Redazione scientifica
15 Giugno 2021

Il giudicato esterno formatosi a seguito di una sentenza della Corte di Cassazione è rilevabile anche d'ufficio, non solo quando emerga dagli atti prodotti nei giudizi di merito, ma anche nel caso in cui si sia formato successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata, senza che possa qualificarsi come inammissibile l'eccezione o la produzione della sentenza divenuta irrevocabile.

Sul tema la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 16589/21, depositata l'11 giugno.

Tizia proponeva opposizione al decreto ingiuntivo con il quale il Giudice di Pace di Tivoli aveva ingiunto il pagamento di 1.794 euro in favore di un Condominio, a titolo di spese di gestione del comprensorio. Tizia deduceva che non sussistesse una comunione del complesso residenziale né che vi era alcun titolo da cui risultasse il conferimento dei beni immobili in favore dei soci di una Cooperativa «per la costituzione di una comunione pro diviso tra gli assegnatari dei lotti».

Il Tribunale di Tivoli accoglieva, però, il ricorso da parte del creditore, confermando la sussistenza della suddetta comunione «attesa l'irrilevanza della menzione delle aree pertinenziali negli atti di assegnazione delle singole unità immobiliari».

Tizia ricorre, quindi, in Cassazione lamentandosi, tra i vari motivi, della violazione degli artt. 324 c.p.c., 1350, 1117 e 818 c.c. per l'omesso accertamento dell'insussistenza della comunione in questione e del Condomino sulle aree pertinenziali di esclusiva proprietà della Cooperativa citata, attesa l'esistenza del giudicato interno ed esterno ex art. 2909 c.c..

Il motivo di doglianza risulta fondato in quanto è stata riscontrata l'esistenza di un giudicato esterno formatasi inter partes, in forza della pronuncia del Tribunale di Tivoli, in cui si accertava che gli atti di assegnazione dei lotti agli attori (tra cui la parte ricorrente) non avevano alcun riferimento alle pertinenze relative, con la conseguente insussistenza della comunione dei suddetti beni.

La Corte di Cassazione ha già avuto modo di affermare a riguardo che «i limiti della cognizione del giudice del procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di oneri condominiali dipendono comunque dalla preventiva configurabilità di una deliberazione che abbia approvato la ripartizione delle spese tra condomini relative a parti ad essi comuni» (Cass. n. 11572/2016) e che «il giudicato esterno formatosi a seguito di una sentenza della Corte di Cassazione è rilevabile anche d'ufficio, non solo quando emerga dagli atti prodotti nei giudizi di merito, ma anche nel caso in cui si sia formato successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata, senza che possa qualificarsi come inammissibile l'eccezione o la produzione in questa sede della sentenza divenuta irrevocabile, poiché – ove si tratti di sentenza della predetta Corte, nota alle parti – non può ritenersi operante il divieto di produzione di nuovi documenti di cui all'art. 372 c.p.c., in quanto il divieto non risponde, in concreto, ad un reale interesse né delle parti stesse, né della Corte di Cassazione, la quale è tenuta per dovere d'ufficio alla conoscenza dei propri precedenti» (Cass. n. 13916/2006).

Questi precedenti confermano, così, l'effettivo passaggio in giudicato della pronuncia del Tribunale di Tivoli con la quale è stata affermata «l'inesistenza della comunione ovvero del Condominio sulle aree pertinenziali, il che determina che non possa più essere rimessa in discussione la questione relativa alla contitolarità delle aree pertinenziali, sulla quale si fonda la pretesa creditoria».

Per questi motivi il Collegio accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, rigetta la pretesa creditoria del contro ricorrente.

Fonte: dirittoegiustizia.it

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.