Le ritenute sono falcidiabili nel sovraindebitamento

15 Giugno 2021

Il debitore può proporre in sede di accordo di composizione della crisi un pagamento parziale del credito relativo alle ritenute erariali: il divieto di falcidia ex art. 7, comma 1, III periodo, L. 3/2012 può essere superato in applicazione della giurisprudenza comunitaria in ambito di concordato, attesa l'affinità fra procedura di sovraindebitamento e procedura concordataria.
Massima

Il debitore può proporre in sede di accordo di composizione della crisi un pagamento parziale del credito relativo alle ritenute erariali: il divieto di falcidia ex art. 7, comma 1, terzo periodo, L. n. 3/2012 può essere superato in applicazione della giurisprudenza comunitaria in ambito di concordato, attesa l'affinità fra procedura di sovraindebitamento e procedura concordataria.

Il caso

Alcuni contribuenti presentavano in via congiunta avanti al Tribunale di Parma una proposta di accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento ex artt. 6 e ss. L. n. 3/2012.

La proposta prevedeva la ristrutturazione “forzosa” del credito relativo alle ritenute erariali, con previsione di soddisfacimento parziale dello stesso.

I debitori allegavano l'attestazione redatta dall'Organismo di Composizione della Crisi, ai sensi e per gli effetti degli artt. 7, comma 1, e 9, comma 2, L. n. 3/2012.

Si tenevano le votazioni ed il ceto creditorio si esprimeva in senso favorevole alla proposta, con una maggioranza di circa l'80%.

L'OCC rilasciava la propria attestazione definitiva in ordine alla fattibilità del piano ex art. 12, comma 1, L. n. 3/2012.

L'Agenzia delle Entrate eccepiva però l'inammissibilità dell'accordo, il quale, prevedendo un soddisfacimento non integrale delle ritenute erariali, avrebbe violato la disposizione ex art. 7, comma 1, terzo periodo, L. n. 3/2012.

Il Tribunale di Parma supera il rilievo mosso dall'Amministrazione finanziaria richiamando la sentenza della Corte di Giustizia Europea resa in data 7 aprile 2016, nell'ambito del procedimento C-546/14.

Secondo il foro emiliano, trovano applicazione nel sovraindebitamento i principi statuiti dalla giurisprudenza comunitaria in ordine alla possibilità da parte del debitore di soddisfare in modo parziale il tributo IVA all'interno di una procedura concordataria, attesa la stretta affinità, sotto il profilo concorsuale, fra sovraindebitamento e concordato preventivo.

Tale soluzione interpretativa, costituzionalmente orientata, trova conferma nel Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza,

Secondo il Tribunale di Parma, tale normativa, benché non ancora efficace, può essere utilizzata dall'interprete in chiave ermeneutica.

Con riferimento al trattamento dei tributi, il D.Lgs. n. 14/2019 non prevede per il concordato minore (che andrà a sostituire l'accordo di composizione della crisi) alcun espresso divieto circa la possibilità da parte del debitore di soddisfare in modo “falcidiato” i crediti fiscali.

Il foro emiliano, superata l'eccezione di inammissibilità da parte dell'Erario, ha proceduto ad omologare l'accordo di composizione contenente la proposta di pagamento parziale delle ritenute erariali, ex art. 12, comma 2, L. n. 3/2012.

La questione

Sino alle recenti novità di cui alla L. n. 176/2020 (v. infra), il debitore non poteva proporre in sede di procedura di sovraindebitamento il pagamento parziale del tributo IVA, né delle ritenute erariali.

L'art. 7, comma 1, terzo periodo, L. n. 3/2012 ha previsto, dall'origine, che i crediti aventi ad oggetto le risorse proprie dell'UE, l'imposta sul valore aggiunto e le ritenute operate e non versate dovessero essere soddisfatte integralmente, salvo il loro pagamento dilazionato.

Il tema della “intangibilità” del tributo IVA rispetto ai principi comunitari ha preso vigore sin dall'introduzione dell'art. 182-terl. fall. in ambito di procedure concorsuali “maggiori”.

L'originaria formulazione della suddetta norma precludeva la possibilità per il debitore di formulare una proposta di falcidia delle risorse proprie dell'Unione Europea.

L'art. 182-ter l. fall. non faceva alcun riferimento al credito IVA, né alle ritenute erariali.

L'Agenzia delle Entrate, con circolare n. 40/E/2008, chiarì che il tributo IVA era da ricomprendere fra le risorse proprie dell'UE, escludendone così, ab origine, la possibilità di pagamento parziale (niente si diceva con riferimento alle ritenute).

In ambito comunitario, la Corte di Giustizia statuiva il principio di incompatibilità con le regole comunitarie delle legislazioni interne che avessero limitato la riscossione del tributo IVA, salvo deroghe informate a principi di bilanciamento (es., durata del processo).

In questo contesto, il legislatore nazionale - con l'art. 32, comma 5, D.L. n. 185/2008 e, poi, con l'art. 29, comma 2, D.L. n. 78/2010 - andò ad integrare l'art. 182-ter l. fall.

Il “nuovo” art. 182-ter disponeva che con riferimento al credito IVA ed alle ritenute erariali la transazione fiscale potesse prevedere solo la dilazione di pagamento, fermo dunque il loro pagamento integrale.

La questione della compatibilità della falcidia IVA rispetto ai dettami comunitari fu sottoposta alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea ad opera del giudice nazionale (Trib. Udine, 30 ottobre 2014).

La Corte europea, con sentenza 7 aprile 2016, nel confermare che le norme comunitarie impongono agli Stati membri di adottare misure volte a garantire l'integrale acquisizione del gettito IVA, ha riconosciuto la possibilità che il debitore proponga un pagamento parziale di tale tributo all'interno di una procedura concorsuale, al sussistere di determinate condizioni.

In questo contesto, è intervenuto nuovamente il legislatore interno il quale, con l'art. 1, comma 81, L. n. 232/2016, ha recepito i sopra ricordati principi comunitari andando a modificare, con efficacia dal 1° gennaio 2017, l'art. 182–ter l. fall.

Per effetto di tale intervento è definitivamente venuto meno il divieto di falcidia tanto del credito IVA, quanto delle ritenute operate e non versate.

Alle sopra ricordate modifiche dell'art. 182-ter l. fall. non ha fatto seguito alcuna modifica dell'art. 7, comma 1, terzo periodo, L. n. 3/2012.

Tale norma ha continuato a prevedere che in ambito di sovraindebitamento il credito relativo al tributo IVA ed alle ritenute erariali fosse soddisfatto integralmente (salvo dilazione).

La giurisprudenza di merito ha ritenuto superabile il tenore letterale dell'art. 7, comma 1, terzo periodo, in aderenza al ricordato orientamento della Corte di Giustizia comunitaria.

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 245/2019, ha dichiarato la illegittimità costituzionale del menzionato art. 7, comma 1, terzo periodo, limitatamente al divieto di falcidia IVA.

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale di Parma, nel prendere posizione sull'eccezione di inammissibilità dell'accordo di composizione della crisi per aver previsto un soddisfacimento parziale delle ritenute erariali, violando così il precetto exart. 7, comma 1, terzo periodo, L. n. 3/2012, ha richiamato la sentenza della Corte UE del 7 aprile 2016, resa nel procedimento C-546/14.

Il foro emiliano ha ritenuto che la ricordata sentenza della Corte di Giustizia assuma rilevanza anche in ambito di sovraindebitamento e, segnatamente, di accordo di composizione della crisi, con particolare riferimento all'art. 7, comma 1, terzo periodo, L. n. 3/2021.

Tale norma dispone quanto segue: “In ogni caso, con riguardo ai tributi costituenti risorse proprie dell'Unione Europea, all'imposta sul valore aggiunto ed alle ritenute operate e non versate, il piano può prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento”.

Il sopra citato provvedimento giurisprudenziale trova applicazione nel sovraindebitamento sul presupposto che le sentenze “pregiudiziali” della Corte europea assumano rilevanza anche al di fuori dello specifico giudizio nel cui ambito siano originate.

Le stesse hanno, infatti, carattere generale ed astratto, e sono dunque destinate ad avere una portata interpretativa con riferimento all'intera materia dedotta (Trib. Torino, 7 agosto 2017).

La sentenza della Corte di Giustizia trae origine da una questione pregiudiziale sollevata dal Trib. Udine, con ordinanza 30 ottobre 2014. al fine di conoscere se le norme interne che prevedano la possibilità di soddisfare i crediti tributari in misura non integrale siano compatibili con i principi comunitari in tema di infalcidiabilità del tributo IVA.

La Corte comunitaria, con la ricordata sentenza C-546/14, ha riconosciuto la possibilità che il contribuente proponga all'interno di un procedimento di concordato preventivo il soddisfacimento parziale del credito IVA, a condizione che sussistano i seguenti requisiti:

i) il complesso patrimoniale del debitore non consenta di assicurare il soddisfacimento integrale del credito tributario;

ii) un esperto indipendente attesti che tale credito non riceverebbe un trattamento migliore nell'alternativa ipotesi liquidatoria;

iii) all'Erario sia assicurato l'esercizio del diritto di voto ai fini dell'approvazione della proposta ed ogni successiva azione in termini di gravame.

I dettami della giurisprudenza comunitaria sono stati recepiti dal legislatore nazionale con riferimento alle procedure concorsuali “maggiori” (concordato preventivo ed ADR).

L'art. 1, comma 81, L. n. 232/2016 (Legge Bilancio 2017), ha così modificato, con efficacia dal 1° gennaio 2017, l'art. 182–ter l. fall., sopprimendo, definitivamente, il divieto di falcidia del credito IVA e delle ritenute operate e non versate.

Secondo il nuovo art. 182-ter, la transazione fiscale può prevedere il pagamento parziale dei crediti amministrati dalle agenzie fiscali (oltreché di quelli contributivi), purché il piano ne preveda un soddisfacimento non inferiore rispetto a quello realizzabile sul ricavato in caso di alternativa liquidazione, tenuto conto del valore dei beni/diritti su cui sussista la prelazione, previa attestazione di un professionista ex art. 67, comma 3, lett. d), l. fall.

Come ricordato, alle modifiche dell'art. 182-ter l. fall. non ha fatto seguito alcuna modifica dell'art. 7, comma 1, terzo periodo, L. n. 3/2012: tale norma ha continuato a prevedere che il credito relativo all'IVA ed alle ritenute fosse soddisfatto integralmente, salva dilazione.

La giurisprudenza di merito ha ritenuto superabile il tenore letterale dell'art. 7, comma 1, terzo periodo, in aderenza all'orientamento comunitario, stante l'irragionevole divergenza tra il trattamento dei tributi ex art. 182–ter e quello ex art. 7, comma 1, terzo periodo, L. n. 3/2012.

Si tratta, infatti, di procedimenti accomunati dagli stessi profili di concorsualità (Trib. Pistoia, 26 aprile 2017).

In questo quadro, il Trib. Udine, con ordinanza 14 maggio 2018, ha rimesso alla Corte Costituzionale la questione della falcidiabilità IVA in ambito di sovraindebitamento, in base alla dedotta violazione:

- del principio d'uguaglianza ex art. 3 Cost. (irragionevole difformità di trattamento fra la disciplina prevista dall'art. 182-ter e quella prevista dall'art. 7, comma 1, terzo periodo);

- del principio di buon andamento dell'azione amministrativa ex art. 97 Cost. (l'ente erariale deve agire con criteri di economicità e massimizzazione delle risorse).

La Consulta, con sentenza n. 245/2019, ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell'art. 7, comma 1, terzo periodo, L. n. 3/2002, limitatamente alla parte relativa al soddisfacimento integrale del credito IVA.

Quanto statuito dalla Consulta per il tributo IVA vale, a maggior ragione, per le ritenute, ove si consideri che le stesse, a differenza dell'imposta sul valore aggiunto, non hanno alcuna rilevanza diretta nella prospettiva della formazione del bilancio comunitario.

In questo senso, conformemente a quanto statuito dal Tribunale di Parma, già il Tribunale di Livorno, con riferimento al concordato, aveva sottolineato come l'orientamento della giurisprudenza comunitaria “dovesse valere anche per le ritenute ex art. 182-ter l. fall., non avendo le stesse quel rilievo europeo che aveva portato la Corte di Cassazione ad escludere la falcidiabilità concordataria in relazione al tributo IVA” (così, Trib. Livorno, 13 aprile 2016).

La questione della falcidiabilità dell'IVA e delle ritenute nel sovraindebitamento è finalmente venuta meno per effetto dell'intervento del legislatore il quale, con l'art. 4-ter, comma 1, D.L. n. 137/2020, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 176/2020, nel riscrivere l'art. 7, comma 1, L. n. 3/2012, ha soppresso il divieto di pagamento parziale di tutti i crediti tributari.

In tale sede, il legislatore ha altresì integrato l'art. 12 L. n. 3/2012, inserendovi il comma 3-quater.

In base a tale norma, il tribunale può omologare l'accordo di composizione anche in mancanza di adesione erariale, sempreché la stessa sia decisiva ai fini del raggiungimento della percentuale ex art. 11, comma 2, L. n. 3/2012 ed il trattamento proposto sia più conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria.

Guida all'approfondimento

L. Panzani, Sovraindebitamento: l'aggiornamento della L. n. 3/2012. Qualcosa di vecchio e qualcosa di nuovo, in Ilfallimentarista.it, 2 marzo 2021

F. Gallio, La normativa che non prevede la falcidia IVA nell'ambito delle procedure di sovraindebitamento è illegittima, in Ilfallimentarista.it, 12 febbraio 2020

G. Lazoppina, Falcidia IVA nel sovraindebitamento, in Ilfallimentarista.it, 30 gennaio 2020

L. Gambi, Il trattamento dei crediti tributari e previdenziali nel sovraindebitamento, in Ilfallimentarista.it, 4 ottobre 2018

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