Redazione scientifica
16 Giugno 2021

In materia di esercizio della responsabilità genitoriale il giudice territorialmente competente ad adottare i provvedimenti di cui agli artt. 337-bis e ss. c.p.c. è quello del luogo in cui il minore ha la «residenza abituale» al momento della domanda. Tale criterio è destinato ad affermarsi con prevalenza su quello «di prossimità».

La Corte d'appello di Cagliari rigettava il reclamo proposto dalla madre avverso il decreto del locale Tribunale che, adito ai sensi dell'art. 337-bis e ss. c.c., aveva ritenuto la propria competenza sul rilievo che Cagliari fosse «luogo di dimora abituale del minore F.».

Avverso il decreto emesso dalla Corte territoriale proponeva ricorso per regolamento di competenza la madre del minore, deducendo violazione e la falsa applicazione dell'art. 8 e 15, comma 13 lett. a) e b) del Regolamento (UE) n. 2201/2003, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 2 c.p.c., in quanto il criterio della residenza formale - e quindi della residenza avuta dal figlio alla data della proposizione della domanda introdotta ex art. 337-bis c.c. dal padre - non era rispettoso dell'interesse del minore F. Il provvedimento, secondo la ricorrente, negava «qualsiasi rilievo alla circostanza che il bambino avesse vissuto per diverso tempo a Bologna dove aveva frequentato l'asilo ed ove vi era l'abitazione materna, unico punto di riferimento fisso e stabile, diversamente da tutte le altre permanenze temporanee e domicili provvisori avuti in Sardegna».

La Corte ha ritenuto il ricorso infondato e ha dichiarato la competenza del Tribunale di Cagliari a decidere sui provvedimenti volti a disciplinare l'esercizio della responsabilità genitoriale ex art. 337-bis c.c. quanto al minore F. In merito la Corte ha richiamato il principio secondo cui «in materia di esercizio della responsabilità genitoriale il giudice territorialmente competente ad adottare i provvedimenti di cui agli artt. 337-bis c.c. e ss. è quello del luogo in cui il minore ha la «residenza abituale» al momento della domanda; l'indicato criterio, identificandosi nella residenza abituale il luogo in cui trova espressione e tutela l'interesse del minore ad una crescita equilibrata, introduce una questione di fatto al cui accertamento concorrono una pluralità di indicatori da valutarsi dal giudice dinanzi al quale la questione sulla competenza sia stata proposta». Viene inoltre precisato che il criterio della residenza abituale «è destinato ad affermarsi con prevalenza su quello «di prossimità», offrendosi quest'ultimo «ad una valutazione di strumentalità rispetto a spostamenti della residenza anagrafica o del domicilio del minore» effettuati in corso di causa (Cass. civ., n. 7161/2016). Nel caso di specie, gli indicati principi hanno ricevuto una corretta applicazione posto che la Corte d'appello ha da una parte «devalutato il trasferimento della residenza formale del minore a Bologna» in quanto operato dalla madre a fini strumentali – tra il deposito del ricorso ex art. 337-bis c.c. e la successiva notifica –, dall'altra ha valorizzato il periodo effettivamente trascorso in Sardegna dal piccolo F., valorizzando le relazioni affettive ivi instaurate dal minore e l'inserimento scolastico.

Tratto da: www.dirittoegiustizia.it

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