Motivazione della sentenza e onere di specificazione del motivo di appello

Redazione scientifica
29 Aprile 2021

In tema di impugnazioni, la mancanza di un'argomentazione del giudicante a sostegno, anche solo implicito, della decisione adottata, non può, senza ledere il diritto di difesa della parte, imporre al soccombente la formulazione di un motivo di appello dotato della necessaria specificità, richiesta dal tenore vigente dell'art. 342 c.p.c.

E' quanto affermato dalla Corte di cassazione nell'ordinanza n. 10780 depositata il 22 aprile 2021.

Una S.p.a. agisce nei confronti di una S.r.l., vettrice specializzata in metalli preziosi, lamentando la perdita di diverse barre d'oro affidate per il trasporto alla convenuta, che si difende anzitutto deducendo il difetto di legittimazione dell'attrice, ed inoltre chiamando in causa altra società alla quale era stato affidato parte del trasporto.

Il Tribunale di Alessandria rigetta la domanda per difetto di prova «in punto di responsabilità» della medesima convenuta.

Con l'appello l'attrice denuncia l'erroneità della valutazione delle risultanze istruttorie.

La convenuta-appellata resiste, riproponendo, tra l'altro, l'eccezione di carenza di legittimazione attiva della S.p.a., nonché la domanda di manleva verso la società chiamata.

La Corte di appello, decidendo in riforma della sentenza impugnata, accoglie l'originaria domanda risarcitoria, addebitando tra l'altro alla convenuta-appellata la mancata proposizione di appello incidentale sulla titolarità del credito risarcitorio e sulla qualifica di sub-vettrice della terza chiamata: sostiene il giudice d'appello che la soluzione adottata dal primo giudice avrebbe presupposto il rigetto dell'eccezione e la qualificazione della chiamata nei termini indicati.

L'originaria convenuta ricorre per Cassazione.

La Corte accoglie il ricorso, cassa e rinvia.

La convenuta appellata - osserva il giudice di legittimità - non era onerata di appello incidentale, avuto riguardo alla regola enunciata da Cass. civ., sez. un., 12 maggio 2017, n. 11799. In breve, secondo la S.C., è necessario che «il rigetto della questione o della domanda sia chiaro ed inequivoco, e sia pure per escludere in concreto la sufficienza della riproposizione, non bastando potersi desumere che l'una o l'altra siano stati disattesi in fatto: la mancanza di un'argomentazione del giudicante a sostegno anche solo implicito della conclusione non può poi, senza ledere in modo insostenibile il diritto di difesa della parte, imporre al preteso soccombente sul punto la formulazione di un motivo di appello dotato della necessaria specificità, richiesta dal tenore vigente dell'art. 342 c.p.c.».

E nel caso di specie la sentenza del Tribunale non conteneva una motivazione, né espressa né implicita, di rigetto dell'eccezione di difetto di legittimazione attiva e della domanda di manleva.

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