Redazione scientifica
06 Maggio 2021

La Corte costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate con riferimento agli artt. 395, n. 4., c.p.c. e 14 d.lgs. 150/2011, pervenendo ad un'interpretazione sistematica che consente di estendere la portata del rimedio revocatorio alle decisioni rese in forma di ordinanza (tra cui rientra l'ordinanza conclusiva del procedimento di liquidazione dei compensi ex art. 14 d.lgs. 150/2011).

Il Tribunale ordinario di Cosenza ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 395, numero 4), del codice di procedura civile e 14 del d.lgs. 150/2011 (Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell'art. 54 della l. 69/2009), «nella parte in cui non consente di assoggettare al rimedio impugnatorio di cui all'art. 395, n. 4, c.p.c. l'ordinanza, emessa ai sensi dell'art. 14 d. lgs. 150/2011, viziata da errore di fatto consistito nel ritenere non prodotto in giudizio un documento decisivo».

La Corte ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità sollevate. In particolare, nel confermare le direttrici ermeneutiche tracciate dai precedenti giurisprudenziali richiamati in sentenza, la Corte costituzionale ritiene non più attuale la conclusione per la quale la formulazione dell'art. 395, numero 4), c.p.c., che limita alle sentenze i provvedimenti impugnabili per revocazione, non consenta un'interpretazione idonea ad estenderne la portata alle decisioni rese in forma di ordinanza (sentenza n. 192/1995). Il mutato assetto ordinamentale, delineatosi in conseguenza delle riforme del processo civile dell'ultimo ventennio e dell'evoluzione del modo in cui la giurisprudenza ricostruisce il rapporto tra forma e funzione dei provvedimenti giurisdizionali, consente, infatti, di offrire, attraverso una lettura sistematica dell'art. 395 c.p.c., un'interpretazione costituzionalmente orientata che, adeguando tale disposizione agli artt. 3 e 24 Cost., garantisca l'accesso al rimedio revocatorio per emendare dall'errore percettivo determinante ai fini della decisione ogni provvedimento giurisdizionale che, pur non assumendo la forma della sentenza, sia definitivo e decida, all'esito di un procedimento di natura contenziosa, su diritti o status con attitudine al giudicato.

La presente decisione sarà oggetto di un più approfondito commento sul ProcessoCivile.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.