Redazione scientifica
14 Maggio 2021

La Corte, rilevato che l'opposizione a cartella di pagamento emessa a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria deve essere proposta con ricorso e non con citazione, rimette alle Sezioni Unite la questione se, in caso di erronea introduzione dell'opposizione con citazione, gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producano comunque secondo le norme del rito prescelto, con conseguente tempestività di essa.

G.I. S.r.l. proponeva, con atto di citazione, opposizione ai sensi dell'art. 615 c.p.c. innanzi al Giudice di pace avverso cartella di pagamento emessa per infrazioni al Codice della Strada.

Il giudice adito accoglieva la domanda, annullando la cartella di pagamento sul rilievo della mancata notifica dell'atto presupposto alla cartella di pagamento.

L'appello proposto dal Comune di Porto Viro era accolto dal Tribunale, osservando che il deposito della comparsa di costituzione da parte dell'appellante con i relativi allegati, - ivi compresa la copia del processo verbale (atto presupposto), - benchè irrituale, era idoneo al raggiungimento dello scopo della costituzione in giudizio.

G.I. proponeva ricorso per Cassazione, contestando che il Comune avrebbe dovuto provvedere all'iscrizione a ruolo della causa, pena la declaratoria di contumacia.

La Corte rileva preliminarmente che «l'opposizione alla cartella di pagamento emessa ai fini di una sanzione amministrativa pecuniaria, ove la parte deduca che essa costituisca il primo atto con il quale è venuta a conoscenza della sanzione irrogata, deve essere proposta ai sensi dell'art. 7 d.lgs. 150/2011 e non nelle forme dell'opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c., e, pertanto entro, trenta giorni dalla notificazione della cartella» (Cass. civ., sez. un., n. 22080/2017). Trattandosi di termine di decadenza processuale, la sua inosservanza è rilevabile d'ufficio in sede di legittimità, ove non vi sia giudicato interno sul punto, e comporta la cassazione senza rinvio della sentenza ex art. 382, comma 3, c.p.c. (Cass. civ., n. 16780/2015).

I giudici, tuttavia, pur rilevando che «nella specie un giudicato è assente» non provvedono ai sensi dell'art. 382 cit., ma evidenziano che «ciò che dev'essere valutata è la portata dell'art. 4, comma 5, del d.lgs. 150/2011», la quale dispone, in relazione alle controversie promosse in forme diverse da quelle previste dal decreto, che «gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono secondo le norme del rito seguito prima del mutamento». Tale disposizione pone il problema di accertare se il riferimento alle norme del rito «seguito prima del mutamento» debba intendersi nel senso che gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono secondo le norme del rito tempestivamente attivato – tale per cui, nella specie, la domanda, proposta con atto di citazione, sarebbe tempestiva avendo come riferimento la notificazione della cartella – ovvero come dipendenza della salvezza degli effetti dal fatto che il mutamento sia stato disposto, stante la menzione, nella disposizione, del fatto processuale del mutamento.

Rilevata l'esistenza di un contrasto interpretativo all'interno della giurisprudenza di legittimità sul punto – di cui giudici richiamano i termini - la Corte ha deciso di rimettere il ricorso, involgente la questione di massima particolare importanza, al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.