Pubblicità degli avvisi

Alessandro Rossi
Alessandro Rossi
18 Maggio 2021

Gli avvisi nel procedimento esecutivo, disciplinati ai sensi dell'art. 490 c.p.c., sono una forma di pubblicità «rafforzata» che, differentemente dagli istituti della notificazione e della comunicazione, mira a diffondere la notizia dell'adozione di determinati atti esecutivi a dei destinatari diversi dai soggetti già coinvolti nel processo esecutivo.
Nozione di avvisi ex art. 490 c.p.c.

Gli avvisi nel procedimento esecutivo, disciplinati ai sensi dell'art. 490 c.p.c., sono una forma di pubblicità «rafforzata» che, differentemente dagli istituti della notificazione e della comunicazione, mira a diffondere la notizia dell'adozione di determinati atti esecutivi a dei destinatari diversi dai soggetti già coinvolti nel processo esecutivo. I casi in cui si da luogo a questa forma di pubblicità sono disciplinati in via tassativa.

La funzione di questi avvisi è duplice. La prima consiste nel perseguire le garanzie del contraddittorio e di corretto esercizio della funzione giurisdizionale. La seconda è, invece, quella di permettere la partecipazione di più offerenti possibili alle procedure di vendita forzata, in modo tale da permettere il conseguimento del massimo valore di realizzo possibile del bene.

Proprio in ragione di questa seconda finalità dell'istituto in esame, l'art. 490 c.p.c. prevede che gli avvisi siano pubblicati su piattaforme idonee a garantire una diffusione di massa della notizia. I commi 1, 2 e 3 dell'art. 490 c.p.c. individuano, infatti, come mezzi di diffusione degli avvisi: il sito del Ministero della Giustizia, sezione «Portale delle Vendite Pubbliche» (comma 1), gli «appositi siti internet» (comma 2), ovvero quelli che, ex art. 173-ter disp. att. c.p.c., sono individuati come tali con decreto del Ministro della Giustizia e i quotidiani nazionali o locali di maggiore diffusione (comma 3). A questi ultimi sono equiparati i giornali di informazione locale editi da soggetti iscritti al registro ROC.

L'art. 490 c.p.c. non prevede che la pubblicità degli atti esecutivi tramite avvisi sia sempre obbligatoria. E', difatti, tale solo nei casi previsti ai sensi dei commi 1 e 2 dell'art. 490 c.p.c. Nel comma 3 è, invece, contenuta la disciplina della pubblicità facoltativa.

Ai sensi del comma 1, art. 490 c.p.c. è prevista la fattispecie generale della pubblicità obbligatoria. In tali ipotesi è previsto che sia data pubblica notizia sul sito del Ministero della Giustizia, sezione «Portale delle Vendite Pubbliche», tramite avviso contenente tutti i dati che possono interessare il pubblico.

Il legittimato alla pubblicazione dell'avviso è «il soggetto che ha ricevuto il relativo incarico nell'ambito del procedimento giudiziario ovvero per effetto della procedura nell'ambito della quale egli assume il ruolo di soggetto legittimato», secondo quanto previsto dal «Manuale Utente- Inserimento Avviso di Vendita» del Portale delle Vendite Pubbliche del Ministero della Giustizia.

L'art. 164-quater disp. att. c.p.c. completa la definizione data nel Manuale Utente individuando in via specifica i soggetti legittimati alla pubblicazione dell'avviso nel Portale delle Vendite Pubbliche. Tali soggetti sono il professionista delegato e il commissario. In mancanza di entrambi, la pubblicazione è compiuta ad opera del creditore pignorante o di quello intervenuto munito di titolo esecutivo.

Gli atti esecutivi per i quali è prevista questa forma di pubblicità obbligatoria sono quelli che riguardano le vendite giudiziarie o che riguardano le altre vendite forzate.

In evidenza

:

Non applicazione integrale delle formalità previste ai sensi dell'art. 490 c.p.c.

nell'ambito della liquidazione fallimentare disciplinata secondo il

r.d. 267 del 1942

Il curatore non è vincolato alle forme pubblicitarie disposte ai sensi dell'art. 490 c.p.c. in quanto la giurisprudenza gli riconosce un certo margine di discrezionalità operativo. Conformemente si può citare Cass. civ., sez. I, 6 settembre 2019, n. 22383, secondo la quale: «L'art. 107 l.fall., nel testo applicabile ratione temporis, prima dell'efficacia delle modifiche introdotte dall'art. 11 del d.l. 83/2015, conv. con modif. dalla l. 132/2015, attribuisce al curatore ampia discrezionalità circa le modalità di liquidazione dei beni fallimentari tramite procedure competitive, sicché non è necessario il rispetto del termine di quarantacinque giorni previsto dall'art. 490, comma 2, c.p.c., purché la vendita avvenga con pubblicità idonea ad assicurare la massima informazione e partecipazione degli interessati».

I dati che devono essere inseriti nell'avviso sono quelli relativi a: gli estremi della procedura (ufficio, registro, rito, numero, anno con alcune variazioni nel caso di vendita non giudiziaria), le generalità del soggetto legittimato che ha compiuto l'avviso (già rilasciate al momento dell'autentificazione al portale) e degli altri soggetti che hanno un ruolo nella procedura, le informazioni e le immagini identificative del lotto sottoposto a vendita forzata e le vicende relative allo svolgimento della procedura.

Alcuni riferimenti al «Manuale Utente- Inserimento Avviso di Vendita» (reperibile sul Portale delle Vendite pubbliche) si rendono necessari per un triplice ordine di motivi.

Il primo è legato all'elevato grado di complessità tecnica dell'istituto in esame.

Il secondo è legato alla mancata previsione specifica nel codice degli atti per i quali l'avviso sia necessario e dei relativi dati da inserire. Questo secondo ordine di motivi è tanto più rilevante se si prende in considerazione l'art. 631-bis c.p.c., il quale dispone l'estinzione del processo nel caso in cui l'avviso sul «Portale delle Vendite Telematiche» non venga compiuto.

Il terzo è dato dalla particolare relazione che lega l'operatività del diritto ai portali telematici. Ove la fattispecie generale astratta preveda l'inserimento di un avviso in un portale, i limiti in cui tale avviso deve essere formulato sono legati in via diretta alle inserzioni che il sito rende disponibili.

La definizione di soggetti legittimati alla pubblicazione è data a pagina 5 del manuale. La definizione è completata dall'art. 164-quater disp. att. c.p.c. e l'elencazione dei soggetti legittimati (professionista, commissario, creditore pignorante o intervenuto munito di titolo esecutivo) non apre ad alcuna delega per il compimento dell'operazione in via telematica, come previsto sempre a pagina 5 del citato manuale.

Gli atti per i quali è necessario l'avviso sono individuati in quelli di vendita, i quali sono gli unici a poter essere inseriti, secondo quanto riportato pagina 6 e ss. del «Manuale Utente- Inserimento Avviso di Vendita».

In evidenza:

considerazioni particolari della necessarietà dell'avviso nel caso delle divisioni endoesecutive


Dubbio, però, è se debba essere dato avviso anche della liquidazione nell'ambito della procedura di divisione endoesecutiva. A favore si pronuncia Trib. Torino, 17 gennaio 2019, n. 204, secondo cui il giudizio di divisione endoesecutiva è «un giudizio funzionalmente connesso all'esecuzione del quale costituisce una conseguenza pressoché necessaria (essendo eccezionali le ipotesi in cui, a fronte del pignoramento di una quota, il Giudice possa evitare di ordinare di procedersi a divisione) la finalità del quale è, in ogni caso, la liquidazione della quota di diritto pignorato. Pertanto senza dubbio l'art. 631 bis c.p.c. deve essere applicato in sede di divisione, a maggior ragione in sede di divisione endoesecutiva: esattamente come in sede esecutiva, infatti, la liquidazione del bene avviene dietro iniziativa dei creditori, la vendita si celebra secondo le medesime modalità e deve essere preceduta dai medesimi incombenti pubblicitari (ivi compresa la pubblicità sul Portale delle Vendite Pubbliche); sarebbe, quindi, del tutto irrazionale non ritenere che, in caso di omessa pubblicazione sul portale, si verificherebbe l'estinzione della procedura esecutiva ma non l'estinzione del giudizio di divisione che dalla procedura esecutiva trae origine».

I dati da inserire sono indicati sempre a pp. 5 e ss. del «Manuale Utente- Inserimento Avviso di Vendita». Per la corretta determinazione su come redigere i relativi campi si rinvia a Fabiani// Piccolo, Il portale delle vendite pubbliche nella prassi dei tribunali (procedure esecutive e concorsuali) (Studio CNN n.50/2019), in www-notariato.it, pp. 20 e ss.

Discusso è se nell'avviso debbano essere riportati anche gli estremi identificativi del soggetto debitore.

Posizioni giurisprudenziali e dottrinali sulla necessità dell'inserimento degli estremi del debitore esecutato nei casi di pubblicità obbligatoria previsti

ex

art. 490, commi 1 e 2, c.p.c.


Il dubbio in ordine alla necessità di inserire o meno gli estremi identificativi del debitore si pone solo per la pubblicità obbligatoria disciplinata ai sensi dei commi 1 e 2 dell'art. 490 c.p.c. . E', difatti, pacifico che tali estremi non vadano posti nell'avviso per la pubblicità facoltativa, disciplinata ai sensi dell'art. 490, comma 3, c.p.c. Questo perché il d.l. 83/2015 ha aggiunto, al citato comma, l'inciso «Nell'avviso è omessa l'indicazione del debitore».

La giurisprudenza meno recente ha ritenuto possibile inserire gli estremi identificativi del debitore. In materia si può citare l'ordinanza Trib. Pistoia, 26 maggio 2000, la quale si pronuncia nei seguenti termini: «alle esigenze di riservatezza dell'istante si contrapponevano rilevanti esigenze di pubblico interesse alla pubblicità dei nominativi delle persone soggette ad esproprio».

La giurisprudenza più recente si mostra contraria all'inserimento degli estremi del debitore negli avvisi disciplinati ai sensi dei com commi 1 e 2, art. 490 c.p.c. Conformemente, si può citare Trib. Roma, Sez. XVIII, 16 dicembre 2019, n. 24041, la quale dispone che: «Il tema della diffusione delle generalità dei debitori esecutati è pervenuto in passato all'attenzione del Garante della Privacy; il Garante infatti, con provvedimento del 7 febbraio 2008, ha ritenuto di indicare agli uffici giudiziari e ai professionisti delegati alle operazioni di vendita la necessità di adottare nell'espletamento delle procedure in esame modalità che, nel rispetto del pertinente dettato normativo, permettano di favorire ampia pubblicità agli atti del processo esecutivo rispettando, al contempo, i diritti degli interessati. Nella materia, vengono in considerazione le contrapposte esigenze, da un lato degli interessati alla vendita ad essere adeguatamente informati circa la situazione del bene oggetto di espropriazione, dall'altro del debitore esecutato a non vedere divulgati i propri dati senza effettiva necessità; al bilanciamento tra tali opposti interessi provvedono le norme appena richiamate, disponendo che i dati personali del debitore non vengano pubblicizzati indiscriminatamente ma possano essere forniti in sede maggiormente riservata previo accesso in cancelleria».

Tale orientamento giurisprudenziale era presente già prima della riforma del comma 3 art. 490 c.p.c. operata del d.l. 83/2015 e delle osservazioni del garante della Privacy del 7 febbraio 2008. Si può, infatti, citare per il precedente sfavore della diffusione degli estremi del debitore esecutato la sentenza Trib. Viterbo, 05 settembre 2002, la quale dispone che: «Nel processo di esecuzione per espropriazione immobiliare, è diritto del debitore esecutato pretendere che le forme di pubblicità disposte dal giudice per rendere nota la fissazione della vendita all'incanto (nella specie, manifesti) non contengano il nome del debitore esecutato».

In dottrina tra le posizioni conformi a questa seconda teoria si può citare Fabiani// Piccolo, Il portale delle vendite pubbliche nella prassi dei tribunali (procedure esecutive e concorsuali) (Studio CNN n.50/2019), in www-notariato.it, e Fabiani, Espropriazione forzata, pubblicità e privacy del debitore (Studio CNN n. 5224/2004), in www.notariato.it., 9.

Pare ragionevole ritenere che l'orientamento giurisprudenziale e dottrinale da accogliere sia quello contrario all'inserimento degli estremi indentificativi del debitore negli avvisi di cui ai commi 1 e 2 dell'art. 490 c.p.c.

A sostegno di quanto affermato si possono riportare plurimi argomenti.

Il primo è dato dall'interpretazione sistematica dell'art. 490, commi 1 e 2, nell'ordinamento. Il Reg. (UE) n. 679 del 2016 (il c.d. GDPR) impone, difatti, a più riprese la necessità di limitare al minimo la diffusione dei dati sensibili.

Altro elemento sempre basato sulla coerenza interna dell'ordinamento lo si può ricavare dalla giurisprudenza sul corretto esercizio del diritto di cronaca. Se l'esercizio di un diritto avente dignità costituzionale come quello di cronaca trova il suo limite nell'interesse sociale a conoscere che quel fatto sia stato compiuto da quel soggetto, sembra che possa considerarsi non necessario l'inserimento degli estremi identificativi del debitore nell'avviso di vendita ex art. 490 c.p.c. Ove sussista un interesse alla conoscenza dell'identità del debitore sarà comunque possibile, piuttosto che tramite la divulgazione di massa, entrare in possesso dei relativi dati proponendo istanza alla cancelleria dell'esecuzione, secondo quanto previsto ai sensi dell'art. 570 c.p.c.

Il terzo argomento è dato dall'interpretazione sociologicamente orientata dell'articolo in esame. Allo stato attuale l'ordinamento sta cercando sempre di più di limitare i pregiudizi dell'associazione all'identità del debitore della circostanza di essere inadempiente o insolvente.

Questo carattere socialmente sfavorevole verso il debitore esecutato e la tendenza dell'ordinamento ad evitare questo pregiudizio sociale emergono anche da quanto previsto dal d.lgs. 147/2020 (Nuovo Codice della Crisi d'impresa). Nel testo legislativo, in luogo del termine «fallimento» e relativa qualificazione di fallito all'imprenditore commerciale, si è adottato il termine «liquidazione giudiziale», certamente meno pregiudizievole dal punto di vista reputazionale e sociale.

Sembra allora vada operata, piuttosto che l'applicazione del brocardo ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit, l'interpretazione estensiva dell'inciso «Nell'avviso è omessa l'indicazione del debitore» previsto ai sensi dell'ultimo periodo dell'art. 490 comma 3 c.p.c., in modo tale da ammetterne l'applicazione anche ai casi di pubblicità obbligatoria disciplinati ai sensi dei commi precedenti dell'art. 490 c.p.c. .

Per procedere alla pubblicazione sul «Portale delle Vendite Telematiche» è necessario dar prova, ai sensi dell'art. 161-quater disp. att. c.p.c., dell'avvenuto pagamento del tributo previsto ai sensi dell'art. 18- bis d.P.R. 115/2002.

Ai sensi del comma 2, art. 490 c.p.c. è, invece, disciplinato un caso particolare di pubblicità obbligatoria.

Ove si tratti di espropriazione di beni mobili registrati, pur se nel limite del valore maggiore di euro 25.000, o di espropriazione di beni immobili è previsto che l'avviso, oltre che nel portale del Ministero della Giustizia, sia pubblicato in «appositi siti internet» almeno 45 giorni prima del termine per la presentazione delle offerte o della data dell'incanto. Nell'avviso sono pubblicate anche una copia dell'ordinanza del giudice e una copia della relazione di stima redatta ai sensi dell'art. 173-bis disp. att. c.p.c. Per «siti internet appositi» si intendono quelli individuati come tali ai sensi del decreto ministeriale del 31 ottobre 2006.

Ai sensi del comma 3, art. 490 c.p.c. è, invece, disciplinata la pubblicità straordinaria.

Nel caso di specie, su istanza dei creditori anche non muniti di titolo esecutivo o su propria iniziativa, il giudice può disporre che l'avviso sia inserito, una o più volte, nei quotidiani locali aventi maggiore diffusione nella zona interessata dalla procedura esecutiva. Questa pubblicità deve essere compiuta entro 45 giorni dalla scadenza del termine per proporre le offerte. Ai quotidiani locali sono equiparati i quotidiani di informazione nazionali o quelli editi da soggetti iscritti al ROC. In alternativa, la divulgazione può avvenire secondo il modello delle pubblicità commerciali.

In evidenza

: Giurisprudenza relativa al carattere della maggiore diffusione locale del quotidiano

La giurisprudenza interpreta la locuzione «maggiore diffusione» in senso ampio; in conformità a quanto affermato, si può citare T.A.R. Napoli, Sez. I, 7 marzo 2012, n.1152, secondo la quale: «Il dato normativo che si ricava dall'art. 490 c.p.c., essendo incentrato sulla formula al plurale dei quotidiani di informazione locali aventi maggiore diffusione nella zona interessata ;, non autorizza affatto a ritenere che esista una sorta di esclusiva pubblicitaria in favore della testata con maggiore diffusione sul territorio, bensì, più semplicemente, lascia intendere che la pubblicazione disposta dal giudice dell'esecuzione debba indirizzarsi verso tutti i quotidiani aventi una più estesa diffusione territoriale».

La pubblicazione tramite avviso per non presentare irregolarità formali deve essere compiuta nel termine fissato di nel caso concreto dal giudice con ordinanza, secondo quanto disposto ai sensi dell'art. 576 c.p.c.

Regolarità dell'aggiudicazione e mancato adempimento nel termine delle formalità pubblicitarie


In giurisprudenza sussiste un contrasto in ordine alla determinazione delle conseguenze nel caso di mancato adempimento delle formalità pubblicitarie nel termine previsto dal giudice.

Secondo una prima tesi, nessuna conseguenza sarebbe da imputare al mancato compimento nel temine delle formalità pubblicitarie. A sostegno di quanto affermato si può citare Cass. civ., sez. III, 21 ottobre 2003, n. 15705, la quale dispone che: «In tema di espropriazione forzata immobiliare, il termine entro il quale deve essere effettuata la pubblicità, stabilito dal giudice ai sensi dell'art. 576, comma 1, n. 4, c.p.c., ha carattere ordinatorio e non perentorio - in assenza di una esplicita previsione in tal senso - con la conseguenza che la sua inosservanza non si riflette sulla regolarità del procedimento di incanto e di vendita».

Una seconda tesi, invece, ricollega al mancato adempimento delle formalità pubblicitarie nel termine la nullità dell'atto di aggiudicazione. Relativamente a questo, si può citare Cass. civ., sez. I, 19 marzo 2009, n. 6710: «Non possono essere fatte valere con l'impugnazione del decreto di trasferimento dell'immobile venduto le invalidità attinenti all'ordinanza di vendita e al provvedimento di aggiudicazione, che non siano state dedotte con l'impugnazione di tali provvedimenti. In particolare, le nullità attinenti alla pubblicità imposta dal giudice, ai sensi dell'art. 490 c.p.c., con l'ordinanza che dispone l'incanto, è idonea a riverberarsi sull'atto di aggiudicazione, ma deve essere fatta valere entro il termine di decadenza di cinque giorni da tale atto, che chiude la fase dell'incanto. Altrettanto deve ritenersi per le questioni attinenti alla determinazione del giusto prezzo di vendita».

Sembra ragionevole ritenere che la tesi corretta sia quella che riconosce la successiva nullità dell'atto di aggiudicazione per il mancato svolgimento della pubblicità nel termine perentorio disposto dal giudice.

A sostegno di quanto sollevato possono porsi due argomenti.

Il primo è dato dal superamento della qualificazione del termine ordinatorio come termine che non comporti decadenze.

Anche in questo caso, ove non sia compiuta l'attività nel termine previsto, si incorre in una decadenza.

La differenza tra il termine ordinatorio e quello perentorio si troverebbe: a) nell'automaticità del verificarsi della decadenza nel caso di termini perentori e b) nella possibilità di prorogare il termine ordinatorio, sulla base di una valutazione discrezionale del giudice, prima che questo sia inutilmente decorso.

La decorrenza del termine ordinatorio unita alla sua mancata proroga, allora, non potrebbe non comportare la nullità della successiva aggiudicazione.

A sostegno di tale ricostruzione degli effetti derivanti dalla decorrenza del termine obbligatorio, si può citare Mandrioli// Carratta, Diritto processuale civile, Vol. I, Torino, 2019, 490 e ss.

Il secondo argomento a sostegno della tesi in esame è dato dalla ratio della riforma compiuta da d.l. 83/2015. Il citato intervento legislativo ha introdotto delle misure volte a rafforzare il rispetto degli oneri pubblicitari.

Un esempio è dato dall'art 631-bis c.p.c. La disposizione in esame disciplina l'estinzione del procedimento esecutivo, benché nel solo caso del mancato adempimento delle formalità ex art. 490 c.p.c., comma 1, derivante dal mancato compimento dell'avviso nel termine stabilito dal giudice. Sarebbe illogico, allora, riconoscere una mera irregolarità nel caso del mancato compimento nel termine disposto dal giudice della pubblicità prescritta ai sensi dell'art. 490, commi 2 e 3, c.p.c. Il tentativo del rafforzamento complessivo del sistema pubblicitario, volto al massimo risultato economico della vendita e alla maggior trasparenza delle operazioni, perseguito con il d.l. 83/2015 si negherebbe a priori se alla mancata pubblicità nel termine conseguisse una mera irregolarità.

Mancato compimento dell'avviso: estinzione del processo, fattispecie di nullità e vicende oppositive

Le conseguenze del mancato adempimento delle formalità previste ex art. 490 c.p.c. sono gravi. Dal mancato ottemperamento di tale dovere può, infatti, derivare l'estinzione del processo.

L'art. 631-bis, introdotto con il d.l. 83/2015, prevede che, nel caso in cui la pubblicazione dell'avviso sul Portale delle Vendite Pubbliche non sia compiuta nel termine stabilito dal giudice, venga pronunciata l'estinzione del processo tramite ordinanza. L'estinzione è dichiarata solamente quando la mancata pubblicazione derivi da una causa imputabile al creditore pignorante o a quello intervenuto e munito di titolo esecutivo.

Tale ipotesi di estinzione è ipotesi tipica che deriva da una singola omissione. Non è, difatti, prevista una duplicità di omissioni che comporti la previa cancellazione della causa dal ruolo.

Il tenore letterale dell'articolo in esame apre ad alcune criticità.

In evidenza

: Mancata dichiarazione di estinzione nel caso in cui la mancata pubblicazione dell'avviso dipenda dal commissario o del professionista delegato

La prima è relativa alla necessità o meno di dichiarare estinto il processo ove il mancato avviso sia da imputare al professionista delegato o al commissario, ovvero gli altri due soggetti legittimati a procedere alla pubblicazione ai sensi dell'art. 164-quater disp. att. c.p.c. In questo caso appare ragionevole ritenere che non si debba procedere a dichiarare l'estinzione del processo per il carattere di norma eccezionale dell'art. 631-bis c.p.c. Dovrà, allora, essere fissata una nuova data per la vendita.

La dottrina maggioritaria aderisce alla tesi esposta poco sopra. Conformemente, si possono citare Moretti, Il nuovo art. 631-bis e le altre ipotesi di definizione dell'esecuzione, in Bove-Saletti (a cura di) Novità in materia di esecuzione forzata, In Giur. It., 2016, 2072 e Lodolini, La chiusura anticipata della procedura per infruttuosità e l'estinzione per mancato espletamento della pubblicità sul portale delle vendite pubbliche, in Riv. es. forz., 2016, 256. Sempre secondo quanto affermato dai citati autori, nel caso in esame l'inerzia del creditore potrebbe rilevare solo ove riferita al mancato pagamento della somma prevista ai sensi dell'art. 18-bis del d.P.R. 115/2012. L'articolo in esame prevede che sia dovuto «per ciascun atto esecutivo per il quale la legge dispone che sia data pubblica notizia e che riguarda beni immobili o mobili registrati vendite compiute sul portale delle vendite pubbliche» un importo di 100 euro. All'adempimento di tale contributo è tenuto, per espressa previsione dell'articolo in esame, il creditore.

E' ragionevole, allora, ritenere che l'adempimento del tributo sia attività propria del creditore e scissa da quella della pubblicazione dell'avviso, la quale può essere compiuta anche dal professionista delegato o dal commissario. Per questo è coerente imputare l'inerzia del pagamento del citato tributo al creditore e prevedere come conseguenza, in caso di mancato adempimento, l'estinzione del procedimento.

In evidenza

: Sulla natura della nullità derivante dal mancato adempimento del dovere di pubblicare l'avviso nelle fattispecie di cui ai commi 2 e 3 dell'

art. 490 c.p.c.

La seconda criticità è relativa alla determinazione delle conseguenze derivanti dal mancato compimento dell'avviso nel termine nei casi di pubblicità obbligatoria, ex comma 2 art. 490 c.p.c., o di quella straordinaria, disciplinata ai sensi del comma successivo.

L'art. 631-bis prende in considerazione, infatti, solo l'ipotesi del mancato avviso sul Portale delle Vendite Pubbliche di cui al comma 1 dell'art. 490 co.1 c.p.c. Nulla prevede in ordine alla mancata pubblicazione sugli appositi siti, ex comma 2, art. 490 c.p.c., e sui quotidiani e gli altri mezzi equiparati, ex comma 3 art. 490 c.p.c.

E' dubbio, allora, se in questi casi si prospetti o meno una fattispecie di nullità sanabile dei successivi atti adottati nel procedimento esecutivo.

La dottrina che ha trattato il tema, pur sollevando delle perplessità, riconosce all'irregolarità derivante dal mancato avviso natura di nullità sanabile tramite raggiungimento dello scopo (Iannicelli, Pubblicità sul portale delle vendite pubbliche ed estinzione del processo esecutivo, in Riv. dir. proc., 2016, 1601.).

La ricostruzione, pur condivisibile in astratto, propone problemi di ordine pratico. E' difficile immaginare che nel caso di carenza delle forme pubblicitarie prescritte dai commi 2 e 3 dell'art. 490 c.p.c. possa realmente presentarsi una situazione nella quale lo scopo dell'atto sia stato raggiunto.

Lo scopo della pubblicità imposta dai citati commi è duplice: raggiungere la massima efficienza economica dell'operazione e rendere il più trasparenti possibili le operazioni di vendita.

In dottrina sul punto si può citare De Santis, Il programma della vendita forzata immobiliare ecc., in Riv. es. forz., 2006, 465, che rileva proprio come l'allargamento del sistema pubblicitario sia volto ad un aumento delle offerte potenziali di acquisto e a superare delle opacità interessate delle operazioni di vendita.

In giurisprudenza, invece, si può citare sul tema la pronuncia Cass. civ., sez. III, 8 marzo 2016, n. 4542, la quale, relativamente alla funzione di trasparenza delle forme di pubblicità, dispone che: «In tema di espropriazione forzata, le condizioni di vendita fissate dal giudice dell'esecuzione, anche in relazione a eventuali modalità di pubblicità ulteriori rispetto a quelle minime di cui all'art. 490 c.p.c., devono essere rigorosamente rispettate a garanzia dell'uguaglianza e parità di condizioni tra tutti i potenziali partecipanti alla gara, nonché dell'affidamento da ciascuno di loro riposto nella trasparenza e complessiva legalità della procedura, per cui la loro violazione comporta la illegittimità dell'aggiudicazione, che può essere fatta valere da tutti gli interessati e, cioè, da tutti i soggetti del processo esecutivo, compreso il debitore».

Sembra allora difficile ipotizzare la sanabilità degli atti per raggiungimento dello scopo, posto che bisognerebbe provare che non siano pervenute un numero minore di offerte e che si sia raggiunta quella migliore possibile dal punto di vista economico.

In giurisprudenza, in ordine alla nullità per mancata pubblicazione sui siti preposti nel caso di pubblicità obbligatoria, si può citare Cass. civ., sez. III, 9 luglio 2019, n. 18344, la quale dispone che: «La pubblicità obbligatoria nell'esecuzione immobiliare è da ritenersi omessa ove effettuata su un sito non compreso tra quelli «preposti» ai sensi degli artt. 490 c.p.c. e 173-ter disp. att. c.p.c., con la conseguente nullità dell'aggiudicazione e del decreto di trasferimento, opponibile agli aggiudicatari in quanto attinente lo svolgimento della stessa procedura di vendita (nella specie il professionista delegato aveva effettuato la pubblicità su un sito internet non compreso nell'elenco di cui al decreto ministeriale attuativo dell'art. 173-ter disp. att. c.p.c., nonostante la delega avesse previsto espressamente di pubblicare l'avviso di vendita anche in uno dei siti internet a ciò preposti».

E' importare segnalare che, attualmente, il termine per proporre opposizione ex art. 617 c.p.c. è stato modificato e portato a 20 giorni dal compimento dell'atto.

Ad essere colpito da nullità è il successivo atto di aggiudicazione del bene. Contro di esso può essere proposta opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell'art. 617 c.p.c. (Cass. civ., sez. I, 19 marzo 2009, n. 6710).

Riferimenti
  • De Santis, Il programma della vendita forzata immobiliare ecc., in Riv. es. forz., 2006, 465; Fabiani, Espropriazione forzata, pubblicità e privacy del debitore (Studio CNN n. 5224/2004), in www.notariato.it., 9; Fabiani// Piccolo, Il portale delle vendite pubbliche nella prassi dei tribunali (procedure esecutive e concorsuali) (Studio CNN n.50/2019), in www.notariato.it, 20 e ss;
  • Iannicelli, Pubblicità sul portale delle vendite pubbliche ed estinzione del processo esecutivo, in Riv. dir. proc., 2016;
  • Lodolini, La chiusura anticipata della procedura per infruttuosità e l'estinzione per mancato espletamento della pubblicità sul portale delle vendite pubbliche, in Riv. es. forz., 2016, 256; Mandrioli// Carratta, Diritto processuale civile, Vol. I, Torino, 2019, 490 e ss.;
  • Moretti, Il nuovo art. 631-bis e le altre ipotesi di definizione dell'esecuzione, inBove-Saletti (a cura di) Novità in materia di esecuzione forzata, In Giur. It., 2016, 2072; Stropparo, Subcommento all'art. 631-bis c.p.c., in C. Consolo (a cura di) Codice di procedura civile. Commentario, Vol. III, Milano, 2018; Trinchi, Subcommento all'art. 490 c.p.c., in C. Consolo (a cura di) Codice di procedura civile. Commentario, Vol. III, Milano, 2018.
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