Il correntista può limitare l'azione di ripetizione ad un dato periodo di svolgimento del rapporto

16 Aprile 2021

Il correntista che agisce in ripetizione può delimitare l'azione di ripetizione - somme percepite dalla banca in dipendenza di clausole nulle - a un determinato periodo di svolgimento del rapporto: è sempre consentito alla parte chiedere meno di quello cui ha diritto.
Massima

Il correntista che agisce in ripetizione può delimitare l'azione di ripetizione - somme percepite dalla banca in dipendenza di clausole nulle - a un determinato periodo di svolgimento del rapporto: è sempre consentito alla parte chiedere meno di quello cui ha diritto. Il giudice può integrare la prova offerta dal correntista (produzione incompleta estratti conto) con mezzi di cognizione disposti d'ufficio, come la CTU.

Il caso

Il caso sottoposto all'esame della Cassazione riguarda l'accertamento della nullità di una serie di clausole attinenti a un rapporto di conto corrente con restituzione delle somme dalla banca indebitamente percepite. Il Tribunale, accertata la nullità di talune clausole, respinge la domanda restitutoria, rilevando che le domande proposte dalla parte attrice scontano un deficit di allegazione e prova, avendo il correntista omesso di produrre gli estratti conto dall'inizio alla fine del rapporto.

Avverso questa pronuncia il correntista propone appello, che è accolto, sul presupposto che la produzione, da parte del correntista, degli estratti conto limitatamente ad un periodo successivo dall'apertura del rapporto (e fino alla sua chiusura), non può essere assunto come fattore impeditivo dell'accertamento del saldo e della ripetizione dell'eventuale indebito, limitatamente al periodo per il quale è stata allegata la necessaria documentazione contabile.

È sempre consentito alla parte chiedere meno di quello cui ha diritto, comportando l'opzione riduttiva del correntista uno svantaggio per quest'ultimo e un vantaggio per la controparte (banca).

Avverso la decisione della Corte di appello la banca propone ricorso per cassazione.

La questione

Il correntista, di regola, deve produrre in giudizio il contratto di finanziamento di cui è contestata la validità delle pattuizioni e la sequenza completa degli estratti conto, idonei a ricostruire il credito risultante a suo favore.

La giurisprudenza di legittimità ha reiteratamente ribadito il principio per cui il correntista che agisce in giudizio per la restituzione di quanto indebitamente riscosso dalla banca ha l'onere di dimostrare, nella sua precisa entità, l'appostazione in conto di somme non dovute, successivamente oggetto di riscossione da parte dell'istituto di credito: a tale scopo, deve produrre il contratto di finanziamento e gli estratti conto dall'inizio del rapporto.

La decisione in commento ruota intorno alla questione – di rilevante impatto operativo – degli effetti della incompleta produzione degli estratti conto del rapporto in contestazione, valorizzando altresì la possibilità che la CTU sia utilizzata per colmare le lacune documentali (produzione parziale estratti conto).

Le soluzioni giuridiche

In via di premessa, è opportuno evidenziare che la Cassazione si è spesso interessata delle conseguenze della incompleta produzione degli estratti conto, fornendo dettagliate indicazioni operative riguardo alla distribuzione degli oneri probatori tra banca e correntista (Cass. n. 11543/2019; Cass. n. 25373/2019; Cass. n. 32016/2019; Cass. n. 2435/2020; Cass. n. 23852/2020).

Nei rapporti bancari di conto corrente, è osservato, una volta che sia stata esclusa la validità della pattuizione di interessi ultralegali o anatocistici a carico del correntista e si riscontri la mancanza di una parte degli estratti conto, occorre distinguere il caso in cui il correntista sia convenuto da quello in cui sia attore in giudizio (Cass. n. 11543/2019).

Nella prima ipotesi (banca attrice), l'accertamento del dare e avere può attuarsi con l'impiego di ulteriori mezzi di prova idonei a fornire indicazioni certe e complete che diano giustificazione del saldo maturato all'inizio del periodo per cui sono stati prodotti gli estratti conto; possono inoltre valorizzarsi quegli elementi, quali ad esempio le ammissioni del correntista stesso, atti quantomeno ad escludere che, con riferimento al periodo non documentato da estratti conto, questi abbia maturato un credito di imprecisato ammontare (tale da rendere impossibile la ricostruzione del rapporto di dare e avere tra le parti per il periodo successivo), così che i conteggi vengano rielaborati considerando pari a zero il saldo iniziale del primo degli estratti conto prodotti; in mancanza di tali dati la domanda deve essere respinta.

In caso, invece, di domanda proposta dal correntista, l'accertamento del dare e avere può del pari attuarsi con l'utilizzo di prove che forniscano indicazioni certe e complete atte a dar ragione del saldo maturato all'inizio del periodo per cui sono stati prodotti gli estratti conto; ci si può inoltre avvalere di quegli elementi che consentano di affermare che il debito nell'intervallo non documentato sia inesistente o inferiore al saldo passivo iniziale del primo degli estratti conto prodotti o che permettano addirittura di affermare che in quell'arco di tempo sia maturato un credito per il cliente stesso; diversamente si devono elaborare i conteggi partendo da tale saldo debitore.

Alla luce dell'evoluzione della giurisprudenza di legittimità, l'estratto conto non costituisce l'unico mezzo di prova attraverso cui ricostruire le movimentazioni del rapporto; esso consente di avere un appropriato riscontro dell'identità e consistenza delle singole operazioni poste in atto ma, in assenza di alcun indice normativo che autorizzi una diversa conclusione, non può escludersi che l'andamento del conto possa accertarsi avvalendosi di altri strumenti rappresentativi delle intercorse movimentazioni (Cass. n. 2435/2020; Cass. n. 29190/2020).

Tanto premesso, la questione attinente alla possibilità di far ricorso alla consulenza tecnica d'ufficio (CTU), ove sia incompleta la produzione degli estratti di conto corrente in un giudizio finalizzato all'accertamento e alla rettifica del saldo, è stata affrontata e positivamente risolta dalla Cassazione che – nel ribadire che nei rapporti bancari in conto corrente, una volta che sia stata esclusa la validità, per mancanza dei requisiti di legge, della pattuizione di interessi, la rideterminazione del saldo del conto deve avvenire attraverso i relativi estratti a partire dalla data della sua apertura, così effettuandosi l'integrale ricostruzione del dare e dell'avere – ha stabilito che non è vietato al giudice del merito di svolgere un accertamento tecnico contabile al fine di rideterminare il saldo del conto in base a quanto comunque emergente dai documenti prodotti in giudizio (Cass. n. 2435/2020; Cass. n. 11543/2019; Cass. n. 14074/2018; Cass. n. 31187/2018: qualora il cliente limiti l'adempimento del proprio onere probatorio soltanto ad alcuni aspetti temporali dell'intero andamento del rapporto, versando la documentazione del rapporto in modo lacunoso e incompleto, il giudice può integrare la prova carente, sulla base delle deduzioni in fatto svolte dalla parte, anche con altri mezzi di cognizione disposti d'ufficio, in particolare con la consulenza contabile, utilizzando, per la ricostruzione dei rapporti di dare e avere, il saldo risultante dal primo estratto conto, in ordine di tempo, disponibile e acquisito agli atti; Cass. n. 5091/2016).

Più in dettaglio, la Suprema Corte di Cassazione ha riconosciuto l'ammissibilità della CTU, basata sulla rielaborazione dei numeri debitori indicati nei prospetti trimestrali di liquidazione delle competenze. In un giudizio finalizzato all'accertamento e alla rettifica del saldo, non è vietato al giudice espletare una consulenza tecnica contabile per la rideterminazione del saldo del conto corrente in base ai documenti contabili prodotti dalle parti quando la produzione degli estratti di conto corrente sia incompleta, purché si ricorra a procedimenti matematici di rielaborazione dei dati presenti nelle scritture contabili depositate (così Cass. n. 14074/2018; conf. Cass. n. 9140/2020: a fronte di una produzione non integrale degli estratti conto è sempre possibile, per il giudice del merito, ricostruire i saldi attraverso altri elementi di prova; Cass. n. 11543/2019; Cass. n. 9526/2019).

In definitiva, la questione nodale non è stabilire se in astratto sia ammissibile il ricorso al CTU quando manchino o siano incompleti gli estratti conto analitici (e il saldo sia determinato sulla base degli estratti a scalare), ma se in concreto la CTU espletata sia affidabile, perché siano utilizzati procedimenti matematici di rielaborazione dei dati presenti nelle scritture contabili depositate (App. Milano 8.8.2020).

La decisione in commento ribadisce questo ragionevole orientamento, evidenziando che ben può il giudice integrare la prova offerta dal correntista con mezzi di cognizione disposti d'ufficio, come la CTU, alla quale il giudice può ricorrere quando la prova dei movimenti del conto, che sia prodotta dal correntista, non risulti completa, ma comunque tale da consentire al CTU di operare il calcolo delle competenze trimestrali.

Riguardo alle conseguenze di una incompleta produzione degli estratti conto, l'ordinanza rileva che il correntista, che agisce in ripetizione, può limitare la propria pretesa a un dato periodo di svolgimento del conto, e dunque fare seguire alla richiesta di accertamento della nullità di determinate clausole, come inerenti al contratto stipulato tra banca e cliente, una domanda di ripetizione che venga a circoscrivere il proprio raggio di azione alle somme percepite dalla banca, in dipendenza di quelle clausole, nell'ambito di un determinato periodo di svolgimento del conto. È sempre possibile chiedere meno del proprio diritto.

Una simile limitazione non preclude in alcun modo al convenuto in ripetizione di proporre contestazioni e presentare eccezioni che vengano a incidere sulle poste inerenti al periodo temporale rispetto al quale l'attore ha formulato la domanda di ripetizione.

Conclusioni

La giurisprudenza di legittimità è ormai assestata su alcuni principi riguardo alle conseguenze di una incompleta produzione degli estratti conto, riconfermati dalla sentenza in commento, ossia l'estratto conto non costituisce l'unico mezzo di prova attraverso cui ricostruire le movimentazioni del rapporto; è ammissibile la CTU, ove sia incompleta la produzione degli estratti di conto corrente in un giudizio finalizzato all'accertamento e alla rettifica del saldo, per ‘colmare' le lacune documentali; il correntista può limitare l'azione di ripetizione ad un dato periodo di svolgimento del rapporto.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.