La prospettazione «a grappolo» delle censure non comporta l’inammissibilità dell’impugnazione del lodo
07 Giugno 2021
Una società a responsabilità limitata proponeva ricorso avverso la sentenza con cui la Corte d'Appello di Bari aveva confermato la legittimità del lodo arbitrale pronunciato a definizione del contenzioso insorto tra la ricorrente e alcuni soci, avente ad oggetto la liquidazione della quota spettante a costoro in conseguenza del loro recesso e il danno da essa patito per attività di concorrenza sleale. La Corte territoriale, nel motivare la propria decisione, aveva rilevato l'inammissibilità dell'impugnazione del lodo per difetto di specificità dei motivi di gravame, indicanti «a grappolo un insieme di pretesi vizi della pronuncia arbitrale, si da impedire di esaminare partitamente ciascuna doglianza». La ricorrente contestava la decisione della Corte d'appello nella parte in cui aveva decretato l'inammissibilità dell'impugnazione del lodo per asserito difetto di specificità dei motivi.
La Corte ha ritenuto fondato il motivo di ricorso. E' convinzione della Corte - enunciata con riferimento al giudizio per cassazione, ma estensibile anche all'impugnazione del lodo, trattandosi di giudizio a critica vincolata che presuppone la veicolazione delle ragioni di doglianza a mezzo di specifici motivi - che, pur esigendosi che il ricorso per cassazione debba essere articolato in specifici motivi, «il fatto che un singolo motivo sia articolato in più profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere prospettato come un autonomo motivo, non costituisce, di per sé, ragione di inammissibilità dell'impugnazione, dovendosi ritenere sufficiente, ai fini dell'ammissibilità del ricorso, che la sua formulazione permetta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne, se necessario, l'esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati» (Cass. civ., sez. un., 6 maggio 2015, n. 9100). La prospettazione «a grappolo» di una pluralità di censure non è perciò ragione di pregiudiziale inammissibilità del gravame quando, scandagliandone la formulazione, sia possibile scindere il contenuto cassatorio di ciascuna censura e, indipendentemente dalla sua rubricazione e, ancor di più, dalla correttezza dell'indicazione numerica adottata, sia identificabile, tra quelli enunciati dall'art. 360 c.p.c., e non diversamente dell'art. 829 c.p.c., il parametro normativo di riferimento.
Tratto da: www.dirittoegiustizia.it
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