La determinazione dei compensi dell'ausiliario nell'esecuzione per obblighi di fare

Giuseppe Lauropoli
12 Maggio 2021

Le procedure esecutive per l'esecuzione di obblighi di fare, a dispetto delle laconiche disposizioni alle stesse dedicate dal codice di procedura civile, richiedono lo svolgimento di una attività spesso complessa e impongono, talvolta, la soluzione di questioni interpretative di non agevole soluzione…
Cenni sull'esecuzione per obblighi di fare

Le procedure esecutive finalizzate all'esecuzione forzata di obblighi di fare e non fare, disciplinate dagli artt. 612 e seguenti del codice di procedura civile, pongono spesso problemi di non agevole soluzione.

Il codice tratta questa procedura con poche disposizioni che tratteggiano un procedimento estremamente snello, anche se nella prassi, specie quando vengano in rilievo obblighi di fare aventi ad oggetto opere edilizie di una certa consistenza, lo stesso iter procedurale disegnato molto succintamente dall'art. 612 c.p.c. tende ad assumere caratteri più articolati e complessi.

La preliminare attività informativa che il giudice dell'esecuzione deve necessariamente effettuare prima di poter designare l'ufficiale giudiziario che debba procedere all'esecuzione, può così assumere connotati diversi dalla semplice convocazione della parte obbligata, suggerendo ad esempio la nomina di un ausiliario (che può coincidere o meno con quello che abbia eventualmente prestato la propria attività nel corso del giudizio di merito dal quale sia scaturita la sentenza che ha sancito l'obbligo di fare) che fornisca una descrizione dei luoghi nei quali dovrà avvenire l'esecuzione, verificando lo stato dei luoghi, predisponendo un'attività progettuale dei lavori da eseguirsi e redigendo un capitolato da sottoporre ad un numero congruo di imprese interessate ad effettuare i lavori.

E anche la successiva fase di designazione dell'ufficiale giudiziario per l'esecuzione delle opere, può assumere caratteri particolarmente complessi, divenendo un provvedimento articolato nel quale si individuano le specifiche modalità di esecuzione, si indica l'impresa incaricata di procedervi e il corrispettivo alla stessa spettante per tale opera e si individuano, infine, tanto il professionista incaricato di svolgere l'attività di direzione lavori, quanto gli altri professionisti eventualmente previsti in relazione alla natura e alla complessità delle opere da eseguirsi.

Per quanto attiene alla regolamentazione delle spese relative a tale attività esecutiva, la quale come appena accennato può assumere connotati anche molto articolati e davvero molto onerosi sotto il profilo finanziario, la disposizione di riferimento è costituita dall'art. 614 c.p.c.

Tale disposizione, la cui rubrica reca l'espressione «rimborso delle spese», prevede che «al termine dell'esecuzione o nel corso di essa, la parte istante presenta al giudice dell'esecuzione la nota delle spese anticipate vistata dall'ufficiale giudiziario, con domanda di decreto di ingiunzione», disponendo poi che il giudice, una volta riconosciute come giustificate tali spese, provveda con decreto ingiuntivo reso ai sensi dell'art. 642 c.p.c.

Non pare dubbio, allora, che le spese di esecuzione debbano essere anticipate dal procedente, ossia dalla parte che ha attivato la procedura esecutiva (secondo un principio non diverso da quello generale rinvenibile tanto nell'art. 95 c.p.c., quanto nell'art. 8 del d.P.R. 115/2002), salvo poi essere rimborsate a tale parte, anche in corso di procedura, su ricorso del procedente adeguatamente corredato dalla nota spese vistata dall'ufficiale giudiziario e con conseguente decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, emesso dal giudice dell'esecuzione nei confronti della parte esecutata.

E' stato osservato come venga in rilievo, con riguardo al procedimento di rimborso disegnato dall'art. 614 c.p.c., un particolare ricorso monitorio, fondato su una prova scritta avente fede privilegiata, costituita dalla nota spese predisposta dalla parte e vistata dall'ufficiale giudiziario.

Un visto, quello dell'ufficiale giudiziario, che ha la funzione di attestare la sicura riconducibilità degli esborsi risultanti dalla nota spese alla attività esecutiva effettivamente posta in essere.

E' stato anche precisato come non vi sia alcun automatismo fra presentazione della nota spese vistata dall'ufficiale giudiziario e liquidazione dell'importo richiesto, dal momento che la liquidazione da parte del giudice dell'esecuzione presuppone pur sempre una valutazione in merito al fatto che le spese sostenute dalla parte possano ritenersi «giustificate» (si veda, sul punto, A. Soldi, Manuale dell'esecuzione forzata, Padova, 2017, pag. 1904 e ss.).

La liquidazione dei compensi in favore dell'ausiliario del giudice dell'esecuzione

L'ambito delle spese suscettibili di rimborso con le modalità previste dall'art. 614 c.p.c. è molto ampio: si va dalle spese vive sostenute dalla parte (si pensi agli esborsi legati al versamento del contributo unificato per l'iscrizione a ruolo della procedura o alle spese vive relative agli accessi dell'ufficiale giudiziario nei luoghi di procedura), al corrispettivo spettante all'impresa che svolge materialmente le lavorazioni oggetto dell'obbligo di fare (corrispettivo che solitamente viene preventivamente determinato dal giudice dell'esecuzione a seguito di presentazione di preventivo da parte della impresa incaricata dello svolgimento delle opere), ai compensi spettanti tanto al difensore della parte procedente, quanto al C.T.U. che abbia prestato la propria opera in corso di procedura (sulla possibilità di liquidare, mediante il decreto di cui all'art. 614 c.p.c., entrambi questi compensi, si veda, da ultimo, Cass. civ., 12 gennaio 2021, n. 269).

Non sempre risulta agevole rinvenire le coordinate normative sulla base delle quali andare a determinare i compensi spettanti all'ausiliario del giudice dell'esecuzione che abbia eventualmente svolto la propria attività nel corso di procedura.

E ciò non tanto con riferimento alla attività, alla quale si faceva riferimento nel precedente paragrafo, che può essere conferita ad un consulente tecnico in sede di assunzione delle informazioni preliminari alla determinazione delle modalità di esecuzione dell'obbligo di fare.

Con riferimento ad una tale attività, che si risolve nella stesura di una relazione nella quale il consulente fornisce una descrizione dei luoghi e redige gli eventuali elaborati progettuali ed il computo metrico da utilizzarsi nell'esecuzione delle opere, pare potersi fare riferimento, in sede di liquidazione dei compensi spettanti al professionista incaricato della consulenza, alle previsioni contenute nel D.m. 30 maggio 2002 (decreto al quale rinviano gli artt. 49 e 50 del d.P.R. 115/2002, in tema di spese di giustizia), recante «adeguamento dei compensi spettanti ai periti, consulenti tecnici, interpreti e traduttori per le operazioni eseguite su disposizione dell'autorità giudiziaria in materia civile e penale» e, segnatamente, all'art. 11 di tale decreto ministeriale, laddove fa riferimento alla perizia o alla consulenza tecnica «in materia di costruzioni edilizie», sia pur non senza qualche forzatura, dal momento che un'attività quale quella di progettazione di opere edilizie e di redazione del computo metrico sfugge chiaramente dall'ambito proprio della consulenza tecnica, intesa come attività finalizzata a fornire al giudice l'apporto di cognizioni tecniche che gli consentano di interpretare i dati emersi dall'attività istruttoria in vista della decisione.

Ancor più problematico, però, è il rinvenimento di solidi punti di riferimento che consentano di pervenire alla liquidazione dei compensi dell'ausiliario con riguardo alla successiva fase esecutiva, quella che consiste nella effettiva realizzazione delle opere; attività che solitamente si traduce nello svolgimento dell'incarico di direzione dei lavori, ma che può comprendere anche la necessità di ulteriori figure professionali (quali quella di coordinatore della sicurezza nel cantiere, ad esempio).

Anche in questo caso pare difficilmente revocabile in dubbio che la liquidazione dei compensi spettanti al professionista debba avvenire ad opera del giudice dell'esecuzione.

E ciò, beninteso, comunque si voglia qualificare l'attività del professionista che svolga la sua opera come direttore dei lavori in sede di esecuzione dell'obbligo di fare: ossia, tanto se lo si voglia considerare come un vero e proprio ausiliario del giudice dell'esecuzione (in tal senso depongono invero alcune risalenti pronunce della Cassazione, espressesi sia pur incidentalmente sul punto: Cass. civ., n. 2474/1966 e Cass. civ., n. 6901/1986), quanto se voglia ritenersi tale figura professionale come uno dei diversi attori della procedura esecutiva (alla stessa stregua, cioè, dell'impresa che viene individuata per la realizzazione delle opere oggetto dell'obbligo di fare), i cui compensi, anticipati dal procedente, dovranno poi essere rimborsati, se ed in quanto «giustificati», mediante il procedimento di cui all'art. 614 c.p.c.

Ebbene, a qualunque delle due soluzioni si acceda, si diceva, la liquidazione dei compensi spettanti a tale figura professionale non potrà che essere rimessa al giudice dell'esecuzione: ma sulla base di quali parametri dovranno essere quantificati tali compensi?

La soluzione non è per nulla agevole e, anche volendo accedere alla tesi, che sembra preferibile, che inquadra il direttore dei lavori (o altra figura professionale che concorra nella attività esecutiva con funzione di verifica della conformità delle opere ai provvedimenti resi in corso di procedura) come ausiliario del giudice, pare davvero difficile rinvenire nel già citato D.m. 30 maggio 2002 una disposizione alla quale possa essere ricondotta l'attività di tale figura professionale.

Del resto, può dubitarsi della stessa riconducibilità dell'attività svolta in sede di direzione dei lavori nell'ambito della nozione di «periti, consulenti tecnici, interpreti e traduttori» (il già citato D.m. 30 maggio 2002 reca infatti i criteri per pervenire alla determinazione dei compensi solo di tali ausiliari del giudice), potendo allora ipotizzarsi che i compensi relativi a tale attività possano essere liquidati facendo ricorso alle tabelle professionali vigenti.

E' interessante, a riguardo, una recente pronuncia della Cassazione, che ha affermato che «competa direttamente al magistrato che liquida il compenso applicare, caso per caso, gli artt. 49 e 50 d.P.R. 115/2002, liquidando il compenso con riferimento alle tariffe professionali esistenti, eventualmente concernenti materie analoghe, contemperate con la natura pubblicistica dell'incarico»(Cass. civ., n. 20375/2019).

Potrebbe allora ipotizzarsi, volendo pervenire ad una possibile conclusione, che per la determinazione dei compensi spettanti a tali ausiliari del giudice dell'esecuzione (e, in particolare, al direttore dei lavori) possa farsi riferimento ai parametri evincibili dal D.m. 140/2012, sia pure con i temperamenti imposti dal carattere pubblicistico dell'incarico.

Conclusioni

Un procedimento, quello disegnato dagli artt. 612 e seguenti del codice di procedura civile, certamente molto snello ma, al medesimo tempo, non privo di insidie e tale da porre continuamente problemi interpretativi di non facile soluzione.

Particolarmente difficile risulta, così, l'individuazione di sicuri criteri normativi che consentano di pervenire alla liquidazione dei compensi spettanti agli ausiliari che prestano la propria attività nel corso della procedura coattiva volta all'esecuzione dell'obbligo di fare.

Anche in questo caso, stante l'assenza di chiare indicazioni evincibili dall'art. 614 c.p.c., una possibile soluzione deve essere individuata in via interpretativa, con riferimento alle disposizioni generali dettate in tema liquidazione delle spettanze degli ausiliari del giudice.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario