Concordato fallimentare con terzo assuntore e imposta di registro

06 Aprile 2021

Il decreto di omologa del concordato fallimentare con intervento di terzo assuntore, disciplinato dall'art. 124 l. fall., deve essere tassato in misura proporzionale e non in misura fissa, in ragione degli effetti immediatamente traslativi del provvedimento, con il quale il terzo assuntore acquista i beni fallimentari.
Massima

Il decreto di omologa del concordato fallimentare con intervento di terzo assuntore, disciplinato dall'art. 124 l. fall.,deve essere tassato in misura proporzionale e non in misura fissa, in ragione degli effetti immediatamente traslativi del provvedimento, con il quale il terzo assuntore acquista i beni fallimentari.

Il caso

In tema di imposta di registro, la Cassazione ha sancito che, in tema d'imposta di registro, il decreto di omologa del concordato fallimentare con intervento di terzo assuntore, disciplinato dall'art. 124 l. fall., deve essere tassato in misura proporzionale e non in misura fissa, in ragione degli effetti immediatamente traslativi del provvedimento, con il quale il terzo assuntore acquista i beni fallimentari.

Tale conclusione sarebbe coerente con quanto chiarito dall'Agenzia delle Entrate, secondo la quale, nel caso del concordato con assuntore, l'atto giudiziario di omologa produce effetti immediatamente traslativi (circolare dell'Agenzia delle Entrate dl 21 giugno 2012, n. 27/E), dal momento che il terzo si accolla le passività e diventa proprietario di tutte le attività e passività della società fallita come risultanti dalla sentenza di omologazione del concordato (così anche risoluzione dell'Agenzia delle Entrate del 28 maggio 2007, n. 118/E).

Come precisato da parte della giurisprudenza di merito, non risulta corretta, però, la prassi dell'Agenzia delle Entrate che prevede una duplice liquidazione dell'imposta, sull'attivo trasferito e sull'accollo, seguito dal confronto tra i due importi, per la finale applicazione del più alto tra i due (sentenza n. 2838/2020 della CTR Lombardia, su cui ci si soffermerà successivamente).

Il quadro normativo e le questioni giuridiche

Il concordato fallimentare può prevedere l'intervento di un terzo assuntore.

Tale soggetto si accolla l'obbligo, di norma, di soddisfare i crediti concorsuali nella misura concordata, ma in cambio, come corrispettivo di tale assunzione, gli vengono trasferite delle attività fallimentari.

Secondo l'Agenzia delle Entrate, contrariamente a quanto accade nella procedura di concordato con cessione di beni o in quella con garanzia, nel caso del concordato con terzo assuntore, l'atto giudiziario di omologa produce effetti immediatamente traslativi (così paragrafo 1.2. della circolare dell'Agenzia delle Entrate del 21 giugno 2012, n. 27).

Infatti, l'assuntore assume, rispetto al fallito, la posizione di soggetto terzo che subentra, a titolo particolare, nelle singole posizioni debitorie ed acquista, nel contempo, i beni e le attività già facenti capo al soggetto sottoposto alla procedura concorsuale (cfr. risposta interpello Agenzia Entrate del 7 febbraio 2020, n. 34).

Ciò comporta delle conseguenze ai fini tributari, in quanto viene applicato un regime fiscale differente e più oneroso dal punto di vista dell'imposta di registro.

Infatti, è stato chiarito che i decreti di omologazione dei concordati, sia con garanzia, sia aventi ad oggetto la cessione dei beni ai creditori, devono essere assoggettati ad imposta di registro in misura fissa, in quanto annoverabili tra gli atti di cui all'articolo 8, lett. g) della Tariffa, parte prima, allegata al TUR, avente ad oggetto gli atti "di omologazione" (risoluzione Agenzia Entrate del 26 marzo 2012 n. 27).

Al contrario, il decreto di omologa del concordato con intervento del terzo assuntore, in qualità di atto traslativo della proprietà dei beni a favore del terzo assuntore, deve essere assoggettato ad imposta di registro in misura proporzionale, in base a quanto stabilito dall'articolo 8, lettera a), della Tariffa, parte prima, allegata al TUR, che prevede l'applicazione delle "stesse imposte stabilite per i corrispondenti atti".

Nel caso in esame, acquisendo il terzo assuntore al proprio patrimonio la massa attiva della società soggetta alla procedura concorsuale comprendente crediti per Euro 109.328.931,11, l'imposta proporzionale avrebbe dovuto essere pari allo 0,5%, in quanto si sarebbe dovuta applicare la normativa sulla tassazione delle cessioni di credito ai sensi dell'art. 6 della Tariffa, Parte Prima, allegata al d.P.R. n. 131/1986, che tassa le suddette cessioni.

Resterebbe fermo che tali atti non devono essere assoggettati all'imposta proporzionale nel caso in cui abbiano ad oggetto operazioni incluse nell'ambito applicativo dell'IVA; nel qual caso, in virtù del principio di alternatività IVA/Registro di cui all'art. 40 TUR, l'imposta di registro deve essere applicata in misura fissa (cfr. risoluzione Agenzia delle Entrate 24 maggio 2000, n. 71).

Qualora, però, detta cessione risulti esclusa ai fini IVA ex art. 2 d.P.R. 633/1972 (cfr. circolare Agenzia Entrate del 21 giugno 2012 n. 27, punto 1.2.), in quanto non avente natura finanziaria (in questo caso, sarebbe applicabile l'esenzione ex art. 10 d.P.R. 633/1972), si verificherebbe il presupposto per l' applicazione dell'imposta di registro in base all'articolo 6 della Tariffa, Parte I, del TUR, in base alla quale le garanzie reali e personali a favore di terzi, se non richieste dalla legge, scontano l'imposta nella misura proporzionale dello 0,50% (cfr. risoluzione Agenzia Entrate del 4 luglio 2008, n. 278).

Con la risposta ad interpello del 30 ottobre 2018, n. 55, l'Agenzia delle Entrate ha stabilito che, in sede di concordato fallimentare ed ai fini delle imposte dirette, il costo fiscale delle attività di una società fallita coincide con l'esborso finanziario effettivamente sostenuto dal terzo assuntore e tale importo deve essere ripartito tra tali asset in modo da riflettere il reale valore dei beni e/o diritti acquisiti.

Nella fattispecie in esame, la società istante si è accollata obbligazioni concordatarie per euro 14.376.792,54, che ha soddisfatto utilizzando la cassa di circa 8,9 milioni di euro e risorse proprie (c.d. liquidità aggiuntiva) per euro 5,5 milioni.

A fronte del pagamento integrale dei debiti da parte della società, il Tribunale competente ha disposto a favore di quest'ultima le cessione dei singoli asset della procedura, ossia la cessione di tutti gli attivi fallimentari, costituiti da crediti, da azioni autorizzate e da beni (le attività della società fallita) quali crediti fiscali, partecipazioni, azioni revocatorie e risarcitorie.

Dal punto di vista fiscale, dunque, secondo l'Agenzia delle Entrate, le attività della società fallita devono assumere un valore complessivo di euro 5,5 milioni che il Contribuente deve ripartire proporzionalmente tra gli stessi in modo da riflettere il valore reale dei beni e/o diritti acquisiti dalla società terzo assuntore (come asserito dalla Cass. nella sentenza del 16 aprile 2008, n. 9950).

In conclusione

Le conclusioni dell'ordinanza in esame risultano essere coerenti, non solo con quanto già sostenuto dall'Agenzia delle Entrate in merito agli effetti traslativi dell'istituto, ma anche con quanto sancito da altre pronunce della stessa Corte di Cassazione.

In particolare, ci si riferisce alla sentenza del 12 febbraio 2018, n. 3286, secondo la quale, in merito alla corretta tassazione ai fini dell'imposta di registro di un decreto di omologazione di un concordato fallimentare con terzo assuntore, lo stesso decreto, non deve essere assoggettato all'imposta fissa, ma a quella proporzionale: ciò in quanto, ai fini tributari, non rileverebbe solo il provvedimento di omologazione, ma anche la cessione dell'attivo fallimentare al terzo assuntore.

Di diverso avviso, invece, la sentenza del 13 febbraio 2017, n. 1303/3/17, della Commissione Tributaria Provinciale di Milano, che si è espressa a sua volta in merito alla corretta tassazione ai fini dell'imposta di registro di un decreto di omologazione di un concordato fallimentare con terzo assuntore, sostenendo che lo stesso deve essere assoggettato all'imposta fissa e non a quella proporzionale: ciò in quanto rileverebbe solo il provvedimento di omologazione e non la cessione dell'attivo fallimentare al terzo assuntore, con contestuale accollo dei debiti.

La sentenza della CTP di Milano è conforme a quanto sancito dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sede distaccata di Brescia (Sentenza del 26 maggio 2014, n. 2816), la quale ha sancito che gli atti di omologazione, in quanto non recanti il trasferimento o la costituzione di alcun diritto reale, non dovrebbero essere assoggettati all'imposta proporzionale.

In tale occasione, i giudici di secondo grado hanno riformato la sentenza di primo grado che aveva accolto le ragioni erariali, ritenendola illegittima, in quanto contraria a quanto stabilito dall'art. 8, lett. a), Tariffa, Parte Prima; ciò in quanto la disposizione normativa assoggetta ad imposta di registro pari al 3 % (misura stabilita per i corrispondenti atti, se gli stessi hanno contenuto patrimoniale) gli atti dell'autorità giudiziaria ordinaria o speciale in materia di controversie civili recanti trasferimento o costituzione di diritti reali su beni immobili o su unità da diporto ovvero su altri beni e diritti.

Infine, si ricorda che la CTR della Lombardia recentemente, con sentenza del 3 dicembre 2020, n. 2838, ha sancito che il previsto accollo del passivo fallimentare, da parte della contribuente, "altro non è che la modalità di pagamento del corrispettivo del trasferimento dell'attivo fallimentare" e, cioè, "il controvalore del trasferimento in suo favore della massa attiva".

L'accollo non costituisce, pertanto, nel caso in esame, un atto negoziale a sé stante ed autonomo, come sostenuto dall'ufficio, ma un atto accessorio, alla stregua di una "clausola" negoziale, del debito (accollato), oggetto dell'atto di concordato in esame, come tale non autonomamente sottoponibile all'imposta di registro.

Conseguentemente, l'atto di accollo costituirebbe una porzione del trasferimento dei beni, e, quindi, l'imposta sarebbe al più dovuta sull'atto di trasferimento dei beni e diritti che formano l'attivo fallimentare e non potrebbe essere dovuta sull'accollo.

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