Somministrazione del vaccino e profili di responsabilità del sanitario: il d.l. n. 44 del 1° aprile 2021Fonte: DL 1 aprile 2021 n. 44
02 Aprile 2021
Ultimamente si sente sempre più forte la necessità di porre nuove regole sul bilanciamento della responsabilità civile e penale nei confronti di coloro che si trovino a fronteggiare le emergenze in ambito sanitario. È inutile nascondere il fatto che oramai da tempo vi è la richiesta di procedere ad una revisione amministrativa degli attuali assetti normativi, tanto sotto il profilo penale quanto sotto quello civilistico, sulla responsabilità in campo sanitario delle strutture sia pubbliche che private e degli esercenti la professione sanitaria alla luce del perdurante stato emergenziale correlato alla pandemia in atto. Prima di addentrarci nelle varie problematiche sottese ai profili di responsabilità degli operatori sanitari in caso di somministrazione dei vaccini, giova sul punto introdurre alcune considerazioni sulle linee guida del consenso informato nelle vaccinazioni. La vaccinazione rappresenta uno degli interventi sicuramente più efficaci a disposizione della sanità pubblica per la prevenzione primaria delle malattie infettive. Questa pratica comporta dei benefici non solo per effetto diretto sui soggetti vaccinati, ma anche in modo indiretto inducendo protezione ai soggetti non vaccinati. Un ruolo fondamentale attiene alla corretta informazione, ovvero a quel presupposto imprescindibile perché l'adesione alle vaccinazioni sia ragionata e consapevole.
Bisognerebbe iniziare a ragionare in questi termini, attraverso alcuni step preliminari in relazione a:
La regola di fondo che ci si appresta a rappresentare è quella dell'autonomia e responsabilità dell'operatore sanitario che, con il consenso della persona assistita, propone il vaccino basandosi sullo stato delle migliori conoscenze a disposizione. Gli operatori sanitari, nelle loro scelte professionali, valutano la situazione alla luce delle motivazioni etiche e sociali, aderendo in modo consapevole e libero alla proposta vaccinale. Giova sul punto ricordare che la “relazione tra medico e paziente è costituita sulla libertà di scelta e sull'individuazione e condivisione delle rispettive autonome responsabilità. Il medico nella relazione persegue l'alleanza di cura fondata sulla reciproca fiducia e sul mutuo rispetto dei valori e dei diritti e su un'informazione comprensibile e completa, considerando il tempo della comunicazione quale tempo di cura”; questa è l'impostazione che troviamo all'art. 20 del Codice di Deontologia Medica approvato il 18 maggio 2014.
Nell'addentrarci maggiormente su termini e definizioni in merito al consenso informato occorre evidenziare al lettore quanto segue. Con riferimento all'esercizio del diritto della persona assistita alla “autodeterminazione” rispetto alle scelte diagnostico/terapeutiche proposte, possiamo definire il concetto di consenso informato alla luce anche di quello che la giurisprudenza ha riconosciuto come quella pratica terapeutica che si trova “all'incrocio fra due diritti fondamentali della persona malata: il primo è quello di essere curato in modo efficace secondo i canoni della scienza e dell'arte medica, il secondo è quello di essere rispettato come persona e in particolare nella propria integrità fisica e psichica” (si veda a chiarimento la pronuncia della Corte Costituzionale n. 282 del 2002). La stessa Corte ha, infatti, precisato che: “il consenso informato quale espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico” deve considerarsi “principio fondamentale in materia di tutela della salute, trovando la sua validità negli art. 2, 13 e 32 della Costituzione e avendo in questo modo una funzione di sintesi di due diritti fondamentali della persona: quello all'autodeterminazione e quello alla salute” (si veda sul punto sentenza Corte Costituzionale n. 438 del 2008). In questo modo il principio del consenso informato, nell'ottica della manifestazione del diritto di autodeterminazione, trova fondamento negli articoli sopra citati della nostra Costituzione, ovvero:
Sulla base di queste premesse, e prima di addentrarci nella successiva analisi dell'argomento, si evidenzia l'utilità nella gestione della pandemia da Covid-19, di predisporre un modello organizzativo che preveda:
In questo modo, si andrebbe in concreto a soddisfare quel dovere informativo, adottando inoltre politiche che possano basarsi su solidi pilastri e su differenti fasi preventive d'informazione assolutamente necessarie. La prima sarà quella di formazione ed aggiornamento costante degli operatori, sia sugli aspetti tecnico scientifici delle singole vaccinazioni, sia sulle nozioni per una corretta gestione delle relazioni con gli utenti; la seconda consisterà nel predisporre un canale informativo rivolto alla varie tipologie ed utenze; la terza avrà ad oggetto la predisposizione un modello organizzativo per tutti i servizi che sono dediti all'erogazione delle prestazioni, prevedendo l'adozione di un calendario vaccinale, schede di adesione alla vaccinazione complete di liberatoria e informativa privacy. Il tutto deve essere corredato da contenuti informativi basati sulle migliori evidenze scientifiche e sorveglianza post-vaccinale.
Da ultimo, se l'operatore sanitario dovesse intervenire senza il preventivo consenso informato correttamente acquisito, agirebbe in modo arbitrario e ciò potrebbe esporlo, qualora dal trattamento sanitario siano derivati danni permanenti e significativi all'utente, ad una duplice responsabilità. Quella penale per violazione della sfera personale del soggetto e del suo diritto di decidere se permettere interventi estranei sul proprio corpo (reato di lesioni colpose - art. 582 c.p., violenza privata - art. 610 c.p. ed in caso di esito infausto, di omicidio colposo - art. 589 c.p.). Quella civile per inosservanza di un diritto inviolabile quale è quello all'autodeterminazione e per violazione di disposizione di legge (colpa specifica), obbligando ad un risarcimento del danno. Un dato di fatto è oramai evidente a tutti: la pandemia ha riacutizzato il problema della protezione dei sanitari, più che mai in prima linea, da un uso distorto delle azioni di responsabilità. Ancora non possono dirsi definite, per il Covid, quelle linee guida o buone pratiche che, secondo la legge Gelli, sono il parametro per valutare la condotta degli operatori. Di qui la spinta verso una norma di emergenza per uno scudo penale - e anche di natura civilistica - più concreta per chi somministra i vaccini, approvata con il nuovo Decreto Legge n. 44 del 1° aprile 2021 pubblicato in Gazzetta Ufficiale in data 1° aprile 2021 Anno 162 n. 79, che verrà trattata in maniera più approfondita nelle conclusioni.
L'idea è quella di circoscrivere tutte le responsabilità correlate al Covid alle ipotesi di una colpa grave non generica, da valutare alla luce di conoscenze e risorse disponibili al momento. Ciò pare coordinarsi con i princìpi della legge Gelli già citata e dovrebbe riguardare non solo i medici ma tutti gli operatori sanitari. Una prima ipotesi di responsabilità penale del sanitario è prospettabile nel caso di errore nella fase "esecutiva" di somministrazione del vaccino: il caso è quello del medico o dell'infermiere che, effettuando l'iniezione, provochi una lesione al paziente (danneggiando, per esempio, un nervo o un muscolo), (si veda R. Breda, Danno da vaccinazione tra indennizzo e risarcimento del danno, in Riv. it. med. legale (e del diritto in campo sanitario), fasc. 1/2018, p. 296), oppure che somministri una dose maggiore o minore rispetto a quella ottimale.
Per poter muovere un rimprovero al sanitario occorrerà dimostrarne il contegno colposo, ovvero sarà necessario provare che un agente modello avrebbe individuato una diversa area del corpo del paziente su cui praticare l'iniezione, avrebbe orientato diversamente l'ago o impugnato diversamente la siringa, avrebbe esattamente calcolato la quantità di sostanza necessaria... Vertendosi qui in un'ipotesi di colpa da imperizia, ogniqualvolta siano state rispettate le linee guida o le buone pratiche clinico assistenziali (si tratta, in questo caso, delle linee guida/buone pratiche dettate per la somministrazione, valide per tutti i tipi di vaccini, e quindi già disponibili anche nel caso di una patologia inedita come il Covid-19) potrà trovare applicazione la causa di esclusione della punibilità di cui all'art. 590-sexies c.p., pur nei ristretti limiti della colpa lieve tracciati dalla sentenza Mariotti (SS.UU. 21 dicembre 2017, n. 8770).
Una seconda situazione cui porre attenzione riguarda il caso in cui si siano verificati, in conseguenza della somministrazione del vaccino, eventi avversi consistenti in "malattie" lievi e transitorie (febbre, astenia, dolori articolari…). Tali effetti – di cui non sarà difficile dimostrare il rapporto di causalità rispetto alla somministrazione del vaccino, verificandosi gli stessi con estrema frequenza – rientrano nell'area del c.d. "rischio consentito", ovvero rappresentano controindicazioni prese in considerazione da scienza medica e legislatore e ritenuti assolutamente non prevalenti rispetto ai benefici del vaccino (A. Vallini, Un dilemma medico-giuridico nell'epoca della "post-verità". La questione della responsabilità penale, in Riv. it. med. legale (e del diritto in campo sanitario), fasc. 1/2018, p. 199). La somministrazione del vaccino rappresenta, infatti, un'attività lecita (perché socialmente utile) ma pericolosa, in relazione alla quale le regole cautelari svolgono la funzione di cristallizzare il bilanciamento tra gli interessi in gioco (quello della salute collettiva e individuale perseguito tramite la somministrazione del vaccino, da un lato, e quello della salute individuale sacrificata in minima parte e temporaneamente dal vaccino stesso, dall'altro). Secondo i principi generali in materia di imputazione per colpa, l'agente che abbia rispettato le regole cautelari è esonerato da responsabilità per i rischi prevedibili, anche se non è stato possibile evitare il verificarsi dell'evento (Cfr., in relazione a ipotesi di rischio consentito per attività pericolose diverse dalla somministrazione del vaccino, S. Zirulia, Esposizione a sostanze tossiche e responsabilità penale, Giuffré, 2018; S. Zirulia, La (perenne) crisi dell'Ilva e il c.d. scudo penale: tra reati ambientali e sicurezza sul lavoro, in Sistema Penale, 18 novembre 2019; E. Penco, Esenzione da responsabilità per attività autorizzata nella vicenda ilva: considerazioni a margine del c.d. “scudo penale”, in La legislazione penale, fasc. 4/2020, p. 29; E. Penco, Limiti-soglia e responsabilità colposa, in Riv. it. dir. proc. pen., fasc. 1/2019, p. 195 ss.).
La responsabilità del sanitario per l'insorgenza di effetti collaterali "comuni" potrebbe d'altra parte essere esclusa già sul piano dell'antigiuridicità: tali effetti formano oggetto del consenso espresso dal paziente prima della somministrazione del vaccino (il modulo per il consenso informato elenca infatti alcuni eventi avversi che più o meno frequentemente si verificano), con la conseguenza che la condotta del medico potrebbe ritenersi scriminata dal consenso dell'avente diritto (art. 50 c.p.). Più preoccupante sembra la prospettazione di responsabilità nel caso di eventi avversi gravi. In questo caso si pone il problema dell'accertamento del nesso causale, che risulta qui particolarmente problematico: da un lato, la legge scientifica utilizzabile esprime una correlazione statistica estremamente bassa tra la somministrazione del vaccino e l'insorgenza di effetti collaterali seri (nel caso di vaccini nuovi, come quelli contro il Covid-19, anzi, tale correlazione, pur essendo stata ipotizzata, non è mai neppure stata dimostrata), e, dall'altro, perché è molto probabile che a scatenare gli eventi avversi sia stata un'altra causa (i possibili fattori causali alternativi sono numerosi). Per poter affermare la sussistenza di un nesso causale tra la somministrazione del vaccino e gli eventi avversi, occorrerà, in primo luogo, dimostrarne la plausibilità temporale (in particolare, bisognerà tenere conto del "tempo di incubazione", un concetto che ha validità per qualunque evento avverso che segue a qualunque atto medico) e biologica (la presunta causa dovrà essere inquadrabile nel contesto delle conoscenze sull'argomento e sulla patogenesi dell'evento avverso). Si veda in proposito: P. Bonanni, C. Azzari, L'obbligo vaccinale per l'accesso a scuola: una scelta giustificata nell'attuale contingenza epidemiologica e comunicativa, in Riv. it. med. legale (e del diritto in campo sanitario), fasc. 1/2018, p. 231 ss.
Verosimilmente, anche qualora si giunga ad accertare una correlazione tra somministrazione del vaccino ed evento avverso, tale correlazione non potrà che essere espressa da un grado di probabilità estremamente basso; e la bassa probabilità statistica difficilmente potrà essere compensata da un'elevata probabilità logica, essendo difficoltoso escludere tutti i possibili decorsi causali alternativi, che tra l'altro dipendono dalle particolari caratteristiche di ognuno, e sono quindi persino difficili da immaginare. Anche qualora sia possibile affermare che l'evento grave verificatosi dopo l'assunzione del vaccino rappresenti un effetto della somministrazione, comunque, pare difficile ipotizzare una responsabilità per colpa a carico del medico che abbia rispettato il calendario vaccinale e la legge (eventuali responsabilità potranno, se mai, configurarsi a carico del produttore) (Antonio Vallini, Un dilemma medico-giuridico nell'epoca della "post-verità". La questione della responsabilità penale, in Riv. it. med. legale (e del diritto in campo sanitario), fasc. 1/2018, p. 200).
La probabilità di configurare una responsabilità penale a carico del sanitario parrebbe farsi più seria nel caso in cui si siano verificati eventi avversi gravi e il vaccino fosse sconsigliato perché non necessario o perché – alla luce delle caratteristiche personali del paziente – era prevedibile una reazione avversa che superava il rischio consentito. Si versa qui in un'ipotesi in cui è accertata una correlazione statistica in qualche modo significativa tra un determinato fattore di rischio e l'insorgenza di complicanze in seguito alla somministrazione del vaccino, che rende infatti sconsigliabile la vaccinazione; così che si fa forse meno urgente la necessità di escludere, ai fini di poter affermare la sussistenza del nesso causale, tutti i possibili decorsi causali alternativi, essendo la probabilità statistica già di per sé sufficientemente elevata. Perché, poi, l'evento possa essere rimproverato al sanitario a titolo di colpa, occorre dimostrare che esso era prevedibile in base a un'attenta anamnesi: si pensi al caso in cui il sanitario non abbia riconosciuto la presenza di allergeni, a cui il paziente abbia dichiarato di essere sensibile, nel vaccino o nei suoi eccipienti, ovvero non abbia tenuto conto di patologie che sconsigliavano la somministrazione di un determinato tipo di vaccino. Pare comunque opportuno osservare che la regola cautelare non richiede l'effettuazione di un test pre-vaccinale, dato che la capacità predittiva di tali test è molto bassa e che il rischio di effetti collaterali è infinitesimale (P. Bonanni, C. Azzari, L'obbligo vaccinale per l'accesso a scuola: una scelta giustificata nell'attuale contingenza epidemiologica e comunicativa, in Riv. it. med. legale (e del diritto in campo sanitario), p. 223). Somministrazione del vaccino in assenza di consenso: la configurabilità delle lesioni o della violenza privata alla luce delle Sezioni Unite Giulini
Residua una possibile responsabilità del sanitario che somministri il vaccino contro o in assenza del consensodel paziente: in tutti i casi di vaccini non obbligatori, infatti, il consenso del paziente è presupposto per la liceità della somministrazione, costituendo espressione del diritto all'autodeterminazione in ambito sanitario riconosciuto dall'art. 32 della Costituzione. Qualora la somministrazione del vaccino abbia avuto esito infausto (ovvero, abbia dato luogo a un evento avverso grave o addirittura alla morte del paziente), la responsabilità del sanitario sarà ipotizzabile alle condizioni descritte supra.
La questione è più complessa nel caso in cui la vaccinazione abbia avuto un esito fausto (nessun effetto collaterale, o effetti collaterali lievi, cui è seguita l'immunizzazione del paziente). In questo secondo caso viene in aiuto la giurisprudenza in materia di trattamenti medici attuati in assenza di consenso e, in particolare, la sentenza Giulini delle SS.UU. [Cass., SS.UU., 18 dicembre 2008, (dep. 21 gennaio 2009), n. 2437], a cui si deve l'elaborazione del concetto di "malattia" rilevante ai fini dell'integrazione del delitto di lesioni personali.
A fronte di un contrasto insorto presso la giurisprudenza di legittimità (per la ricostruzione di tale contrasto e per l'analisi della sentenza Giulini v. A. Valsecchi, Sulla responsabilità penale del medico per trattamento arbitrario nella giurisprudenza di legittimità, in Dir. pen. cont., 15 settembre 2010. Per la ricostruzione del quadro giurisprudenziale pre-Giulini (nonché per alcune lucidissime considerazioni in tema di responsabilità penale del medico che abbia operato in assenza di valido consenso) cfr. F. Viganò, Profili penali del trattamento chirurgico eseguito senza il consenso del paziente, in Riv. it. dir. proc. pen., 2004, p. 141 ss.), le Sezioni Unite accoglievano una nozione ‘funzionalistica' del concetto di malattia, identificandola non con qualsiasi alterazione anatomica dell'organismo, bensì solo con “un'alterazione da cui deriv[i] una limitazione funzionale o un significativo processo patologico o una compromissione, anche non definitiva ma significativa, di funzioni dell'organismo”.
Per accertare se il bene della salute sia stato leso, il giudice dovrà guardare non al momento del compimento dell'atto medico o a quello immediatamente successivo, bensì al suo esito finale, dovendo escludere l'insorgenza di una malattia ogniqualvolta tale esito sia stato positivo. Nel caso che qui ci riguarda, quindi, quando la vaccinazione – ancorché attuata in assenza di consenso – abbia avuto un esito fausto (ovvero, abbia avuto l'effetto di immunizzare il paziente, il quale abbia eventualmente subito solo controindicazioni lievi e transitorie), non sarà prospettabile una responsabilità per lesioni, non essendosi verificata alcuna malattia. Residua la possibilità di riconoscere il sanitario che abbia somministrato il vaccino in assenza di consenso responsabile di violenza privata.
È vero che di violenza potrà propriamente parlarsi quando il medico abbia esercitato una vis physica sul corpo del paziente, il che potrebbe realizzarsi, per esempio, qualora questi venisse immobilizzato al fine di somministrargli il vaccino contro il suo consenso; è bene però notare che la giurisprudenza tende a identificare la violenza con lo stesso intervento subito dal paziente: in un caso di emotrasfusioni effettuate nonostante il previo, espresso dissenso della malata, per esempio, la Corte identificava l'atto violento con l'inserimento dell'ago nel vaso della donna, ritenendo tale atto cronologicamente e logicamente ben distinguibile rispetto all'intervento trasfusionale (N. Amore, Dissenso informato alle emotrasfusioni e trattamento sanitario coatto, in Dir. pen. cont., fasc. 7-8/2017, p. 169 ss.). Di conseguenza, anche nel caso dei vaccini, la violenza potrebbe essere rappresentata dall'inserimento dell'ago del corpo del paziente, consistendo, invece, l'evento nella somministrazione non voluta del vaccino; in tal modo, ci sembra, non sarebbe da escludere a priori una responsabilità a titolo di violenza privata anche quando il paziente venga indotto a credere che gli verrà somministrata una sostanza diversa da quella poi effettivamente iniettatagli (per rimanere al caso, di maggior interesse, del Covid-19, non sembra difficile immaginare un paziente ipocondriaco che tenti e creda di ottenere una dose di vaccino Pfizer, in luogo di una AstraZeneca). In conclusione
Riepilogando sinteticamente quanto esposto, riteniamo opportuno distinguere le varie ipotesi di responsabilità penale prefigurabili a carico del sanitario per la somministrazione del vaccino.
La prima ipotesi presa in esame riguarda la configurabilità delle lesioni nel caso di errore nella fase "esecutiva" della somministrazione del vaccino; in tal caso, anche una volta dimostrato il contegno colposo serbato dal medico, discostatosi dalla condotta che avrebbe tenuto, al suo posto, un agente modello, rimane la possibilità di escluderne la punibilità facendo applicazione dell'art. 590-sexies c.p., applicabili ai casi – come quello in esame – di colpa da imperizia.
Il secondo caso considerato è quello dell'insorgenza di effetti collaterali lievi e transitori, tipicamente collegati alla somministrazione dei vaccini: si è ritenuto che tali eventi rientrino nell'area del rischio consentito, non essendo quindi rimproverabili all'agente secondo i principi generali in materia di imputazione colposa; peraltro, la causazione di tali eventi avversi "minori" appare scriminata dal consenso dell'avente diritto, rientrando fra quelli esplicitamente resi noti al paziente al momento della sottoscrizione del modulo per il consenso informato.
Problemi diversi si pongono con riferimento agli eventi avversi gravi: in questo caso, ostacolo pressoché insormontabile per il Pubblico Ministero sarà la prova in ordine al nesso causale, essendo l'incidenza statistica di simili effetti collaterali minima, ed essendo viceversa numerosi i possibili decorsi causali alternativi. In ogni caso, difficilmente potrà ritenersi colposa la condotta del medico rispettosa della legge e del calendario vaccinale.
Meno implausibile appare la possibilità di configurare una responsabilità penale a carico del sanitario qualora si siano verificati eventi avversi gravi e il vaccino fosse sconsigliatoperché non necessario o perché – alla luce delle caratteristiche personali del paziente – era prevedibile una reazione avversa che superava il rischio consentito: in casi di questo tipo, un'accertata correlazione statistica tra le condizioni fisiche del paziente e l'insorgenza di complicanze è alla base del divieto di somministrazione; e tuttavia, per poter affermare la responsabilità a titolo di colpa del sanitario occorrerà, ancora, dimostrare che tale insorgenza fosse prevedibile alla luce di un'attenta anamnesi.
L'ultimo caso, e forse il più problematico, riguarda la somministrazione del vaccino in assenza di consenso o contro il dissenso espresso dal paziente, qualora, tuttavia, la somministrazione abbia avuto l'effetto di migliorarne le condizioni di salute, immunizzandolo senza provocare alcun evento avverso serio. In questo caso, sulla scorta delle SS.UU. Giulini, si è ritenuto di escludere una responsabilità a titolo di lesioni personali, non potendosi configurare una malattia in assenza di compromissione dell'organismo del paziente; rimane, invece, a nostro avviso, ipotizzabile una responsabilità a titolo di violenza privata, non solo quando il medico abbia esercitato una forza fisica sul paziente, al fine di costringerlo a subire il trattamento sanitario, bensì anche qualora il paziente sia stato indebitamente indotto alla somministrazione, potendo, in questo caso, l'atto di violenza consistere nella semplice inserzione dell'ago del corpo del paziente. Conclusioni alla luce del nuovo Decreto Legge n. 44/2021: lo scudo penale
Mercoledì 31 marzo il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto-legge recante misure urgenti per il contenimento dell'epidemia da Covid-19, in materia di vaccinazioni anti-SARS-Cov-2, di giustizia e di concorsi pubblici.
Successivamente in data 1° aprile 2021 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il testo definitivo del D.L. n.44 del 1° aprile 2021 relativo a “Misure urgenti per il contenimento dell'epidemia da Cavid-19 in materia di vaccinazioni anti Sars-Cov-2 di giustizia e di concorsi pubblici” (21 G00056). Di particolare rilievo sono le novità apportate in materia di vaccinazione. Su questo specifico aspetto si riportano di seguito gli articoli 3, 4 e 5 del D.L. Detti articoli riguardano: art. 3 (Responsabilità penale da somministrazione del vaccino da Saras-Cov-2); art. 4 (Disposizioni urgenti in materia di prevenzione del contagio da Sars-Cov.2 mediante previsioni di obblighi vaccinali per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario); art. 5 (Manifestazione del consenso al trattamento sanitario del vaccino anti Sars-Cov-2 per i soggetti che versino in condizioni di incapacità naturale).
Il testo prevede la proroga fino al 30 aprile 2021 dell'applicazione delle disposizioni del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 2 marzo 2021 (salvo che le stesse contrastino con quanto disposto dal medesimo decreto-legge) e di alcune misure già previste dal decreto-legge 13 marzo 2021, n. 30.
Inoltre, il predetto Decreto Legge:
La novità rilevante da un punto di vista penalistico è senz'altro l'introduzione di uno “scudo” per i sanitari che vengono chiamati con il loro instancabile contributo alla campagna anti-Covid ogni giorno, con massima profusione di energia ad interesse del Paese per lungo tempo.
Bibliografia
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