Redazione scientifica
11 Giugno 2021

Nel giudizio arbitrale la questione relativa alla violazione del contraddittorio deve essere determinata non sotto il profilo formale ma nell'ambito di una ricerca volta all'accertamento di un'effettiva lesione della possibilità di dedurre e contraddire...

La Corte d'appello di Firenze ha respinto le domande di una società cooperativa volte a ottenere la declaratoria di nullità del lodo arbitrale rituale con il quale era stata annullata una delibera del Consiglio di Amministrazione della società medesima per illegittima esclusione dalla compagine sociale di un socio.

In particolare, per quanto qui di interesse, i Giudici d'appello non hanno accolto il motivo di censura inerente alla violazione del contradittorio, ex art. 829, comma 1, n. 9, c.p.c., per avere l'arbitro unico, dopo il deposito della CTU, disposto immediatamente la rimessione della causa in decisione, senza consentire alle parti di dedurre e argomentare in ordine alle risultanze della CTU.

Avverso la suddetta pronuncia ha proposto ricorso per cassazione la società cooperativa, riproponendo la censura relativa alla nullità del lodo per violazione del principio del contradditorio, ai sensi degli artt. 360, nn. 3 e 4, c.p.c., 816-bis e 829, comma 1, n. 9, c.p.c.

La Corte ha ritenuto la censura infondata.

La giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., n. 18600/2020; Cass. civ., n. 2201/2007) ha infatti affermato che «in tema di giudizio arbitrale, la questione della violazione del contraddittorio deve essere determinata non sotto il profilo formale ma nell'ambito di una ricerca volta all'accertamento di un'effettiva lesione della possibilità di dedurre e contraddire, onde verificare se l'atto abbia egualmente raggiunto lo scopo di instaurare un regolare contraddittorio e se, comunque, l'inosservanza non abbia causato pregiudizio alla parte; ne consegue che la nullità del lodo e del procedimento devono essere dichiarate solo ove nell'impugnazione, alla denuncia del vizio idoneo a determinarle, segua l'indicazione dello specifico pregiudizio che esso abbia arrecato al diritto di difesa». Viene inoltre richiamato il principio secondo cui «il limite inderogabile del rispetto del principio del contradditorio va opportunamente adattato al giudizio arbitrale» con la conseguenza che «gli arbitri possono regolare l'assunzione delle prove nel modo più ritenuto opportuno, salvo l'obbligo, dopo il compimento dell'istruttoria e prima di emettere la pronuncia, di far conoscere alle parti i risultati dell'istruttoria medesima e di assegnare alle stesse un termine per la presentazione delle rispettive osservazioni e difese, incluso il deposito di una relazione, affidata a tecnici di fiducia,che contenga risultanze e rilievi alle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio» (Cass. civ. n. 19949/2007).

Ne consegue che nel caso specifico nessuna violazione del principio del contradditorio poteva ravvisarsi, posto che «dopo il deposito della CTU nella sua versione definitiva, le parti hanno potuto precisare le conclusioni e presentare comparse conclusionali» e che «in quella sede le stesse ben potevano - come in effetti hanno fatto - dedurre sulle conclusioni del CTU». Inoltre, è stata offerta alle parti anche la possibilità di redigere osservazioni dei consulenti di parte sulla relazione del consulente tecnico, con conseguente rispetto anche di quanto statuito dalla Corte nella pronuncia n. 19949/2007.

Tratto da: www.dirittoegiustizia.it

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