Cessione di beni e cessione di azienda: differenza ed effetti ai fini tributari

30 Aprile 2021

L'azienda è il complesso dei beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa (art. 2555 c.c.). A differenza delle cessioni di singoli beni d'azienda le cessioni di aziende, di singoli rami d'azienda sono escluse dal campo applicazione dell'IVA e soggette ad imposta di registro proporzionale. A tal fine la nozione di cessione di azienda deve riguardare l'azienda o il complesso aziendale nel suo insieme, intesa quale universitas di beni materiali, immateriali e di rapporti giuridico-economici...
Introduzione

L'Agenzia delle Entrate, con Risposta a interpello n. 149 del 4 marzo, ha fornito chiarimenti in ordine alla distinzione tra cessione di azienda e cessione di beni e relativo trattamento tributario.

L'azienda è il complesso dei beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa (art. 2555 c.c.). A differenza delle cessioni di singoli beni d'azienda le cessioni di aziende, di singoli rami d'azienda sono escluse dal campo applicazione dell'IVA e soggette ad imposta di registro proporzionale. A tal fine la nozione di cessione di azienda deve riguardare l'azienda o il complesso aziendale nel suo insieme, intesa quale universitas di beni materiali, immateriali e di rapporti giuridico-economici suscettibili di consentire l'esercizio dell'attività di impresa e non i singoli beni che compongono l'azienda stessa. Si deve quindi trattare di un insieme organicamente finalizzato, ex ante, all'esercizio dell'attività d'impresa, di per sé idoneo a consentire l'inizio o la prosecuzione di quella determinata attività. La cessione di azienda presuppone il trasferimento non solo delle partecipazioni, ma anche di elementi dell'attivo patrimoniale tale da consentire al cessionario di proseguire un'attività economica indipendente.

Il quesito

La società istante era una banca italiana, controllata al 100% da una società con sede legale in uno Stato UE, che costituiva la principale entità operativa del Gruppo, gruppo bancario operante a livello europeo.

Il Gruppo era gestito in risoluzione ordinata, mediante la gestione in ammortamento delle entità del Gruppo stesso, ossia senza avviare nuove attività, al fine di evitarne il fallimento e i conseguenti effetti destabilizzanti.

Il Gruppo non svolgeva, dunque, più alcuna attività commerciale e la sua attività era concentrata solo nella gestione dei suoi elementi patrimoniali in estinzione.

Per effetto del citato piano di risoluzione, la società istante stava progressivamente riducendo lo stock di derivati con la clientela.

Nell'ambito del menzionato piano di risoluzione ordinata, il Gruppo stava valutando le alternative disponibili per espungere dalla istante alcuni elementi patrimoniali ritenuti problematici, al fine di poter cedere a terzi la partecipazione nella stessa società.

Una delle alternative oggetto di valutazione consisteva dunque nel trasferimento di detti elementi patrimoniali alla controllante, in parte in capo alla sede principale ed in parte in capo alla sede secondaria (branch presso altro Stato UE), da porre in essere, nel corso del primo semestre del 2021, verso il pagamento di un corrispettivo in denaro.

In particolare, si prevedeva:

  1. il trasferimento nei confronti della branch di 21 titoli obbligazionari corredati, in taluni casi, dei relativi derivati di copertura del rischio di variazione del tasso di d'interesse. Il trasferimento sarebbe stato concluso per un corrispettivo pari al valore netto contabile dei Titoli Obbligazionari alla data di efficacia del trasferimento, ritenuto non inferiore al valore di mercato degli stessi alla medesima data. Conseguentemente, il trasferimento non avrebbe avuto alcun impatto sul conto economico della società.
  2. il trasferimento nei confronti della sede principale della controllante di 12 finanziamenti, corredati, in taluni casi, dei relativi derivati di copertura del rischio di variazione del tasso d'interesse. Il trasferimento sarebbe stato concluso per un corrispettivo pari al valore netto contabile dei Finanziamenti Attivi alla data di efficacia del trasferimento, ritenuto non inferiore al valore di mercato degli stessi alla medesima data. Conseguentemente, anche in questo caso, il trasferimento non avrebbe avuto alcun impatto sul conto economico della società;
  3. il trasferimento nei confronti della sede principale della controllante di 28 derivati stipulati con la clientela, nonché dei relativi derivati di copertura (cosiddetti "mirror swaps"), ossia strumenti stipulati con primari istituti bancari al fine di ridurre il rischio derivante dagli strumenti derivati stipulati con la clientela. Anche in questo caso, il trasferimento non avrebbe avuto alcun impatto sul conto economico della società;
  4. il trasferimento nei confronti della sede principale della controllante di una partecipazione detenuta dalla istante in altro Istituto, ente di diritto pubblico con gestione autonoma. Il trasferimento sarebbe stato concluso per un corrispettivo ritenuto corrispondente al valore di mercato della Partecipazione alla data di efficacia del trasferimento, con un impatto negativo sul conto economico della società.

Tanto premesso, la società istante evidenziava che la complessa operazione descritta non includeva, comportava, o comunque realizzava alcun trasferimento, diretto o indiretto, dalla richiedente alla controllante, di alcun contratto di lavoro subordinato (a tempo determinato o indeterminato), alcun contratto di lavoro parasubordinato o di collaborazione ed alcun contratto di consulenza, di prestazione d'opera o simili.

Essa, altresì, non includeva, comportava, o comunque realizzava il trasferimento, diretto o indiretto della proprietà, di altri diritti reali di godimento o di diritti obbligatori relativi ad alcun bene materiale (mobile o immobile) o immateriale (ivi inclusi licenze, permessi, autorizzazioni, know-how e simili).

Ciò posto, la società istante chiedeva se l'operazione descritta dovesse essere qualificata o meno come una cessione d'azienda o di ramo di azienda alla luce delle disposizioni recate dal d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in materia di imposta sul valore aggiunto e del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, in materia di imposta di registro.

La società istante riteneva che l'operazione non presentasse gli elementi che contraddistinguono, in base alla prassi amministrativa e alla giurisprudenza della Corte di Cassazione, una cessione d'azienda o di ramo d'azienda, sia ai fini dell'IVA che ai fini dell'imposta di registro.

In particolare, la società istante non riteneva soddisfatta la circostanza che gli elementi patrimoniali oggetto di trasferimento rappresentassero un "insieme organicamente finalizzato ex-ante all'esercizio dell'attività d'impresa, di per sé idoneo a consentire l'inizio o la prosecuzione" di detta attività, né - tantomeno - riteneva che fosse riscontrabile negli elementi patrimoniali trasferiti "un residuo di organizzazione che ne dimostrasse l'attitudine all'esercizio dell'impresa", "senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario" (cfr. Cass., sentenza n. 9575/2016; Cass., sentenza n. 1769/2018).

Ciò risultava a suo avviso evidente dalla circostanza che l'operazione, oltre al trasferimento degli elementi patrimoniali indicati, non prevedeva il trasferimento, diretto o indiretto di alcun ulteriore rapporto giuridico, né della proprietà, di altri diritti reali di godimento o di diritti obbligatori.

La mancanza di simili trasferimenti nel perimetro dell'operazione escludeva quindi che residuasse in detto perimetro una - seppur minima - organizzazione idonea alla produzione di beni o servizi.

La nozione rilevante di cessione d'azienda

L'Agenzia delle Entrate, nel rispondere al quesito rileva che, in linea generale, per quanto riguarda il trattamento fiscale, ai fini IVA, della cessione di azienda o di ramo di azienda, la normativa comunitaria prevede che "In caso di trasferimento a titolo oneroso o gratuito o sotto forma di conferimento a una società di un'universalità totale o parziale di beni, gli Stati membri possono considerare che non è avvenuta alcuna cessione di beni e che il beneficiario succede al cedente" (cfr. art. 19 della Direttiva 2006/112/CE).

Di tale facoltà si è avvalso il legislatore nazionale, stabilendo, con l'art. 2,comma3, lettera b), del d.P.R. 26 ottobre 1972 n.633, che "non sono considerate cessioni di beni: le cessioni e i conferimenti in società o altri enti, compresi i consorzi e le assicurazioni o altre organizzazioni, che hanno per oggetto aziende o rami di azienda".

Pertanto, a differenza delle cessioni di singoli beni dell'azienda e dei conferimenti di singoli beni, le cessioni di aziende, di singoli rami d'azienda e i conferimenti delle stesse in società o altri enti, compresi i consorzi o le associazioni, sono escluse dal campo applicazione dell'IVA.

Sotto questo profilo, l'Agenzia ricorda che l'azienda è il complesso dei beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa (art. 2555 c.c.). Ne consegue che l'ambito di applicazione oggettivo del citato art. 2, comma 3, lettera b), del d.P.R. n. 633 del 1972 è dato da un'universalità totale o parziale di beni materiali e immateriali che, complessivamente, costituiscono un'impresa, o parte di un'impresa, idonea a svolgere essa stessa un'attività economica autonoma.

La ratio della norma è quella di agevolare i trasferimenti di imprese o di parti di imprese, evitando ingenti versamenti d'imposta e contemporanee detrazioni di IVA da parte del cessionario. Deve trattarsi, quindi, di un complesso di beni trasferito non semplicemente "in occasione", ma "in funzione" di una certa operazione di riorganizzazione aziendale.

Con riferimento alla nozione di azienda, l'Amministrazione finanziaria ha peraltro avuto modo di chiarire che la stessa deve essere intesa in senso ampio, comprensiva anche delle cessioni di complessi aziendali relativi a singoli rami d'impresa, precisando comunque, che la cessione deve riguardare l'azienda o il complesso aziendale nel suo insieme, intesa quale universitas di beni materiali, immateriali e di rapporti giuridico-economici suscettibili di consentire l'esercizio dell'attività di impresa e non i singoli beni che compongono l'azienda stessa (cfr. circolare del 19 dicembre 1997, n. 320).

Anche la giurisprudenza di legittimità, del resto, nell'evidenziare che l'azienda è un complesso di beni organizzati per l'esercizio dell'impresa, individua nell'organizzazione di tale complesso la sua connotazione essenziale (cfr. Cass., SS.UU., 5 marzo 2014, n. 5087).

Nell'ambito della cessione d'azienda, la Suprema Corte ha poi avuto modo di precisare che si deve trattare di un insieme organicamente finalizzato, ex ante, all'esercizio dell'attività d'impresa, di per sé idoneo a consentire l'inizio o la prosecuzione di quella determinata attività.

Ne deriva che, se non è necessaria la cessione di tutti gli elementi che normalmente costituiscono l'azienda, deve tuttavia potere essere rilevato che, nel complesso di quelli ceduti, permanga un residuo di organizzazione che ne dimostri l'attitudine all'esercizio dell'impresa, sia pure mediante la successiva integrazione da parte del cessionario (così anche Cass., n. 9575 del 11.05.2016, che ha confermato Cass. n. 21481 del09.10.2009; Cass. n. 1913 del 30.01.2007).

Alla luce di ciò, i fattori rivelatori dell'esistenza dell'azienda o del ramo d'azienda, si possono individuare nella "organizzazione", nei "beni" e nel loro fine "per l'esercizio dell'impresa", dovendo altresì essere rintracciata una coesione unitaria dei suddetti elementi, funzionalmente legati da un rapporto di complementarietà strumentale, e contraddistinti dall'essere destinati all'esercizio dell'impresa.

Non è del resto possibile fissare aprioristicamente, in via generale ed astratta, quali e quanti beni e/o rapporti siano necessari a costituire il nucleo indispensabile per l'esistenza di un'azienda, poiché non assume rilevanza esaustiva il semplice complesso di "beni", in sé e per sé stesso considerato, ma anche i "legami" giuridici e di fatto tra gli stessi, nonché la destinazione funzionale del loro insieme.

Applicando tali principi al caso di specie, secondo l'Agenzia delle Entrate, in linea con la tesi della società istante, non erano riscontrabili elementi tali da integrare una cessione di una struttura organizzativa aziendale, in quanto l'operazione, considerata nel suo complesso, aveva ad oggetto una pluralità di elementi patrimoniali isolati.

La circostanza che l'operazione avesse ad oggetto elementi patrimoniali isolati, di per sé non idonei a proseguire/svolgere, in modo autonomo, un'attività produttiva, era inoltre direttamente confermata dalla programmata sottoscrizione tra la società istante e la controllante di un contratto di servizi, in virtù del quale la società istante si impegnava a fornire alla controllante tutti i servizi necessari alla gestione degli elementi patrimoniali trasferiti (gestione dei rapporti con le controparti, gestione della tesoreria, rendicontazione, etc.).

Le medesime valutazioni potevano infine essere svolte anche con riferimento alla cessione della partecipazione detenuta nell'Istituto.

Anche in tal caso, la partecipazione costituiva infatti un elemento isolato, non idoneo di per sé a costituire un'azienda.

Sul tema, ricorda l'Agenzia, la Corte di Giustizia Europea ha peraltro precisato che "il trasferimento di azioni di una società può, a prescindere dall'entità delle quote, essere assimilato al trasferimento di "un'universalità totale o parziale di beni" ai sensi dell'art. 5, paragrafo 8, della Sesta Direttiva, soltanto se la partecipazione fa parte di un'unità indipendente che consente l'esercizio di un'attività economica autonoma e se detta attività è proseguita dall'acquirente" (cfr. sentenza 30 maggio 2013, C-651/11).

In altri termini, secondo la Corte di Giustizia Europea, la cessione di azienda presuppone il trasferimento non solo delle partecipazioni, ma anche di elementi dell'attivo patrimoniale tale da consentire al cessionario di proseguire un'attività economica indipendente.

In conclusione, nel caso di specie, l'operazione descritta era qualificabile come cessione di singoli beni e non come cessione di ramo d'azienda.

Conseguentemente, alla fattispecie non si applicava la previsione di cui all'art. 2, comma 3, del d.P.R. n. 633 del 1972, in base alla quale, non sono considerate cessioni di beni "le cessioni e i conferimenti in società o altri enti, compresi i consorzi e le associazioni o altre organizzazioni, che hanno per oggetto aziende o rami di azienda", rientrando dunque l'operazione, a tutti gli effetti, nel campo di applicazione dell'imposta sul valore aggiunto.

Nel caso poi in cui gli atti relativi ai trasferimenti descritti fossero stati soggetti ad obbligo di registrazione in termine fisso o in caso d'uso, l'imposta di registro sarebbe stata dovuta in misura fissa, come previsto dall'articolo 40 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 e, per i trasferimenti delle quote di partecipazione, dall'articolo 11 della Tariffa, Parte Prima, dello stesso decreto.

In conclusione

Solo nel caso in cui sussista una cessione di beni strumentali, atti, nel loro complesso e nella loro interdipendenza, all'esercizio dell'impresa si può ravvisare una cessione di azienda, la quale presuppone, il trasferimento non già di uno o più beni considerati nella loro individualità giuridica, ma di un insieme organicamente finalizzato all'esercizio dell'attività d'impresa (cfr., Cass., Sent., n. 32085 del 12/12/2018).

La giurisprudenza di legittimità ha del resto più volte vagliato la questione in esame, osservando (v., tra le altre, Cass., n. 9575/16) come per cessione di azienda debba intendersi il trasferimento di un'entità economica, organizzata in maniera stabile, la quale conservi la sua identità e consenta l'esercizio di un'attività finalizzata al perseguimento di uno specifico obiettivo imprenditoriale.

Tali caratteristiche devono essere peraltro desunte all'esito di una valutazione complessiva di una pluralità di elementi, tra loro in rapporto di interdipendenza, in relazione al tipo di attività esercitata, ovvero esercitabile.

Si ha quindi cessione di azienda, soggetta ad imposta di registro proporzionale (e non ad IVA), quando le parti non hanno inteso trasferire una semplice somma di beni, ma un complesso organico unitariamente considerato, dotato di una potenzialità produttiva, tale da farne emergere la complessiva attitudine, anche solo potenziale, all'esercizio dell'impresa; ovvero quando i beni strumentali ceduti siano atti, nel loro complesso e nella loro interdipendenza, all'esercizio di una impresa, anche se non si richiede che tale esercizio sia attuale, essendo sufficiente l'attitudine potenziale all'utilizzo per un'attività di impresa (cfr., Cass., n. 17785/17).

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