Servitù di passaggio, opposizione al precetto e giudizio possessorioFonte: Cass. Civ. sez. III, 17 maggio 2021, n. 13175 | Cod. Proc. Civ. Articolo 669 duodecies | Cass. Civ. sez. III, 15 gennaio 2003, n. 481 | Cass. Civ. sez. III, 30 marzo 2007, n. 7922 | Cass. Civ. sez. III, 26 febbraio 2008, n. 5010 | Cass. Civ. sez. III, 12 marzo 2008, n. 6621 | Cass. Civ. sez. III, 27 aprile 1979, n. 2460 | Cass. Civ. sez. III, 12 gennaio 2006, n. 407 | Cass. Civ. sez. III, 20 ottobre 1994, n. 8581 | Cod. Proc. Civ. Articolo 703
21 Maggio 2021
È quanto stabilito dalla Suprema Corte con la sentenza n. 13175/21, depositata il 17 maggio.
Il Tribunale di Padova accoglieva l'opposizione da parte di Paolo, Elena e Francesca – nomi di fantasia- al precetto fondato su un'ordinanza possessoria di reintegrazione nel possesso di una servitù di passaggio mediante ripristino dello stato dei luoghi, incentrata sulla carenza di legittimazione passiva rispetto all'azione esecutiva a causa dell'intervenuta vendita del bene gravato da tale servitù. La Corte d'Appello di Venezia confermava la pronuncia del Tribunale.
Elio – nome di fantasia - ricorre quindi in Cassazione lamentandosi, tra i vari motivi, del fatto che l'opposizione a precetto fosse fin dall'origine inammissibile, visto che ogni contestazione del titolo esecutivo giudiziale consistente in un provvedimento interdittale possessorio era oggetto di attuazione, quale fase del procedimento possessorio, sicché ogni contestazione andava mossa ai sensi e nelle forme dell'art. 669 duodecies c.p.c.
Il motivo di doglianza è fondato in quanto la Corte di Cassazione ha già avuto modo di affermare che: «i provvedimenti interinali di reintegrazione hanno il carattere della esecutività, ma non danno luogo ad esecuzione forzata, atteso che, con essi, non si realizza un'alternativa tra adempimento spontaneo ed esecuzione forzata, ma un fenomeno intrinsecamente coattivo di realizzazione forzosa che si svolge ex officio iudicis» (Cass. n. 8581/1994; Cass. n. 481/2003; Cass. n. 7922/2007; Cass. n. 5010/2008; Cass. n. 6621/2008) e quindi «la loro attuazione, pertanto, deve avvenire senza l'osservanza delle formalità dell'ordinario processo di esecuzione e, quindi, senza preventiva notificazione del precetto, con la conseguenza che le spese a questo relative, ove intimato, non sono neppure ripetibili; per tutte» (Cass. n. 2460/1979 e Cass. n. 407/2006). Inoltre, è stato precisato che «la legittimità dell'attuazione forzosa ex art. 669-duodecies c.p.c., può essere contestata solo nell'ambito dello stesso giudizio possessorio e non invece con l'opposizione all'esecuzione od agli atti esecutivi, sicché tutte le deduzioni svolte da chi la subisce hanno la natura di eccezioni che, inserendosi nel giudizio di merito, sono idonee soltanto a sollecitare l'esercizio dei poteri di modifica e/o di integrazione o revoca del provvedimento impugnato, spettanti al giudice del merito possessorio e non ad altri» (Cass. n. 8581/1994; Cass. 25606/1997; Cass. n. 5672/1997 e Cass. n. 6621/2008).
Accogliendo il ricorso, la Suprema Corte afferma il seguente principio di diritto: «poiché l'interdetto possessorio, a differenza della sentenza di condanna resa all'esito della successiva fase di merito, non è mai suscettibile di esecuzione, ma soltanto di attuazione ai sensi dell'art. 669-duodecies, richiamato dal capoverso dell'art. 703 c.p.c., sono inammissibili sia l'attività del beneficiario volta a porlo in attuazione nelle forme previste per l'esecuzione e consistente nell'intimazione di un precetto non previsto dalla legge o dal giudice, sia il dispiegamento di contestazioni mediante opposizione a quest'ultimo, l'una e l'altra in violazione della competenza funzionale ed inderogabile del giudice che ha emanato il detto provvedimento possessorio, a questi dovendo rivolgersi il destinatario della notifica di quell'inammissibile precetto per contestare il diritto di conseguire l'attuazione del provvedimento interdittale».
Fonte: dirittoegiustizia.it
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