La mera mancanza delle scritture contabili non integra il delitto di bancarotta fraudolenta, semmai quello di bancarotta semplice

Francesco Spina
14 Giugno 2021

In tema di bancarotta documentale, qualora sia assente o insufficiente l'accertamento in ordine allo scopo eventualmente propostosi dall'agente ed in ordine alla oggettiva finalizzazione di tale carenza, la mera mancanza dei libri e delle scritture contabili deve essere ricondotta alla ipotesi criminosa della bancarotta semplice.
Massima

In tema di bancarotta documentale, qualora sia assente o insufficiente l'accertamento in ordine allo scopo eventualmente propostosi dall'agente ed in ordine alla oggettiva finalizzazione di tale carenza, la mera mancanza dei libri e delle scritture contabili deve essere ricondotta alla ipotesi criminosa della bancarotta semplice.

Il caso

In sede di merito, tanto in primo che in secondo grado, il titolare di un'impresa individuale veniva condannato per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale ex artt. 216, 219 e 223 l.fall., per aver distratto beni ed ingenti liquidità dall'impresa, nonché per aver sottratto od occultato tutte le scritture contabili della società allo scopo di procurarsi un ingiusto profitto o comunque di recare pregiudizio ai creditori, rendendo impossibile la ricostruzione del patrimonio sociale e del movimento degli affari.

Con riferimento alla bancarotta fraudolenta documentale in sede di ricorso di cassazione, l'imprenditore contestava l'omessa valutazione dell'elemento soggettivo del reato.

A suo dire, la mera mancanza dei libri e dei registri, infatti, può integrare l'elemento oggettivo del reato, ma non può essere confuso con l'elemento soggettivo, per il quale, infatti, si rende necessario accertare lo scopo perseguito dall'agente, che deve essere quello di realizzare un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori.

Richiedeva, pertanto, l'annullamento della sentenza di merito stante l'omissione in cui erano incorsi i secondi Giudici, i quali si erano limitati ad affermare che “..nel caso di specie, all'esito dell'attività di indagine svolta è emersa una prova certa in ordine alla sussistenza del dolo dell'imprenditore nella bancarotta, sia essa documentale sia patrimoniale..”, senza tuttavia specificare quale sia tale prova e quale sia la connotazione di tale dolo, se generico o se specifico.

Tale impugnazione era condivisa dal Giudice di Legittimità, il quale riteneva meritevole tale censura ed annullava con rinvio la condanna per bancarotta fraudolenta documentale.

Sul punto la Corte di Cassazione richiamando un orientamento ormai costante, ricordava che la mancanza dei libri e delle scritture contabili deve essere ricondotta alla ipotesi criminosa della bancarotta semplice (e, quindi, non fraudolenta) laddove sia assente o insufficiente l'accertamento in ordine allo scopo che si è proposto l'agente (v. Cass. 13059/2021 e Cass. 50098/2015).

La questione giuridica

La questione giuridica sottesa nel caso in esame, verte nello stabilire se la mera mancanza dei libri e delle scritture contabili, integri necessariamente il delitto di bancarotta fraudolenta documentale o se, invece, laddove sia assente o insufficiente l'accertamento in ordine allo scopo eventualmente propostosi dall'agente e in ordine all'oggettiva finalizzazione di tale carenza, sia configurabile la fattispecie “minore” della bancarotta semplice.

Le soluzioni

Prima di fornire soluzione alla questione giuridica in premessa, occorre una breve disamina degli istituiti coinvolti nel caso in disamina.

Con l'art. 216, comma 1, n. 2 L. Fall. è punita la bancarotta fraudolenta documentale, in cui vengono sanzionate le inadempienze relative alla tenuta della contabilità.

Rilevano in tal senso sia le scritture contabili obbligatorie (ex art. 2214 c.c.), sia quelle facoltative, previste dalla legislazione civilistica, tributaria o previdenziale.

L'ordinamento correla inscindibilmente all'attività dell'imprenditore commerciale l'obbligo della registrazione contabile delle operazioni compiute e la dimensione e modificazione del patrimonio dell'impresa. Si tratta della tutela nell'interesse dei creditori ai quali deve consentirsi la possibilità di una chiara ricostruzione delle vicende economiche dell'impresa e dei suoi movimenti

La documentazione è quella che attiene al complesso patrimoniale (nella sua dimensione statica), alla gestione ed al movimento degli affari e, pertanto, trattasi dei documenti di cui all'art. 2214 c.c. e delle scritture primarie (lettere, telegrammi, fatture, ricevute, e copia della corrispondenza spedita e pervenuta).

Sono esclusi dal novero i libri sociali (artt. 2421 e ss., 2464, 2490, 2516 c.c.), poiché l'oggetto della protezione è la portata contabile, mentre i libri sociali rappresentano fatti di organizzazione interna all'impresa che nulla aggiungono in ordine alla ricostruzione del movimento degli affari.

Dunque, l'oggetto materiale del reato annovera qualsiasi strumento che possa consentire l'esame del patrimonio o del movimento gestorio, coinvolgendo anche scritture facoltative, atipiche e perfino le copie (in mancanza o integrazione della contabilità obbligatoria), ove conservato o lasciato immune da falsificazione.

Non appartiene al corredo delle scritture il bilancio, inteso quale informazione diretta all'esterno della società.

La prima parte della citata norma punisce la sottrazione, la distruzione o la falsificazione di tali scritture, a prescindere che ne derivi una difficoltà di ricostruzione del patrimonio.

La sottrazione è la condotta diretta ad impedire che le scritture contabili cadano nella disponibilità degli organi della procedura, annoverandosi ogni forma di occultamento che renda ragionevolmente impossibile il ritrovamento del corredo documentale.

Integra la condotta di sottrazione anche il volontario silenzio sul luogo della detenzione o del collocamento del corredo contabile a fronte dell'invito degli organi fallimentari (ad esempio non rivelare la chiave di accesso al sistema informatico contabile).

In tale fattispecie la mancata consegna o il mancato rinvenimento delle scritture contabili non integra, di per sé, il delitto di bancarotta fraudolenta documentale, il quale richiede il dolo specifico di profitto o di recare il pregiudizio ai creditori (v. Cass. 70/2019).

Laddove sia contestata la fisica sottrazione delle scritture contabili, non può essere addebitata anche la fraudolenta tenuta delle medesime, ipotesi che presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dagli organi fallimentari (v. Cass. 9389/2019).

La condotta di distruzione consiste nel fisico annientamento (totale o parziale) del documento (es. incendio o allagamento) ovvero del suo contenuto (mediante cancellature, abrasioni, ecc.), tale da impedire la sua finalità probatoria.

La falsificazione, invece, attiene all'alterazione materiale o ideologica della scrittura (v. Cass. 5081/2020) e può riguardare sia originali, sia copie (v. Cass. 1009/1986) ed è integrata anche dalla redazione ex novo di parte o tutte le scritture, con contenuto diverso dall'originale o non corrispondente alla situazione che dovrebbe documentare (v. Cass. 792/1989).

L'elemento soggettivo che deve sorreggere tali condotte è il dolo specifico, consistente nello “scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori”, ossia la cd. specifica intenzionalità per i comportamenti di sottrazione, distruzione, falsificazione (v. Cass. 32001/2019 e Cass. 46958/2016).

A titolo esemplificativo, l'elemento psicologico del dolo specifico non può essere desunto dal solo fatto che lo stato delle scritture contabili sia tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, che costituisce l'elemento materiale del reato (v. Cass. 26613/2019).

La seconda parte dell'art. 216 L. Fall. sanziona la tenuta delle scritture contabili “in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari”.

In questo caso, il legislatore pone l'accento non tanto sulle modalità della condotta, quanto sul risultato del comportamento illecito.

Si tratta di una ipotesi generale che allude alla redazione delle scritture così incompleta, disorganica e frammentaria, da giungere al risultato di non consentire una ricostruzione del patrimonio e dei fatti di gestione dell'impresa

Al fine di integrare la fattispecie in parola è sufficiente la mera messa in pericolo dell'interesse tutelato, essendo del tutto irrilevante che la ricostruzione sia stata effettuata dagli organi fallimentari bastando una seria difficoltà al compimento della stessa.

La lettera della norma non contempla il caso di integrale omissione della contabilità e, per questo verso, si è affermato che esso non assurga ad elemento oggettivo del delitto in discorso, ma soltanto della minore ipotesi di cui all'art. 217, comma 2 l. fall. (purché ovviamente, non sia provata condotta di occultamento, sottrazione della stessa al fine di recare pregiudizio ai creditori, v. Cass. 594/1992).

Difatti, il comma 2 dell'art. 217 l.fall. disciplina la fattispecie della bancarotta semplice documentale, il quale è un reato di pericolo astratto (v. Cass. 55065/2016), avente ad oggetto le scritture obbligatorie e i libri prescritti dalla legge.

Oggetto materiale del reato di bancarotta semplice documentale sono soltanto le scritture prescritte dalla legge e, cioè (a differenza che per l'art. 216, pp. n. 2 l. fall.), ogni scrittura obbligatoria exart. 2214 c.c., corredo che non può essere supplito da eventuali scritture facoltative (non sono oggetto del reato le scritture obbligatorie per la normativa fiscale).

Il reato può realizzarsi tramite una pluralità di condotte consistenti in 1) un'omessa tenuta dei libri e delle scritture contabili prescritti dalla legge; 2) l'irregolarità della tenuta di tali documenti, inteso come mancato rispetto dei requisiti formali e sostanziali richiesti dalla legge o dalla prassi commerciale; 3) la loro incompletezza, nel caso in cui, stante la regolarità formale, si riscontrino intermittenze o lacune.

Il limite per la rilevanza penale della bancarotta documentale è di tre anni precedenti alla dichiarazione di fallimento.

Particolari problemi si pongono in relazione all'elemento soggettivo della bancarotta semplice: le diverse interpretazioni spaziano dalla colpa, alla colpa grave, al dolo generico (v. Cass. 45288/2017, Cass. 38447/2015, Cass. 38077/2015 e Cass. 11412/2015).

Ciò detto e tornando al caso in premessa, un imprenditore impugnava la sentenza di secondo grado deducendo la carenza di valutazione in ordine all'elemento soggettivo richiesto al fine di integrare la fattispecie delittuosa di cui alla bancarotta fraudolenta documentale.

Parte ricorrente evidenziava che la mera mancanza dei libri e dei registri, infatti, può integrare l'elemento oggettivo del reato, ma non può essere confuso con l'elemento soggettivo, per il quale, infatti, si rende necessario accertare lo scopo perseguito dall'agente, che deve essere quello di realizzare un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori.

La Corte di Cassazione condivideva tale censura ed annullava con rinvio la condanna per bancarotta fraudolenta documentale (art. 216comma 1 lett. b) del RD 267/42).

Conclusioni

Secondo il Giudice di Legittimità, il delitto di bancarotta fraudolenta documentale richiede il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, che consiste nella fisica sottrazione delle scritture contabili alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta. Essa costituisce una fattispecie autonoma e alternativa – in seno al medesimo art. 216 comma 1 lett. b) – rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture, in quanto quest'ultima integra un'ipotesi dì reato a dolo generico, che presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi (v. Cass. 33114/2020).

Per affermare che la mera mancanza della documentazione integra il più grave reato di bancarotta fraudolenta, il giudice di merito è dunque chiamato ad accertare puntualmente, nelle proprie motivazioni, il presupposto soggettivo del dolo specifico.

Secondo la Suprema Corte, mentre l'occultamento delle scritture contabili può configurare bancarotta fraudolenta documentale se sussiste il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori (v. Cass. 13059/2021), la fraudolenta tenuta delle scritture contabili integra un'ipotesi di reato a dolo generico, che presuppone un accertamento condotto sui libri effettivamente rinvenuti (v. Cass. 50098/2015).

Laddove in tema di bancarotta documentale, sia assente o insufficiente l'accertamento in ordine allo scopo eventualmente propostosi dall'agente ed in ordine alla oggettiva finalizzazione di tale carenza, la mera mancanza dei libri e delle scritture contabili deve essere ricondotta alla ipotesi criminosa della bancarotta semplice (art. 217 del RD 267/1942) e non alla più grave fattispecie della bancarotta fraudolenta documentale.

Fonte: www.ilsocietario.it

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