L'aggio sulla riscossione ha ancora senso? La Consulta invoca l'intervento del legislatore

La Redazione
11 Giugno 2021

Pronunciandosi sulle questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla CTP Venezia in tema di remunerazione dell'agente della riscossione mediante aggio (art. 17, comma 1, d.lgs. n. 112/1999), la Corte Costituzionale ha ritenuto opportuno rivolgere un monito al legislatore affinché intervenga sul tema.

Pronunciandosi sulle questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla CTP Venezia in tema di remunerazione dell'agente della riscossione mediante aggio (art. 17, comma 1, d.lgs. n. 112/1999), la Corte Costituzionale ha ritenuto opportuno rivolgere un monito al legislatore affinchè intervenga sul tema.

Il legislatore è tenuto a valutare se l'istituto dell'aggio mantenga ancora «una sua ragion d'essere – posto che rischia di far ricadere su alcuni contribuenti, in modo non proporzionato, i costi complessivi di un'attività ormai svolta quasi interamente dalla stessa amministrazione finanziaria e non più da concessionari privati – o non sia piuttosto divenuto anacronistico e costituisca una delle cause di inefficienza del sistema». Così si è espressa la Corte Costituzionale con la sentenza n. 120/21, depositata il 10 giugno.

Pur ritenendo inammissibile le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla CTP Venezia in tema di remunerazione dell'agente della riscossione mediante aggio (art. 17, comma 1, d.lgs. n. 112/1999), la Consulta ha infatti sottolineato come «l'eccessiva dimensione delle entrate pubbliche non riscosse, pari a circa mille miliardi di euro accumulati in venti anni, rappresenta infatti un'anomalia non riscontrabile nel panorama internazionale e incide sulla funzione della riscossione, originando il paradosso di addossare su una limitata platea di contribuenti, individuati in ragione della loro solvenza (seppure tardiva rispetto alla fase dell'accertamento dei tributi), il peso di una solidarietà né proporzionata né ragionevole, perché determinata, in realtà, dall'ingente costo della sostanziale impotenza dello Stato a riscuotere i propri crediti».

I Giudici delle Leggi hanno dunque voluto rivolgere un forte monito al legislatore per un intervento urgente di riforma «perché un'adeguata riscossione è essenziale non solo per la tutela dei diritti sociali, ma anche di gran parte di quelli civili, data l'ingente quantità di risorse necessaria al funzionamento degli apparati sia della tutela giurisdizionale sia della pubblica sicurezza, entrambi indispensabili per la garanzia di tali diritti».

La pronuncia sottolinea infatti che anche un obbligo tributario di ridotto importo, come ad esempio quello derivante dalle imposte locali, sarebbe sufficiente per concretizzare il dovere di solidarietà di cui all'art. 2 Cost., dovere di cui non bisogna dimenticare il carattere inderogabile, « pena non solo la perdita di rilevanti quote di gettito ma altresì il determinarsi di disorientamento e amarezza per coloro che tempestivamente adempiono e ulteriore spinta a sottrarsi al pagamento spontaneo per molti altri».

In conclusione, è il legislatore a dover intervenire con una riforma che superi, da un lato, i profili di irragionevolezza della disciplina dell'aggio e, dall'altro, che garantisca adeguate risorse e soluzioni per un efficiente funzionamento della riscossione coattiva. Le possibilità di intervento ipotizzate a titolo esemplificativo dalla pronuncia spaziano dalla fiscalizzazione degli onere della riscossione (come in alti Paese europei tra cui Germania, Francia, Spagna e Gran Bretagna), a soluzione miste che prevedano criteri e limiti adeguati per la determinazione di un “aggio” proporzionato.

Fonte: www.dirittoegiustizia.it

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