Giuseppe Davide Giagnotti
14 Maggio 2021

La nozione di prodotto difettoso, ex art. 117 del Codice del Consumo, non riguarda ogni prodotto genericamente insicuro, ma, piuttosto, quello che non raggiunga lo standard di sicurezza che il consumatore può legittimamente attendersi, in relazione ad una pluralità di elementi, quali le modalità con cui è stato messo in circolazione, la sua presentazione, le sue caratteristiche estrinseche, le istruzioni o avvertenze fornite dal produttore ai consumatori e l'uso cui lo stesso è destinato. Il concetto di sicurezza del prodotto, pertanto, è strettamente connesso all'assenza o carenza di istruzioni ed è differente da quello di vizio del prodotto, di cui all'art. 1490 c.c., che può invece coincidere anche con un'imperfezione, che non ne determini la pericolosità per il consumatore.

Con la sentenza n. 12225/21, depositata il 10 maggio, la Corte Suprema di Cassazione, Terza Sezione Civile, si è pronunciata sul tema della responsabilità del produttore per i danni cagionati da un prodotto farmaceutico difettoso.

L'origine della vicenda processuale è riconducibile alla domanda risarcitoria proposta, nei confronti di una nota società farmaceutica, da parte di un consumatore che, dopo l'assunzione prolungata di un suo farmaco, aveva riscontrato una serie di patologie che, all'esito degli accertamenti medici espletati dal CTU, nominato dal giudice di primo grado, erano risultate direttamente e causalmente correlati all'assunzione del medicinale.

Tale risultanza probatoria, unitamente alla qualificazione del farmaco in questione come prodotto difettoso, aveva inevitabilmente spinto il giudice ad accogliere le istanze attoree e a condannare la società convenuta al risarcimento del danno.

La decisione, impugnata dalla convenuta, era stata confermata anche in secondo grado.

Avverso tale provvedimento, la società farmaceutica proponeva ricorso, innanzi alla Corte di Cassazione.

La nozione di prodotto difettoso. In via preliminare la Suprema Corte ha ritenuto innanzitutto necessario delineare i contorni della nozione di prodotto difettoso, così come rinveniente dall'art. 177 del vigente Codice del consumo, sulla scorta del quale si considera difettoso non ogni prodotto genericamente insicuro, ma, piuttosto, quello che non raggiunga lo standard di sicurezza che il consumatore può legittimamente attendersi, in relazione ad una pluralità di elementi, quali le modalità con cui è stato messo in circolazione, la sua presentazione, le sue caratteristiche estrinseche, le istruzioni o avvertenze fornite dal produttore ai consumatori e l'uso cui lo stesso è destinato (Cass. n. 29828/2018).

Il concetto di sicurezza del prodotto, pertanto, appare strettamente connesso alle ipotesi di assenza o carenza di istruzioni ed è differente da quello di vizio del prodotto, di cui all'art. 1490 c.c., che può invece coincidere anche con un'imperfezione, che non ne determini la pericolosità per il consumatore.

Secondo la Corte, inoltre, il solo verificarsi di un danno non è necessariamente indice di pericolosità del prodotto, da cui possa derivare la responsabilità del produttore, essendo, a tal fine, necessario l'accertamento del mancato raggiungimento dei livelli minimi di sicurezza imposti dalla legge o richiesti dall'utenza (Cass. nn. 13458/2013 e 25116/2010).

La responsabilità presunta del produttore. La responsabilità da prodotto difettoso costituisce un'ipotesi di responsabilità presunta, che impone al danneggiato di provare l'esistenza del difetto ed il nesso causale fra quest'ultimo ed il danno subito, mentre al produttore spetta l'onere della prova liberatoria, consistente nella dimostrazione che il difetto non esisteva quando ha messo in circolazione il prodotto.

Nel caso in cui il prodotto difettoso sia un farmaco, per escludere la propria responsabilità non basta che il produttore provi di aver fornito, attraverso il foglio illustrativo, delle generiche avvertenze inerenti la carenza di sicurezza del prodotto, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata informazione, atta a consentire al consumatore di acquisire non solo la generica consapevolezza del possibile verificarsi di danni, ma piuttosto la concreta possibilità di valutare correttamente il rapporto fra i rischi e i benefici del farmaco, così da potersi esporre al rischio in modo consapevole e volontario e da poter adottare tutte le possibili precauzioni.

(Fonte: Diritto e Giustizia.it)

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