La Redazione
11 Maggio 2021

Lo scopo del giudizio di ottemperanza non è quello di ottenere l'esecuzione coattiva del comando contenuto nella decisione passata in giudicato, bensì quello di realizzare quel comando, e se occorre, d'integrarlo, concretizzando il principio di effettività della tutela dei diritti.

Lo scopo del giudizio di ottemperanza non è quello di ottenere l'esecuzione coattiva del comando contenuto nella decisione passata in giudicato, bensì quello di realizzare quel comando, e se occorre, d'integrarlo, concretizzando il principio di effettività della tutela dei diritti.

Sul tema le sezioni Unite Civili, con la sentenza n. 12150/21, depositata il 7 maggio.

Nell'anno 2004 l'Agenzia delle Entrate sospendeva la richiesta di rimborso dell'Iva, in relazione all'anno d'imposta 2003, da parte di una società.

La contribuente, impugnando il provvedimento, ne otteneva l'annullamento da parte della Commissione tributaria provinciale di Cosenza. Quest'ultima riteneva illegittima la sospensione a fronte delle garanzie prestate secondo l'art. 38-bis d.P.R. n. 633/72.

La Commissione tributaria regionale della Calabria rigettava successivamente l'appello dell'Agenzia in base alle medesime considerazioni, con sentenza non impugnata.

Nel 2005 l'Agenzia, tramite avviso di accertamento, recuperava, nei confronti della società e sempre in riferimento all'anno 2003, IVA e imposte dirette per una somma maggiore rispetto a quella richiesta come rimborso.

La Commissione tributaria provinciale di Cosenza rigettava l'impugnazione dell'avviso da parte della società.

Successivamente, in seguito al passaggio in giudicato della sentenza della Commissione tributaria regionale della Calabria - inerente la sospensione del rimborso e alla pendenza del giudizio d'appello contro la sentenza che aveva respinto il ricorso contro l'avviso di accertamento - la società chiedeva ed otteneva l'emissione di un decreto ingiuntivo per il pagamento della somma oggetto dell'istanza di rimborso.

L'Agenzia proponeva quindi opposizione al decreto ingiuntivo, dolendosi del difetto di giurisdizione del Giudice ordinario.

Il Tribunale di Paola respingeva la suddetta opposizione, ritenendo che la pretesa creditoria vantata fosse da ritenere consacrata dal giudicato che riguardava l'annullamento del provvedimento di sospensione.

E la Corte d'Appello di Catanzaro rigettava l'appello da parte dell'AdE con cui ribadiva l'eccezione di difetto di giurisdizione del Giudice ordinario e l'inesistenza del credito vantato.

L'Agenzia delle Entrate ricorre quindi in Cassazione lamentando la violazione dell'art. 2 d.lgs. n. 546/1992 in relazione agli artt. 30 e 38-bis d.P.R. n. 633/1972, in quanto il Giudice d'Appello avrebbe ritenuto erroneamente che l'Agenzia, sospendendo il rimborso, avesse riconosciuto il credito Iva vantato dalla società. In tal modo l'annullamento definitivo di quell'atto avrebbe comportato la cristallizzazione del credito.

Le Sezioni Unite di questa Corte hanno già avuto modo di affermare che in tema di rimborso di tributi, spettano al Giudice Tributario i procedimenti nei quali il diritto del contribuente sia contestato dall'erario, mentre sono devoluti al Giudice ordinario solo quelli in cui non residuino questioni circa l'esistenza dell'obbligazione, il quantum della restituzione e le modalità della sua esecuzione, attesa la riserva alle commissioni tributarie, disposta dall'art. 2 d.lgs. n. 546/92, di tutte le cause di cognizione aventi tributi per oggetto (Cass. n. 21893/09; n. 25931/2011 e n. 25977/2016).

Anche la Cassazione ha sottolineato che il diritto al rimborso di un tributo non dovuto non si può incanalare nel modello dell'indebito di diritto comune: si devono, invece, osservare le regole del riparto di giurisdizione e la speciale disciplina processuale prevista dalle singole leggi d'imposta e dalla legge sul contenzioso tributario. E in base a quella speciale disciplina, le controversie in materia di rimborso di tributi sono devolute allo stesso Giudice cui è conferita giurisdizione sul rapporto tributario controverso (Cass. n. 19069/2016).

Inoltre, affinchè sia ravvisabile un indebito di diritto comune tale da radicare la giurisdizione ordinaria occorre un esplicito riconoscimento sia della sussistenza del debito gravante sull'amministrazione, sia del quantum di esso (Cass. n. 21893/09).

E, nel caso di specie, non si configura nessun riconoscimento.

Inoltre, l'AdE ha negato la sussistenza del diritto al rimborso, vantato totalmente nel giudizio introdotto dal ricorso monitorio della società. L'Agenzia ha ritenuto che la notificazione dell'avviso di rettifica avrebbe addirittura imposto alla contribuente di versare le somme che ne costituiscono oggetto a norma del comma 6 dell'art. 38-bis d.P.R. n. 633/72.

In realtà la norma invocata non si applica richiedendo che la notificazione dell'avviso di rettifica o di accertamento faccia seguito al rimborso.

Nel caso in esame, non è stato eseguito alcun rimborso poiché l'avviso ha fatto seguito al provvedimento di sospensione.

Ne consegue che spetta al Giudice tributario dell'ottemperanza identificare l'effettiva portata precettiva del giudicato vantato dalla società, al fine di precisarne gli obblighi che ne discendono.

Secondo l'art. 70 d.lgs. n. 546/1992, infatti, lo scopo del giudizio di ottemperanza non è quello di ottenere l'esecuzione coattiva del comando contenuto nella decisione passata in giudicato, bensì quello di realizzare quel comando, e se occorre, d'integrarlo, concretizzando il principio di effettività della tutela dei diritti.

Per questi motivi la Corte di Cassazione accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e dichiara la giurisdizione del Giudice tributario dinanzi al quale rimette le parti anche per le spese processuali.

Fonte: www.dirittoegiustizia.it

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