Redazione scientifica
21 Maggio 2021

La Corte di cassazione rimette al Primo Presidente, per l'assegnazione alle Sezioni Unite, la questione relativa alla qualificazione dell'opposizione a decreto ingiuntivo quale impugnazione o quale giudizio ordinario cognizione, rilevante ai fini dell'applicazione dell'art. 4 d.lgs. 150/2011.

Il Tribunale di Palermo, previo mutamento del rito da ordinario a locatizio, dichiarava inammissibile l'opposizione a decreto ingiuntivo proposta dall'Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo (di seguito indicata, A.S.P.) nei confronti di una S.r.l. Il Tribunale evidenziava che il giudizio era sottoposto al rito del lavoro ai sensi dell'art. 447-bis c.p.c., avendo ad oggetto crediti derivanti da locazione; che l'opposizione, proposta per errore con citazione, era stata tardivamente proposta (oltre i termini di cui all'art. 641 c.p.c.).

Avverso la sentenza di primo grado l'A.S.P. proponeva gravame, denunciando la violazione da parte del giudice di prime cure dell'art. 4, comma 5, d.lgs. 150/2011, il quale, nel caso di mutamento del rito, fa salvi gli effetti sostanziali e processuali prodottisi secondo le norme del rito seguito prima del mutamento. La Corte d'appello ha ritenuto fondata tale censura, rigettando tuttavia l'appello sulla base del rilievo che la parte appellante si «era limitata a chiedere genericamente la riforma della sentenza di primo grado, senza chiedere l'accoglimento dell'opposizione a d.i. proposta, così incorrendo nella decadenza prevista dall'art. 346 c.p.c.».

Avverso tale sentenza l'A.S.P. ha proposto ricorso per cassazione, censurando la sentenza della Corte territoriale nella parte in cui avrebbe inteso come rinunciati e non riproposti ex art. 346 c.p.c. i motivi e le domande formulati originariamente con opposizione a d.i.; ha resistito con controricorso contenente ricorso incidentale condizionato la S.r.l.

La Corte rileva preliminarmente che il primo motivo del ricorso incidentale condizionato può essere esaminato solo in presenza dell'attualità dell'interesse e, quindi, nell'ipotesi di fondatezza del ricorso principale. Muovendo, quindi, dalla disamina di quest'ultimo afferma che esso sarebbe, in termini ipotetici, fondato. Invero, in tema di appello, la regola di cui all'art. 346 c.p.c., non trova applicazione in caso di impugnazione della decisione che ha giudicato inammissibile l'atto introduttivo di primo grado, la quale costituisce comunque manifestazione di volontà di proseguire il giudizio». (Cass. civ., ord., 19216/2017; Cass. civ., 13855/2010).

I giudici ritengono a questo punto possibile procedere allo scrutinio del ricorso incidentale condizionato, con il quale veniva censurata la sentenza impugnata per aver ritenuto applicabile alla fattispecie la norma di cui all'art. 4, comma 5, d.lgs. 150/2011, sussistendone i presupposti. Secondo la ricorrente incidentale, invece, la normativa appena richiamata non sarebbe applicabile al caso in esame, in quanto l'atto di opposizione a d.i. non potrebbe considerarsi atto con il quale «viene promossa una controversia» ai sensi dell'art. 4 d.lgs. cit., bensì atto con cui si dà impulso alla seconda fase di un procedimento introdotto dalla parte opposta, convenuta in senso formale, dovendosi qualificare la fase di opposizione quale «prosecuzione» (Cass. civ., n. 6531/1993; Cass. civ., n. 1552/1995) o «continuazione orizzontale del processo monitorio», o, ancora, «di ulteriore sviluppo» del giudizio già pendente.

La Corte, posto che quanto dedotto dalla ricorrente incidentale pone l'attenzione sulla qualificazione dell'atto di opposizione a d.i. – quale atto introduttivo non di un giudizio autonomo ma semplicemente fase (eventuale) del giudizio già pendente rientrante nell'alveo del processo ordinario di cognizione, o, viceversa, quale atto introduttivo di autonomo giudizio o impugnazione – sulla quale sussiste un contrasto giurisprudenziale, rimette tale questione al Primo Presidente, per l'assegnazione alle Sezioni Unite.

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