Procedure di allerta: rinvio dell'obbligo di segnalazione da parte dell'Agenzia delle Entrate

Daniele Fico
14 Aprile 2021

Tra le novità più significative contenute nel codice della crisi e dell'insolvenza, la cui entrata in vigore è prevista per il 1° settembre 2021, rientrano le procedure di allerta, il cui obiettivo è l'emersione tempestiva dello stato di crisi dell'impresa e la sollecita adozione delle misure più idonee alla sua composizione.
Introduzione

Tra le novità più significative contenute nel codice della crisi e dell'insolvenza, la cui entrata in vigore è prevista per il 1° settembre 2021, rientrano le procedure di allerta, il cui obiettivo è l'emersione tempestiva dello stato di crisi dell'impresa e la sollecita adozione delle misure più idonee alla sua composizione. L'art. 12 CCI individua tra gli strumenti di allerta i presidi organizzativi, gli obblighi di segnalazione degli organi di controllo della società e quelli da parte dell'Agenzia delle Entrate, dell'Inps e dell'agente della riscossione.

L'art. 5, comma 14, decreto sostegni, apporta tuttavia una nuova modifica al codice della crisi, con la previsione del rinvio al 2023 degli obblighi di segnalazione al debitore gravanti in capo all'Agenzia delle Entrate, creando, in tal modo, un disallineamento degli adempimenti a carico dei creditori pubblici qualificati e degli organi di controllo della società.

(Fonte: IlFallimentarista)

Le procedure di allerta nel codice della crisi e dell'insolvenza

Tra le novità più significative previste dal D. Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (Codice della crisi di impresa e dell'insolvenza), corretto ed integrato dal D.Lgs. 26 ottobre 2020, n. 147 – la cui entrata in vigore, come noto, è fissata per il 1° settembre 2021 – vanno senza dubbio annoverate le “procedure di allerta”; istituto che trova il suo corrispondente, all'interno della proposta di Direttiva UE 22 novembre 2016, n. 359, nell'early warning, definito come il complesso degli strumenti “in grado di individuare un andamento degenerativo dell'impresa e segnalare al debitore o all'imprenditore la necessità di agire con urgenza” (per un approfondimento, L. Stanghellini, La proposta di Direttiva UE in materia di insolvenza, in Fall., 2017, 873).

L'istituto in esame persegue un fine sicuramente virtuoso, essendo inteso ad arginare il danno economico e sociale derivante da “crisi ritardate”: situazioni che, ove opportunamente gestite con strumenti correttivi di carattere preventivo, potrebbero conoscere esiti diversi da quelli di un (più o meno) lento ed inesorabile processo di decozione dell'impresa, con una ricaduta positiva - oltre che per l'impresa stessa - per i lavoratori in essa impiegati e per l'indotto dei fornitori (spesso colpiti dal default di uno o più clienti rilevanti, con il concreto rischio di crisi, o addirittura insolvenza, relativa).

L'introduzione delle procedure di allerta e di composizione assistita della crisi ha quindi quale obiettivo quello di rimediare alle attuali carenze del nostro ordinamento che, nel complesso, fornisce deboli incentivi ai debitori a rivelare e affrontare tempestivamente situazioni di tensione economico-finanziaria e non prevede, a differenza di altri, strumenti di assistenza per favorire il raggiungimento di soluzioni precoci in accordo con i creditori.

L'idea alla base del nuovo istituto previsto dal Codice della crisi di impresa e dell'insolvenza è che l'emersione precoce della situazione di difficoltà, consentendo all'organo amministrativo di adottare le misure di risanamento quando l'impresa è ancora in continuità, permette di evitare la distruzione di valore generata dal ritardo che sovente si registra nei tempi di risposta alla crisi.

Al fine di valutare l'impatto innovativo delle procedure di allerta è comunque necessario tenere in considerazione che l'attivazione delle medesime presuppone il cattivo funzionamento degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati alla natura e alla dimensione della società; assetti tra i quali non possono non rientrare le procedure interne volte alla rilevazione tempestiva della crisi.

Le procedure di allerta introdotte nel nostro ordinamento giuridico dal codice della crisi hanno quale chiara ed evidente finalità l'emersione tempestiva della crisi, intendendosi con tale termine, ai sensi dell'

art. 2, comma 1, lett. a), CCI

, “lo stato di squilibrio economico-finanziario che rende probabile l'insolvenza del debitore, e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate” (sul tema v. D. Fico, Brevi riflessioni sulla nozione di crisi e di insolvenza del debitore nel nuovo Codice della crisi d'impresa, in IlFallimentarista 4 giugno 2019).

Proprio al fine di favorire l'emersione anticipata della crisi, l'

art. 3 CCI

- rubricato “Doveri del debitore” - impone:

- all'imprenditore individuale di adottare misure idonee a rilevare in maniera tempestiva lo stato di crisi ed assumere senza indugio le iniziative necessarie a farvi fronte (comma 1);

- all'imprenditore collettivo di adottare un assetto organizzativo adeguato ai sensi dell'art. 2086 c.c., ai fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi e dell'assunzione di idonee iniziative (comma 2).

In particolare, il citato art. 2086, comma 2, c.c. (nel testo novellato dall'

art. 375 CCI

), impone all'imprenditore che operi in forma societaria o comunque collettiva di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.

Per espressa previsione dell'

art. 12, comma 1, CCI

, i suddetti “obblighi organizzativi” costituiscono strumenti di allerta e sono posti a carico dell'imprenditore.

Più precisamente, i presidi organizzativi hanno quale fine di consentire la tempestiva individuazione di uno stato di crisi al fine della sua gestione; obiettivo realizzato in maniera tale da permettere in continuo la valutazione della sostenibilità del debito sotto diversi profili: quello della tempestiva individuazione dello stato di crisi; quello del permanere della continuità aziendale; quello dell'assunzione delle obbligazioni proporzionalmente alle proprie capacità patrimoniali, principio, quest'ultimo, caratterizzato da valenza generale che prescinde dallo stato di crisi.

L'inerzia nell'attivazione dei presidi, per i quali si deve comunque ritenere imprescindibile il principio della proporzionalità alle dimensioni ed alla complessità dell'impresa, comporta non soltanto la conseguente assunzione di responsabilità, ma anche il rischio dell'impercorribilità delle misure di composizione assistita della crisi con la conseguenza di un esito nefasto delle medesime.

Oltre che gli anzidetti obblighi (o presidi) organizzativi, il primo comma dell'

art. 12 CCI

individua altresì tra gli strumenti di allerta volti alla tempestiva emersione dello stato di crisi dell'impresa ed alla sollecita adozione delle misure più idonee alla sua composizione:

- gli obblighi di segnalazione interni, posti a carico dei soggetti indicati nell'

art. 14 CCI

(organi di controllo societari, revisore contabile e società di revisione);

- gli obblighi di segnalazione esterni, posti a carico dei creditori pubblici qualificati di cui all'

art. 15 CCI

(Agenzia delle Entrate, Istituto Nazionale della Previdenza Sociale ed agente della riscossione).

Gli obblighi di segnalazione dei creditori pubblici qualificati

L'art. 15 CCI disciplina gli obblighi di segnalazione a carico dei creditori pubblici qualificati, intendendosi con tale espressione l'Agenzia delle Entrate, l'istituto Nazionale della Previdenza Sociale (di seguito INPS) e l'agente della riscossione.

A questo proposito, è stato osservato che la predetta segnalazione non deve essere considerata alla stregua di una diffida ad adempiere o, peggio ancora, come minaccia di fallimento, ma come sintomo di anomalia nella gestione dell'impresa.

L'art. 15, comma 1, CCI, impone agli anzidetti soggetti - per l'Agenzia delle Entrate e per l'INPS a pena di inefficacia del titolo di prelazione spettante sui crediti dei quali sono titolari; per l'agente della riscossione, invece, a pena di inopponibilità del credito per spese ed oneri di riscossione (per un commento, M.S. Spolidoro, Procedure d'allerta, poteri individuali degli amministratori non delegati e altre considerazioni sulla composizione anticipata della crisi, in Riv. soc., 2018, 173) - di avvisare il debitore, a mezzo posta elettronica certificata di cui sono in possesso oppure, in mancanza, tramite raccomandata con avviso di ritorno all'indirizzo risultante dall'anagrafe tributaria:

- che la sua esposizione debitoria ha superato l'importo rilevante previsto dal successivo secondo comma (a tal fine, v. infra);

- che, se nel termine di novanta giorni dalla ricezione dell'avviso il medesimo non avrà estinto o, in alternativa, regolarizzato per intero il proprio debito con le modalità previste dalla legge o se, relativamente all'Agenzia delle Entrate, non risulterà in regola con il pagamento rateale del debito previsto dall'art. 3-bis D. Lgs. 18 dicembre 1997, n. 462, oppure non avrà presentato istanza di composizione assistita della crisi o domanda per l'accesso ad una procedura di regolazione della crisi e dell'insolvenza, gli stessi ne faranno segnalazione all'OCRI, anche per la segnalazione agli organi di controllo societari.

Limitatamente all'Agenzia delle Entrate, il comma 7 dell'art. 15 chiarisce che il suddetto obbligo decorre dalle comunicazioni della liquidazione periodica IVA prevista all'art 21-bis D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, inerente al primo trimestre dell'anno d'imposta successivo all'entrata in vigore del codice della crisi di impresa e dell'insolvenza (anno 2022).

Il terzo comma dell'art. 15 CCI stabilisce che il suddetto avviso al debitore deve essere inviato:

- dall'Agenzia delle Entrate, contestualmente alla comunicazione di irregolarità prevista all'art. 54-bis d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 633 e comunque non oltre sessanta giorni dalla scadenza del termine previsto dal primo comma del predetto art. 54-bis;

- dall'INPS, entro sessantagiorni dal verificarsi delle condizioni previste al secondo comma, lettera b), dell'art. 15 CCI;

- dall'agente della riscossione entro sessanta giorni dalla data di superamento delle soglie di cui alla lettera c), del sopra menzionato secondo comma dell'art. 15.

Ai sensi di tale secondo comma, l'esposizione debitoria è considerata di importo rilevante:

a) per l'Agenzia delle Entrate, quando l'ammontare totale del debito scaduto e non versato per l'imposta sul valore aggiunto - risultante dalla comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche previste dall'art. 21-bis D.L. 78/2010 - è superiore ai seguenti importi:

  • euro 100.000, qualora il volume d'affari risultante dalla dichiarazione iva inerente all'anno precedente non è superiore a 1.000.000 di euro;
  • euro 500.000, se il volume d'affari risultante dalla dichiarazione iva dell'anno precedente non è superiore a 10.000.000 di euro;
  • euro 1.000.000, qualora il volume d'affari risultante dalla dichiarazione iva relativa all'anno precedente è superiore a 10.000.000 di euro;

b) per l'INPS, quando il debitore ha un ritardo di oltre sei mesi nel versamento di contributi previdenziali di ammontare superiore alla metà di quelli dovuti nell'anno precedente e superiore alla soglia di euro 50.000;

c) per l'agente della riscossione, infine, quando la sommatoria dei crediti affidati per la riscossione dopo la data di entrata in vigore del codice della crisi, autodichiarati o definitivamente accertati e scaduti da oltre novanta giorni superi, per gli imprenditori individuali, la soglia di euro 500.000 e, per le imprese collettive, la soglia di euro 1.000.000.

Questa disposizione ha suscitato critiche in merito sia alla soglia di rilevanza sub c), relativa alle dimensioni dell'impresa come evincibili dal suo volume d'affari, che all'obbligo di segnalazione previsto per l'INPS (F. Lamanna, Il Codice concorsuale in dirittura d'arrivo con le ultime modifiche ministeriali al testo della Commissione Rordorf, in IlFallimentarista, 17 ottobre 2018).

Secondo il testo licenziato dalla Commissione Rordorf, infatti, l'obbligo di segnalazione per l'agente della riscossione sarebbe scattato quando la sommatoria dei crediti affidati per la riscossione a carico del debitore avesse superato l'ammontare del cinque per cento del volume di affari risultante dall'ultima dichiarazione fiscale del contribuente, sempre che fosse superiore alla soglia di euro trentamila, o comunque avesse superato l'importo di euro cinquecentomila. Alla luce del disposto di cui all'art. 15 CCI, invece, scatterà soltanto quando la sommatoria dei crediti affidati per la riscossione, autodichiarati o definitivamente accertati e scaduti da oltre novanta giorni, supererà, per le imprese individuali, la soglia di euro 500.000 e, per le imprese collettive, la soglia di euro 1.000.000.

Al riguardo, nella predetta relazione illustrativa al Codice della crisi di impresa e dell'insolvenza tale scelta è stata giustificata dal fatto che “importi più elevati, come dimostrato dalle elaborazioni effettuate da Agenzia delle entrate–Riscossione con riferimento a quanti, alla fine del 2017, presentavano – rispetto al 2016 - un'esposizione debitoria superiore, porterebbe la platea dei possibili soggetti interessati alla segnalazione ad un numero superiore ai ventimila, contro un totale di circa 2.000 stimabili sulla base delle soglie recepite dalla norma”.

Con riferimento all'INPS, nel testo elaborato dalla Commissione Rordorf l'obbligo di segnalazione era previsto quando il debitore fosse stato in ritardo di oltre sei mesi nel versamento di contributi previdenziali di ammontare superiore alla metà di quelli dovuti nell'anno precedente, e comunque superiore alla soglia di euro 10.000; soglia ora elevata alla misura di euro 50.000.

Su questo punto, nella più volte citata relazione illustrativa si legge che l'”importo [sarebbe stato] ritenuto congruo dagli stessi esponenti dell'istituto consultati nel corso delle audizioni, i quali hanno evidenziato come una soglia più bassa porterebbe il numero dei soggetti da sottoporre alle procedure d'allerta a quasi 200.000 all'anno (contro i 12.000 circa potenzialmente interessati adottando la soglia dei 50.000 euro), numero difficilmente gestibile, soprattutto in fase di prima applicazione della norma”.

I creditori pubblici qualificati, come sopra definiti, tuttavia, non procedono all'obbligo di segnalazione nel caso in cui il debitore dimostri di essere titolare di crediti d'imposta o di altri crediti verso la pubblica amministrazione per un ammontare non inferiore alla metà del debito verso il creditore pubblico qualificato medesimo (art. 15, comma 5, CCI).

Scaduto il termine di novanta giorni dalla ricezione del suddetto avviso senza che il debitore abbia dato prova, alternativamente, di aver estinto il proprio debito; di averlo in altra maniera regolarizzato per intero con le modalità previste dalla legge; di essere in regola con il pagamento rateale di cui all'art. 3-bis D. Lgs. 18 dicembre 1997, n. 462; di aver presentato istanza di composizione assistita della crisi o domanda per l'accesso ad una procedura di regolazione della crisi e dell'insolvenza; l'Agenzia delle Entrate, l'INPS e l'agente della riscossione devono procedere nel più breve tempo possibile («senza indugio» recita l'art. 15, comma 4, CCI) alla segnalazione all'Organismo di Composizione della Crisi di Impresa (OCRI).

I creditori pubblici qualificati devono altresì procedere tempestivamente alla segnalazione all'OCRI nell'ipotesi in cui il debitore decade dalla rateazione e risultano superate le soglie indicate al secondo comma dell'art. 15.

Il rinvio al 2023 dell'obbligo di segnalazione da parte dell'Agenzia delle Entrate

Il D.L. 22 marzo 2021, n. 41, cd. Decreto Sostegni (pubblicato in G.U., Serie Generale, n. 70 del 22 marzo 2021) apporta una nuova modifica al Codice della crisi di impresa e dell'insolvenza.

Ai sensi dell'art. 5, comma 14, infatti, sono posticipati al 2023 gli obblighi di segnalazione al debitore gravanti in capo all'Agenzia delle Entrate.

In questo modo, l'obbligo dell'Agenzia delle Entrate di cui all'art. 15 CCI di segnalare al debitore il superamento delle soglie di debito IVA rilevanti ai fini dell'allerta decorrerà a partire dalle comunicazioni della liquidazione periodica iva relative al secondo anno di imposta, in luogo del primo, successivo all'entrata in vigore del codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, attualmente fissata, giova ribadirlo, al 1° settembre 2021.

Tale nuova disposizione, il cui fine - come chiarito nella relazione illustrativa – è di evitare un numero eccessivo di segnalazioni a danno di soggetti che potranno essere beneficiari di interventi di sostegno a causa dell'emergenza COVID, crea tuttavia un disallineamento degli adempimenti a carico dei creditori pubblici qualificati e degli organi di controllo della società previsti dal codice della crisi.

Per effetto della modifica il quadro delle procedure di allerta prevede attualmente due differenti regimi temporali di efficacia:

a) gli obblighi di segnalazione gravanti in capo all'organo di controllo, al revisore e alla società di revisione e quelli inerenti ai creditori pubblici qualificati (INPS e agente della riscossione), diversi dall'Agenzia delle Entrate, entreranno in vigore a partire dal 1° settembre 2021;

b) gli obblighi di segnalazione dell'Agenzia delle Entrate decorreranno invece solo a partire dal 2023.

In conclusione

ll rinvio di un anno degli obblighi di segnalazione da parte dell'Agenzia delle Entrate induce ad una breve riflessione sulla opportunità di un rinvio generalizzato delle procedure di allerta.

Non vi è dubbio, infatti, che la situazione emergenziale causata dal Covid-19 avrà conseguenze negative sui bilanci delle società, sia per l'anno 2020, che per l'anno 2021, generando, nella maggior parte dei casi, oltre che un peggioramento dei conti, una crisi di liquidità con conseguente aumento dell'indebitamento e pregiudizio del ceto creditorio.

Al riguardo, il legislatore è già intervenuto, una prima volta, con il D.L. 8 aprile 2020, n. 23, c.d. decreto liquidità (convertito con modificazioni in L. 5 giugno 2020, n. 40), consentendo, in via temporanea ed eccezionale, in deroga al principio di conservazione del capitale, la sospensione sino al 31 dicembre 2020 della disciplina della riduzione dello stesso per perdite e delle cause di scioglimento per perdite rilevanti di capitale. Successivamente, con l'art. 1, comma 266, L. 30 dicembre 2020, n. 178 (legge di Bilancio 2021), che prevede la posticipazione del termine entro il quale la perdita deve essere ripianata al quinto esercizio successivo (di fatto, entro il 31 dicembre 2025).

In tale contesto, pertanto, al fine di evitare un elevato numero di segnalazioni causate dalla crisi generata dalla pandemia in corso, sarebbe auspicabile un differimento dell'entrata in vigore dell'istituto dell'allerta (non limitato, quindi, alla sola segnalazione da parte dell'Agenzia delle Entrate), ferma restando comunque l'entrata in vigore delle altre disposizioni contenute nel codice della crisi al 1° settembre 2021.

Sul punto, peraltro, la già citata relazione illustrativa al Codice della crisi evidenzia che il sistema dell'allerta “è stato concepito nell'ottica di un quadro economico stabile e caratterizzato da oscillazioni fisiologiche, all'interno del quale, quindi, la preponderanza delle imprese non sia colpita dalla crisi, e nel quale sia possibile conseguentemente concentrare gli strumenti predisposti dal codice sulle imprese che presentino criticità.

In una situazione in cui l'intero tessuto economico mondiale risulta colpito da una gravissima forma di crisi, invece, gli indicatori non potrebbero svolgere alcun concreto ruolo selettivo, finendo di fatto per mancare quello che è il proprio obiettivo ed anzi generando effetti potenzialmente sfavorevoli”.

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