Il rapporto (non sempre armonioso) tra assemblee e superassemblee e la pregiudicata facoltà all'impugnazione

08 Aprile 2021

Con l'ancora oggi incompleta introduzione della disciplina dei condominii di edifici, sono sorte problematiche interpretative e difficoltà pratiche sulla convivenza e interazione tra le assemblee dei singoli stabili e quelle del supercondominio con, per effetto domino, problematiche rilevanti sulla fattibile impugnazione delle super-delibere annullabili da parte dei diritti interessati, i singoli condomini.
Il quadro normativo

Il quadro normativo è sostanzialmente carente, vuoto creato dall'unico riferimento scritto dal riformatore del 2012 che è l'art. 67 disp. att. c.c.: «Nei casi di cui all'articolo 1117-bis del codice, quando i partecipanti sono complessivamente più di sessanta, ciascun condominio deve designare, con la maggioranza di cui all'articolo 1136, quinto comma, del codice, il proprio rappresentante all'assemblea per la gestione ordinaria delle parti comuni a più condominii e per la nomina dell'amministratore. In mancanza, ciascun partecipante può chiedere che l'autorità giudiziaria nomini il rappresentante del proprio condominio. Qualora alcuni dei condominii interessati non abbiano nominato il proprio rappresentante, l'autorità giudiziaria provvede alla nomina su ricorso anche di uno solo dei rappresentanti già nominati, previa diffida a provvedervi entro un congruo termine. La diffida ed il ricorso all'autorità giudiziaria sono notificati al condominio cui si riferiscono in persona dell'amministratore o, in mancanza, a tutti i condomini. Ogni limite o condizione al potere di rappresentanza si considera non apposto. Il rappresentante risponde con le regole del mandato e comunica tempestivamente all'amministratore di ciascun condominio l'ordine del giorno e le decisioni assunte dall'assemblea dei rappresentanti dei condominii. L'amministratore riferisce in assemblea».

In tutta evidenza appare chiaro che, nei condominii di edifici sopra i 60 partecipanti, che sono gli unici interessati dal comma dell'art. 67 disp. att. c.c. è previsto solo la questione del rappresentante dei condomini nell'ambito delle assemblee ordinarie e nulla più. Proprio in quel “nulla di più” si racchiude un enorme lacuna legislativa che dà un senso al filosofico detto “so di non sapere”.

Le assemblee dei condominii e del supercondominio

Il condominio degli stabili nel supercondominio è caratterizzato da un complesso sistema di assemblee che, in parte, devono tra loro interagire e garantire i diritti dei partecipanti, ivi compreso quello del sistema tutelativo delle proprie ragioni nelle vertenze endo-condominiali e endo-supercondominiali.

Questa complessa situazione si esaspera ancor di più nelle realtà supercondominiali con più di 60 partecipanti ove, come è noto, vi è diversità di compagine soggettiva che deve partecipare alle assemblee ordinarie piuttosto che a quelle straordinarie.

Vi è quindi una sostanziale differenza degli organi deliberativi e decisionali.

In particolare, ogni singolo condominio ha le proprie assemblee ordinarie e straordinarie.

A queste vanno aggiunte quelle ordinarie e straordinarie del supercondominio.

Con le prime, ogni stabile decide in merito a tutto ciò che lo attiene.

Con le seconde, vengono trattate invece tutte le questioni che riguardano i beni e servizi in comune a tutti gli stabili.

Dottrina, giurisprudenza e dati normativi sono sufficientemente chiari nell'affermare che nessuna ingerenza possa sorgere tra le due diverse gestioni.

Accanto alla diversa valenza e legittimazione a deliberare delle singole assemblee scorre il diverso binario delle loro convocazioni.

Nel supercondominio sino a di 60 partecipanti, la convocazione alle assemblee ordinarie e straordinarie viene rivolto agli aventi diritto che non si diversificano tra l'una e l'altra.

Questa situazione pertanto non genera problemi.

Le vere difficoltà sorgono nel caso di oltre i 60 partecipanti.

L'art. 67 disp att. c.c., nella sua ungarettiana stesura supercondominii, tratta in realtà solo di questa figura e, con la sua oggettiva incompletezza, ha generato problematiche di non facile soluzione.

Questi aspetti verranno trattati nei successivi capitoli.

Le assemblee ordinarie: convocazione, inoltro verbale e impugnazione

Il primo enorme groviglio di dubbi che prendono vita tra il “detto e non detto” dal riformatore del 2012 sorge nell'analisi delle assemblee relative alla gestione ordinaria.

Da un lato è certo che a partecipare debbano essere i rappresentanti di ogni singolo stabile, ma accanto a questa certezza è stato creato il vuoto relativo alle questioni di tipo pratico e, a cascata, giuridico.

  • Convocazione

La prima questione attiene il momento generativo dell'assemblea, la convocazione

È bene dire che la norma nulla dice in merito alla rituale convocazione all'assemblea ordinaria.

L'art. 67 disp. att. c.c. indica letteralmente che ogni stabile deve avere un proprio rappresentante, ma nulla dice in merito alla convocazione assembleare e cioè a chi deve essere inoltrata.

Qui si apre lo scenario interpretativo e quindi le varie ipotesi, con lo sforzo di capire quale, ad oggi, posso essere quella perseguibile perchè preferibile alle altre.

Pertanto, le ipotesi sono:

- al designato rappresentante;

- oppure allo stabile in persona dell'amministratore che a sua volta notizierà il rappresentante;

- oppure allo stabile in persona dei singoli partecipanti che a loro volta notizieranno l'amministratore e/o il rappresentante.

A riflettere bene, questo vuoto normativo destabilizza in maniera sensibile ogni operatore del settore.

Tra le ipotesi, si può valutare che quella più corretta sia quella che permetta all'avente diritto di poter partecipare.

In tal senso, quindi, se la convocazione all'assemblea ordinaria non dovesse giungere in tempo utile al rappresentante, questi verrebbe provato del suo diritto, appunto, a presenziare l'assemblea.

A titolo esemplificativo, se la convocazione dovesse essere spedita 6/7 giorni prima dell'effettiva assemblea ai partecipanti (nel rispetto quindi dei cinque giorni liberi previsti dall'art. 66 disp. att. c.c.) e poi questi la dovessero inoltrare al rappresentante, il vero rischio è che questi vengano a conoscenza dell'assemblea in maniera tardiva.

Non solo, se la convocazione dovesse giungere a tutti i partecipanti, non è raro che l'anagrafica condominiale non sia aggiornata e/o corretta, ovvero che le PEC delle società, seppur utilizzate quelle presenti nelle visure camerali, non sia più quella in uso (accade purtroppo).

In questo modo, oltre ad avere il rischio di vedere disertare il rappresentante per la tardiva comunicazione, si potrebbe svolgere un'assemblea ad alto rischio di impugnazione.

Ritenere quindi che la convocazione dell'assemblea possa giungere direttamente ai rappresentanti permetterebbe di superare tutte le difficoltà sovraesposte.

L'uso del condizionale è d'obbligo atteso che la norma non tratta questo passaggio, anzi, a rigore di stretta applicazione dei precetti, dovrebbe essere rispettato l'art.66 disp. att. c.c. e quindi ritenere i singoli aventi diritto quali giusti destinatari della convocazione.

A conforto di questa tesi, v'è anche un piccolo passaggio nell'art. 67 disp. att. c.c. “ll rappresentante (…) comunica tempestivamente all'amministratore di ciascun condominio l'ordine del giorno”.

Questo darebbe conforto al fatto che la convocazione contenente l'o.d.g. viene inoltrata al rappresentante e questi, senza indugio, la debba inoltrare all'amministratore dello stabile che rappresenta.

  • Inoltro del verbale

Altra questione molto delicata e al contempo in parte trascurata dalle norme è l'inoltro del verbale di assemblea.

Come noto, il verbale deve essere inoltrato agli assenti.

In questo caso il passaggio, la lettura della norma dà credito che il destinatario sia il rappresentante.

Questo soggetto, una volta ricevuto, lo deve inoltrare (dice la norma “tempestivamente”), all'amministratore che, a sua volta, lo deve poi notiziare ai singoli partecipanti.

Sono questi passaggi in parte trascurato dall'amministratore perchè non collegati nella loro redazione nella novella del 2012 alla questione dei “termini” ad impugnare.

Insomma, manca un ponte normativo tra i due aspetti.

  • Impugnazione delle delibere

Proprio qui si annida un importante pericolo che porterebbe la lacuna a generare un conflitto con le norme costituzionali.

Infatti, i passaggi di inoltro del verbale dal superamministratore al rappresentante assente, da questi all'amministratore ed infine ai singoli partecipanti porterebbe far decorrere in modo infruttuoso il termine dei 30 giorni per l'impugnazione delle delibere affette da invalidità lieve determinante l'annullabilità.

Nel disegnare le ipotesi perseguibili, la prima lascia aperta ogni soluzione e con essa ogni dubbio:

- il rappresentante in quanto soggetto che ha partecipato all'assemblea (o avrebbe dovuto), che ha manifestato il proprio voto libero ed incondizionato e quindi colui che può invocare eventuali irregolarità avvenute;

- ogni singolo partecipante in quanto il diretto destinatario di quanto deliberato;

- l'amministratore, officiato con un'apposita delibera nel rispetto del quorum dell'art. 1136 c.c.

Una seconda tesi indica solo il rappresentante il soggetto che può legittimamente impugnare la delibera in quanto il soggetto che è legittimato a partecipare in modo testuale all'assemblea.

E per pertanto i successivi passaggi di comunicazione dell'ordine del giorno e del relativo verbale all'amministratore e da questi ai partecipanti riguarda solo l'aspetto dell'adempimento delle obbligazioni in esso contenute.

In poche parole, il “condomino” che deve essere presente in assemblea relativa alla gestione ordinaria è, secondo il legislatore, il rappresentante e come tale in capo adesso vi è la legittimazione a rivendicare i diritti legati all'assemblea stessa.

Inutile dire che aderire a questa seconda tesi ritenendola quale unica accreditata aiuterebbe enormemente non solo da un punto di vista pratico, ma anche di certezza dei termini per l'impugnazione allorquando si voglia invocare l'annullabilità del verbale o di parte di esso.

Ad oggi, di fatto, non v'è norma che possa dare un conforto alla legittimazione all'impugnazione.

Nel silenzio, l'impugnazione spetta al titolare del diritto che è il partecipante.

In ciò si spera che il passaggio del verbale, giunga al soggetto in tempo utile per esercitare il suo costituzionale diritto di difesa.

La prima assemblea ordinaria: l'assemblea madre

Dubbi importanti sorgono sulla prima assemblea ordinaria che va letta come l'assemblea madre, madre della prima ed importante delibera: la nomina del superamministratore.

Infatti, la norma individua in modo chiaro che l'amministratore del supercondominio deve essere indicato dall'assemblea dei rappresentanti.

Prima ancora la norma dice che l'assemblea dei rappresentanti si ha per compiutamente costituita laddove tutti gli edifici costituenti il condominio abbiano designato questa figura.

Questo significa che il cammino per giungere alla valida, completa e rituale convocazione della prima assemblea potrebbe essere tutt'altro che semplice.

Il primo problema è se gli stabili componenti il supercondominio assolvono all'onere di nomina del proprio rappresentante in modo tempestivo.

Se ciò non dovesse avvenire, si incardinerebbe il percorso per la nomina giudiziaria del rappresentante mancante.

Così giunti, in modo più o meno veloce, alla determinazione dell'intera compagine dei rappresentanti, questi hanno il compito di nominare il superamministratore.

Le assemblee straordinarie: convocazione e inoltro verbale

Questione più semplice di quella sin qui trattata è la convocazione e le dinamiche legata all'assemblea del supercondominio che attiene aspetti di natura straordinaria.

A queste assemblee devono essere infatti convocati tutti i partecipanti (aventi diritti a dire il vero ex art. 66 disp. att. c.c.) al supecondominio, a loro quindi deve giungere la convocazione con l'ordine del giorno e eventuali allegati e a loro, o loro delegati, spetta il voto in sede assembleare.

Lo stesso dicasi per l'inoltro del verbale agli aventi diritto (assenti).

La legittimazione ad impugnare i verbali spetta quindi al singolo condomino interessato.

Come si evince qui problemi o incertezze interpretative non sorgono, così come problemi di tempistiche tra trasmissione del verbale e conoscenza dell'avente diritto, il rapporto è diretto senza passaggi intermedi.

Le impugnazioni delle delibere nei supercondominii entro 60 partecipanti

Le delibere adottate nell'ambito dell'assemblea del supercondominio seguono le stesso e identico iter impugnativo delle delibere dell'assemblea dei condominii.

Le delibere quindi potranno essere impugnate per nullità o annullabilità a seconda della ragione che ne inficia la validità.

Nei condomini sino a 60 partecipanti questo problema è veramente manualistico infatti sia alle assemblee ordinarie che a quelle straordinarie sono convocati gli stessi aventi diritto e gli stessi soggetti, agli assenti sarà loro inoltrato il verbale e sono poi coloro che possono impugnare la delibera.

Pertanto, il termine ad impugnare per annullabilità maturerà dal giorno dell'assemblea per i dissenzienti e gli astenuti e dall'inoltro del verbale agli assenti.

Siccome i soggetti destinatari della convocazione sono i partecipanti e gli eventuali assenti Il problema non si pone in quanto i dissenzienti e gli astenuti potranno impugnare entro 30 giorni dall'assemblea e gli assenti entro 30 giorni da quando riceveranno il verbale.

Le impugnazioni delle delibere nei supercondominii oltre 60 partecipanti

Altra questione attiene i supercondomini oltre 60 partecipanti, qui emergono in pieno le importanti carenze legislative in tema di impugnazione.

Ciò che manca nelle norme è la sensibilità pratica, ovvero l'attuazione del dettato normativo alla realtà senza svilire o violare norme e diritti.

L'impugnazione delle delibere delle assemblee straordinarie non presentano aspetti rilevanti, né problematici in quanto convocati in assemblea sono direttamente i partecipanti e gli stessi avranno la legittimazione ad impugnare.

Diverso, invece, l'ipotesi dell'assemblea avente ad oggetto la gestione ordinaria ove convocati sono direttamente i rappresentati.

Come visto a loro giunge l'o.d.g. e il verbale.

Sia il primo che il secondo avviso dovrà essere inoltrato “tempestivamente” dal rappresentante all'amministratore e, da questi, ai diretti interessati e titolari del diritto: i partecipanti.

Infatti, la norma è chiara nel precettare che, una volta tenutasi l'assemblea, il relativo verbale dovrà essere inoltrato senza indugio all'amministratore il quale poi lo comunicherà ai propri per condomini.

Qui sorge il vero nodo pratico di difficile soluzione.

È evidente che tra il giorno in cui si tiene l'assemblea è il giorno in cui verbale giunge all'amministratore e poi da questi giunga ai singoli condomini passa un certo lasso di tempo.

La lacuna legislativa pone quindi due diverse su difficoltà: chi è il soggetto tenuto ad impugnare e qual è la decorrenza del termine impugnare.

In primo luogo, occorre evidenziare che la trasmissione del verbale dal rappresentante all'amministratore rappresenta obbligo in capo ad ogni rappresentante, presente o non presente in assemblea.

L'unica differenza è il dies a quo da cui decorrerà il termine per impugnare.

Il secondo aspetto attiene la configurazione del soggetto legittimato ad impugnare le delibere.

Nel silenzio della legge, occorre analizzare le varie ipotesi e, se possibile, inquadrare quella preferibili o verosimilmente più corretta.

Una prima soluzione legittimerebbe il rappresentante.

Questo perché il rappresentante essendo convocato in assemblea ha contezza dell'ordine del giorno, se presente dello svolgimento e nei termini di legge è messo in grado di mostrare le sue doglianze.

Questa tesi ha enormi limiti atteso che i tra poteri conferiti al rappresentante nell'art. 67 disp. att. c.c. non c'è quello dell'impugnazione delle delibere assembleari.

Questa ipotesi avrebbe un enorme vantaggio che la sua legittimazione aiuterebbe ad inquadrare con certezza il rispetto dei termini previsti dalla legge per le impugnazioni per le delibere annullabili, vero è che la carenza suddetta inficia la possibilità di valutare di pregio tale soluzione.

Una seconda soluzione legittimerebbe i singoli partecipanti, in quanto diretti destinatari delle decisioni adottate in seno all'assemblea relativa alla gestione ordinaria.

In buona sostanza, sono coloro nella cui sfera giuridica ricadono le decisioni adottate in seno all'assemblea ordinaria, una per tutti il pagamento degli oneri del supercondominio.

Questa soluzione che da un punto di vista giuridico parrebbe perfettamente corretta presenta però una difficoltà di natura pratica.

Come evidenziato, tra il giorno in cui si tiene l'assemblea ed il giorno in cui il singolo condomino viene a conoscenza del verbale passa sicuramente un lasso di tempo, variabile a seconda della celerità del duplice passaggio del medesimo previsto dalla norma: rappresentante-amministratore, amministratore- partecipante-condomino.

In realtà, prima ancora v'è un passaggio ignorato dal legislatore: quello della trasmissione del verbale dal superamministratore al rappresentante.

Pur nella più rosea valutazione questi passaggi richiedono un termine che mal si concilia con le tempistiche dell'impugnazione delle delibere per annullabilità.

In conclusione

In conclusione, per il supercondominio occorre richiamare la famosa frase che disse Socrate alla giuria che lo condannò a morte: “so di non sapere”.

Ed è bene dire che questa non conoscenza non nasce dalla mia nobile ignoranza, bensì da un “non scritto” dal riformatore, un'omissione tutt'ora presente a distanza di oltre 7 anni dall'entrata in vigore della legge n. 220/2012.

Questa carenza assume dimensioni tridimensionali nella sua complessità, soprattutto quando si tratta delle impugnazioni delle delibere delle assemblee ordinarie del supercondominio.

Per lo scrivente, ad oggi non soccorre alcuna soluzione che possa con certezza contemperare il rispetto delle norme e la tutela dell'interesse dei diretti interessati.

Riferimenti

Salciarini, Carenza di legittimazione a impugnare per l'astenuto, in Immob. & diritto, 2010, fasc. 8, 19;

De Tilla, Sulla legittimazione ad agire per l'annullamento della delibera condominiale, in Arch. loc. e cond., 2005;

Gallucci, Forma dell'atto di impugnazione delle delibere condominiali, in Immob. & proprietà, 2014;

Celeste, Definite le modalità di impugnazione della delibera condominiale: una soluzione di buon senso per scongiurare un pericoloso overruling, in Foro it., 2011.

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