Facoltà o obbligo? Lo spostamento deve essere imposto dal datore
17 Maggio 2021
Se il lavoratore sceglie autonomamente di fare ritorno presso il luogo in cui ha iniziato l'esecuzione della prestazione, il quale è diverso da quello in cui essa è stata cessata, è applicabile l'art. 17 r.d.l. n. 2328/1923?
L'art. 17, lett. c), r.d.l. n. 2328/1923, disponendo che si computi come “lavoro effettivo [...] la metà del tempo impiegato per recarsi, senza prestare servizio, con un mezzo gratuito di servizio in viaggi comandati da una località all'altra per prendere servizio o fare ritorno a servizio compiuto”, presuppone che l'inizio della prestazione lavorativa presso una data località sia preceduto dall'obbligatoria preventiva presenza del lavoratore presso altro luogo, ovvero che il dipendente, dopo avere ultimato l'esecuzione della propria prestazione lavorativa, debba fare rientro in un sito diverso da quello ove l'ultimazione è avvenuta, anch'esso indicato dal datore di lavoro.
Entrambe le località, pertanto, devono essere raggiunte in ragione delle direttive aziendali, per prendere servizio ovvero per porvi termine.
Qualora il lavoratore non sia tenuto a recarsi preventivamente presso un sito diverso da quello ove dovrà iniziare ad eseguire la propria prestazione né sia obbligato a farvi ritorno a fine servizio, non è possibile applicare l'art. 17 lett. c) prefato.
Il computo del tempo di viaggio presuppone non solo che non vi sia coincidenza del luogo di inizio con quello di cessazione del lavoro, ma anche che tale circostanza sia determinata in via esclusiva da esigenze datoriali e non da una scelta del lavoratore.
Grava su quest'ultimo l'onere di provare le modalità della prestazione, recte gli spostamenti effettuati, la non coincidenza dei luoghi di inizio e termine della prestazione e l'imposizione datoriale degli stessi per esigenze aziendali.
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