Il consenso degli offerenti come presupposto necessario per il rinvio della vendita forzataFonte: Trib. Larino , 19 marzo 2021
06 Aprile 2021
Massima
In caso di istanza di rinvio della vendita, il professionista procede all'apertura delle buste pervenute e, accertata l'ammissibilità delle offerte, verifica se gli offerenti presenti che abbiano versato rituale cauzione acconsentano - in un breve lasso temporale - ad un rinvio della vendita, avvertendoli che l'eventuale silenzio equivale ad un dissenso al rinvio. In caso di dissenso, silenzio o assenza anche di uno solo degli offerenti sopra indicati, il professionista delegato prosegue, senza indugio alcuno, le operazioni di vendita. In caso di assenso le cauzioni non possono essere restituite agli offerenti che parteciperanno alla fase finale della vendita in un momento successivo. Il caso
In data 18 marzo 2021 le parti del processo esecutivo hanno chiesto - al Giudice dell'esecuzione del Tribunale di Larino - il rinvio della vendita forzata immobiliare, delegata al professionista, fissata per il giorno 23 marzo 2021. Preso atto dell'art. 161-bis disp. att. c.p.c., introdotto dalla l. 263/2005, che consente il rinvio della vendita, purché vi sia il consenso dei creditori e degli offerenti che abbiano prestato cauzione, il Giudice ha individuato le modalità concrete attraverso cui, la stringata previsione, subordina la sospensione della vendita alle effettive determinazioni non solo e non tanto dei creditori - con i quali il debitore ha preventivamente conseguito un temporaneo accordo transattivo - ma degli offerenti che fino al momento della vendita non sono identificati, né identificabili. In estrema sintesi, la decisione in commento stabilisce quando e con quali modalità gli offerenti sono tenuti ad esternare il proprio consenso all'istanza di rinvio. La questione
La questione portante la decisione in commento va individuata nel fatto che nella fase finale del processo esecutivo le parti non sono più soltanto creditori e debitore ma anche gli offerenti; ciò in quanto l'art. 161-bis disp. att. c.p.c. subordina - come anticipato - il rinvio della vendita al consenso di tutti gli offerenti (che abbiano prestato cauzione) e dei creditori (senza alcuna distinzione tra creditori muniti di titolo o meno). La funzione della laconica disposizione è, dunque, quella di indurre il debitore a definire eventuali accordi con i creditori prima che i terzi, seriamente interessati all'acquisto, prestino la cauzione. Deve essere pure chiaro che la scelta del legislatore non è stata radicale - come in effetti avrebbe potuto - nel senso di escludere a priori il rinvio della vendita una volta depositata la cauzione. Per il legislatore il rinvio rimane possibile anche nella finale della liquidazione in senso stretto, purché sussista anche il consenso dell'offerente che, dopo aver depositato la cauzione, ha un'aspettativa concreta a partecipare allo svolgimento della vendita, secondo le regole stabilite in via generale dal c.p.c. e, nel caso specifico, dall'ordinanza di cui all'art. 569 c.p.c. Il legislatore, tuttavia, non chiarisce con quali modalità gli offerenti possono acconsentire o negare il suddetto rinvio. Non solo. Le esigenze di segretezza dell'offerta, tipiche della vendita senza incanto, escludono pure che il giudice (o il professionista), prima dell'apertura delle buste, possa identificare gli offerenti. Quel che vi è di sicuro è che costoro si trovano, da un punto di vista pratico, nell'impossibilità di prestare il proprio consenso, prima del giorno stabilito per l'esame delle offerte. In sintesi, creditore e debitore possono, anche poco prima del compimento della vendita, legittimamente domandare il rinvio al Giudice perché vi sono trattative in corso ma quest'ultimo non ha il potere di revocarla, posto che solo al momento di apertura delle buste è possibile sapere: a) se vi sono offerenti; b) se questi ultimi sono (tutti) disponibili al rinvio. Si aggiunga che da un punto di vista pratico risulta alquanto improbabile che un offerente, seriamente intenzionato all'acquisto del bene, dichiari, al momento della vendita, di aderire al rinvio delle operazioni, dopo aver ritualmente prestato cauzione ed eseguito tutti gli adempimenti previsti dall'ordinanza ex art. 569 c.p.c. L'unica eccezione a questa regola di buon senso sembra da individuarsi in tutte quelle ipotesi in cui l'offerente che ha depositato ritualmente la cauzione sia legato al debitore da rapporti di parentela, affinità, coniugio o di altra natura. Le soluzioni giuridiche
Nel decidere l'istanza il Giudice dell'esecuzione di Larino ha predisposto una serie di regole cui il professionista delegato deve attenersi, il giorno fissato per la vendita ed all'orario previsto, per verificare se effettivamente sussiste il consenso degli offerenti al rinvio. Segnatamente, in base alla decisione in commento, il professionista è tenuto comunque all'apertura delle buste pervenute e, dopo averne accertato l'ammissibilità, è tenuto a verificare se gli offerenti presenti che abbiano versato regolare cauzione siano disponibili ad un rinvio della vendita sino ad una determinata data (individuata dal provvedimento in commento nel 31 dicembre 2021) , concedendo loro un breve lasso di tempo (3 minuti) per esprimersi, avvertendoli che il silenzio equivale ad un dissenso al rinvio. In caso di dissenso espresso, silenzio o assenza, anche di uno solo degli offerenti sopra indicati, il professionista delegato prosegue nello svolgimento delle operazioni di vendita. Di contro, in caso di assenso o di mancata presentazione di offerte valide, la vendita è da intendersi rinviata, senza necessità di ulteriori provvedimenti del Giudice, ad altra data (individuata dal provvedimento in commento nel 10 gennaio 2022), giorno in cui il professionista delegato procede alla eventuale gara tra gli offerenti o alle valutazioni di cui all'art. 572 c.p.c. In sintesi: in caso di assenso le cauzioni non possono essere restituite agli offerenti che parteciperanno alla fase finale della vendita in un momento successivo. Osservazioni
Qualche parola va infine spesa sul fatto che la ratio dell'art. 161-bis disp. att. c.p.c. è analoga a quella propria dell'art. 624-bis c.p.c., in materia di sospensione concordata, per il quale la relativa istanza «può essere proposta fino a venti giorni prima della scadenza del termine per il deposito delle offerte di acquisto», per la vendita senza incanto, e nel caso in cui la vendita senza incanto non abbia avuto esito, «fino a quindici giorni prima dell'incanto». Tuttavia, le due norme sono caratterizzate da un diverso ambito d'applicazione: la sospensione concordata può, infatti, essere disposta se ed in quanto la procedura non sia ancora giunta al momento della liquidazione del bene, mentre la regola contenuta nell'art. 161-bis disp. att. c.p.c. attiene esclusivamente ad una richiesta di rinvio avanzata al giudice dopo il deposito delle cauzioni, incluso il giorno stessa della vendita. Altra modifica significativa apportata dalle riforme del 2005-2006 volta a limitare il potere di creditori e debitore di disporre discrezionalmente dei tempi del processo esecutivo va, infine, individuata nell'art. 631 c.p.c. sulla mancata comparizione delle parti all'udienza di vendita che non rappresenta più una ragione idonea a giustificarne il rinvio. Non può, dunque, sfuggire che nel contesto di crisi della giustizia civile (che interessa anche il processo d'espropriazione forzata) la limitazione al potere delle parti di disporre dei tempi del processo, unitamente alla tutela dell'aggiudicatario, assumono una rilevanza particolare. Così il debitore che intenda oggi intraprendere con i propri creditori trattative per la bonaria definizione della pendenza, al fine di evitare la vendita forzata dei beni pignorati, deve prendere atto che: a) irrilevante è la partecipazione delle parti (debitore e creditori) all'udienza di vendita; b) l'istanza per la sospensione su istanza delle parti può proporsi fino a venti giorni prima della scadenza del termine per il deposito delle offerte di acquisto o fino a quindici giorni prima dell'incanto; c) dopo il versamento della cauzione gli offerenti sono di rado disponibili a prestare il consenso richiesto dall'art. 161-bis disp. att. c.p.c. perchè il giudice conceda - il giorno stesso della vendita - un effettivo rinvio delle operazioni. Di qui la necessità per il debitore, seriamente intenzionato a conservare la proprietà dell'immobile pignorato, di raggiungere tempestivamente un accordo con i propri creditori. Riferimenti
|