Domanda di concordato preventivo (anteriore al pignoramento) ed efficacia liberatoria del pagamento effettuato dal terzo (debitor debitoris)

Pasqualina Farina
25 Maggio 2021

Nel concordato preventivo, ove non trova applicazione il cd. "spossessamento" previsto in ambito fallimentare dagli artt. 42 e 43 l. fall., ma opera un diverso congegno in forza del quale il debitore conserva l'amministrazione dei suoi beni e l'esercizio dell'impresa sotto la vigilanza del commissario giudiziale, è legittimo — salvo non ricorra l'ipotesi di frode di cui all'art. 173 l. fall. — il pagamento effettuato dal "debitor debitoris" in esito ad un pignoramento presso terzi trascritto prima della pubblicazione della domanda di concordato preventivo, ove l'ordinanza di assegnazione sia anch'essa antecedente a detta pubblicazione, quantunque il pagamento venga invece effettuato successivamente ad essa.
Massima

Nel concordato preventivo, ove non trova applicazione il cd. "spossessamento" previsto in ambito fallimentare dagli artt. 42 e 43 l.fall., con la conseguente previsione di inefficacia dei pagamenti eseguiti dal debitore dopo la dichiarazione di fallimento, ai sensi del successivo art. 44, ma opera un diverso congegno in forza del quale il debitore conserva l'amministrazione dei suoi beni e l'esercizio dell'impresa sotto la vigilanza del commissario giudiziale, è legittimo — salvo non ricorra l'ipotesi di frode di cui all'art. 173 l.fall. — il pagamento effettuato dal "debitor debitoris" in esito ad un pignoramento presso terzi trascritto prima della pubblicazione della domanda di concordato preventivo, ove l'ordinanza di assegnazione sia anch'essa antecedente a detta pubblicazione, quantunque il pagamento venga invece effettuato successivamente ad essa.

Il caso

Poco dopo aver concesso in locazione un proprio immobile, una società ha depositato (in data 21 giugno 2013) domanda di ammissione a concordato preventivo. Successivamente (in data 27 gennaio 2014) Equitalia ha notificato, ex art. 72 bis d.p.r. n. 602/1973, un pignoramento alla suddetta società, debitrice principale (nonché locatrice) ed al terzo, debitor debitoris (conduttore). In ottemperanza all'ordinanza di assegnazione il conduttore- nonché terzo pignorato - ha corrisposto (il 4 febbraio 2014) al creditore (Equitalia) le somme portate dall'ordinanza di cui all'art. 553 c.p.c.

In questo stato di cose, la società debitrice ha chiesto ed ottenuto dal Tribunale di Ferrara, nei confronti del medesimo conduttore, decreto ingiuntivo per le somme dovute in forza del contratto di locazione, oltre accessori e spese.

Il suddetto decreto è stato opposto dal conduttore; ma il Tribunale ha respinto l'opposizione, ritenendo che l'ordinanza di assegnazione fosse stata illegittimamente eseguita dal terzo pignorato.

Sia il conduttore, sia il creditore assegnatario (Equitalia) hanno impugnato la sentenza davanti alla Corte d'appello di Bologna che - in completa riforma della statuizione del Tribunale di Ferrara – ha revocato il decreto ingiuntivo e condannato la società ammessa al concordato a restituire al conduttore le somme incassate in esecuzione del decreto, regolando altresì le spese di lite in applicazione del principio di soccombenza.

Avverso la decisione della Corte d'appello, la società ammessa al concordato preventivo, nonché debitrice principale, ha proposto ricorso in Cassazione, articolato in tre diversi motivi.

Il primo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 44, 161, 168, 169 l. fall. e 1189 c.c. Segnatamente, a dire della ricorrente, la decisione della Corte d'appello sarebbe stata adottata in forza di un indirizzo giurisprudenziale datato, formatosi sul testo dell'art. 168 l. fall. antecedente alla riforma del 2012, che ha segnato un cambio di passo per aver sottoposto la domanda concordatataria al requisito pubblicitario dell'iscrizione nel Registro delle imprese, con conseguente opponibilità ai terzi. Pertanto, nel caso di specie, sia il pignoramento, sia il successivo pagamento sarebbero stati effettuati in mala fede con inapplicabilità dell'effetto liberatorio di cui all'art.1189 c.c.

Il secondo motivo attiene alla violazione e falsa applicazione degli artt. 44, 161, 168 e 169 l. fall. per mancato rilievo di incostituzionalità dell'art. 169 l. fall. laddove non richiama l'art. 44, comma 2, l.fall. della medesima legge.

Con il terzo ed ultimo motivo la ricorrente lamenta l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, e cioè la pubblicazione (avvenuta in data 25 giugno 2013) della domanda di concordato preventivo presso il Registro delle imprese.

La Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso perché laddove la sentenza sia fondata su più ordini di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione, l'omessa impugnazione di una rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre (ex pluribus Cass. 27 luglio 2017, n. 18641; Cass. 18 aprile 2017, n. 9752). Ed infatti, le censure mosse dalla ricorrente non investono la seconda delle due rationes decidendi poste dai Giudici d'appello a sostegno della sentenza impugnata: quella, cioè, in cui si afferma che il pagamento effettuato dal terzo pignorato in favore del creditore assegnatario risultava ormai stabilizzato per non avere la debitrice principale proposto opposizione all'esecuzione, senza peraltro che predetto il pagamento risultasse lesivo della par condicio creditorum, poiché effettuato a favore di un creditore privilegiato.

Successivamente la Corte ha affermato, nell'interesse della legge, il principio che governa il caso di specie, principio che eccede, dunque, il rapporto – sempre complesso - intercorrente tra pignoramento presso terzi e procedura di concordato preventivo.

La questione

La questione affrontata dalla Corte sembra avere solo indirettamente ad oggetto il rapporto tra la procedura di espropriazione presso terzi (definita dall'ordinanza di assegnazione del credito pignorato) e la domanda di concordato preventivo proposta - successivamente al pignoramento presso terzi — dal debitore principale.

Per il Collegio l'espropriazione svoltasi e conclusasi senza che il debitore abbia reagito con gli strumenti oppositivi che pure l'ordinamento gli riconosce, non può più essere rimessa in discussione, indipendentemente dalla violazione dell'art. 168 l. fall. (in forza del quale, dopo la domanda di concordato, i creditori per titolo o causa anteriore non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore).

Se così è, il punto nodale della questione va spostato sulla revocabilità e sulla inefficacia degli atti compiuti dal debitore in pendenza di una procedura di concordato. Ed infatti, in base alla tesi sostenuta dal ricorrente l'introduzione della necessaria trascrizione della domanda nel registro delle imprese avrebbe azzerato le differenze tra il regime del fallimento e quello del concordato; pertanto l'inefficacia degli atti compiuti dal debitore dopo l'apertura della procedura concorsuale opererebbe, non solo in caso di dichiarazione di fallimento come previsto dall'art. 44 l. fall., ma anche nel concordato preventivo, risultando così superato l'orientamento di cui la Corte d'appello ha fatto applicazione con la sentenza impugnata.

Per la Cassazione, invece, le innovazioni apportate dalla riforma del 2012 alla pubblicità della domanda di concordato (art. 161, comma 5, l. fall.) non incidono affatto sulle differenze che continuano a caratterizzare lo spossessamento del debitore, quale effetto tipico della sentenza dichiarativa di fallimento, rispetto allo spossessamento cd. “attenuato” del concordato, che consente all'imprenditore in crisi di conservare l'amministrazione del proprio patrimonio e l'esercizio dell'attività di impresa, salvo gli atti di straordinaria amministrazione che necessitano di apposita autorizzazione. Al contempo, il debitore concordatario conserva il diritto di esercitare le azioni o di resistervi nei confronti dei terzi, a tutela del proprio patrimonio. In tale contesto è chiaro, dunque, che il commissario giudiziale, diversamente dal curatore fallimentare, non subentra nella disponibilità del patrimonio del debitore e non ha la rappresentanza processuale di quest'ultimo, né della massa dei creditori.

Ecco allora che direttamente dal mancato spossessamento consegue l'efficacia del pagamento effettuato dal terzo pignorato a favore del creditore assegnatario. Né il discorso potrebbe mutare rispetto al diritto del creditore di trattenere le somme percepite in forza di un pagamento spontaneo (integrante un atto di ordinaria amministrazione) sempre che non integri le caratteristiche della frode ai creditori.

Una disciplina decisamente meno rigida specialmente se la si confronta con il diverso regime del fallimento dove il pagamento eseguito dal debitor debitoris al creditore assegnatario ex art. 552 c.p.c., é sempre inefficace, ai sensi dell'art. 44 l. fall., qualora intervenuto successivamente alla dichiarazione di fallimento (Cass. 8 giugno 2020, n. 10867). Senza trascurare che, nel frangente considerato, in caso di fallimento del debitore già assoggettato ad espropriazione presso terzi, é data al curatore l'azione revocatoria fallimentare del pagamento del debitor debitoris (Cass. 3 novembre 2016, n. 22160; Cass. 19 luglio 2016, n. 14779).

Così nella prima parte del principio di diritto la Corte si preoccupa di precisare, in relazione al caso che ci occupa, che: Nel concordato preventivo, ove non trova applicazione il cd. "spossessamento" previsto in ambito fallimentare dagli artt. 42 e 43 l.fall., con la conseguente previsione di inefficacia dei pagamenti eseguiti dal debitore dopo la dichiarazione di fallimento, ai sensi del successivo art. 44, ma opera un diverso congegno in forza del quale il debitore conserva l'amministrazione dei suoi beni e l'esercizio dell'impresa sotto la vigilanza del commissario giudiziale, è legittimo — salvo non ricorra l'ipotesi di frode di cui all'art. 173 l.fall. — il pagamento effettuato dal "debitor debitoris”.

Una volta definita la questione nodale, con la seconda parte del principio di diritto la Corte ribadisce la corretta interazione tra il momento del deposito della domanda di concordato preventivo e la sequenza procedimentale (e temporale) che caratterizza il pignoramento presso terzi. Per la Corte l'esecuzione è, difatti, legittimamente conclusa in caso di “pignoramento presso terzi trascritto prima della pubblicazione della domanda di concordato preventivo, ove l'ordinanza di assegnazione sia anch'essa antecedente a detta pubblicazione, quantunque il pagamento venga invece effettuato successivamente ad essa”, senza interferenza di sorta con l'ambito di applicazione dell'art. 168, comma 1, l.fall. Tale costruzione, chiaramente, riposa sul fatto che l'ordinanza di assegnazione integra l'atto giurisdizionale conclusivo dell'espropriazione presso terzi, espropriazione che finisce per essere collocata al di fuori e, più precisamente, prima che scatti il divieto di cui all'art. 168 l. fall.

In una prospettiva per così dire “dinamica” occorre, infine, segnalare come, per effetto dell'ordinanza di assegnazione, il credito pignorato sia in concreto fuoriuscito dal patrimonio del debitore, senza che il successivo deposito della domanda di concordato possa interferire sulla “vincolatività” del comando impartito dal g.e. al debitor debitoris ex art. 553 c.p.c., che – val la pena ricordarlo - costituisce titolo esecutivo nei confronti di quest'ultimo, risultando il pagamento un'attività materiale meramente esecutiva del comando giudiziale.

Le soluzioni giuridiche

Nella motivazione la Cassazione ripercorre le varie soluzioni giuridiche alla base dei precedenti arresti di legittimità.

Così in base ad una prima interpretazione, nel procedimento di concordato preventivo non sono consentite azioni revocatorie, né sussiste d'inefficacia exart. 44 l.fall. Pertanto, il pagamento di un debito preconcordatario è sempre legittimo, in quanto atto di ordinaria amministrazione, sempre che non sia «diretto a frodare le ragioni dei creditori», potendo in tal caso condurre alla dichiarazione di fallimento ex art. 173, comma 2, l. fall. (Cass. 29 novembre 2005, n. 26036, in Il fall., 2006, 604, in relazione ad un caso in cui l'ordinanza di assegnazione era anteriore alla domanda di concordato, mentre il pagamento del terzo pignorato era avvenuto successivamente alla suddetta domanda).

In senso contrario si registra un orientamento rimasto isolato per il quale il terzo pignorato, che sia a conoscenza del concordato, non deve sottostare al precetto intimato dal creditore assegnatario delle somme, ma, essendo venuto meno il presupposto dell'esecuzione individuale, deve opporsi all'atto di precetto ex art. 615 c.p.c., allegando il venir meno dell'obbligo di pagare (Cass. 26 giugno 2007, n. 14738, anch'essa in relazione ad un caso in cui l'ordinanza di assegnazione era anteriore al concordato preventivo).

A breve distanza la Cassazione ha ribadito la validità del primo orientamento affermando che l'art. 168 l. fall. non priva di efficacia liberatoria il pagamento effettuato nel corso del concordato preventivo e prima della dichiarazione di fallimento, nel rispetto dell'ordinanza di assegnazione disposta nell'esecuzione anteriormente iniziata contro il medesimo debitore (Cass. 2 ottobre 2008, n. 24476, in Il fall., 2009, 24, con nota di M.R. La Torre). Più di recente questo principio è stato confermato dalla Corte Suprema che ha premesso l'impossibilità di effettuare nel procedimento di concordato preventivo revocatorie o azioni ai sensi dell'art. 44 l. fall., per concludere a favore della legittimità del pagamento di un debito preconcordatario, “in quanto atto di ordinaria amministrazione, purché non integri l'ipotesi di un atto "diretto a frodare le ragioni dei creditori" (Cass. 7 giugno 2016, n. 11660, in una fattispecie in cui l'ordinanza di assegnazione era stata emessa prima della domanda di concordato). Orbene, la decisione in commento si allinea a tale indirizzo, nonostante il caso portato all'odierna attenzione della Suprema Corte presenti una diversa sequenza temporale perchè, come anticipato qualche riga indietro, il pignoramento presso terzi e, quindi, anche l'ordinanza di assegnazione sono successivi alla domanda di concordato.

A ben guardare, la Corte fa qui un passaggio ulteriore perché riconosce la stabilità dei risultati dell'esecuzione non solo quando è stato rispettato il criterio della prevenzione scandito dall'anteriorità dell'ordinanza rispetto alla domanda di concordato, ma anche quando il debitore non abbia contestato la violazione dell'art. 168 l. fall. dinanzi al g.e. (per essere stato intrapreso o proseguito il pignoramento nonostante la domanda di concordato).

Nella fattispecie concreta rientrava, dunque, nella esclusiva determinazione dell'imprenditore commerciale – non spossessato – il rilievo (o meno) del difetto di azione esecutiva del creditore pignorante e, quindi, la reazione alla violazione dell'art. 168 l. fall., non potendo tale onere essere “addossato” al terzo pignorato, legittimato a proporre la sola opposizione per ragioni formali (e non anche l'opposizione ex art. 615 c.p.c.).

Osservazioni

Anche in considerazione del difetto di contestazione specifica della ratio decidendi fondante la pronuncia oggetto di impugnazione di cui si è già detto nella parte iniziale di questo lavoro, le ragioni processuali che sorreggono la decisione sembrano rimanere sullo sfondo e, più precisamente, vanno rinvenute nella motivazione della sentenza d'appello non specificamente censurata. Pur potendo essere dichiarata la nullità del pignoramento presso terzi, per violazione dell'art. 168 l. fall, attraverso un'opposizione ex art. 615 c.p.c. proposta dalla società debitrice principale – cui il pignoramento è stato ritualmente notificato – ciò non è avvenuto.

Né risulta dal testo della sentenza che il debitore abbia provveduto ad allegare la domanda di concordato al g.e. o ad informarlo in qualsiasi altro modo, sulla scorta di quell'orientamento che consente (e giustifica) la rilevabilità d'ufficio della violazione dell'art. 168 l.fall., equiparandola ad una particolare ipotesi d'inefficacia sopravvenuta del titolo (App. Milano, 8 luglio 2014, in ilcaso.it). In breve: nulla sembra sia stato fatto perché il giudice dell'esecuzione, prendesse atto della violazione dell'art. 168 l. fall. e dichiarasse l'improcedibilità dell'esecuzione.

Per concludere: a noi pare che a quello già esplicitato nella decisione, e riportato nella massima ufficiale, la Cassazione affianchi, un ulteriore ed egualmente importante principio che può riassumersi nei seguenti termini.

In mancanza di una reazione del debitore, consistente in un'opposizione o in un'allegazione avente ad oggetto la pendenza della procedura concordataria, la stabilità dell'esecuzione – pur intrapresa dopo il concordato - è intangibile. Da un punto di vista applicativo tale assetto comporta, dunque, che la reazione del debitore alla violazione dell'art. 168 l. fall. è preclusa dalla pronuncia dell'ordinanza di assegnazione, indipendentemente dalla registrazione della domanda di concordato, dalle caratteristiche del credito vantate dal pignorante (che però nella specie era privilegiato) e dall'effettivo rispetto del criterio della prevenzione, conformemente all'attuale dettato degli artt. 615 c.p.c. (che richiama espressamente l'art. 552 c.p.c.) e 187 bis disp. att. c.p.c.

Guida all'approfondimento

A. BONSIGNORI, Del concordato preventivo (art. 160-186), in Commentario Scialoja – Branca, Bologna – Roma, 1979, 230 ss.; F. DEL VECCHIO, Il divieto di azioni esecutive nel concordato preventivo, in Fall., 1995, 705 ss.; P. FARINA, Il nuovo art. 615 c.p.c. e le preclusioni tra discutibili esigenze sistematiche e rischi di un'esecuzione ingiusta, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2017, 259 ss.; P. FARINA, Il nuovo regime della domanda di concordato preventivo: abuso del diritto ed effetti sulle procedure esecutive e cautelari, in Dir. Fall., 2013, 62 ss.; G. GIURDANELLA, I rapporti bancari nella fase prenotativa ed ammissiva del concordato preventivo, in Il fall., 2017, 377 ss.; A. NIGRO – D. VATTERMOLI, Diritto della crisi delle imprese, Bologna 2021; M. MONTANARI, La protezione del patrimonio nel concordato preventivo, in Dir. Fall., 2013, I, 660 ss.; M. SPADARO, La protezione del patrimonio del debitore in concordato preventivo, tra interpretazione estensiva dell'art. 168 L.fall. e nuove misure protettive e cautelari previste dal codice della crisi, in Il fall., 2019, 518 ss.; S. ZIINO, Domanda di ammissione al concordato preventivo e divieto di azioni esecutive, in Dir. Fall., 2014, I, 753 ss.

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