Redazione scientifica
26 Maggio 2021

In materia di protezione internazionale, è compito del giudice di merito svolgere un ruolo attivo nell'istruzione della domanda, disancorandosi dal principio dispositivo proprio del giudizio civile ordinario, mediante l'esercizio di poteri-doveri d'indagine officiosi e l'acquisizione di informazioni aggiornate sul paese di origine del richiedente, al fine di accertarne la situazione reale.

La Corte d'appello di Bologna confermava la sentenza del Tribunale che aveva rigettato la domanda di protezione internazionale avanzata da G.S.K. proveniente dal Ghana.

Avverso tale sentenza, G.S.K. proponeva ricorso per cassazione, deducendo la violazione e falsa applicazione degli artt. 2 lett. E, 4,9.15 e 20 Direttiva 2004/83/CE e degli artt. 2, lett. G, e 14 d.lgs. 251/2007. Lamentava l'omesso adempimento del dovere di cooperazione istruttoria; aggiungeva che la Corte territoriale, quanto alla valutazione di attendibilità del racconto, pur non mettendo in dubbio la credibilità dei fatti narrati, aveva escluso apoditticamente che essi potessero costituire il presupposto per il riconoscimento della protezione sussidiaria.

La Corte riqualifica preliminarmente la censura proposta da violazione di una norma sostanziale ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., in violazione di una norma processuale di cui al numero 4 del citato art. 360 c.p.c., atteso che «nonostante il vizio prospettato in rubrica venga definito come violazione di legge, le argomentazioni sottese alla censura denunciano l'illogicità ed apparenza della motivazione».

Nel merito, ritiene il ricorso fondato. In relazione alla credibilità del ricorrente, infatti, la Corte territoriale ha reso una motivazione apodittica e illogica, in quanto da una parte non ha messo in dubbio i fatti narrati, dall'altra, ha ritenuto che non fossero stati fatti sforzi per circostanziarla, dall'altra ancora ha affermato che risultano una vicenda privata non ricorrevano i presupposti della misura richiesta. Sicchè risultano violati i principi dell'art. 4 Direttiva 2004/83/CE (recepita dall'art. 3 d.lgs. 251/2007). Ad avviso dei giudici, inoltre, non è stato adempiuto il dovere di cooperazione istruttoria predicato dallo stesso art. 4 cit., atteso che la Corte d'appello ha omesso di acquisire C.O.I. attendibili ed aggiornate in relazione alle condizioni del paese di origine con particolare riferimento – stante la natura privata della vicenda narrata – al sistema giudiziario ed alla tutela che le forze dell'ordine riuscivano a garantire (cfr. Cass. civ., n. 26823/2019 ed ancor prima, in termini, Cass. civ., n. 3758/2018). Viene affermato, sotto tale profilo, il principio per cui «la valutazione della credibilità del racconto del cittadino straniero richiedente protezione internazionale, non è affidata alla mera opinione del giudice ma è il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione, da compiersi non sulla base della mera mancanza di riscontri oggettivi, ma alla stregua dei criteri indicati nell'art. 3, comma 5, del d.lgs. 251/2007 e, inoltre, tenendo conto della situazione individuale e delle circostanze personali del richiedente (di cui all'art. 5, comma 3, lett. c) del d.lgs. cit.), con riguardo alla sua condizione sociale e all'età, non potendo darsi rilievo a mere discordanze o contraddizioni su aspetti secondari o isolati quando si ritiene sussistente l'accadimento, sicchè è compito del giudice di merito svolgere un ruolo attivo nell'istruzione della domanda, disancorandosi dal principio dispositivo proprio del giudizio civile ordinario, mediante l'esercizio di poteri-doveri d'indagine officiosi e l'acquisizione di informazioni aggiornate sul paese di origine del richiedente, al fine di accertare la situazione reale».

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