L'esercizio della potestà impositiva mediante l'uso di algoritmi: il contraddittorio endoprocedimentale nel procedimento redditometrico
17 Maggio 2021
Il procedimento di accertamento sintetico
L'Amministrazione finanziaria per rideterminare la pretesa fiscale provvede all'attivazione di un procedimento di accertamento delle imposte dovute che si conclude (nei casi in cui sussistano elementi sufficienti a sostenere la pretesa erariale) con un avviso di accertamento. La molteplicità di contribuenti e le diverse categorie di appartenenza hanno indotto il legislatore a prevedere alternative metodologie accertative: accertamento analitico, accertamento sintetico, accertamento analitico induttivo, accertamento extra contabile, accertamento d'ufficio, accertamento bancario. Fatta eccezione per il provvedimento di accertamento analitico, le altre modalità accertative presentano un carattere presuntivo e tra queste ultime vi rientra il procedimento di accertamento sintetico puro disciplinato all'art. 38, comma 5, dpr n. 600/73, per mezzo del quale l'Ufficio attua un ragionamento “a contrario” partendo, cioè, dalle spese sostenute dal contribuente per ricavare il reddito (cfr. R. Giordano, Sulla prova contraria a carico del contribuente nell'accertamento sintetico, in Il tributario, 24 aprile 2019.).
L'Ufficio prende in considerazione tutte le spese che il soggetto sottoposto ad accertamento ed il suo nucleo familiare hanno sostenuto nel periodo di imposta (si pensi ai consumi e investimenti) e la cd. quota di risparmio; sicché la differenza tra spese sostenute e reddito netto dichiarato dal contribuente è considerato reddito imponibile (Sull'accertamento sintetico si rinvia a F. Tesauro, Istituzioni di diritto tributario, Milano, 2020, 227 ss.). L'Ufficio prescinde dalla individuazione della fonte reddituale, perché la massa imponibile è formata dalla spesa e non dal reddito entrata (G. M. Esposito, Sistema amministrativo tributario italiano, Cedam, 2017, 238 ss.)
L'ambito di operatività dell'azione accertatrice è stato definito con la circolare dell'11 marzo 2014, n. 6/E che ha precisato: l'Ufficio può tenere conto delle spese certe (ad es. spese per mutuo), delle spese per elementi certi e del fitto figurativo (A. Giovannini, Note controcorrente su accertamento sintetico, indici Istat e diritto alla riservatezza, in Fisco, 2014, 14, 1319).
È indubbio che l'Amministrazione Finanziaria possa avvalersi del metodo sintetico ogniqualvolta risulti priva di elementi sui quali fondare la propria pretesa, ma anche quando gli elementi di cui disponga non risultino sufficienti a rideterminare una pretesa conforme alla effettiva capacità contributiva del soggetto accertato. Il legislatore, anche in ragione della natura particolarmente invasiva del metodo in esame, ha previsto un perimetro entro cui l'Ufficio possa utilizzarlo in modo legittimo: anzitutto occorre considerare solo le spese di qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo di imposta sottoposto al controllo sostanziale ed in secondo luogo lo scostamento tra quanto accertato e quanto dichiarato deve essere pari almeno ad un quinto. Tale perimetro di operatività legittima l'azione accertatrice ed è giustificato dalla necessità di aumentare la soglia di tutela del contribuente a fronte di un accertamento invasivo.
La rideterminazione della pretesa erariale mediante procedimenti standardizzati: il redditometro
Al fine di ottimizzare l'attività impositiva di recupero delle somme erariali, sono stati previsti dei parametri di calcolo, altrimenti definiti fatti indici di capacità contributiva. La disciplina è contenuta nel medesimo articolo 38, comma 5, che testualmente prevede che “la determinazione sintetica può essere altresì fondata sul contenuto induttivo di elementi indicativi di capacità contributiva individuato mediante l'analisi di campioni significativi di contribuenti, differenziati anche in funzione del nucleo familiare e dell'area territoriale di appartenenza, con decreto del Ministero dell'economia e delle Finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale con periodicità biennale”. Gli indici di capacità contributiva sono degli indicatori e si identificano con il possesso, ad esempio, di automobili, abitazioni, incrementi patrimoniali.
Ogni due anni, come si evince dal testo della norma, il Ministero dell'Economia e delle Finanze emana il decreto contenente l'elenco dei beni indici di capacità contributiva, rivolto a determinate categorie cd. a rischio. Il redditometro, appunto, è uno strumento di accertamento sintetico che consente di risalire al reddito mediante l'esame delle manifestazioni indirette di capacità contributiva ed è utilizzato in relazione a determinate tipologie di contribuenti individuate tassativamente (A. Marcheselli, Tendenze attuali in tema di accertamenti tributari fondati su presunzioni (accertamenti sintetici, accertamenti bancari e coefficienti presuntivi in particolare, in Dir. e prat. trib., 2008, 4, 20655).
Anche in tal caso, l'azione impositiva può considerarsi legittima in presenza di uno scostamento qualificato, tra quanto dichiarato e quanto accertato, pari ad un quinto. Tale metodologia differisce dall'accertamento sintetico puro in quanto in quest'ultimo caso l'Ufficio è gravato non soltanto dall'onere di rilevare l'entità della spesa sostenuta dal contribuente, ma anche di procedere alla stima del reddito imponibile; nel caso del redditometro l'Ufficio è tenuto solo a provare la disponibilità dei beni e dei servizi indicati nel decreto ministeriale, in quanto il valore è calcolato dallo stesso provvedimento ministeriale (A. Modolo, L'accertamento sintetico redditometrico e la categoria degli accertamenti “standardizzati” tra esigenze di contrasto dell'evasione, ricerca del reddito normale e rischi di tassazione del reddito immaginario, in Riv. dir. trib., 2013, 5, 489.). Il redditometro rientra nelle categorie degli algoritmi ovvero procedimenti che consentono all'Ufficio di calcolare il reddito del contribuente partendo da fatti indici di capacità contributiva.
Il procedimento de quo determina una inversione dell'onere della prova, in quanto, l'Ufficio ha il potere non solo di presumere il reddito, ma anche di quantificarlo secondo le preordinazioni tassativamente previste (M. Falcone, Big data e pubbliche amministrazioni: nuove prospettive per la funzione pubblica, in Rivista Trimestrale di Diritto Pubblico, 2017, 3, 601).
L'utilizzo di tale strumento ha prodotto non poche perplessità se si considera che si tratta di un meccanismo automatico che conduce ad un risultato partendo da un dato, quale, ad esempio la proprietà di un determinato bene, cui l'Ufficio viene a conoscenza attivando dei controlli.
Il procedimento standardizzato, quello in esame appunto, utilizza ed elabora un insieme di informazioni e dati molto elevato (F. Amatucci, Principi e nozioni di diritto tributario, Torino, 2018, 295 ss.).
L'attuale filone giurisprudenziale è orientato nel senso di ammettere l'uso di algoritmi nell'esercizio dell'azione amministrativa, in particolare, i giudici di Palazzo Spada hanno evidenziato che “la scelta degli algoritmi deve essere incoraggiata in quanto risponde ai principi generali di efficienza ed economicità”, la procedura “robotica” consente, infatti, di accellerare notevolmente i tempi dell'azione amministrativa senza lasciare spazio alcuno alla discrezionalità (Cons. Stato, VI, 8 aprile 2019, n. 2770). (A. Simoncini, Profili costituzionali della amministrazione algoritmica, in Riv. Trim. Dir. Pubbl., 2019, 4, 1149).
Il procedimento redditometrico rientra nel progetto di semplificazione amministrativa in quanto esonera l'Amministrazione Finanziaria da una complessa attività di rideterminazione del reddito imponibile cui si giunge mediante l'applicazione del parametro.
Tuttavia, il rischio in cui può incorrere l'Ufficio nell'utilizzo di tale strumento è quello di pregiudicare i diritti fondamentali che potrebbero essere compressi da un utilizzo automatico del redditometro. Al fine, dunque, di evitare il pregiudizio ai diritti fondamentali, l'ordinamento giuridico ha previsto un rafforzamento delle garanzie in favore del contribuente, sia nella fase istruttoria che precede l'emanazione del provvedimento di accertamento, sia nella fase post provvedimentale.
Il rafforzamento delle garanzie procedimentali mediante il contraddittorio
In ragione della natura particolarmente invasiva del metodo in questione, il legislatore ha previsto una istituzionalizzazione del contraddittorio. Senza volersi addentrare nell'annosa questione del riconoscimento dell'obbligatorietà del contraddittorio endoprocedimentale, si può affermare che i procedimenti di accertamento sintetico e redditometrico rientrino tra le tipologie per le quali il contraddittorio risulta previsto in modo tassativo. La norma testualmente prevede che “l'ufficio può sempre rideterminare sinteticamente il reddito complessivo del contribuente sulla base delle spese di qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo d'imposta, salva la prova che il relativo finanziamento è avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d'imposta, o con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta, o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile sono stabilite le modalità in base alle quali l'ufficio può determinare induttivamente il reddito o il maggior reddito in relazione ad elementi indicativi di capacità contributiva individuati con lo stesso decreto quando il reddito dichiarato non risulta congruo rispetto ai predetti elementi per due o più periodi d'imposta”. Come si evince, dunque, dal testo della norma il contribuente ha diritto in fase endoprocedimentale di fornire la prova contraria rispetto alle presunzioni avanzate dall'Ufficio, dimostrando che il reddito presunto dall'Ufficio non esiste o esiste in misura inferiore. Nella fattispecie il contribuente può dimostrare che le spese sono state sostenute con redditi diversi ovvero esenti, soggetti a ritenuta alla fonte ovvero non imponibili.
La giurisprudenza di legittimità a più riprese ha ribadito che il contribuente ha l'onere di dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta e, più in generale, che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. Civ. n. 16236/2018; Cass. Civ. n. 16235/2018 in dejure). In altre parole, il contribuente per scardinare la presunzione dell'Ufficio deve provare che le somme spese non provenivano da fonti reddituali tra cui smobilizzi patrimoniali, vincite al gioco, donazioni, e via dicendo. In ragione della natura essenzialmente documentale del procedimento amministrativo tributario il contribuente è chiamato a fornire la prova mediante l'esibizione di documenti che comprovino la sussistenza di fonti non reddituali.
La giurisprudenza ha affrontato la questione delle prove contrarie ammissibili restringendo il campo di operatività, ad esempio, imponendo al contribuente che adduca quale giustificazione una liberalità genitoriale di produrre documenti dai quali emerga non solo la disponibilità all'interno del nucleo familiare di tali redditi, ma anche l'entità degli stessi e la durata del possesso in capo al contribuente accertato (La Corte di Cassazione evidenzia che la mera prassi familiare di erogazione di liberalità da parte dei genitori in favore dei figli costituisce un fatto solo probabile, ma non integra un fatto notorio. Cfr. A. Ievolella, Spese sospette, accertamento del fisco. Inutile il riferimento al denaro fornito dall'ex compagno, in Diritto & Giustizia, 2020, 188, 1, nota a Cassazione civile, 29 settembre 2020, n.20663, sez. VI).
Tuttavia, l'esigenza di assicurare ampia tutela al soggetto accertato ha indotto il legislatore a prevedere un contraddittorio post- provvedimentale nella forma dell'accertamento con adesione. In particolare “l'ufficio che procede alla determinazione sintetica del reddito complessivo ha l'obbligo di invitare il contribuente a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell'accertamento e, successivamente, di avviare il procedimento con adesione ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218”. Le parti, dunque, possono tentare di raggiungere un accordo al fine di prevenire ed evitare il contenzioso tributario ed, anche, in tale sede il contribuente deve fornire la prova che le spese sono state sostenute con fonti non reddituali. La peculiarità, dunque, del procedimento di accertamento sintetico è il riconoscimento normativo di un doppio contraddittorio che, oltre a rispondere al principio di leale collaborazione tra le parti, di cui all'art. 10, l. 212/2000, soddisfa anche esigenze di giustizia fiscale, in quanto consente all'Ufficio di rideterminare la pretesa erariale in modo conforme alla capacità contributiva del soggetto sottoposto ad accertamento. Appare indubbio che l'instaurazione del contraddittorio sia procedimentale che post provvedimentale consenta di evitare che l'applicazione sic et simpliciter dei coefficienti redditometrici possa in qualche modo pregiudicare l'accertamento della giusta imposta.
L'utilizzo automatico degli algoritmi redditometrici può essere evitato proprio instaurando il contraddittorio che consente una individualizzazione della situazione giuridico patrimoniale del contribuente che può fornire giustificazioni allo scostamento tra quanto dichiarato e quanto accertato. Quello fino a qui delineato è un contraddittorio “analitico” che consente al contribuente di chiarire punto per punto i rilievi dell'Ufficio e fornire le documentazioni idonee ad escludere ogni condotta fiscalmente rilevante. Ne viene che nei procedimenti sintetici il contraddittorio è un diritto ineludibile (M. Beghin, Profili sistematici e questioni aperte in tema di accertamento “sintetico” e “sintetico redditometrico”, in Riv. dir. trib., 2010, 6, 717) ed ha la funzione di impedire ogni automatismo nella rideterminazione del reddito adeguando il risultato del redditometro alla effettiva e concreta capacità contributiva del soggetto interessato.
Il contraddittorio endoprocedimentale svolge una duplice funzione: anzitutto quella di adeguare le risultanze ottenute dall'applicazione dello standard alla singola fattispecie al fine di individuare fonti non reddituali che abbiano concorso alla spesa sostenuta dal contribuente; in secondo luogo, consente di delimitare il perimetro dell'azione impositiva. Ne deriva che se il contribuente, nonostante il rituale invito, non si presenti in sede di contraddittorio, violando espressamente il predetto principio di leale collaborazione, l'Ufficio sarà legittimato ad una applicazione automatica dei parametri senza dover offrire ulteriore dimostrazione della pretesa.
La motivazione rafforzata alla luce degli ultimi orientamenti giurisprudenziali
La natura presuntivo-invasiva del metodo sintetico, sia esso puro o redditometrico, ha indotto il legislatore ad incrementare le garanzie in favore del soggetto passivo, sicché all'obbligo di attivare il contraddittorio corrisponde l'obbligo dell'Amministrazione Finanziaria di valutare le difese addotte dal contribuente e di esaminare le produzioni documentali da quest'ultimo fornite. Affinché il doppio contraddittorio non si configuri come una mera condizione di procedibilità che l'Ufficio è tenuto ad assolvere al fine di evitare di incorrere in una “violazione di legge” è stata prevista una “doppia motivazione” o motivazione “rafforzata” con riferimento alle ragioni di superamento delle giustificazioni dedotte dal contribuente, nonché alla corretta ripartizione dell'onere probatorio (Sia consentito un rinvio a D. Mendola, Il nuovo redditometro e il rispetto della privacy, nota a Cassazione civile, 04 luglio 2018, n.17485, sez. I, in Iltributario.it, 1 ottobre 2018). In particolare l'Ufficio è tenuto ad indicare le ragioni per cui abbia ritenuto insufficienti e non condivisibili le giustificazioni addotte dal contribuente (F. Brandi, Accertamento da studi di settore: l'ufficio deve sempre motivare le giustificazioni del contribuente, in Diritto & Giustizia, 2018, 203, 10 nota a Cassazione civile, 14 novembre 2018, n.29323, sez. trib.) in sede di contraddittorio endoprocedimentale e la loro inidoneità ad impedire l'emissione del provvedimento di accertamento. Allo stesso modo, qualora il procedimento di accertamento con adesione risulti infruttuoso l'Amministrazione Finanziaria è tenuta ad esplicitare le ragioni del mancato raggiungimento dell'accordo. Quella fino a tal punto descritta è la cd. motivazione rafforzata che obbliga l'Ufficio ad argomentare punto per punto sulle difese del contribuente ed a trasporre le considerazioni sotto il profilo motivazionale.
Con tale meccanismo si attribuisce al contraddittorio una natura effettiva e non meramente formale, infatti, l'Ufficio è obbligato non solo ad attivarlo, ma anche a motivare il provvedimento di accertamento in base alle difese ed ai chiarimenti forniti dal contribuente. In assenza di osservazioni del contribuente, l'amministrazione finanziaria può adottare un avviso di accertamento con motivazione “ordinaria”, mentre se le osservazioni sono state presentate la motivazione deve essere “rafforzata”, in quanto l'ufficio deve controdedurre rispetto alle osservazioni e non semplicemente prendere atto che queste siano state presentate (G. Iudica, Profili ricostruttivi e differenziali della motivazione “rafforzata” e “analitica”, in Foro Amministrativo (Il), 2020, 6, 1313).
Ne deriva, dunque, una connessione tra le risultanze del contraddittorio e la motivazione del provvedimento, sicché l'esito del contraddittorio ne diviene parte essenziale dell'atto finale. L'orientamento giurisprudenziale prevalente è nel senso di riconoscere la motivazione rafforzata come obbligo conseguente all'attivazione del contraddittorio (l'avviso di accertamento deve essere “specificatamente” motivato in relazione alle difese del contribuente. Cfr. Cass. n. 2239/2018; n. 2396/2018; Cass, Sez. Un. 26635/2009); una corrente, invece, minoritaria ha inteso ritenere che l'Ufficio è gravato da un obbligo di generico esame delle difese addotte dal contribuente. In tal senso, degna di nota è l'ordinanza della Corte di legittimità che, collocandosi in una direzione diversa da quella percorsa fino ad ora, ha affermato che il contraddittorio è salvaguardato se l'ufficio ha preso in considerazione ed esaminato le osservazioni del contribuente, non dovendo necessariamente dare una risposta a ciascuna di esse nell'avviso di accertamento. In altri termini, e sintetizzando la questione, l'avviso sarebbe affetto da nullità solo se l'ufficio non abbia neppure esaminato i rilievi (Cass. Civ. Sez. V, ord. n. 3090 del 9 febbraio 2021).
All'evidenza l'Ufficio sarebbe tenuto solo ad esaminare il punto di vista del contribuente, senza, tuttavia, dover prendere posizione in modo specifico sulle giustificazioni addotte.
Tale ultimo orientamento rimette in discussione quello che fino ad ora è stato considerato un obbligo generalizzato dell'Amministrazione Finanziaria, nella fattispecie in relazione ad accertamenti presuntivi, di contestare punto per punto le giustificazioni addotte dal contribuente, in modo da consentire a quest'ultimo di prepararsi una adeguata difesa in sede contenziosa. L'esito del contraddittorio, diviene, dunque, parte essenziale della motivazione e, pertanto, elemento costitutivo del provvedimento di accertamento. La motivazione rafforzata assurge a canone di giustizia, in quanto rende effettivo il contraddittorio nella fase amministrativa e consente una tutela adeguata nella fase processuale.
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