Il contribuente può invocare legittimo affidamento sulla buona fede dell'Amministrazione

La Redazione
12 Maggio 2021

I Supremi Giudici, con sentenza depositata lo scorso 11 maggio, n. 12372, hanno statuito che il contribuente può fare legittimo affidamento sulla buona fede dell'Amministrazione finanziaria, ritenendo altresì invalido l'avviso di accertamento contrario a questa aspettativa.

I Supremi Giudici, con sentenza depositata lo scorso 11 maggio, n. 12372, hanno statuito che il contribuente può fare legittimo affidamento sulla buona fede dell'Amministrazione finanziaria, ritenendo altresì invalido l'avviso di accertamento contrario a questa aspettativa.

Nel caso in esame, la contribuente aveva presentato istanza con adesione rispetto al processo verbale di contestazione emesso dalla Guardia di Finanza con il quale le era stata contestata l'omessa dichiarazione di ricavi. La procedura di adesione si era conclusa con la redazione di un processo verbale di contraddittorio tramite il quale erano stati determinati gli importi riconosciuti (per le singole annualità).

In attuazione di tale accordo erano stati adottati, e sottoscritti dalla contribuente, gli atti di accertamento con adesione i cui importi erano stati tempestivamente corrisposti dalla società.

L'Agenzia delle Entrate emetteva avviso di accertamento ai fini Iva, Irpef e Irap, nonché atto di contestazione delle sanzioni.

I Giudici arrivano finalmente a scioglere i dubbi generati sulla questione e statuiscono che il contribuente può fare legittimo affidamento sulla buona fede dell'Amministrazione finanziaria.

Di seguito i principi enunciati in sentenza.

"In tema di legittimo affidamento del contribuente di fronte all'azione dell'Amministrazione finanziaria, ai sensi dell'art. 10, comma 1, della legge n. 212/2000, costituisce situazione tutelabile quella caratterizzata:

  • da un'apparente legittimità e coerenza dell'attività dell'Amministrazione finanziaria in senso favorevole al contribuente;
  • dalla buona fede del contribuente, rilevabile dalla sua condotta, in quanto connotata dall'assenza di qualsiasi violazione del dovere di correttezza gravante sul medesimo;
  • dall'eventuale esistenza di circostanze specifiche e rilevanti, idonee ad indicare la sussistenza dei due presupposti che precedono. La relativa tutela - pur tipizzata in talune più ricorrenti ipotesi (quali, ad esempio, l'art. 10, comma 2, l. n. 212 cit.) - non è ancorata a schemi precostituiti ed al modello formale della validità/invalidità dell'atto, ma richiede una valutazione in concreto in relazione alla diversità delle fattispecie e delle situazioni»".

I Giudici, in particolare, hanno definito come “lesiva del principio di collaborazione e buona fede” la condotta dell'Ufficio che, dopo aver emesso, in base alla proposta accettata dal contribuente, gli atti di accertamento con adesione per alcune annualità d'imposta, proceda, "repentinamente, senza motivazione e nonostante il tempestivo e regolare adempimento degli atti già emanati, all'emissione per le restanti annualità, pure oggetto della proposta, di avviso di accertamento per l'originaria pretesa", sicché, in relazione al legittimo affidamento sulla regolare definizione della procedura di accertamento con adesione - continuano dalla Suprema Corte - "è inesigibile la maggior pretesa costituita dalla differenza tra gli importi concordati e quelli richiesti".

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