L'alternativa della liquidazione con esercizio provvisorio nel concordato in continuità diretta rafforzata dal cram down ex L. 159/20

Andrea Ferri
22 Aprile 2021

Le norme del correttivo, anticipatorie del Codice della crisi e dell'insolvenza, entrano in vigore il 4 dicembre 2020, incidendo sul tema dell'alternativa del fallimento con esercizio provvisorio rispetto al concordato preventivo in continuità diretta. L'occasione è ghiotta per rimarcare un tema così rilevante che investe da vicino la scelta dello strumento di risoluzione della crisi quando è determinante il voto dell'Agenzia delle Entrate o dell'ente previdenziale nello strumento del concordato preventivo o dell'accordo di ristrutturazione dei debiti o nell'accordo del sovraindebitamento.
Le norme del correttivo anticipatorie del Codice della crisi e dell'insolvenza

Le norme del correttivo, anticipatorie del Codice della crisi e dell'insolvenza, entrano in vigore il 4 dicembre 2020, incidendo sul tema dell'alternativa del fallimento con esercizio provvisorio rispetto al concordato preventivo in continuità diretta.

L'occasione è ghiotta per rimarcare un tema così rilevante che investe da vicino la scelta dello strumento di risoluzione della crisi quando è determinante il voto dell'Agenzia delle Entrate o dell'ente previdenziale nello strumento del concordato preventivo o dell'accordo di ristrutturazione dei debiti o nell'accordo del sovraindebitamento.

Il Legislatore cerca - così facendo - di arginare gli effetti che, sul fronte economico, ricadranno sulle imprese e sui privati cittadini a causa dell'attuale emergenza sanitaria, e ha “ritoccato” sia l'attuale legge fallimentare sia la legge sul sovraindebitamento n. 3 del 27 gennaio 2012, con l'inserimento nei testi di legge del meccanismo del cram dawn all'udienza dell'omologa.

Tale modifica è stata introdotta dal legislatore dell'emergenza con la L. n. 159 del 27 novembre 2020, in sede di conversione del D.L. n. 125/2020, anticipando, in parte, quanto già previsto dal Codice della crisi e dell'Insolvenza.

Il correttivo è destinato ad avere un impatto rilevante sulle future procedure (sia quelle maggiori che quella minore disciplinata dalla legge sul sovraindebitamento) ridimensionando il ruolo che l'amministrazione finanziaria e gli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatoria, spesso ricoprono nelle procedure concorsuali in cui l'espressione del voto è determinante.

Occorre evidenziare come, il meccanismo del cram down, inizialmente previsto dal Codice della Crisi solo per gli accordi di ristrutturazione dei debiti, è stato esteso, dal Decreto correttivo n. 147 del 26 ottobre 2020, pubblicato in G.U. il 5 novembre 2020, anche al concordato preventivo.

L'art. 3, comma 1 bis, lett. a), D.L. n. 125/2020 ha così integrato l'art. 180, comma 4, l. fall.: “Il Tribunale omologa il concordato preventivo anche in mancanza di voto da parte dell'Amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando l'adesione è determinante ai fini del raggiungimento delle maggioranze di cui all'art. 177 e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista di cui all'art. 161, comma 3, la proposta di soddisfacimento della predetta Amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria”.

Allo stesso modo, l'art. 3, comma 1 bis, lett. b), D.L. n. 125/2020 ha così modificato l'art. 182 bis, comma 4, l. fall.: “il tribunale omologa l'accordo anche in mancanza di adesione da parte dell'Amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o di assistenza obbligatorie quando l'adesione da parte dell'Amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando l'adesione è decisiva ai fini del raggiungimento della percentuale di cui al primo comma e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista di cui al medesimo comma, la proposta di soddisfacimento della predetta Amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria”.

Ora, è abbastanza evidente come sia, allo stato, prematuro esprimere delle vere e proprie considerazioni sull'efficacia della riforma, proprio perché l'intervento necessita di una sua applicazione affinché si formino interpretazioni giurisprudenziali e si sedimentino prassi operative.

Occorre, tuttavia, prestare attenzione alla ratio sottesa al meccanismo del cram down: già in sede di Relazione illustrativa al Codice della Crisi (D. Lgs. 14/2019), si legge, all'art. 48, che al fine di superare ingiustificate resistenze alle soluzioni concordate, spesso registrate nella prassi, è previsto che il Tribunale possa omologare gli accordi di ristrutturazione anche in mancanza di adesione da parte dell'Amministrazione.

L'intervento del legislatore, infatti, fuga ogni dubbio che possa derivare dalle interpretazioni fornite dall'Agenzia delle Entrate attraverso le proprie circolari; spesso, infatti, sono state rigettate proposte molto favorevoli al Fisco semplicemente perché gli importi che sarebbero stati versati all'Erario sarebbero stati inferiori rispetto a certe soglie individuate e non suffragate da alcun atto normativo e regolamentare (L. Gambi, Alcune note sul nuovo cram down nella transazione fiscale e contributiva, in ilcaso.it, 13 gennaio 2021).

Alle prime applicazioni pratiche del “vecchio” art. 182 ter risultò chiaro agli operatori della crisi che una transazione fiscale come era congegnata dalla riforma Trevisanato – ritenuta dai giuristi un istituto nell'istituto – non poteva che generare insuccessi nel piano di risanamento a seguito dell'empasse dell'Agenzia delle Entrate, che generalmente faceva seguito al deposito della proposta.

Era molto più semplice per il funzionario non esprimere un parere, rectius una valutazione, giungendo alla negazione del piano, piuttosto che esercitare un voto, impegnato e responsabile, entrando nel merito del progetto di risanamento, anche dal punto di vista industriale, come ora pare sancire la Circolare n. 34/E del 29.12.2020.

Così facendo l'amministrazione finanziaria e gli enti impositori si sono sempre arrogati un potere che andava a totale discapito del buon esito delle procedure e in contrasto con il primario principio fissato dal II comma dell'art. 97 Cost.

Ovviamente l'analisi non può prescindere dall'art. 15 CCI che tratta degli obblighi in capo ai cosiddetti creditori qualificati (articolo che dovrebbe entrare in vigore il 1.9.2021).

L'art. 3, comma 1 bis D.L. n. 125/2020 ha modificato l'art. 180, comma 4, L.F. e l'art. 182 bis L.F. prevedendo che il Tribunale possa omologare il concordato preventivo o l'accordo di ristrutturazione dei debiti anche in mancanza di voto o adesione da parte dell'Amministrazione finanziaria quando ritenga, anche in base alle risultanze del professionista attestatore, che la proposta dell'imprenditore sia migliorativa rispetto all'ipotesi liquidatoria.

Il Legislatore ha anticipato gli effetti previsti all'art. 48, comma 5, CCI che dispone espressamente – nella formulazione appena modificata del D.Lgs. 26 ottobre 2020, n. 147 (c.d. “Decreto correttivo”) – che “Il tribunale omologa gli accordi di ristrutturazione o il concordato preventivo anche in mancanza di adesione da parte dell'amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando l'adesione è determinante ai fini del raggiungimento delle percentuali di cui all'articolo 57, comma 1, 60 comma 1, e 109, comma 1, e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista indipendente, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria”.

Concordato preventivo e accordi di ristrutturazione potranno pertanto essere omologati anche a prescindere dalla dichiarazione di voto o dall'adesione da parte dell'amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie nei casi:

  • in cui l'adesione è determinante ai fini del raggiungimento delle maggioranze di cui all'art. 177 l.f. o ai fini del raggiungimento della percentuale di cui al primo comma dell'art. 182 bis l.f;
  • in cui secondo la relazione del professionista attestatore, la proposta di soddisfacimento della amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è più conveniente rispetto all'alternativa fallimentare (cfr. G. Andreani, Le nuove norme della legge fallimentare sulla transazione fiscale, in ilfallimentarista, 5 gennaio 2021; A. Solidoro, La circolare AdE n. 34/E del 29 dicembre 2020, in ilfallimentarista, 5 gennaio 2021).

La ratio dell'intervento è quella di agevolare il più possibile in questo periodo di crisi l'omologazione di concordati o di accordi di ristrutturazione, cercando di superare l'impasse che spesso nella prassi si viene a creare a causa dell'inerzia dell'Amministrazione Finanziaria.

Riteniamo che proprio in virtù della sua ratio, la nuova disposizione, che è entrata in vigore dal 4 dicembre 2020, sia applicabile anche alle procedure in corso e che dunque questa disciplina maggiormente favorevole si applichi oggi in tutti i casi in cui l'omologazione di accordi di ristrutturazione o di concordati preventivi non siano ancora avvenuti.

Il nuovo art. 182 ter l.f., invece, prevedeva già l'attestazione favorevole del piano rispetto all'alternativa della liquidazione.

Una volta determinata l'IVA o altra imposta privilegiata che nel fallimento non verrebbe pagata, l'importo falcidiato viene trasferito in una classe denominata (ad es.) IVA falcidiata chirografaria, che vota e determina il risultato del piano, come sancito dall'attestatore mediante la certificazione ex art. 160, comma 2, l.f.

Il cambiamento potrebbe essere epocale, con due enti impositori, Agenzia Entrate ed INPS, che diventano propulsivi nel controllo delle imprese nel territorio, collaborando con OCRI e Tribunale nell'emersione tempestiva della crisi tramite l'allerta di cui agli artt. da 12 a 25 CCII, la nuova transazione fiscale ex art. 182 ter l.f., nell'ambito di un piano di concordato o ex art. 182 bis, alla quale possono opporsi solo col voto negativo all'omologa, trasferiti in un classe chirografaria per effetto della falcidia attestata, ma di cui possono subire il cram down dell'alternativa della liquidazione se il risultato è più favorevole per i creditori.

Finirà o almeno è auspicabile che si concluda quel circolo vizioso secondo cui il debitore beneficiava di rateizzazioni fino a 10 anni per IVA impagata (ad es.) per poi giungere al fallimento dopo alcuni esercizi caratterizzati dall'insolvenza e poi l'Amministrazione pubblica, grazie ai privilegi erariali “prendeva tutto il piatto” relativo agli assets della successiva procedura (occorre anche non dimenticare la nota repulsione degli enti impositori a far parte del comitato dei creditori contribuendo in maniera determinante al fallimento del ruolo propulsore di tale organo della procedura, procedura che nelle intenzioni del Legislatore della riforma avrebbe potuto beneficiare di un imprinting istituzionale nelle linee guida delle strategie liquidatorie e recuperatorie del programma di liquidazione ).

Nel Codice della crisi e dell'insolvenza il funzionario dell'Agenzia delle entrate avrà ha l'obbligo di riferire all'OCRI per la procedura di allerta in caso di emersione tempestiva della crisi pena la perdita del privilegio codicistico (con conseguente danno erariale) e dovrà soggiacere alla proposta di transazione fiscale se il Tribunale, nonostante il voto sfavorevole, la reputi più favorevole, nell'ambito di un concordato preventivo (ad es.) rispetto all'alternativa del fallimento ( e domani della liquidazione giudiziale), con il cram down.

La circolare n. 34/E dell'Agenzia delle Entrate

Con la circolare n. 34/E del 29.12.2020 l'Agenzia delle Entrate ha inteso fornire nuove istruzioni in materia di valutazione delle proposte di trattamento del credito tributario (c.d. transazione fiscale) presentate nell'ambito delle procedure di gestione della crisi di impresa in considerazione del particolare momento di emergenza derivante dall'epidemia da COVID-19.

L'intervento esplicativo si è reso necessario in ragione delle recenti modifiche apportate alla disciplina del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione dei debiti, così come intervenute per effetto delle novità introdotte dall'art. 3, comma 1 bis, D.L. 7 ottobre 2020, n. 125, convertito, con modificazioni, dalla L. 27 novembre 2020, n. 159.

La circolare ricorda innanzitutto che l'istituto della transazione fiscale regolato dall'art. 182 ter L.F. rappresenta una particolare procedura “transattiva” tra Fisco e contribuente che si colloca nell'ambito del concordato preventivo (art. 160 L.F. e ss) e degli accordi di ristrutturazione dei debiti (artt. 182 bis L.F. ss.)

La transazione fiscale consente al contribuente di poter beneficiare di un pagamento in misura ridotta e/o dilazionata del credito tributario privilegiato, oltre che di quello chirografario.

La transazione fiscale si pone quindi come strumento diretto a trovare una soluzione condivisa tra imprese ed Amministrazione finanziaria, al fine di contemperare gli interessi erariali con la salvaguardia della continuità aziendale e dei connessi livelli occupazionali.

E' chiaro che solo l'emersione tempestiva della crisi può permettere il massimo adempimento possibile del credito erariale che insiste su un'azienda funzionante ed in continuità, non su una “bara aziendale” insolvente, che oramai racchiude solo disvalore.

Si tratta di uno strumento innovativo che consente il parziale superamento del principio di indisponibilità del credito erariale, in ragione della necessità di tutelare altri interessi di pari rilievo costituzionale quali il salvataggio della unità aziendale e dei posti di lavoro.

La circolare descrive gli istituti del concordato preventivo e dell'accordo di ristrutturazione per poi concentrarsi sul ruolo del professionista attestatore su cui determina una lunga analisi dei profili professionali.

La circolare pone anche l'accento sulla funzione della relazione dei professionisti che attestano la veridicità dei dati aziendali e l'attuabilità dell'accordo.

Viene definito quale strumento di garanzia a favore dei terzi e dei creditori che consente loro di poter assumere scelte ponderate sulla base di informazioni corrette, attendibili e sufficientemente complete (cosiddetto consenso informato).

Alla luce di quanto previsto dall'art. 180 L.F. e dall'art. 182 bis L.F., la circolare ricorda che la relazione di attestazione è uno degli elementi di cui può avvalersi il Tribunale per omologare il concordato preventivo o l'accordo di ristrutturazione dei debiti, anche in mancanza, rispettivamente, del voto o dell'adesione dell'Amministrazione finanziaria.

Alla luce del principio di revisione internazionale “(ISA Italia) 500 - elementi probatori” elaborato dall'Associazione italiana delle società di revisione legale (ASSIREVI), nonché (non dimentichiamo) gli ISAE n. 3000 E 3400 International standard on assurance engagements ISAE la circolare evidenzia poi che il professionista attestatore deve controllare che siano rispettate le seguenti assunzioni:

- Esistenza: verifica che una determinata attività o passività siano esistenti ad una certa data;

- Diritti ed obblighi: valutazione in merito alla consistenza di un'attività o di una passività dell'azienda ad una certa data;

- Manifestazione: check sull'operazione (o evento) di pertinenza dell'azienda abbia avuto luogo nel periodo di riferimento;

- Completezza: verifica che non vi siano operazioni non contabilizzate o per le quali manchi un'adeguata base informativa;

- Valutazione: appuramento che le attività o le passività siano contabilizzate a valori appropriati;

- Misurazione: verifica che le operazioni siano correttamente contabilizzate ed i costi ed i ricavi imputati per competenza;

- Presentazione e Informativa: verifica che una voce o un'operazione siano evidenziate, classificate e corredate da adeguata informativa.

L'attestatore deve quindi vagliare la veridicità dei dati accolti nel piano e di quelli contenuti nella documentazione allegata allo stesso, oltre gli elementi necessari alla sua predisposizione.

Sia dal tenore di queste nuove norme che dalla tempestività con cui l'Agenzia delle Entrate ha emanato questa circolare si evince la rinnovata ed ampliata importanza del ruolo dell'attestatore. Nei principi di attestazione del CNDC, nella rinnovata versione del 2020, soprattutto nel caso di concordato in continuità aziendale ex art. 186 bis l.f. , al punto 7.3.3. si enuncia: l'attestatore relativamente al termine di confronto rispetto al quale formulare il richiesto giudizio di comparazione quantitativa, deve considerare le sole ipotesi alternative di discontinuità praticabili. Quindi:

- La liquidazione del patrimonio del debitore, ove concretamente praticabile;

- Il fallimento, in caso di impossibilità di procedere con una liquidazione in bonis, eventualmente mediante cessione dell'azienda o di rami dell'azienda a seguito della prosecuzione dell'attività mediante esercizio provvisorio.

I principi dimostrano l'importanza dell'istituto dell'esercizio provvisorio, quale alternativa al concordato in continuità diretta, da certificare in capo all'attestatore utilizzando criteri di scientificità (perizie sugli assets non essenziali, analisi dei contratti che proseguono nelle due alternative, i costi pre-dedottti ecc.), quindi non più concordato ed alternativa liquidatoria atomistica ma concordato ed esercizio provvisorio, in sintesi la continuità mantenuta in bonis e la continuità rispristinata grazie al Tribunale.

Al cap. 10.2 viene rimarcata la responsabilità penale dell'attestatore, soprattutto nella valutazione dell'alternativa della liquidazione rispetto al concordato, allorquando al punto 10.2.2. a proposito delle perizie mobiliari ed immobiliari, si enuncia “L'attestatore deve citare l'autore delle analisi che pone a fondamento delle proprie valutazioni e utilizzar le stesse previo vaglio critico in ordine alla loro ragionevolezza e coerenza. L'attestatore deve operare nel medesimo modo quando impiega valutazioni di secondo livello quale parte integrante del proprio lavoro. Si pensi ad es. alle perizie mobiliari od immobiliari. Atteso che non si può pretendere che il perito sia peritus peritorum, lo stesso deve selezionare i suoi esperti tra quelli dotati di autorevolezza professionale, nonché vagliare la coerenza intrinseca e la completezza del lavoro altrui" (sull'importanza delle perizie nelle valutazioni prima dell'attestatore e poi del Tribunale sul cram down cfr. Monteleone e Pacchi, Il nuovo cram down del Tribunale nella transazione fiscale, in ilcaso.it, 9.2.2021).

La circolare dell'Agenzia Entrate evidenzia che la validazione delle informazioni patrimoniali, economiche e finanziarie, che rappresentano i dati di partenza del programma di risanamento o liquidazione, costituisce una forma di garanzia volta ad attestare che le stesse siano attendibili e in grado di fornire un quadro fedele della situazione dell'azienda e della presumibile evoluzione della gestione.

Con riferimento alla fattibilità tecnico-finanziaria del piano, la circolare precisa che l'attività di controllo deve innanzitutto partire dalla diagnosi delle cause della crisi di impresa.

Il valore dei beni oggetto di attestazione se ritenuti non essenziali alla continuità (ad . es, il capannone dato in locazione a terzi) dovrà basarsi su stime di mercato mentre l'esame dei valori connessi alla continuità (ad es. il capannone essenziale alla continuità perché dotato degli impianti e delle attrezzature necessarie per quel business) sconterà il plusvalore dell'azienda nel suo complesso ed andrà soppesato con i volumi e le marginalità dell'esercizio provvisorio fallimentare (M. Pollio, La degradazione dei crediti nella nuova transazione fiscale: modalità, giudizi di stima e ricerca della legittima distribuzione della finanza ai creditori poziori, in Crisi, gestione economico finanziaria e rilancio dell'impresa, dicembre 2020).

La relazione di attestazione deve pertanto confermare che i meccanismi causali posti a fondamento dell'action plan siano idonei a raggiungere gli obiettivi prefissati, suffragandone:

- la coerenza interna, in quanto deve essere verificata la compatibilità tra le previsioni contenute nel piano ed i risultati storicamente conseguiti dall'impresa;

- la coerenza esterna in quanto deve essere verificato che le ipotesi relative alle variazioni del contesto economico in cui opera l'impresa siano confermate con dati provenienti da fonti esterne ed attendibili (pubbliche istituzioni, associazioni di categoria, primarie società di consulenza, ecc.).

L'Agenzia delle Entrate richiede inoltre che il professionista attestatore ponga particolare attenzione alle situazioni in cui i risultati prospettati siano migliori rispetto a quelli storicamente conseguiti dall'impresa, ovvero superiori rispetto a quelli che sono previsti per il mercato di riferimento.

La circolare, in questi casi, richiede che l'attestatore debba corroborare la realisticità delle ipotesi formulate, con gli stress test.

Il professionista è, in questo caso, tenuto a verificare che:

- le ragioni dell'over performance siano state accuratamente illustrate nel piano;

- l'impresa possa ragionevolmente conseguire risultati migliori, alla luce non solo delle sue specifiche caratteristiche o di futuri mutamenti del contesto competitivo in cui opera, ma anche in ragione di altri eventi altamente probabili.

Dopo aver brevemente illustrato gli elementi che debbono essere riepilogati all'interno della relazione di attestazione, la circolare passa ad analizzare i criteri di valutazione da impiegare al fine di esaminare la proposta di trattamento dei crediti tributari.

La circolare chiarisce innanzitutto che le indicazioni operative sono state predisposte con l'obiettivo di assicurare, su tutto il territorio nazionale, l'applicazione di regole uniformi in merito allo svolgimento dell'attività di valutazione che è incentrata sul criterio della convenienza economica.

La base del procedimento argomentativo che porta a ritenere accoglibile una proposta è difatti fondato sulla regola generale rappresentata dalla valutazione in merito alla maggiore o minore convenienza economica della proposta rispetto all'alternativa liquidatoria.

Nel richiamare il proprio precedente provvedimento, l'Agenzia delle Entrate precisa dunque che, in forza di quanto previsto dall'art. 182 ter L.F., la relazione del professionista deve contenere i rilievi e le informazioni necessarie a far emergere che la proposta concordataria sia maggiormente satisfattiva dei crediti tributari, all'esito della comparazione tra il pagamento proposto con la domanda di concordato e quanto ricavabile nell'alternativa liquidatoria (P. Riva, La Circolare AdE 34E 2020 e la trappola dell'expectation gap:l'attestazione non può tecnicamente avere funzioni di “garanzia” in ilfallimentarista.it, febbraio 2021).

Ancora una volta, soppesare con scientificità l'alternativa della liquidazione diventa essenziale, anche per l'Ente impositore soprattutto nel caso in cui il funzionario dovrà fornire una puntuale motivazione per dissentire, nel caso in cui non intenda aderire alla transazione fiscale, allorquando il commissario giudiziale abbia reso un parere favorevole alla proposta di concordato e, conseguentemente, alla connessa proposta di trattamento dei crediti tributari.

L'Ufficio dovrà giustificare il proprio diniego attraverso una motivazione idonea a confutare analiticamente, in base ad elementi chiari, oggettivi e verificabili, le argomentazioni e le conclusioni formulate dal commissario giudiziale.

Il principio di correttezza e buona fede, pilastro dell'imminente Codice della crisi e dell'insolvenza (art. 4), rende ininfluente una cattiva abitudine degli uffici di “castigare” il debitore che si sia reso inadempiente nel passato. Ora solo il piano, e naturalmente l'esistenza o meno di atti in frode dei creditori sono gli unici elementi da sottoporre a valutazione (L. Lovecchio, Transazione fiscale, le Entrate devono motivare il rifiuto, in IL SOLE 24 ORE, 18 gennaio 2021).

Valutazione della convenienza del piano di concordato in continuità rispetto all'alternativa del piano della liquidazione con esercizio provvisorio (ora fallimento)

Oltre al cosiddetto cram down, esperibile dal Tribunale, compete al commissario nel concordato preventivo, nell'ambito della propria relazione ex art. 172 l.f., che rivede, rivaluta e stima il lavoro dell'attestatore, la valutazione completa dell'alternativa della liquidazione, soppesando rispetto al piano le azioni revocatorie, restitutorie e le azioni di responsabilità e la continuità aziendale ripristinata tramite esercizio provvisorio fallimentare (a partire dal 1.9.2021 liquidazione giudiziale).

L'indagine in ordine all'esperimento delle possibili azioni revocatorie valuta in via preliminare il momento in cui, al verificarsi di uno o più eventi significativi, si possa ragionevolmente ritenere che il dissesto finanziario della società fosse evidente, sia ai terzi sia agli stessi organi della società.

Suddividendo questo totale per la tipologia di operazione utilizzata dal debitore per la tenuta della propria contabilità, si ottiene la seguente ripartizione sintetica:

Importi usciti da conti bancari nei sei mesi prima del pre-concordato (esempio)

Tipologia di operazione

Totale

AFFITTI

ESCUSSIONE

ESTINZIONE - ACCENSIONE

FORNITORI

GIRO A CONS

GIRO SOC CONS

GIROCONTO

INCASSO

INTERESSI

LEAS

MOV CASSA

MOV LIBRETTO

ONERI FIDEJ

OP. SU CAMBI

PAGAMENTO FORNITORI

PREL CASSA

RIBA FO

RIMESSE

SPESE

STIP

TRASF A PARTECIPATE

VARIE

VARIE / FO

VERSA LIBRETTO

Totale complessivo

L'indagine in ordine alla revocabilità degli atti anormali e dei pagamenti di debiti liquidi ed esigibili

Per quanto riguarda le singole operazioni di pagamento va evidenziato, dall'esame delle singole posizioni creditorie eseguite nell'ambito dell'attività di verifica delle comunicazioni di precisazione del credito ricevute, se sono emersi pagamenti indebiti o anomali effettuati a fornitori nell'ultimo semestre.

Al fine di fornire ai creditori gli elementi necessari per la formulazione di un giudizio di convenienza sulla proposta concordataria, vanno espresse in capo al commissario alcune considerazioni.

Come noto la procedura fallimentare presenta per i creditori un teorico elemento di vantaggio rispetto alla soluzione concordataria, rappresentato dalla possibilità di proporre le azioni revocatorie ex art. 67 L.F, strumenti non utilizzabili in ambito concordatario.

Con la riforma del 2005 l'azione revocatoria fallimentare è stata notevolmente depotenziata sia per le restrizioni del cd. “periodo sospetto” nel quale collocare l'atto revocabile, sia per l'inserimento di una serie di esenzioni allo strumento che hanno finito per limitarne fortemente l'applicabilità.

E' ragionevole ipotizzare che, anche in presenza di una sentenza di fallimento, non siano esperibili azioni recuperatorie o revocatorie nei confronti dei fornitori, tenuto conto della difficoltà di dimostrare la conoscenza dello stato di insolvenza del debitore all'epoca dei pagamenti; stante l'inversione dell'onere probatorio circa la scientia decotionis sarebbe più agevole esperire azioni revocatorie per i pagamenti avvenuti in forma anomala, ma tali forme di pagamento sono da individuarsi per casi specifici.

L'indagine in ordine alla revocabilità delle rimesse di conto corrente bancario

Va analizzata l'evoluzione dei debiti nei confronti del sistema bancario nel semestre antecedente la data del deposito del ricorso per concordato in bianco, raffrontando il saldo dei vari conti nei sei mesi che precedono il deposito del pre-concordato.

I risultati vanno esposti in una tabella:

CONTO BANCARIO

Data del pre-concordato

Sei mesi antecedenti

DELTA

CONTI CHE EVIDENZIANO UNA RIDUZIONE DI ESPOSIZIONE

BANCA SPA C/ANT. FATT.

-

BANCA S.P.A.

-

BANCA CREDITO COOPERATIVO

-

CREDITO COOP.VO

-

BANCA SPA CESSIONE

-

BANCA SPA

-

BANCA CRED COOP. EROG. FINANZ./MUT

-

BANCA SPA ANT. FATT.

-

E' possibile che si tratti, nella quasi totalità dei casi, di operazioni di restituzione di anticipazioni su fatture e/o contratti, in seguito all'avvenuto pagamento da parte del cliente; nei pochi casi residui si potrebbe trattare di operazioni di prestito già sottoscritte e deliberate con tempi di rimborso prefissati.

Da quanto si evince dall'esame della tabella sopra riportata, devono risultare i presupposti per esperire azioni revocatorie nei confronti degli istituti di credito se ed in quanto le rimesse effettuate sui conti corrente bancari hanno ridotto in maniera consistente e durevole l'esposizione del correntista nei confronti degli istituti di credito; circostanza prevista dall'art. 67, comma 3, lett. b), L.F che costituisce l'eccezione alla regola dell'esenzione da revocatoria (la tabella va implementata con l'art. 70 L.F. che introduce il cosiddetto criterio del rientro dal massimo scoperto del semestre). In effetti non è possibile sostenere che l'azione revocatoria possa essere estesa alla riduzione dell'esposizione debitoria che, come visto, ha colpito unicamente i conti tecnici sui quali affluivano gli incassi delle anticipazioni salvo buon fine delle fatture cedute agli Istituti bancari.

La circostanza che le rimesse revocabili siano solo quelle che affluiscono su un conto corrente bancario è indice inequivocabile che il rapporto giuridico evocato e, pertanto, interessato dalla disposizione in esame, è il conto corrente bancario, vale a dire quel contratto avente natura atipica mista, con prevalenza delle regole del mandato, che ha per oggetto il c.d. “servizio di cassa” svolto dalla banca a favore del correntista, con conseguente esclusione di tutti quei rapporti che fanno uso della tecnica contabile del conto, quali per l'appunto il castelletto salvo buon fine o anticipo fatture o i conti anticipi import/export che soddisfano, invero, esigenze tecniche della banca e non anche del correntista e che dipendono, sostanzialmente, dalle procedure informatiche adottate dalla banca.

In assenza di revocabilità, si può, dunque, osservare come entrambe le parti, debitore e sistema bancario, abbiano osservato durante l'esecuzione del contratto, un comportamento corretto, rispettoso delle condizioni contrattuali in precedenza definite, senza che nessuna delle parti abbia voluto, all'apparenza, avvantaggiarsi all'ultimo momento prima dell'esplodere della crisi.

Il commissario dovrà quindi esprimersi se nei confronti degli Istituti di credito non siano esperibili azioni revocatorie per importi significativi.

L'analisi di altre potenziali azioni risarcitorie e/o recuperatorie

Dall'analisi della documentazione contabile andranno individuati gli eventi ed accadimenti societari che presentino gli estremi per la valutazione di una eventuale azione risarcitoria e/o recuperatoria nei confronti di terzi.

Il danno risarcibile dagli amministratori, dai sindaci e dalla società di revisione nell'ipotesi di fallimento ex art. 146 l.f.

Per quanto concerne eventuali profili di responsabilità in capo ad amministratori, componenti del collegio sindacale e società di revisione, dall'esame della documentazione contabile acquisita presso la sede della società e dai colloqui intercorsi con i vertici societari, il Commissario Giudiziale deve poter valutare la condotta e la diligenza spiegata dai medesimi sia nella fase anteriore alla presentazione della domanda di concordato preventivo, sia nella fase successiva della procedura concordataria anche mediante analisi critica del ricorso, dell'attestazione e delle operazioni straordinarie del quinquennio.

Per quanto concerne il periodo ante concordato, il commissario dovrà valutare i fatti rilevanti.

Più precisamente:

- Se la contabilità risulta tenuta in modo regolare e gli obblighi di legge in relazione alla formazione e al deposito dei bilanci d'esercizio risultano adempiuti correttamente;

- Se siano emersi atti di disposizione di attività patrimoniali o di beni della società effettuati a titolo oneroso e/o gratuito;

- Se siano emersi fatti di sottrazione e/o distrazione di attività da parte dei componenti il Consiglio di Amministrazione.

Per quanto riguarda la condotta tenuta dal debitore nella fase successiva al deposito della proposta di concordato occorre innanzitutto evidenziare come il debitore, nella procedura concorsuale di concordato preventivo, a differenza di quanto previsto in caso di fallimento, conserva l'amministrazione dei suoi beni e l'esercizio dell'impresa, sotto la vigilanza del Commissario Giudiziale. Nella proposta di concordato con continuità aziendale, le disposizioni della legge fallimentare accordano al debitore, durante tale fase, una particolare tutela finalizzata a salvaguardare la continuità aziendale, attraverso:

- La possibilità di compiere autonomamente gli atti di ordinaria amministrazione e, previa autorizzazione da parte del Tribunale gli atti urgenti di straordinaria amministrazione;

- Il riconoscimento della prededucibilità dei crediti che sorgono in conseguenza degli atti legalmente compiuti ai sensi dell'art. 111 L.F.

Lo scopo di dette modifiche (ed in particolare il riconoscimento di un regime di prededuzione) è, evidentemente, quello di consentire al debitore in stato di crisi di poter continuare l'attività aziendale, eliminando gli ostacoli che possono oggi frenare i terzi ed i fornitori in primis, a contrarre con l'imprenditore nelle more dell'ammissione al concordato preventivo.

Il commissario dovrà evidenziare se il debitore abbia compiuto gli atti di ordinaria amministrazione ritenuti necessari per la prosecuzione dell'attività aziendale, quali acquisizione di forniture di materiali e pagamenti di fornitori, al fine di procedere all'esecuzione delle commesse in corso, sotto la vigilanza del Commissario e se gli atti di straordinaria amministrazione sono stati tutti preceduti da regolare istanza di richiesta di autorizzazione.

Fermo restando quanto sopra occorre rilevare che, a fronte dell'esperimento di un'azione di responsabilità, i componenti dell'Organo amministrativo avrebbero elevate probabilità di opporre con successo – stante le note vicende della crisi di settore (usualmente utilizzata a difesa) – la regola tecnica del business judgement rule che risponde all'impossibilità per il Giudice e, più in generale, all'inopportunità, di sindacare concrete scelte di gestione che per la loro natura, altamente opinabili e soggettive, sono prettamente discrezionali. Se così non fosse ed i creditori potessero sempre entrare nel merito degli atti compiuti dagli amministratori, forte sarebbe il disincentivo all'adozione delle determinazioni imprenditoriali da parte del management.

Il canone di valutazione della diligenza professionale entra in gioco solo in presenza di decisioni negligenti e macroscopicamente imperite, rimanendo, i restanti profili nel perimetro del business judgement rule.

Sempre nell'ottica dell'esperimento di un'eventuale azione di responsabilità, occorre precisare che la retrodatazione del momento del dissesto (ai fini della richiesta da parte del curatore di un risarcimento per danno specifico che sia eziologicamente riconducibile alla condotta o comportamento non conforme alle norme e allo statuto nonché ai doveri di “buon governo” aziendale da parte degli amministratori) deve essere provata in giudizio dal curatore del fallimento, e non sarebbe agevole, se fossimo in presenza di una continua fiducia accordata al debitore dai terzi interlocutori fino a poche settimane prima del deposito dell'istanza di concordato, e per la certificazione di solidità finanziaria di fatto rilasciata da primarie istituzioni finanziarie (ad es.).

Al fine di valutare le implicazioni che discendono dall'esperimento di una eventuale azione di responsabilità, occorre conoscere esattamente la capienza del patrimonio dei soggetti interessati a detta azione.

A tale fine il commissario con l'obiettivo di individuare le proprietà immobiliari degli stessi, deve effettuare un'indagine presso il catasto dei terreni e dei fabbricati dalla quale emerge la capacità patrimoniale (ad es.):

Proprietà

Quota

Dati catastali

Valore

Amministratore 1

1/2

Via Milano

Cat. A2 – Fg. 240 – P.lla 340 Sub 8

1/2

Via Roma

Cat. C6 – Fg. 118- P.lla 310 Sub 4

€ 240.300

In conclusione, fermo restando che l'esperimento di un'eventuale azione di responsabilità nel fallimento potrebbe essere paralizzata dall'eccezione mossa dai convenuti in ordine alla business judgement rule, occorre segnalare che anche qualora l'azione si concludesse con esito favorevole, la medesima potrebbe trovare un patrimonio non significativamente aggredibile (quanto meno in rapporto alle pretese dei creditori) in riferimento ai componenti del Consiglio di amministrazione, risultando pertanto priva di alcuna convenienza economica per la massa dei creditori.

L'esperimento con successo di un'azione di responsabilità volta a colpire l'organo di controllo – Collegio Sindacale – deve rimarcare la sussistenza di una culpa in vigilando.

Il massimale delle polizze assicurative stipulate a copertura di eventuali danni sia da parte degli amministratori sia da parte del collegio sindacale rende, in via prudenziale, un parametro incrementale dei valori attivi della liquidazione.

La valutazione dei Commissari rispetto a soluzioni alternative di natura liquidatoria con esercizio provvisorio col concordato in continuità diretta 186 bis l.f. – impresa di costruzioni mediante gare d'appalto

Il commissario deve sancire, nella propria relazione ex art. 172 l.f. che la proposta di concordato in continuità è preferibile, nell'ottica del soddisfacimento dei creditori, rispetto a qualsiasi altra procedura di carattere liquidatorio, in primis l'esercizio provvisorio fallimentare.

Ad esempio, solo se la continuità aziendale può consentire, attraverso l'ordinata ed efficiente prosecuzione e conclusione delle commesse in corso, la riscossione di crediti e di claims, oltre all'ottenimento di flussi finanziari aggiuntivi dall'esecuzione delle nuove commesse nel frattempo acquisite (nel caso ad. di un'impresa di appalti pubblici) .

L'attestatore estensore della relazione ex art. 161, comma 3, l.f., potrebbe pervenire alle stesse conclusioni precisando, altresì, che anche un eventuale ricorso ad una procedura di esercizio provvisorio, finalizzata al mantenimento in vita della società fino all'eventuale reperimento di un acquirente della stessa o di un suo ramo, otterrebbe comunque performances peggiori (in termini di flussi finanziari destinati al soddisfacimento dei creditori) rispetto a quelle rivenienti dalla continuità tramite concordato.

L'attestatore deve fornire, nella propria relazione, una valutazione di ordine quantitativo del vantaggio economico per i creditori rispetto ad una soluzione liquidatoria, determinata l'importo del plusvalore ottenibile.

La risoluzione in danno della società delle commesse da parte dei committenti e la conseguente estrema difficoltà nell'incassare crediti e claims, determinerebbe nell'ipotesi fallimentare minori incassi che sarebbero solo in minima parte controbilanciati dalla possibilità di ottenere risarcimenti dagli amministratori (tramite la loro polizza assicurativa ed il massimale indicato) in seguito ad una difficile azione di responsabilità da promuovere successivamente all'eventuale dichiarazione di fallimento.

Il commissario, sulla base delle valutazioni dell'attestatore, può ritenere che la proposta di concordato sia più favorevole ai creditori rispetto all'alternativa liquidatoria, per le ragioni che qui di seguito si espongono.

  • In caso di fallimento, i contratti di appalto attualmente in capo al debitore verrebbero, di fatto, risolti in danno da parte dei committenti, con pesanti ripercussioni in termini di richieste di risarcimenti, mancato pagamento di crediti e claims, compensazioni con le anticipazioni fatte dagli stessi committenti, escussione delle garanzie bancarie in essere.

Anche l'eventuale prosecuzione dell'attività, tramite esercizio provvisorio ex art. 104 l.f. sarebbe limitata, nella migliore delle ipotesi, al completamento delle sole commesse in corso, e non certamente all'acquisizione di nuove, con una notevole perdita di efficienza economica (per una migliore comprensione di questo punto, basti pensare che un General Contractor (ad esempio) è organizzato come una Holding operativa che, tramite una forte struttura tecnico-amministrativa-commerciale centrale, governa cantieri collocati in tutto il territorio nazionale, avvalendosi di società appositamente costituite. Una struttura fissa di questo tipo ha naturalmente un costo elevato che si sostiene attraverso i margini operativi ottenibili dalle varie commesse. Le commesse hanno il loro ciclo di vita (studio della gara, redazione dell'offerta, gestione amministrativa della commessa, allestimento del cantiere in sito, realizzazione dell'opera, gestione tecnico amministrativa del rapporto col committente e gestione dei claims, chiusura della commessa ed ottenimento del certificato di collaudo, incasso di crediti e claims e gestione del contenzioso legale).

L'equilibrio economico fra le numerose, specializzate e costose competenze tecniche della sede centrale e le commesse si ottiene solo se queste ultime sono sempre, in qualsiasi momento, in un numero sufficiente. Il conto economico di una procedura fallimentare in esercizio provvisorio, che deve reggersi solo sulle commesse in via di esaurimento (questa attività può durare anni) senza avere i margini delle nuove commesse, sarebbe costantemente in perdita, perché diminuirebbero costantemente gli introiti mentre dovrebbe essere, comunque, mantenuta una struttura fissa centrale di costo rilevante. In una situazione del genere il Tribunale si vedrebbe probabilmente ben presto costretto a cessare lo stesso esercizio provvisorio, per evitare un vero e proprio nocumento aggiuntivo ai creditori). Inoltre l'esperienza dimostra che, nell'ambito dei lavori pubblici, dove si può operare solo con certificazioni tecniche e certificazioni di regolarità fiscale e contributiva (DURC) impeccabili, l'operatività di un'azienda fallita in esercizio provvisoria seppur possibile in linea di diritto è, di fatto, preclusa. Senza dimenticare che, in caso di dichiarazione di fallimento, il debitore verrebbe espulso dalle Associazioni temporanee di impresa e/o dalle società consortili attraverso le quali vengono gestiti, a livello operativo, i vari cantieri. In conclusione, l'estrema difficoltà ad incassare crediti e claims, unita ai mancati margini delle nuove commesse, nonché alle probabili nuove perdite operative che si consuntiverebbero nel periodo di esercizio provvisorio, rendono l'ipotesi di liquidazione fallimentare tramite esercizio provvisorio assolutamente sconveniente per i creditori.

  • L'ipotesi alternativa estrema, cioè una liquidazione fallimentare priva dell'esercizio provvisorio, avrebbe ripercussioni ancora più sconvenienti per i creditori poiché verrebbe a mancare la struttura tecnico amministrativa dotata delle conoscenze e competenze per gestire commesse e contenziosi; il curatore potrebbe, ragionevolmente, realizzare solo una minima parte del valore di crediti e claims, oltre alla vendita mediante procedura competitiva dei pochi assets immobiliari di proprietà del debitore
  • Se il piano di concordato prevede il soddisfacimento parziale dei creditori chirografari entro una certa data dall'omologa mediante l'assegnazione di Strumenti Finanziari Partecipativi per un valore nominale pari ad una percentuale dei crediti vantati, questa datio in solutum indipendentemente ed in aggiunta ai redditi che questi SFP produrranno ai loro portatori negli anni successivi fino al 2030 (ad es.) produce in capo ai creditori l'effetto di render loro possibile l'immediata imputazione al conto economico della perdita dell'80% del loro credito , con immediato importante risparmio delle imposte sul reddito e IVA. Per quanto riguarda le imposte dirette, la deducibilità immediata della perdita sarebbe possibile anche con una eventuale dichiarazione di fallimento, stante l'attuale legislazione e, quindi, sotto questo profilo non ci sono differenze sostanziali fra le due alternative. Una differenza sensibile si riscontra, invece, per quanto concerne il recupero dell'IVA. Il piano di pagamento previsto dal concordato preventivo permette ai creditori l'immediato recupero dell'IVA ad avvenuta ricezione degli SFP ,mentre la legislazione fiscale vigente in tema di fallimento prevede che l'IVA possa venire recuperata dal creditore insoddisfatto solo alla chiusura del fallimento (si richiederebbe una durata media di almeno 6/7 anni). Si può, dunque, affermare che per i creditori chirografari che vantano crediti a titolo di IVA, l'adesione al concordato consente loro il recupero immediato, circostanza che, in caso di fallimento, si verificherebbe solo dopo molti anni.
  • Nell'ipotesi di fallimento sono esperibili, ricorrendone i presupposti e su iniziativa del curatore, le azioni revocatorie nei confronti di banche e fornitori, nonché l'azione di responsabilità nei confronti di amministratori, sindaci e revisori dei conti. Sulla base di quanto in precedenza affermato, non paiono sussistere oggi, con questo ordinamento, i presupposti per significative azioni revocatorie e, le azioni di responsabilità , pur semplificate dal nuovo art. 378 CCII, che modifica il 2486 c.c., rendendo applicabile il criterio dei netti patrimoniali nella determinazione del danno, ogni azione di responsabilità appare di esito assai incerto.

Occorrerà valutare la capienza patrimoniale dei soggetti coinvolti nel dissesto (in rapporto all'entità del passivo societario), e le polizze per la responsabilità civile che anche nella migliore delle ipotesi (sentenza favorevole e/o, comunque, assenza di contestazioni da parte della compagnia) coprirebbe il risarcimento riconosciuto in giudizio fino all'importo del massimale. E' altrettanto doveroso, però, ricordare anche che un'eventuale azione di responsabilità , richiederebbe tempi molto lunghi prima di giungere al suo naturale epilogo (sentenza) e che, spesso, onde evitare l'alea tipica di ogni giudizio civile, si preferisce addivenire, medio tempore, ad un accordo transattivo per un importo inferiore rispetto al massimale garantito.

Occorre procedere alla redazione di un prospetto che consenta una rappresentazione sintetica numerica del diverso grado di soddisfazione dei creditori fra le due procedure.

Il commissario individuerà la somma di minori introiti ottenibili per i creditori da una disordinata gestione delle commesse a seguito di un eventuale esercizio provvisorio, riducendo generalmente la stima eseguita dall'attestatore, mentre il possibile introito ottenibile da una eventuale azione di responsabilità dovrà essere stimato, prudenzialmente nell'importo del massimale coperto dalla polizza assicurativa.

Occorre porre in risalto l'opportunità che il migliore soddisfacimento sia determinato mettendo a confronto il concordato in continuità con l'esercizio provvisorio. Per quanto molto più semplice e conveniente, non ha senso logico confrontare uno scenario nel quale il debitore prevede la continuità con quello di svendita atomistica dei beni. Il Piano che spiegasse le ragioni per cui la continuità in mano al debitore sarebbe più conveniente di quella giudiziaria sarebbe evidentemente molto più “solido” di quello che non consideri lo scenario di continuità (che con il nuovo CCI sarà la regola).

Il piano industriale dell'esercizio provvisorio, redatto con criteri di scientificità, permetterebbe di ottenere una veritiera fotografia sullo stato di salute dell'impresa, ma anche di analizzare in maniera professionale le cause e le circostanze del dissesto e della crisi.

Raffronto tra le due procedure con prospetto di efficienza e marginalità

Il seguente prospetto fornisce una rappresentazione sintetica numerica del diverso grado di soddisfazione dei creditori fra le due procedure.

Si individuano i minori introiti ottenibili per i creditori da una disordinata gestione delle commesse a seguito di un eventuale esercizio provvisorio rispetto alla gestione da piano del concordato in continuità diretta

Raffronto di convenienza per i creditori fra concordato in continuità e fallimento esercizio provvisorio

Raffronto di convenienza per i creditori fra concordato in continuità e fallimento esercizio provvisorio

Concordato in continuità

Esercizio p. fallimentare

Minori introiti ottenibili per il soddisfacimento dei creditori in seguito allo scioglimento/risoluzione delle commesse

Revocatorie, azioni recuperatorie e di responsabilità

Minor importo ottenibile dai creditori chirografari in caso di fallimento (stima)

Il concordato preventivo permette il recupero immediato dell'IVA sulla quota capitale falcidiata, mentre il fallimento lo permette solo alla fine della procedura.

Questa metodologia scientifica, unitamente all'utilizzo dei principi di attestazione del CNDC, permette all'attestatore prima ed ai commissari poi, di soppesare la convenienza della procedura di concordato preventivo rispetto all'esercizio provvisorio fallimentare, attestazione di convenienza che oggi, con la nuova transazione fiscale ed il cram down, diventa ancora più importante e dirimente nella scelta dello strumento di risoluzione della crisi.

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