Il cerchio si stringe intorno alla confisca urbanistica senza condanna: la Cassazione interviene su un caso di lottizzazione abusiva negoziale

Gennaro Iannotti
07 Aprile 2021

In presenza di una lottizzazione abusiva solo negoziale, il giudice del merito è tenuto ad accertare in fatto non solo se, sotto il profilo del principio di proporzionalità, la confisca costituisca l'unica misura idonea a ripristinare la conformità urbanistica dell'area interessata, ma anche se possano essere eventualmente adottate altre e meno invasive misure ripristinatorie...
Massima

In presenza di una lottizzazione abusiva solo negoziale, il giudice del merito è tenuto ad accertare in fatto non solo se – sotto il profilo del principio di proporzionalità - la confisca costituisca l'unica misura idonea a ripristinare la conformità urbanistica dell'area interessata, ma anche se – in ordine al requisito della adeguatezza - possano essere eventualmente adottate altre e meno invasive misure ripristinatorie, il cui onere probatorio grava su chi ha interesse a giovarsene.

Il caso

La questione portata all'attenzione della Cassazione può essere così riassunta: la Corte d'Appello di Messina dichiarava non doversi procedere nei confronti di tutti gli imputati in ordine alla contravvenzione di lottizzazione abusiva (art. 44, comma 1, lett. c), d.P.R.n. 380/2001) perché estinta per prescrizione, confermando, al contempo, la confisca dei terreni e delle opere interessate dalla riconosciuta lottizzazione abusiva, limitandosi a “prendere atto” della legittimità della statuizione della confisca dei terreni e delle opere interessate dalle attività di lottizzazione abusiva.

Con un unico motivo di ricorso avverso il provvedimento della Corte distrettuale, i ricorrenti deducono il vizio di motivazione poiché la sentenza d'appello non avrebbe verificato il necessario requisito della proporzionalità della misura ablatoria rispetto all'illecito contestato, lì dove era stato accertato che la lottizzazione aveva un carattere negoziale, ossia che la trasformazione urbanistica dei terreni era avvenuta senza l'esecuzione di opere le quali ultime, nonostante il generico riferimento operato a queste in motivazione, non erano mai state eseguite. E ciò in violazione dei principi posti dalla sentenza della Grande Chambre della Corte EDU 28/6/2018, nel caso G.I.E.M. Srl c. Italia, secondo la quale (si veda § 301 della sentenza) la confisca urbanistica non può essere applicata automaticamente, ma solo se risulti proporzionata – nella sua entità – alla tutela dell'ambiente e della riserva pubblica della potestà pianificatoria.

La questione

L'applicazione della misura ablatoria urbanistica disposta in sede di proscioglimento per prescrizione del reato di lottizzazione abusiva negoziale è subordinata ad una necessaria e preliminare verifica di conformità ai requisiti di proporzionalità ed adeguatezza da parte del giudice? Quid iuris nel caso in cui il giudice ne accerti la sproporzione?

Le soluzioni giuridiche

La Corte di Cassazione accoglie – perché fondato – il motivo di ricorso, comune a tutti i ricorrenti, circa l'insussistenza di idonea motivazione della sentenza del secondo grado di merito in ordine alla verifica del requisito della proporzionalità della confisca nell'ipotesi di lottizzazione abusiva negoziale prescritta.

Sullo scenario nel quale si iscrive la tematica della confisca urbanistica e dei presupposti per disporla sono stati spesi fiumi di inchiostro e, pertanto, sarebbe superfluo in questa sede un nuovo esame.

Sul punto, la sentenza è ampiamente compilativa.

Ai nostri fini, basterà solo tener presente che, secondo la giurisprudenza nata per gemmazione dal “dibattito tra le Corti” (Corte EDU, Corte Costituzionale e Corte di Cassazione), la confisca urbanistica può essere disposta anche qualora sia sopraggiunta la prescrizione del reato di lottizzazione abusiva, e dunque con una sentenza di proscioglimento, purché tutti gli elementi oggettivi e soggettivi del reato siano stati “sostanzialmente” accertati dal giudice penale nel pieno rispetto delle garanzie difensive; un accertamento, è appena il caso di precisare, espressamente previsto dall'art. 44, comma1, lett. c) (“La sentenza… che accertache vi è stata lottizzazione abusiva”) come presupposto di una misura obbligatoria (“dispone la confisca dei terreni”).

Partendo da queste premesse, va rilevato che – saggiamente – i difensori dei ricorrenti nulla hanno eccepito in ordine alla sussistenza dell'illecito lottizzatorio sotto il profilo sia oggettivo che soggettivo, posto che, con orientamento ormai consolidato, in presenza di una causa di estinzione del reato (in questo caso: prescrizione maturata già in appello), non sono rilevabili, in sede di legittimità, vizi di motivazione della sentenza impugnata, in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l'obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva (Cass. pen., Sez. Un., n. 35490/2009). Ma per i giudici di legittimità il motivo dei ricorrenti centrava, comunque, nel segno: la corte d'appello messinese non aveva fatto buon governo dell'obbligo di verifica del requisito di proporzionalità della misura ablatoria rispetto all'entità dell'illecito, in ossequio alla “nuova” cornice giurisprudenziale di riferimento tracciata dalle SS.UU. Perroni del 31/01/2020, adottata sulla scia della nota decisione CEDU nel caso Sud Fondi c. Italia del 20/01/2009 e culminata nella sentenza della Grande Camera G.I.E.M. Srl c. Italia.

In altri termini – ma il punto apparirà più chiaro tra breve – il connotato (se in termini di connotato ci si vuole esprimere) della proporzionalità deve presidiare ogni intervento dello Stato che abbia l'effetto di incidere negativamente sui diritti della persona, sicché il giudice è tenuto a verificare che la confisca non rappresenti un carico sproporzionato o eccessivo e, dunque, incompatibile con il diritto al rispetto della proprietà privata consacrato nel primo paragrafo dell'art. 1 del Protocollo n. 1 CEDU.

Osservazioni

La conclusione cui perviene la sentenza in esame porta con sé l'ottimismo della volontà della sentenza della C. EDU G.I.E.M. c. Italia e il pessimismo della ragione delle Sezioni Unite Perroni.

Partiamo dalle Sezioni Unite Perroni.

Già i primi commentatori rilevarono come il massimo organo di nomofilachia avesse risposto solo in maniera implicita ed incidentale al quesito proposto nell'ordinanza di rimessione della Sezione Terza penale in punto di praticabilità dell'annullamento con rinvio ai soli fini della valutazione della proporzionalità dell'ablazione ed avesse omesso di enunciare - al riguardo - un principio di diritto ai sensi dell'art. 173, comma 3, disp. att. al codice di rito. In particolare, come risulta dalla lettura del paragrafo 9 della sentenza Perroni, la Suprema Corte, da un canto, rimarca, del tutto correttamente, come l'applicazione della confisca urbanistica, in presenza dell'estinzione per prescrizione del reato-presupposto, postuli la verifica, anche ex officio ai sensi dell'art. 609, comma 2, c.p.p., dell'osservanza del principio di proporzionalità, richiamando a supporto l'insegnamento della Corte EDU nel caso G.I.E.M. e, prima di questo, nel caso Sud Fondi e la conseguente giurisprudenza nazionale; dall'altro canto, però, la Suprema Corte aggiunge che l'ambito di applicazione della rilevabilità d'ufficio è circoscritto ai limiti devolutivi connessi fisiologicamente al giudizio di legittimità, sicché, in assenza di elementi deponenti per il mancato rispetto del principio di proporzionalità, non sarebbe legittimo un annullamento con rinvio ad explorandum, in ossequio al principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite Giordano (Cass. pen., Sez. Un., n. 25887/2003).

Da queste premesse è stata affermata dalle Sezioni Unite la regula iuris applicabile nell'ipotesi in cui la Corte di Cassazione ravvisi una violazione del principio di proporzionalità: quest'ultima potrà essere rilevata d'ufficio se (e soltanto se) emerga dalla ricostruzione fattuale compiuta dai giudici nelle fasi precedenti e, ovviamente, riguardi i soggetti titolari del rapporto processuale regolarmente instaurato e non anche soggetti terzi (nel caso Perroni, il ricorrente, con l'unico motivo riguardante la confisca, aveva dedotto una questione, quella della buona fede dei terzi, che, in quanto estranea alla propria posizione, non poteva essere rilevata d'ufficio dalla Corte: di qui la conferma della confisca).

Una volta declinati con chiarezza i limiti di operatività del principio di proporzionalità della confisca urbanistica, la sentenza che si annota ha confermato l'ancoraggio dell'applicazione della confisca al rispetto di tutti i criteri enunciati al punto 301 della sentenza della Grande Camera G.I.E.M. srl c. Italia, nella quale si sottolinea che, al fine di valutare la proporzionalità della confisca, possono essere presi in considerazione i seguenti elementi:

- la possibilità di adottare misure meno restrittive, quali la demolizione di opere non conformi alle disposizioni pertinenti o l'annullamento del progetto di lottizzazione;

- la natura illimitata della sanzione derivante dal fatto che può comprendere indifferentemente aree edificate e non edificate e anche aree appartenenti a terzi;

- il grado della colpa o di imprudenza dei ricorrenti o, quanto meno, il rapporto tra loro condotta e il reato in questione.

E da tale impostazione derivano degli aspetti innovativi (quantomeno sul piano giurisprudenziale) che potrebbero essere proficui per il futuro ermeneutico ed applicativo della misura ablatoria della confisca urbanistica in caso di reato presupposto prescritto.

Innanzitutto, la decisione conferma il trend (positivo) inaugurato dalla medesima sezione della Corte con la sentenza n. 12640/2020, secondo la quale, in tema di lottizzazione abusiva mista, è necessaria – da parte del giudice – la verifica della necessità della confisca, lì dove risulti l'eliminazione di tutte le opere eseguite e dei pregressi frazionamenti con ricomposizione fondiaria e catastale nello stato preesistente ed in assenza di definitive trasformazioni. Un vero segnale di discontinuità rispetto all'unico criterio “storicamente” adottato – in punto di applicazione del principio di proporzionalità - della mera coincidenza tra aree abusivamente lottizzate e aree confiscate.

Ricapitolando le osservazioni precedenti, si può dire che se è vero che la confisca rappresenta l'extrema ratio in presenza della lottizzazione mista, ciò deve essere ancora più vero lì dove si è in presenza di una lottizzazione solo negoziale. E, nel caso di cui ci occupiamo, l'operazione è stata necessaria per arginare l'effetto distruttivo che avrebbe comportato la struttura del testo del provvedimento annullato, dal quale non erano emersi elementi deponenti per l'inutilità dello scrutinio del criterio di proporzionalità: da parte dei giudici distrettuali non vi era stata, infatti, nessuna verifica sia se – a fronte di una lottizzazione senza l'esecuzione di opere – la confisca costituisse l'unica misura atta a ripristinare la conformità urbanistica dell'area interessata sia in ordine agli spazi di percorribilità dell'adozione di misure ripristinatorie.

Evitando parole che hanno il sapore di un annuncio trionfale, può affermarsi come la sentenza annotata rappresenti l'ennesimo tentativo di dare ancor più legittimità al principio di proporzionalità nel campo di tutte le misure ablative del patrimonio: tendenza che si sta diffondendo nella giurisprudenza di legittimità sulla scia dell'affermazione per cui le impostazioni adottate, in via generale, dalla disciplina delle cautele personali nel procedimento penale debbano travalicare il perimetro della libertà individuale per divenire termine necessario di raffronto tra la compressione dei diritti fondamentali (tra i quali rientra, a buon titolo, quello di proprietà) e la giustificazione della loro limitazione. In ambito sovranazionale, il principio in esame è ormai affermato tanto dalle fonti dell'Unione (cfr. art. 5 TUE, par. 3 e 4, art. 49, par. 3 e art. 52, par. 1 della Carta dei diritti fondamentali; sul punto, cfr. Cass. pen., sez. III, n. 42178/2009), che dal sistema della CEDU. In tal senso, anche la dottrina sostiene da tempo che il principio di proporzionalità assolve ad una funzione strumentale per un'adeguata tutela dei diritti individuali in ambito processuale penale, e ad una funzione finalistica, come parametro perverificare la giustizia della soluzione presa nel caso concreto. E anche la giurisprudenza è giunta alle medesime conclusioni: le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cass. pen., Sez. Un., n. 36072/2018) hanno chiarito che ogni misura cautelare, per dirsi proporzionata all'obiettivo da perseguire, dovrebbe richiedere che ogni interferenza con il pacifico godimento dei beni trovi un giusto equilibrio tra i divergenti interessi in gioco; in tale ottica, la motivazione in ordine alla strumentalità della res rispetto all'accertamento penale diventa, allora, requisito indispensabile affinché il decreto di sequestro, per sua vocazione inteso a comprimere il diritto della persona a disporre liberamente dei propri beni, si mantenga appunto nei limiti costituzionalmente e convenzionalmente prefissati e resti assoggettato al controllo di legalità (così testualmente in motivazione le SS.UU. Botticelli).

Torniamo allora alla parafrasi da cui siamo partiti: l'ottimismo della volontà e il pessimismo della ragione.

Sotto il primo profilo, sarà ragionevole ritenere che anche la portata dell'obbligatorietà della confisca urbanistica – nell'ipotesi di reato prescritto – dovrà essere valutata e risolta attraverso il test di proporzionalità ed adeguatezza, al fine di saggiare, come detto, la correttezza della soluzione.

Secondo l'arresto esaminato, il giudice dovrà non solo motivare sulla impossibilità di conseguire il medesimo risultato ricorrendo ad altri e meno invasivi strumenti cautelari, ma dovrà modulare la prospettiva sanzionatoria in base al miglior strumento possibile per ripristinare la conformità urbanistica dell'area interessata: il giudice, cioè, deve conformare il vincolo in modo tale da non arrecare un inutile sacrificio di diritti, il cui esercizio di fatto non pregiudicherebbe la finalità cautelare perseguita (sul tema, anche Corte Cost., n. 85/2013).

Il problema, però, non si chiude: lo prova il fatto che il giudice penale non dispone, all'interno del vigente Testo Unico dell'Edilizia, di alcuno strumento alternativo alla confisca: ed ecco che siamo giunti al pessimismo della ragione.

Trattasi di una questione che non rileva nel caso che ci occupa, stante l'assenza, nel caso esaminato dalla Corte, di esecuzione di opere.

Il tema dell'assenza, nell'art. 44, d.P.R. n. 380/2001 di strumenti alternativi alla confisca si porrà, in maniera premente, nei casi di lottizzazione abusiva materiale e/o mista, lì dove il giudice ritenga che la confisca sproporzionata sia superabile mediante il ricorso a strumenti di tutela del territorio meno invasivi rispetto alla confisca.

Non è facile: è indubbio che la demolizione dell'opera abusiva rappresenti la misura ripristinatoria di carattere generale per tutti gli interventi abusivi previsti come reato dal d.P.R. n. 380/2001. Essa è infatti prevista quale attribuzione diretta del giudice penale nel caso di interventi in assenza di permesso di costruire o in totale difformità (art. 31, comma 9), ed in tema di violazioni antisismiche (art. 98), mentre, nel caso della lottizzazione, l'art. 30, comma 8,d.P.R. n. 380/2001 prevede l'obbligo per la P.A. di provvedere alla demolizione delle opere solo all'esito dell'acquisizione delle aree abusivamente lottizzate al patrimonio comunale, effetto questo che può conseguire non solo al provvedimento amministrativo di acquisizione, ma anche alla confisca disposta in sede penale (art. 44, comma 2, secondo periodo). Pertanto, nel disegno originario del legislatore, l'esercizio del potere ripristinatorio non è estraneo all'intervento del giudice in materia di lottizzazione, ma viene da lui attivato in capo all'amministrazione solo quale precipitato legislativo della declaratoria di confisca.

Orbene, divenuto facoltativo, in virtù della sentenza G.I.E.M. c\Italia, il potere sanzionatorio tramite la confisca, il giudizio di sproporzione di quest'ultima finirebbe per sterilizzare del tutto la legittimazione del giudice penale ad attivare l'esercizio del potere ripristinatorio; un potere di carattere generale, attribuitogli da ogni istituto del diritto penale urbanistico per la funzione di garanzia a lui assegnata al fine della effettività della tutela del territorio ed esercitato indirettamente nella materia della lottizzazione solo in ragione dell'automatismo ed obbligatorietà della confisca.

Da qui è scaturita l'ordinanza del 18/05/2020 della Corte d'appello di Bari (si noti “l'eterogenesi dei fini” con Punta Perotti) che ha sollevato questione di legittimità costituzionale – per contrasto con l'art. 117, comma 1, Cost., in relazione all'art. 1 Prot. add. n. 1 CEDU – dell'art. 44, comma 2, d.P.R. n. 380/2001 (T.U. edilizia), nella parte in cui consente di applicare una confisca di carattere sproporzionato, al metro dei parametri delineati dalla Grande Camera della Corte europea dei diritti dell'uomo nella sentenza del 28.6.2018, G.I.E.M. e altri c. Italia. Chi ha letto le 38 pagine del provvedimento della Corte barese ripercorre un problema serio che si porrà ogni qual volta risultino utilmente adempiuti obblighi di adeguamento delle opere alle prescrizioni della pianificazione urbanistica a fronte dell'obbligatorietà /necessità della confisca.

E tale vuoto normativo spiegherà i suoi effetti anche sulle alternative decisorie della Corte di Cassazione: l'assenza di un parametro predeterminato legislativamente rappresenta uno scoglio insormontabile per procedere ad annullamenti senza rinvio – ex art. 620, comma1, lett. l) - di sentenze di merito per violazione del principio di proporzionalità: la Suprema Corte, riscontrata la violazione del principio di proporzionalità, potrà solo annullare con rinvio la sentenza impugnata, posto che, difficilmente sarà in grado di adottare a buon diritto un provvedimento di riduzione sulla base degli elementi rappresentati nelle sentenze di merito (in tale senso ha più volte deciso la Corte di cassazione, annullando la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d'appello per la valutazione in punto di proporzionalità della confisca e per l'eventuale riduzione dell'aggressione patrimoniale; per tutte, Cass. pen.,sez. III, n. 43119/2019; Cass. pen., sez. III, n. 31282/2019).

In queste condizioni, disegnare una prospettiva per il futuro può sembrare una fuga in avanti, un mettere il carro davanti ai buoi. Ma lento e paziente come quello dei buoi non potrà essere il passo del legislatore, unico attore che potrebbe adeguatamente colmare tale vuoto, modificando l'art. 44 del d.P.R.n. 380/2001 in modo da consentire al giudice di operare in concreto il bilanciamento di interessi essenziale per la piena e corretta attuazione del principio di proporzionalità, mediante il ricorso alla verifica probatoria dei parametri di cui al paragrafo 301 della sentenza G.I.E.M. c. Italia, più che ad “ampliamenti creativi” di poteri ripristinatori non riconosciutigli dall'assetto normativo in materia di lottizzazione abusiva.

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