L'avviso impoesattivo e l'avviso di addebito sono titoli idonei per l'ammissione allo stato passivo?

Stanislao De Matteis
06 Maggio 2021

A seguito dell'entrata in vigore del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, il ruolo – quanto ai crediti tributari - è stato sostituito dall'avviso di accertamento esecutivo (AVE).
La questione

A seguito dell'entrata in vigore del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, il ruolo – quanto ai crediti tributari - è stato sostituito dall'avviso di accertamento esecutivo (AVE).

Con riguardo ai crediti dell'Inps, l'art. 30 del medesimo D.L. n. 78 del 2010 ha modificato, a decorrere dal 10 gennaio 2011, la disciplina della riscossione, stabilendo che il recupero delle somme dovute è effettuato mediante la notifica al debitore di un avviso di addebito emesso dallo stesso Istituto, da consegnarsi all'agente della riscossione, attribuendo allo stesso una funzione sostitutiva del ruolo e della cartella di pagamento, nonché efficacia di titolo esecutivo.

La modalità semplificata di riscossione prevista dall'art. 29 D.L. n. 78/2010 è stata estesa dalla L. n. 160/2019 (legge bilancio 2020) anche alle entrate degli “enti locali”. Ciò relativamente agli atti “emessi a partire dal 1° gennaio 2020 anche con riferimento ai rapporti pendenti alla stessa data”. Tra gli enti locali beneficiari dell'applicazione dello strumento dell'avviso impoesattivo non rientrano le regioni, non menzionate dal 784° comma, il quale fa testuale rinvio “alle province, alle città metropolitane, ai comuni, alle comunità montane, alle unioni di comuni e ai consorzi tra gli enti locali”. Anche in questo caso, il nuovo strumento dell'avviso “impoesattivo” non è esclusivo, restando viceversa alternativo al ruolo e all'ingiunzione fiscale.

Al riguardo si è affermato che, poiché ex art. 29, lett. g), D.L. n. 78/2010 «ai fini della procedura di riscossione contemplata dal presente comma, i riferimenti contenuti in norme vigenti al ruolo ed alla cartella di pagamento si intendono effettuati alle somme affidate agli agenti della riscossione» - il disposto dell'art. 87 d.P.R. n. 602 del 1973 sull'ammissione al passivo dei crediti tributari, che menziona le somme «iscritte a ruolo», vada automaticamente riferito alle somme «affidate agli agenti della riscossione» (Cass. 2656/2018, in motivazione).

Anche con riguardo all'avviso di addebito si è osservato che resti inalterata la regola, di cui all'art. 87, comma 2, d.P.R. n. 602 del 1973, secondo cui per l'ammissione al passivo fallimentare è sufficiente che il credito sia documentato in base a un estratto di ruolo. Dunque, la notificazione - seppure da essa dipenda l'idoneità dell'avviso a costituire titolo per l'esecuzione forzata - non assumerebbe rilievo, ai fini dell'istanza d'insinuazione al passivo: invero, questa può essere proposta sulla base del ruolo, ai sensi dell'art. 87, comma 2, d.P.R. n. 602 del 1973, e, pertanto, può trovare fondamento anche nell'avviso di addebito, avente la medesima funzione (in tal senso, v. Cass. 2 ottobre 2019, n. 24589; v., altresì, Cass. n. 12317/2018 e Cass. n. 20054/2018).

Stante l'incertezza interpretativa, la prima sezione civile della Corte di cassazione ha, con ordinanza n. 4540/2021, rimesso alle Sezioni Unite la seguente questione: «se l'avviso di addebito e l'avviso di accertamento esecutivo dell'Agenzia delle Entrate, quali nuovi titoli previsti dagli artt. 29 e 30 d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, sostituiscano la notifica della cartella di pagamento, ai fini della insinuazione al passivo fallimentare».

I fatti di causa

Con decreto n. 186/2017 del 24 febbraio 2017, il Tribunale di Nola ha - in parte - accolto l'opposizione allo stato passivo fallimentare proposta da Equitalia Servizi di Riscossione Spa contro la sua parziale esclusione dallo stato passivo del Fallimento.

Secondo il giudice circondariale, per quello che ancora interessa e rileva in questa sede, una parte del preteso credito non poteva essere ammesso al passivo della procedura:

a) in quanto le argomentazioni valevoli in ordine alla forza probatoria degli estratti di ruolo (costituenti ormai diritto vivente, di cui il Tribunale prendeva atto) non potevano estendersi alle fattispecie degli accertamenti esecutivi del D.L. n. 78/2010, ex artt. 29 ss. (conv. nella L. n. 122/2010), applicabile al caso di specie perchè in vigore dal 1 gennaio 2011, abrogativa anche di parte della precedente disciplina, sicchè i 12 avvisi di addebito e i 3 avvisi di accertamento privi di notifica, versati in atti, non potevano costituire la base per l'ammissione di tali crediti del concessionario allo stato passivo fallimentare;

b) perchè alcuni dei crediti posti a base della domanda risultavano prescritti non potendosi accogliere la tesi della società di riscossione sulla vigenza del termine decennale dalla notifica della cartella, in considerazione del dictum delle S.U. (n. 23397 del 2016).

Avverso il decreto del Tribunale ha proposto ricorso Equitalia Servizi di riscossione SpA, con atto notificato il 223 luglio 2017, sulla base di due motivi con i quali sostiene:

i) l'esecutività dei nuovi titoli (gli avvisi di addebito e di accertamento) dopo sessanta giorni dalla loro notifica in sostituzione ed in luogo delle cartelle (la violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 87, D.L. n. 78 del 2010, artt. 29 e 30);

ii) la mancata prescrizione dei crediti previdenziali stante il mancato decorso del decennio (violazione del D.Lgs. n. 112 del 1999, artt. 19 e 20 e D.Lgs. n. 46 del 1999, artt. 17, 18 e 20) non essendo condivisibile l'approdo delle SU nella sentenza menzionata, in ragione del carattere novativo dell'iscrizione a ruolo delle singole voci di credito tributario in origine dovute.

L'ammissione allo stato passivo sulla base del ruolo

In tema di riscossione di crediti tributari e previdenziali, la Suprema corte ha affermato ripetutamente che i crediti iscritti a ruolo ed azionati dalle società concessionarie per la riscossione seguono, nel caso d'intervenuta dichiarazione di fallimento del debitore, l'iter procedurale prescritto per gli altri crediti concorsuali dalla L. Fall., artt. 92 e ss., con la conseguenza che la domanda di ammissione al passivo può essere proposta anche sulla base del semplice estratto di ruolo, non richiedendosi, in assenza di un'espressa previsione di legge, la previa notifica della cartella di pagamento, e fermo restando, in caso di contestazione del credito da parte del curatore, l'onere del concessionario d'integrare la relativa prova mediante la produzione dei documenti giustificativi in possesso dell'ente creditore (cfr. Cass.2732/2019, Cass. 11954/2018; più recentemente, v. Cass. 2078/2020, Cass. 3684/2020).

A tale riguardo, la Suprema corte - anche da ultimo - ha precisato che, in ragione del processo di informatizzazione dell'amministrazione finanziaria che, comportando la smaterializzazione del ruolo, rende indisponibile un documento cartaceo, imponendone la sostituzione con una stampa dei dati riguardanti la partita da riscuotere (stante il disposto dell'art. 23 D.Lgs. n. 82/2005, modificato dall'art. 16, 1° comma, D.Lgs. n. 235/2010), gli estratti del ruolo, consistenti in copie operate su supporto analogico di un documento informatico, formate nell'osservanza delle regole tecniche che presiedono alla trasmissione dei dati dall'ente creditore al concessionario, hanno piena efficacia probatoria ove il curatore non contesti la loro conformità all'originale (Cass. 29 dicembre 2017, n. 31190. Tra le più recenti, cfr. Cass. 28 ottobre 2020, n. 23809; Cass. 8 ottobre 2020, n. 21729; Cass. 22 giugno 2020, n. 12175).

Il predetto principio è applicabile (v. tra le altre Cass. 32998/2019, Cass. 13087/2018) anche ai crediti previdenziali alla luce del combinato disposto del D.Lgs. n. 46 del 1999, artt. 21 e 24 che, in riferimento alle entrate degli enti previdenziali, escludono chiaramente, in linea generale, la subordinazione dell'iscrizione a ruolo all'esistenza di un titolo esecutivo, limitando la necessità di quest'ultimo a una fattispecie ben determinata: l'art. 21 prevede infatti che solo le entrate aventi causa in rapporti di diritto privato sono iscritte a ruolo quando risultano da titolo avente efficacia esecutiva, facendo inoltre salvo, per le entrate degli enti previdenziali, quanto stabilito dall'art. 24, il quale, nel disporre l'iscrizione a ruolo dei contributi o dei premi non versati nei termini o dovuti in forza di accertamenti effettuati dagli uffici (comma 1), la subordina ad un provvedimento esecutivo del giudice soltanto nel caso in cui l'accertamento sia stato impugnato davanti all'autorità giudiziaria (comma 3), limitandosi invece a richiedere la decisione del competente organo amministrativo nel caso in cui l'impugnazione sia stata proposta in sede amministrativa (comma 4).

La decisione del giudice di merito

Senza mostrare di contrastare il menzionato orientamento, il decreto impugnato ha rigettato l'opposizione svolta dal concessionario relativamente alle pretese fatte valere laddove fondate su avvisi di addebito (cd. AVA, relativi a crediti previdenziali) e di accertamento (cd. AVE, relativi a crediti tributari) privi di notifica.

Ciò in quanto, dall'1.1.2011, la riscossione coattiva dei crediti dell'INPS e dell'Agenzia delle Entrate avviene mediante notifica di un avviso di addebito e/o di accertamento avente valore di titolo esecutivo per la riscossione in sostituzione del ruolo e della cartella di pagamento.

L'ammissione allo stato passivo e l'avviso di addebito

Il rilievo svolto dal Tribunale non merita di essere condiviso (con conseguente fondatezza del primo motivo) in quanto il D.L. n. 78 del 2010, art. 30 (richiamato nel decreto impugnato), convertito con modificazioni dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, nel modificare la disciplina della riscossione dei crediti dell'INPS, a decorrere dal 1 gennaio 2011, si è limitato a stabilire che il recupero delle somme dovute è effettuato mediante la notifica al debitore di un avviso di addebito emesso dallo stesso Istituto, da consegnarsi all'agente della riscossione, attribuendo allo stesso una funzione sostitutiva del ruolo e della cartella di pagamento, nonchè efficacia di titolo esecutivo: tale efficacia, dalla quale dipende l'idoneità dell'avviso a costituire titolo per l'esecuzione forzata, non assume alcun rilievo ai fini dell'istanza d'insinuazione al passivo, la quale, potendo esser proposta sulla base del ruolo, ai sensi del D.P.R. n. 602/1973, art. 88, comma 2, può trovare fondamento anche nell'avviso di addebito, avente la medesima funzione (di recente, v. Cass. 24589/2019, in motivazione). V. anche Cass. 12317/2018 e Cass. 20054/2018 che hanno accolto analoga opposizione del concessionario avverso un decreto di rigetto del Tribunale di Nola.

La previsione contenuta nel D.L. n. 78/2010, art. 30, comma 1, non muta, dunque, il quadro che si è descritto in precedenza.

Detta disciplina incide sull'esecuzione coattiva individuale delle somme pretese - e infatti, l'avviso di pagamento, similmente al precetto, deve contenere l'intimazione ad adempiere l'obbligo di pagamento degli importi nello stesso indicati entro un termine, nonchè l'indicazione che, in mancanza del pagamento, l'agente della riscossione procederà ad espropriazione forzata, con i poteri, le facoltà e le modalità che disciplinano la riscossione a mezzo ruolo (art. 30 cit. comma 2) - ma lascia inalterata la regola, tuttora desumibile dal D.P.R. n. 602 /1973, art. 87, comma 2, secondo cui per l'ammissione al passivo fallimentare è sufficiente che il credito sia documentato in base a un estratto di ruolo: ciò che nella fattispecie ha avuto luogo (così Cass. 25192/2017, in motivazione).

L'ammissione allo stato passivo dei crediti tributari e l'avviso impoesattivo

Analogo ragionamento deve essere svolto per i crediti tributari.

A seguito dell'entrata in vigore del D.L. n. 78 del 2010, convertito nella L. n. 122 del 2010, il ruolo è stato sostituito dall'avviso di accertamento esecutivo (AVE) e, per il disposto di cui all'art. 29, lett. g), (“ai fini della procedura di riscossione contemplata dal presente comma, i riferimenti contenuti in norme vigenti al ruolo ed alla cartella di pagamento si intendono effettuati alle somme affidate agli agenti della riscossione...”), il riferimento nel D.P.R. n. 602/1973, art. 87, che prevede l'ammissione al passivo dei crediti tributari, alle somme “iscritte a ruolo”, va inteso come effettuato alle somme “affidate agli agenti della riscossione”, cioè alle somme di cui all'accertamento notificato per cui siano decorsi i termini di gg.60+30.

La lettura coordinata delle norme porta, dunque, a ritenere che l'agente della riscossione possa chiedere l'ammissione allo stato passivo in base all'accertamento esecutivo solo dopo aver ricevuto in affidamento le somme dall'ente impositore, ai sensi del decreto del Direttore dell'Agenzia delle Entrate del 30.6.2011, dal momento che la norma equipara all'iscrizione a ruolo solo detto adempimento che va adeguatamente documentato al momento dell'ammissione allo stato passivo, quantomeno nel caso di contestazione da parte del curatore. Quanto alla prova in senso stretto l'agente dovrà produrre l'atto esecutivo regolarmente notificato.

Partendo dall'equiparazione dell'affidamento delle somme all'agente della riscossione all'iscrizione a ruolo, la domanda dell'agente della riscossione di ammissione al passivo è in definitiva possibile, avvenuto l'affidamento, dal novantunesimo giorno successivo alla notificazione dell'avviso impoesattivo.

Nel caso, invece, dell'atto impoesattivo emesso dall'ente locale, l'ammissione al passivo è possibile dopo che siano “decorsi sessanta giorni dal termine ultimo per il pagamento”.

Il termine di prescrizione a seguito della notifica dell'avviso impoesattivo

Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione di legge, per avere il tribunale omesso di considerare che il termine prescrizionale applicabile alla fattispecie (in parte qua relativa a crediti previdenziali) non era quello quinquennale, bensì quello decennale, essendo le cartelle state regolarmente notificate e non opposte e, quindi, essendo la pretesa tributaria divenuta definitiva. Più precisamente si censura il decreto del Tribunale nella parte in cui ha escluso che la notifica della cartella di pagamento determinasse la conversione del termine breve di prescrizione dei crediti previdenziali in quello lungo della cd. actio iudicati.

Deve ricordarsi che quanto agli estratti di ruolo e cartelle relative a debiti (come nella specie) non tributari, opera il parallelo e più severo principio per cui “la scadenza del termine - pacificamente perentorio - per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui al D.Lgs. n. 46/1999, art. 24, comma 5, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l'effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo la L. n. 335/1995, art. 3, commi 9 e 10) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell'art. 2953 c.c. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell'attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Lo stesso vale per l'avviso di addebito dell'INPS, che, dall'1 gennaio 2011, ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto (D.L. n. 78 /2010, art. 30, conv., con modif., dalla L. n. 122 del 2010)” (Cass. SU 23397/2016; 9795/2018; Cass. 12200/2018); 21690/2018, Cass. 24587/2019, Cass. 32998/2019).

Secondo l'agente della riscossione, l'inapplicabilità dell'art. 2953 c.c. non esaurirebbe la questione, posto che, ai sensi dell'art. 49 D.P.R. n. 602/1973, il ruolo costituisce titolo esecutivo, e si verificherebbe quindi un effetto novativo (v. pag. 17, 1° alinea del ricorso): le ragioni di credito resterebbero inglobate in unico credito nell'ambito del quale non sarebbe più possibile scorporare le voci originarie, e che sarebbe quindi soggetto a ordinaria prescrizione decennale.

In linea con il richiamato principio, e con riferimento al preteso effetto novativo derivante dalla formazione del ruolo, la Cassazione è intervenuta affermando che “In tema di riscossione di crediti previdenziali, il subentro dell'Agenzia delle Entrate quale nuovo concessionario non determina il mutamento della natura del credito, che resta assoggettato per legge ad una disciplina specifica anche quanto al regime prescrizionale, caratterizzato dal principio di ordine pubblico dell'irrinunciabilità della prescrizione; pertanto, in assenza di un titolo giudiziale definitivo che accerti con valore di giudicato l'esistenza del credito, continua a trovare applicazione, anche nei confronti del soggetto titolare del potere di riscossione, la speciale disciplina della prescrizione prevista dalla L. n. 335/1995, art. 3, invece che la regola generale sussidiaria di cui all'art. 2946 c.c. (Cass. n. 31352 del 4 dicembre 2018), e ciò in conformità alla natura di atto interno all'amministrazione attribuita al ruolo (Cass. n. 14301 del 19/06/2009)”. Indirizzo ribadito più recentemente dalla sezione lavoro con ordd. 3933, 3345/2020, 1011/2020, etc.

In disparte il fatto che la tesi del concessionario contraddice in realtà la pronuncia delle Sezioni unite, che ha fatto chiaro riferimento ai singoli crediti iscritti a ruolo (“Tale principio, pertanto, si applica con riguardo a tutti gli atti - comunque denominati - di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via”), deve rilevarsi che dalla semplice attribuzione di efficacia esecutiva al ruolo non discende un tale effetto novativo, tanto più se si considera che, per interpretazione assolutamente pacifica, il titolare del credito rimane l'ente impositore anche dopo la consegna dei ruoli all'agente della riscossione, che assume la posizione di adiectus solutionis causa (conf. di recente, e specificamente, Cass. n. 25028/2020).

Anche l'argomento di rinforzo che fa leva sull'art. 20 D.Lgs. n. 112/1999, a norma del quale l'ente impositore a certe condizioni può reiscrivere a ruolo le cartelle discaricate purché non sia trascorso il termine di prescrizione decennale, in realtà è già stato esaminato e ritenuto infondato da Cass. S.U. n. 23397/2016, che ha chiarito come tale disposizione si applichi soltanto alla riscossione fiscale, nella quale il termine è ordinariamente quello decennale.

Non assume, dunque, rilievo il richiamo al D.Lgs. n. 112/1999, art. 20, comma 6, che prevede un termine di prescrizione strettamente inerente al procedimento amministrativo per il rimborso delle quote inesigibili, che in alcun modo può interferire con lo specifico termine di prescrizione previsto dalla legge per azionare il credito nei confronti del debitore (Cass. S.U. n. 23397/2016, Cass. 31352/2018).

Per completezza deve ricordarsi che l'eccezione di prescrizione del credito tributario, svolta dal curatore in sede di ammissione al passivo fallimentare, successivamente alla notificazione della cartella di pagamento, costituisce un fatto estintivo dell'obbligazione che, pur riguardando l'”an” e il “quantum” del tributo, rientra nella cognizione del giudice ordinario (così Cass. S.U. n. 34447 del 2019, che ha anche ribadito il principio “secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce l'effetto sostanziale della irretrattabilità del credito ma, ove per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del suddetto termine non consente di ritenere applicabile il termine prescrizionale decennale di cui all'art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un accertamento divenuto definitivo per il passaggio in giudicato della sentenza”).

Questo sempre che non venga in discussione la ritualità della notifica della cartella, dovendo in quest'ultimo caso proporsi ricorso innanzi alla commissione tributaria giusta l'insegnamento di Cass. S.U. n. 7822 del 2020.

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