la sussistenza o meno di una concorrente azione contrattuale del singolo condomino nei confronti del venditore (Cass. civ., sez. II, 25 marzo 1991, n. 3209).

Tale precetto fa obbligo a chi detiene, a qualunque titolo una res di adottare tutte le misure necessarie affinché questa non arrechi pregiudizio ad alcuno ed il detto obbligo sussiste anche se le condizioni per le quali il cespite ha acquistato attitudine a produrre un danno siano state poste in essere da altri in virtù del fondamentale precetto del neminem laedere (Trib. Bari 6 dicembre 2007, in cui il condominio è stato ritenuto responsabile delle copiose infiltrazioni di acqua verificatesi nella sala da pranzo e nel bagno di un'immobile di proprietà di un condomino, conseguenti al pessimo stato di manutenzione di alcune strutture comuni).

Infiltrazioni e beni comuni: il lastrico solare

Il lastrico solare, anche se attribuito in uso esclusivo o di proprietà esclusiva di uno dei condomini, svolge funzione di copertura del fabbricato e, perciò, l'obbligo di provvedere alla sua riparazione o ricostruzione, sempre che non derivi da fatto imputabile soltanto al condomino che ne abbia la proprietà esclusiva, grava su tutti i condomini, con ripartizione delle spese ex art. 1126 c.c., e, quindi il condominio, quale custode ex art. 2051 c.c. risponde dei danni che siano derivati al singolo condomino od a terzi per difetto di manutenzione.

L'art. 1126 c.c. che regola la ripartizione fra i condomini delle spese di riparazione del lastrico solare di uso esclusivo di uno di essi, si riferisce alle riparazioni dovute a vetustà e non a quelle riconducibili a difetti originari di progettazione od esecuzione dell'opera, indebitamente tollerati dal singolo proprietario (Cass. civ., sez. II, 30 aprile 2013, n. 10195, ha rilevato che nell'ipotesi in cui la causa delle infiltrazioni risulti conseguente ad un'inadeguatezza delle canalizzazioni condominiali per lo smaltimento delle acque piovane, occorre accertare se possa ravvisarsi anche una concorrente responsabilità del condomino-proprietario esclusivo del lastrico solare, sia sotto il profilo dell'esistenza dei suoi obblighi quanto alla impermeabilizzazione del lastrico, sia con riferimento all'incidenza causale di eventuali carenze di impermeabilizzazione imputabili nella produzione dei relativi danni).

Ciò premesso, le Sezioni unite, (Cass. civ., sez. un., 29 aprile 1997, n. 3672), hanno precisato che il lastrico solare dell'edificio - soggetto al regime del condominio - svolge la funzione di copertura del fabbricato, ragione per cui anche se appartiene in proprietà superficiaria o se è attribuito in uso esclusivo ad uno dei condomini, all'obbligo di provvedere alla sua riparazione od alla ricostruzione sono tenuti tutti i condomini, in concorso con il proprietario superficiario o con il titolare del diritto di uso esclusivo.

Pertanto, dei danni cagionati all'appartamento sottostante per le infiltrazioni d'acqua provenienti dal lastrico, deteriorato per difetto di manutenzione - ad esempio, nell'ipotesi in cui sia stato male impermeabilizzato od il cui deterioramento risulti essere fonte di percolazioni di acqua piovana negli appartamenti sottostanti - rispondono tutti i soggetti obbligati inadempienti all'obbligazione di conservazione, secondo le proporzioni stabilite dall'art. 1126 c.c. vale a dire, i condomini, ai quali il lastrico serve da copertura, in proporzione dei due terzi, ed il titolare della proprietà superficiaria o dell'uso esclusivo, in ragione delle altre utilità, nella misura del terzo residuo.

Sulla scorta di tale pronuncia, la giurisprudenza di legittimità ha quindi affermato il principio che il proprietario o titolare del diritto d'uso esclusivo del lastrico può essere chiamato in giudizio a titolo personale solo ove frapponga impedimenti non altrimenti superabili all'esecuzione dei lavori di manutenzione o ripristino deliberata dagli altri soggetti obbligati, ma al fine di sentirsi inibire comportamenti ostruzionistici od ordinare comportamenti d'indispensabile cooperazione, non al fine di sentirsi dichiarare tenuto all'esecuzione diretta dei detti lavori, che costituisce un'obbligazione comune e non sua personale (Cass. civ., sez. II, 15 luglio 2002, n. 10233).

Ciò posto, in materia di ripartizione delle spese di manutenzione di lastrici solari e terrazze a livello che provocano danni da infiltrazioni agli immobili sottostanti, le Sezioni unite (Cass. civ., sez. un., 10 maggio 2016, n. 9449) hanno successivamente affermato il principio che, in tema di condominio negli edifici, qualora l'uso del lastrico solare - o della terrazza a livello - non sia comune a tutti i condomini, dei danni da infiltrazioni nell'appartamento sottostante rispondono sia il proprietario, o l'usuario esclusivo, quale custode del bene ai sensi dell'art. 2051 c.c., sia il condominio in forza degli obblighi inerenti l'adozione dei controlli necessari alla conservazione delle parti comuni incombenti sull'amministratore, nonchè sull'assemblea dei condomini, tenuta a provvedere alle opere di manutenzione straordinaria.

Il concorso di tali responsabilità va di norma risolto, salva la rigorosa prova contraria della specifica imputabilità soggettiva del danno da infiltrazioni, secondo i criteri di cui all'art. 1126 c.c., che pone le spese di riparazione o di ricostruzione per un terzo a carico del proprietario o dell'usuario esclusivo del lastrico o della terrazza, e per i restanti due terzi a carico del condominio (Cass. civ., sez. II, 17 gennaio 2020, n. 951; Cass. civ., sez. II, 7 febbraio 2017, n. 3239).

Quid juris quando le infiltrazioni provengono da una limitrofa terrazza a livello che assolve sì ad una funzione di copertura, ma in favore di un solo piano sottostante, essendo irrilevante la sua suddivisione in una pluralità di unità immobiliari distribuite in senso solo orizzontale?

Una sentenza di merito (Trib. Catania, 13 marzo 2018, in cui si è altresì precisato che la circostanza che tali unità immobiliari siano di titolarità di diversi proprietari, se per un verso non consente l'automatica applicazione dell'art. 1125 c.c., per altro verso non osta ad un'applicazione analogica di detta disposizione, fungendo sostanzialmente la terrazza, in tale caso, da mero prolungamento del solaio su cui insiste l'appartamento al quale la stessa accede) si è pronunciata sulla questione, affermando l'applicabilità del principio espresso dalle Sezioni unite nel 2016 (Cass. civ., sez. un., 10 maggio 2016, n. 9449) con riferimento all'ipotesi di danni da infiltrazioni prodotte dal terrazzo di proprietà esclusiva di uno dei condomini, in ordine alla configurabilità di una concorrente responsabilità del singolo condomino proprietario esclusivo della stessa e del condominio.

Tale principio vale nel caso di infiltrazioni verificatisi all'interno di un appartamento facente parte dell'edificio condominiale e provenienti dal terrazzo, di proprietà esclusiva di un condomino che funge da copertura dell'intero condominio, ma ciò non osta alla sua applicazione anche alla - differente - fattispecie di terrazza a livello, trattandosi in entrambe le ipotesi di danni imputabili alla negligenza di una pluralità di soggetti - il proprietario esclusivo del terrazzo e l'amministratore condominiale - solidalmente obbligati al risarcimento del danno ai sensi dell'art. 2055 c.c.

Infiltrazioni nella proprietà esclusiva del condomino e difetto di manutenzione dei beni condominiali

La presunzione di proprietà comune dell'impianto idrico di un immobile condominiale in base all'art. 1117, n. 3), c.c., non può estendersi a quella parte dell'impianto ricompresa nell'appartamento del singolo condomino, cioè nella sfera di proprietà esclusiva di quest'ultimo e, di conseguenza, nemmeno alle diramazioni che innestandosi nel tratto di proprietà esclusiva, anche se questo sia allacciato a quello comune, servono ad addurre acqua negli appartamenti degli altri proprietari (Trib. Latina 9 gennaio 2020; Cass. civ., sez. II, 26 ottobre 2018, n. 27248).

In tale modo, risulta così superato un risalente orientamento giurisprudenziale che per individuare la diramazione degli impianti di cui all'art. 1117 c.c. si riferiva unicamente alla destinazione del condotto delle acque, prescindendo dal tutto dalla sua ubicazione, a tale fine, affermando che la presunzione di comunione delle parti comuni, elencate dall'art. 1117, n. 3), c.c., fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva dei singoli condomini, non sempre implica che nell'ambito della porzione di fabbricato esclusiva del singolo condomino, non ricada alcuna parte comune, in quanto il criterio distintivo tra parti comuni e parti esclusive del condominio si riteneva fosse dato solo dalla loro destinazione, così che il condotto di acque era ritenuto di proprietà esclusiva, indipendentemente dalla sua ubicazione, per la parte in cui direttamente afferiva al servizio del singolo e comune in tutta la restante porzione, in cui ad esso si innestano uno o più altri canali a servizio di altri condomini (Cass. civ., n. 2151/1964).

Ai sensi dell'art. 1117 c.c.. le tubazioni sono di proprietà comune fino al punto di diramazione, in quanto assolvono ad una funzionalità «Comune» fino all'ingresso nella singola unità immobiliare privata, dove la conduttura è predisposta al servizio esclusivo della porzione di proprietà individuale.

Al di là di tale punto, tutti i beni divengono di proprietà esclusiva sicché i proprietari delle unità immobiliari rispondono dei danni da essi provocati ai sensi dell'art. 2051 c.c., come nel caso della c.d. braga, ossia quella parte d'impianto che funge da raccordo tra una tubazione di scarico verticale e quelle orizzontali (Cass. civ., sez. II, 3 settembre 2010, n. 19045).

Pertanto, quando trattasi di beni di proprietà comune, il condominio può essere chiamato a rispondere ex art. 2051 c.c. in presenza di infiltrazioni dannose dovute a difettosità od omessa manutenzione o ristrutturazione delle condutture, gravando sullo stesso, in qualità di custode, l'obbligo di mantenerle e conservarle in maniera tale da evitare la produzione di eventi dannosi a carico delle altrui proprietà esclusive (Trib. Bari 14 gennaio 2010).

In tale ottica, è allora possibile affermare che la responsabilità per i danni generati dalle infiltrazioni in un'immobile di proprietà esclusiva di un condomino, sottostante alla pavimentazione non correttamente impermeabilizzata, alla rete di scolo delle acque bianche e nere, nonché degli ambienti condominiali esterni, è imputabile al condominio che è tenuto alla manutenzione nel corso del tempo (Trib. Torre Annunziata 29 luglio 2020), così come i danni da infiltrazioni scaturenti dalla cattiva manutenzione del giunto tecnico tra i fabbricati, o da cattiva manutenzione della pavimentazione e dell'impermeabilizzazione del piano di calpestio del portico, od ancora, dalla cattiva manutenzione dell'innesto del pluviale nel solaio di calpestio del portico (Trib. Salerno 10 aprile 2020).

Conseguentemente, in una pronuncia di merito si è affermato che delle infiltrazioni verificatesi nel soffitto del bagno all'interno di un appartamento del singolo condomino, poi estesesi ai muri del medesimo locale, ai soffitti ed ai muri del corridoio, risponde il medesimo condomino qualora il danno si è verificato nel tratto che collega l'utenza esclusiva del singolo condomino alla colonna condominiale, perchè la perdita d'acqua è da ascriversi alla rottura dell'elemento di proprietà del singolo condomino, e non alla rottura di un elemento comune dell'edificio, atteso che il tratto che si innesta nella braga non costituisce un corpo unico con la colonna condominiale, essendo la braga, quale elemento di raccordo fra la tubatura orizzontale di pertinenza del singolo appartamento e la tubatura verticale, di pertinenza condominiale, strutturalmente posta nella diramazione, ragione per cui non può rientrare nella proprietà comune condominiale, che è tale perché serve all'uso ed al godimento di tutti i condomini.

Infatti la braga, qualunque sia il punto di rottura della stessa, serve soltanto a convogliare gli scarichi di pertinenza del singolo appartamento, a differenza della colonna verticale in un condominio, sulla cui scorta consegue che la presunzione di comproprietà prevista dall'art. 1117 c.c., anche per l'impianto di scarico delle acque, opera con riferimento alla parte dell'impianto che raccoglie le acque provenienti dagli appartamenti con esclusione delle condutture e dei raccordi di collegamento che diramandosi da detta condotta condominiale di scarico, servono un appartamento di proprietà esclusiva (Trib. Torino 15 marzo 2018).

Nel caso, invece, di un box auto interrato nel condominio interessato da infiltrazioni di acqua piovana provenienti dal soprastante terrazzo-giardino a livello stradale di proprietà esclusiva di un altro condomino, si verte in una fattispecie in cui il solaio di copertura di autorimesse o di altri locali interrati in una singola proprietà svolge anche la funzione di consentire l'accesso all'edificio condominiale, non avendosi un'utilizzazione particolare da parte di un condomino rispetto agli altri, ma piuttosto, un'utilizzazione conforme alla destinazione tipica - anche se non esclusiva - di tale manufatto da parte di tutti i condomini, sussistendo allora le condizioni per un'applicazione analogica del principio ubi eadem ratto ibi eadem legis dispositio di cui all'art. 1125 c.c., nell'ipotesi in cui l'usura della pavimentazione del cortile risulti determinata dall'utilizzazione esclusiva che della stessa viene fatta dalla collettività dei condomini (Cass. civ., sez. II, 19 luglio 2011, n. 15841).

Infatti, tale disposizione accolla per intero le spese relative alla manutenzione di una parte di una struttura complessa - il pavimento del piano superiore - a chi con l'uso esclusivo della stessa determina la necessità di tale manutenzione, per cui si può dire che costituisce una corretta applicazione del principio dettato dall'art. 1123, comma 2, c.c.

La stessa giurisprudenza di legittimità ha quindi ritenuto che non è di ostacolo all'applicabilità del principio di diritto sopra esposto la particolarità della fattispecie in cui il lastrico di copertura, invece che condominiale, è di proprietà del singolo condomino, perchè se non può equipararsi, rispetto al condominio, la situazione di un passaggio comune sul bene di proprietà del singolo condomino - non importa se in base ad un titolo o per mera tolleranza- a quella in cui il passaggio dei condomini sia derivato dalla natura condominiale del bene, ciò comporta che non può porsi un problema di ripartizione delle spese a carico del condominio stesso ma non impedisce che possa comunque ritenersi equivalente la situazione del lastrico solare di proprietà ed uso del singolo proprietario a quella in cui detta struttura sia di uso comune, essendo identica la relativa ratio.

In presenza diinfiltrazioni di acqua provenienti da un'occlusione del discendente condominiale in corrispondenza con lo scarico dei servizi igienici siti nel bagno, dovuto ad un allagamento del piano sovrastante, conseguenza dell'ostruzione di una colonna di scarico delle acque nere a servizio dei singoli appartamenti, poichè la proprietà dei tubi di scarico dei singoli condomini si estende fino al punto del loro raccordo con l'innesto nella colonna verticale, all'altezza di ciascun piano dell'edificio, consegue che la parte della colonna di scarico che all'altezza dei singoli piani dell'edificio condominiale, funge da raccordo tra tale colonna e lo scarico dei singoli appartamenti (braga) va qualificata come bene condominiale, proprio in relazione alla sua funzione ed in quanto strutturalmente collegata al tratto verticale dello scarico, del quale costituisce parte essenziale (Cass. civ., sez. II, 19 gennaio 2012, n. 778) ciò comporta la responsabilità del condominio, in quanto il danno è derivato da una parte comune dell'edificio, laddove manchi la prova della sua riconducibilità esclusivamente all'immobile del singolo condomino per quanto attiene al materiale ostruente proveniente dallo scarico dell'appartamento, non potendosi presuntivamente escludere che l'ostruzione che ha determinato l'infiltrazione sia stata originata anche da materiale proveniente da altri appartamenti sovrastanti, incombendo sul condominio l'onere di provvedere alla custodia ed manutenzione delle parti ed impianti comuni dell'edificio (Trib. Tivoli 30 novembre 2018).

Esulano, invece, dalla responsabilità del condominio le infiltrazioni d'acqua provenienti dal balcone aggettante, così come i fenomeni di condensa generati anche dalla tipologia costruttiva di una veranda realizzata a chiusura del suddetto balcone, costituendo un «prolungamento» della corrispondente unità immobiliare, appartenente in via esclusiva al singolo condomino, dovendosi considerare beni comuni soltanto i rivestimenti e gli elementi decorativi della parte frontale e di quella inferiore quando si inseriscono nel prospetto dell'edificio e contribuiscono a renderlo esteticamente gradevole (Trib. Nocera Inferiore 10 marzo 2020).

I muri perimetrali dello stabile sono da intendersi quali beni condominiali, ragione per cui qualora per effetto della loro carente coibentazione si rendano responsabili di infiltrazioni d'acqua o di umidità negli appartamenti dei condomini, il condominio è responsabile in via autonoma di tali fenomeni, essendo tenuto ad eliminare le caratteristiche lesive insite nella cosa propria, salvo l'esercizio eventuale del diritto di rivalsa nei confronti dell'impresa che ha edificato l'immobile (Trib. Roma 12 dicembre 2019).

Le infiltrazioni nella proprietà esclusiva del condomino conseguenti alle perdite dalla rete fognaria condominiale

I manufatti come le fognature, canali di scarico e simili, in quanto deputati a preservare l'edificio condominiale stesso dagli agenti atmosferici e dalle infiltrazioni d'acqua piovana o sotterranea, rientrano, per la loro funzione, che riguarda l'edificio nel suo complesso unitario fra le parti comuni dell'edificio ex art. 1117 c.c., le cui spese per la conservazione sono assoggettate alla ripartizione in misura proporzionale al valore delle singole proprietà (Cass. civ., sez. II, 30 giugno 2015, n. 13415; Cass. civ., sez. II, 27 novembre 1990, n. 11423).

Ciò premesso, il condominio è responsabile del danno causato alla proprietà esclusiva del condomino derivante dalla lesione del credito per la mancata percezione dei canoni di locazione per effetto del recesso anticipato del conduttore a seguito dell'allagamento dei locali adibiti ad attività commerciale conseguente al difettoso funzionamento dell'impianto fognario condominiale (Cass. civ., sez. III, 21 novembre 2014, n. 24851), ovvero nel caso di danni all'immobile per trabocco di fogna dai servizi igienici dall'appartamento sovrastante e per colamento, dei liquami nei locali sottostanti, conseguenti alla fuoriuscita di acque nere per l'occlusione della colonna montante condominiale (Trib. Bari 8 agosto 2018).

La prova liberatoria per le infiltrazioni provenienti dal bene condominiale: il caso fortuito

Il condominio è il custode dei beni e degli impianti comuni, e, per tale ragione, è responsabile dei danni che da essi derivino.

La sua responsabilità è esclusa solo se il danno è imputabile al caso fortuito, inteso come fatto esterno idoneo ad interrompere il rapporto di causalità tra la cosa in custodia e il danno venutosi a creare, il quale, deve quindi avere carattere di imprevedibilità ed incontrollabilità.

La sussistenza del rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha dato luogo all'evento lesivo, fà sì che il condomino-danneggiato deve allegare la prova della condominialità del bene e del nesso eziologico tra la res comune e l'evento lesivo arrecato alla propria proprietà esclusiva, mentre sul condominio grava la prova liberatoria costituita dall'allegazione e dimostrazione dell'esistenza di un fattore esterno (caso fortuito, fatto del terzo, forza maggiore), idoneo ad interrompere il nesso causale.

Si determina in questo caso un'inversione dell'onere della prova: sarà il condominio, per liberarsi da responsabilità, a dovere dimostrare l'esistenza di un fattore esterno idoneo ad escludere la relazione causale tra il danno lamentato ed il bene condominiale che lo ha provocato.

Tra i fattori aventi efficacia scriminante rientra anche il fatto del terzo, o dello stesso danneggiato, che sia di per sé idoneo a produrre l'evento lesivo.

L'azione di responsabilità per custodia fondata sull'applicazione dell'art. 2051 c.c., presuppone sul piano eziologico e probatorio accertamenti diversi, coinvolgendo distinti temi d'indagine rispetto all'azione di responsabilità per danni disciplinata dall'art. 2043 c.c. dipendente dal comportamento del custode, trattandosi quest'ultimo di un elemento estraneo alla struttura della fattispecie normativa di cui all'art. 2051 c.c., nella quale il fondamento della responsabilità riposa invece sulla custodia, che resta esclusa soltanto nel caso in cui l'evento sia imputabile ad un caso fortuito riconducibile ad un fattore esterno che, interferendo nella situazione in atto, abbia di per sé prodotto l'evento, assumendo carattere autonomo, ovvero quando si versi nei casi in cui la res sia stata resa fattore eziologico dell'evento dannoso da un elemento o fatto estraneo del tutto eccezionale (c.d. fortuito incidentale), e per ciò stesso imprevedibile (Cass. civ., sez. III, 11 gennaio 2005, n. 376).

Il caso fortuito può, ad esempio, essere integrato dalle forti precipitazioni meteoriche che abbiano causato danni da infiltrazioni e macchie d'umidità alla proprietà individuale provenienti dal sovrastante lastrico solare, adibito a parcheggio condominiale (Cass. civ., sez. II, 8 maggio 2013, n. 10898), ma non per effetto della mal impermeabilizzazione o deterioramento del lastrico solare, causa di percolazioni di acqua piovana negli appartamenti sottostanti o per i danni causati da infiltrazioni di acqua meteorica dovute allo stato fatiscente delle facciate esterne del fabbricato od in generale, al cattivo stato di manutenzione dell'intero fabbricato, od ancora al permanere dello scarso isolamento delle pareti esterne dai fenomeni di pioggia per l'inadeguata posa in opera del rivestimento esterno con listelli di cortina, trattandosi di situazioni che notoriamente contribuiscono ad incrementare la costante differenza di temperatura con la formazione di umidità, condensa e muffe all'interno dell'unità immobiliare esposta agli agenti atmosferici (Trib. Velletri 7 maggio 2020).

In conclusione

Pertanto, l'eccezionalità ed imprevedibilità delle precipitazioni atmosferiche possono configurare il caso fortuito, idoneo ad escludere la responsabilità per il danno da infiltrazioni, anche nell'ipotesi in cui nel seminterrato di proprietà esclusiva del singolo condomino, si siano verificate per effetto dei vizi dell'impianto fognario condominiale - nonostante la tempestiva esecuzione degli interventi necessari per riportarlo alla piena funzionalità, al fine di evitare o limitare i danni in caso di allagamenti eccezionali - quando risulti che costituiscano una causa sopravvenuta, autonoma e sufficiente a determinare l'evento infiltrativo (Cass. civ., sez. VI, 15 settembre 2017, n. 21531).

A tale fine, va anche detto che in linea di massima, le carenze od i difetti di manutenzione, al pari di quelli di costruzione, non rappresentano un caso fortuito, escludente la responsabilità della custodia ma, anzi, possono costituire il fondamento giustificativo dell'obbligazione risarcitoria (Trib. Velletri 7 maggio 2020).

Il caso fortuito, idoneo a superare la presunzione di responsabilità del custode ai sensi dell'art. 2051 c.c., può consistere anche nel fatto del terzo, sempreché questo si inserisca nella determinazione dell'evento dannoso con impulso causale autonomo rispetto alla sfera del custode e sia da quest'ultimo non prevedibile nè altrimenti evitabile.

In tale ottica, è ravvisabile l'ipotesi del caso fortuito nella condotta colposa di terzi che nello stesso periodo in cui si verificano episodi di rigurgito delle acque, fanno cadere nella condotta di scarico condominiale, nel corso di lavori di ristrutturazione dell'appartamento di un condomino, materiali di risulta, potendosi attribuire a siffatta condotta un'efficacia autonoma ed esclusiva nella produzione dell'evento dannoso, non prevedibile nè evitabile da parte del condominio.

Ove ricorra tale eventualità, i due distinti episodi, entrambi provocati dall'indebita immissione, in tempi diversi, di corpi estranei nella condotta di scarico nel corso di lavori di ristrutturazione di un appartamento, ovviata, nel primo caso, con l'uso del getto di acqua a pressione, che ripristina la funzionalità dello scarico, e nel secondo caso, ove si riveli insufficiente il ricorso al predetto metodo, con la rimozione del tratto di condotta nuovamente ostruito da corpi solidi, individuati, a seguito dell'effettiva demolizione parziale della colonna di scarico, in materiali di risulta, appare evidente come la causa dell'ostruzione, con il conseguente rigurgito delle acque, è positivamente individuabile nel fatto colposo del terzo, non prevedibile da parte del condominio-custode, in quanto esulante dall'ordinaria normalità dei comportamenti, nè comunque evitabile, in quanto evento occorso in un'area sottratta alla sua sfera di vigilanza (Cass. civ., sez. III, 23 ottobre 1998, n. 10556).

Nel caso, invece, di un locale interessato da fenomeni di infiltrazioni di acqua provenienti dal cortile sovrastante di proprietà comune, la cui causa sia ravvisabile nella permeabilità del cortile conseguente alle continue vibrazioni cagionate dagli autoveicoli che parcheggiano nonostante il divieto del regolamento, e nell'esistenza di una pianta che affonda le sue radici nel terreno, si è ritenuto che non sia possibile ravvisare da tali specifici fatti un'ipotesi di caso fortuito escludente la responsabilità del condominio quale custode del cortile (Cass. civ., sez. III, 25 luglio 2013, n. 18042).

Allo stesso modo, l'omessa impermeabilizzazione del terrazzo condominiale depone per una connotazione in termini di imprudenza e negligenza colposa della condotta mantenuta dal condominio da cui è conseguito l'evento dannoso delle infiltrazioni, le quali, in presenza di una condotta diligente estrinsecantesi nella realizzazione della detta impermeabilizzazione, ed in base ad un criterio di normalità, non si sarebbero verificate (Cass. civ., sez. III, 8 maggio 2015, n. 9294).

Riferimenti
  • Amendolagine, La legittimazione passiva del singolo condomino nelle cause di risarcimento danni per infiltrazioni dal lastrico solare di proprietà comune, in Condominioelocazione.it;
  • Balbusso, Lastrico solare e danni da infiltrazioni: nuove indicazioni giurisprudenziali, in Resp. civ. e prev., 2017, 887;
  • Coscetti, La responsabilità per i danni da cose in custodia e l'applicabilità dell'art. 2051 c.c. al condominio: profili generali e casistica giurisprudenziale, con particolare riferimento all'eventuale concorso di colpa del danneggiato, in Riv. giur. edil., 2010, 346;
  • De Tilla, Vizi del lastrico solare di proprietà esclusiva e risarcimento del danno, in Riv. giur. edil., 2013, 1024;
  • Frivoli, Il condominio è responsabile per i danni causati dai beni ed impianti comuni in custodia, salvo che non provi il caso fortuito, in Condominioelocazione.it;
  • Id., Risarcibilità del danno non patrimoniale conseguente al mancato godimento dell'immobile interessato da infiltrazioni, in Condominioelocazione.it;
  • Frivoli - Tarantino, Infiltrazioni: la nuova responsabilità concorrente (Cass. S.U. 9449/2016), in Beni comuni nel condominio e diritti dei condomini, Milano, 2016;
  • Pilot, Infiltrazioni dal lastrico solare, danni all'unità immobiliare sottostante e responsabilità del condominio, in Ridare.it;
  • Tarantino, Danno da infiltrazioni da terrazza limitrofa e applicazione analogica dell'art. 1125 c.c., in Condominioelocazione.it;
  • Tedeschi, Danni da infiltrazioni e responsabilità del condominio, in Condominioelocazione.it;
  • Triola, Manutenzione di lastrico solare in edificio condominiale: ripartizione delle spese e responsabilità per danni, in Giust. civ., 1996, I, 1349.
  • Valentino, Danni da infiltrazione: il condominio è responsabile se il danno deriva dalla colonna montante e non prova il caso fortuito, in Condominioelocazione.it;

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