Regolamento aziendale sullo sciopero: tutela della libertà economica o illegittima compromissione del diritto dei lavoratori?

05 Aprile 2021

L'attività volta a limitare i danni derivanti dallo sciopero è legittima, ma solo nella misura in cui non si risolva nella compromissione del diritto di sciopero.Il discrimine è da rinvenirsi nella tradizionale valutazione del danno alla produttività o alla produzione.
Massima

L'attività volta a limitare i danni derivanti dallo sciopero è legittima, ma solo nella misura in cui non si risolva nella compromissione del diritto di sciopero.

Il discrimine è da rinvenirsi nella tradizionale valutazione del danno alla produttività o alla produzione.

Il caso

Il caso di specie aveva ad oggetto la valutazione circa l'antisindacalità di alcune disposizioni di servizio attraverso cui era regolata – da parte datoriale – l'attività degli esattori di una stazione in occasione degli scioperi.

In particolare, era previsto che prima dell'inizio dello sciopero l'esattore dovesse controllare la consistenza dei rotoli dei biglietti delle porte in entrata e delle ricevute delle porte in uscita, provvedendo alla loro sostituzione nel caso in cui apparissero insufficienti a coprire tutto l'arco temporale dello sciopero; svuotare i contenitori dei biglietti già convalidati o irregolari sino al momento di inizio dello sciopero e inserirli in apposite buste; sistemare le porte di ingresso e uscita consentendo l'ingresso dalle sole porte automatiche.

Inoltre, una volta iniziata l'astensione, l'esattore doveva chiudere la pista, completare comunque l'esazione dei veicoli che avevano oltrepassato la sbarra prima della chiusura della pista; annotare l'ora di inizio e fine dello sciopero; stampare l'ordine di servizio; compilare una serie di adempimenti amministrativi, oltre che apporre l'avviso di sciopero, chiudere la cabina e il fabbricato.

Era inoltre accaduto che, in un caso di mancata pedissequa osservazione di simili procedure, un lavoratore fosse stato sanzionato disciplinarmente. Risulta infatti che l'esattore fosse stato sanzionato per aver lasciato intenzionalmente aperta al traffico la pista di esazione cui era addetto, in contrasto con le disposizioni aziendali sopra succintamente richiamate.

Le questioni giuridiche

La questione principale è da rinvenirsi, in generale, fra il contemperamento del diritto di sciopero (art. 40 Cost.) e quello di libera iniziativa economica (art. 41 Cost.), ovvero due diritti astrattamente atitetici.

Il sindacato ricorrente affermava che il regolamento richiamato violasse il diritto di sciopero in quanto imporrebbe, di fatto, un illegittimo “preavviso di sciopero” (impedendo ai lavoratori di aderire in maniera istantanea a uno sciopero); inoltre costringerebbe i lavoratori a una serie di adempimenti finalizzati a neutralizzare del tutto gli effetti pregiudizievoli dello sciopero sino a privare lo stesso della sua connaturale funzione conflittuale; il tutto poi finirebbe per esercitare una azione disincentivante allo sciopero.

Per converso, la Società affermava che le disposizioni fossero legittime in quanto unicamente volte alla salvaguardia della tutela della sicurezza stradale e del patrimonio aziendale, ed inoltre non ponessero alcun limite in grado di incidere sul'effettivo godimento del diritto di sciopero.

Le soluzioni giuridiche

Sul tema del contemperamento fra diritto di sciopero e libera iniziativa economica – diritti parimenti difesi dalla Costituzione, la giurisprudenza è granitica.

Può dirsi infatti ampiamente consolidato il principio per cui “Il diritto di sciopero, quale che sia la sua forma di esercizio e l'entità del danno arrecato, non ha altri limiti, attesa la necessaria genericità della sua nozione comune presupposta dal precetto costituzionale (art. 40 Cost.) e la mancanza di una legge attuativa di questo, se non quelli che si rinvengono in norme che tutelino posizioni soggettive concorrenti, su un piano prioritario o quanto meno paritario, quali il diritto alla vita e all'incolumità personale nonché la libertà dell'iniziativa economica, cioè, dell'attività imprenditoriale (art. 41 comma 1 Cost.), che con la produttività delle aziende e concreto strumento di realizzazione del diritto costituzionale al lavoro per tutti i cittadini. Pertanto, l'esercizio del diritto di sciopero deve ritenersi illecito se, ove non effettuato con gli opportuni accorgimenti e cautele, appare idoneo a pregiudicare irreparabilmente - in una determinata ed effettiva situazione economica generale o particolare - non la produzione, ma la produttività dell'azienda, cioè la possibilità per l'imprenditore di continuare a svolgere la sua iniziativa economica, ovvero comporti la distruzione o una duratura inutilizzabilità degli impianti, con pericolo per l'impresa come organizzazione istituzionale, non come mera organizzazione gestionale, con compromissione dell'interesse generale alla preservazione dei livelli di occupazione. L'accertamento al riguardo va condotto caso per caso dal giudice, in relazione alle concrete modalità di esercizio del diritto di sciopero ed ai parimenti concreti pregiudizi o pericoli cui vengono esposti il diritto alla vita, all'incolumità delle persone e alla integrità degli impianti produttivi” (così: Cass. 711/1980, ripresa da tutta la giurisprudenza successiva; si v. ex multis: Cass. 5686/1987; più recentemente Cass. 3453/2015; Cass. 18368/2013).

Con una estrema semplificazione dei principi giurisprudenziali ora esposti, il naturale contrasto fra diritto di sciopero e libera iniziativa economica viene risolto attraverso la dicotomia “danno alla produzione” o “danno alla produttività”.

Nel caso in cui dallo sciopero discendano esclusivamente danni alla produzione, questo sarà da considerarsi legittimo; per converso, nel caso in cui lo sciopero fosse potenzialmente in grado di arrecare danni alla capacità produttiva aziendale, esso sarà da considerarsi illegittimo.

Osservazioni

La pronuncia in commento si pone esattamente nel solco del tradizionale e pacifico orientamento giurisprudenziale in materia.

Applicando i principi suesposti al caso di specie, essa ha infatti effettuato una valutazione in concreto del danno che lo sciopero pone in essere nella situazione aziendale e, sulla base di ciò, è giunta a stabilire quali fossero i comportamenti che il datore di lavoro potesse – o non potesse – legittimamente pretendere dagli esattori scioperanti al fine di tutelare il patrimonio aziendale.

Nello specifico, il Giudice adito ha stabilito che, posto che l'abbandono senza alcuna cautela dei beni aziendali affidati alla custodia del lavoratore è astrattamente idoneo a causare un danno al patrimonio aziendale, la sanzione disciplinare irrogata al lavoratore (che, come visto, non chiudeva la porta manuale affidategli) fosse da considerarsi legittima.

Al contrario tutte le altre attività che il regolamento aziendale imponeva svolgersi prima dello sciopero, posto che non apparivano funzionali alla tutela del patrimonio aziendale ma solo all'attenuazione degli effetti negativi dello sciopero sull'attività aziendale (ovvero sulla produzione) fossero illegittime.

Queste ultime, infatti, si risolvevano in una compromissione del diritto di sciopero, nei modi e nei termini in cui il sindacato ricorrente aveva esposto.

Minimi riferimenti bibliografici

- R. Del Punta, Lo sciopero, in Il lavoro subordinato, a cura di F. Carinci, Trattato di diritto privato, vol. XXIV, dir. da M. Bessone, 2007;

- M. Magnani, Diritto sindacale, Giappichelli, 2013;

- U. Romagnoli, Sub art. 40, in Commentario della Costituzione, a cura di G.Branca, Rapporti economici, I ,Zanichelli-Il Foro Italiano.

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