Litisconsorzio necessario processuale nella domanda di accertamento dell'illegittimità dell'ipoteca

Redazione scientifica
03 Maggio 2021

Qualora, per iniziativa dell'attore, si determini una situazione di litisconsorzio necessario processuale, la causa è inscindibile e l'impugnazione deve coinvolgere tutte le parti del giudizio di primo grado. Ove ciò non sia avvenuto e il giudice di appello non abbia provveduto ai sensi dell'art. 331 c.p.c., la parte appellata può dedurre la nullità del procedimento per mancata integrazione del contradditorio come motivo di ricorso in Cassazione?

A.G. agiva nei confronti dell'ente impositore (Comune di Avezzano) e del locale concessionario del servizio di riscossione di tributi (G. S.p.a.) per ottenere la cancellazione dell'iscrizione di un'ipoteca iscritta dall'agente riscossore su beni immobili di sua proprietà, in ragione della illegittimità delle sanzioni presupposte irrogate dal Comune.

Il Tribunale accoglieva la domanda e annullava l'iscrizione ipotecaria.

La Corte di appello, in riforma della sentenza, rilevava «l'inammissibilità» della domanda, assumendo che, sull'accertamento della validità del titolo sanzionatorio costituente il presupposto per l'azione esecutiva intrapresa, incideva un giudicato già formatosi tra le parti in sede tributaria.

A.G. ricorre per Cassazione, denunciando la violazione della norma processuale di cui all'art. 331 c.p.c., per non avere il Comune notificato l'appello all'agente della riscossione, convenuto dall'attrice in primo grado unitamente all'ente impositore. Trattandosi di un litisconsorzio processuale, la mancata integrazione del contradditorio in appello da parte del giudice, che avrebbe dovuto rilevarla d'ufficio, avrebbe determinato la nullità dell'intero procedimento.

La Corte dichiara il motivo infondato.

I Giudici muovono preliminarmente dalla qualificazione della domanda proposta dalla ricorrente - avente ad oggetto la legittimità dell'iscrizione ipotecaria effettuata ai sensi dell'art. 77 d.P.R. 602/1973 - come azione di accertamento negativo che dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione e non ad un'opposizione esecutiva, in quanto l'iscrizione ipotecaria non ha natura di atto di espropriazione forzata. Nonostante tale premessa e, dunque, anche se la controversia non ha ad oggetto la regolarità o validità del titolo esecutivo, si ritiene ad essa applicabile la disciplina dettata dall'art. 39 d.lgs. 112/1999, con cui il legislatore ha inteso regolare il rapporto tra esattore ed ente di riscossione riguardo alla legittimazione sulle liti relative all'esecuzione forzata promossa dal primo. Ciò in quanto l'iscrizione di ipoteca ex art. 77 d.P.R. 602/1973 è funzionale all'eventuale successivo esercizio della pretesa in via esecutiva, per cui l'art. 39 cit. «si deve ritenere regolatore, in via analogica, anche della legittimazione di fronte alla contestazione della legittimità dell'iscrizione ipotecaria». Ne discende, secondo la Corte, in base al tenore letterale dell'art. 39 d.lgs. 112/1999, che «tanto se la controversia non si fonda sulla legittimità della pretesa di riscossione», quanto se la «controversia si fonda anche su di essa», legittimato (passivo) sarà l'esattore, al quale, nel secondo caso, spetta eventualmente di chiamare in causa l'ente di riscossione (nel caso determinandosi una situazione di litisconsorzio necessario processuale).

Venendo ad applicare i suddetti principi al caso di specie, i Giudici rilevano che la ricorrente - che aveva proposto la domanda sia nei confronti dell'esattore sia nei confronti dell'ente della riscossione, pur potendola proporre solo nei confronti dell'esattore – aveva realizzato, attraverso l'esercizio del potere di azione, la situazione indicata dall'art. 39 cit., ossia di litisconsorzio necessario processuale. Ne consegue che nel giudizio di appello l'appellante doveva coinvolgere anche l'esattore; che il giudice di appello avrebbe dovuto ordinare l'integrazione del contradditorio ai sensi dell'art. 331 c.p.c.; che la parte appellata avrebbe potuto eccepire, a sua volta, la violazione dell'art. 331 c.p.c. (ma non l'ha fatto). Di conseguenza, posto che l'odierna ricorrente ha dato causa anch'essa alla nullità dello svolgimento del processo –per non avere rilevato la nullità pur rilevabile d'ufficio – non può dedurla come motivo di ricorso in Cassazione, in quanto il relativo potere, siccome regolato dal terzo comma dell'art. 157 c.p.c., si è consumato nel grado di appello.

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