Redazione scientifica
16 Giugno 2021

Le Sezioni Unite chiariscono che il controllo del limite esterno della giurisdizione - affidato alla Corte dall'art. 111, comma 8, Cost. - non include il sindacato sulle scelte ermeneutiche del giudice amministrativo, suscettibili di comportare errori in iudicando o in procedendo, senza che rilevi l'intensità del presunto errore di interpretazione.

Un avvocato proponeva ricorso avverso il provvedimento di nomina di un altro avvocato ad Avvocato Generale Aggiunto (AGA), lamentando che il procedimento era viziato da difetto di istruttoria e che la nomina era avvenuta a seguito della proposta del nome da parte dell'Avvocato generale e non già come «espressione di una proposta in sede collegiale» da parte del Consiglio degli avvocati e procuratori dello Stato.

Il Consiglio di Stato riteneva il procedimento di nomina e il relativo provvedimento legittimi in quanto: a) erano state esaminate le posizioni di entrambi i candidati, i quali erano stati anche sentiti personalmente; b) il nominativo proveniva dall'Avvocato generale, il quale ha il potere di proposta ai sensi del r.d. 1661/1933; c) la nomina dell'AGA era stata sottoposta al parere consultivo e non vincolante del Consiglio degli avvocati e procuratori dello Stato che l'aveva approvata a maggioranza attenendosi a tutti i criteri da esso stesso fissati, comparando sotto tutti i profili richiesti le due posizioni.

Avverso la decisione del Consiglio di Stato ha proposto ricorso l'avvocato non nominato ai sensi dell'art. 111, comma 8, Cost. per violazione dei limiti della giurisdizione amministrativa, in quanto il giudice di appello avrebbe deciso la controversia esercitando un'attività di «un'attività di produzione normativa» che non gli compete.

Le Sezioni Unite respingono il ricorso.

Rammentano infatti «l'eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera riservata al legislatore si ha soltanto quando il giudice speciale abbia applicato non la norma esistente, ma una norma da lui creata, esercitando un'attività di produzione normativa che non gli compete». Non sussiste, invece, nel caso in cui il giudice si sia limitato «al compito interpretativo che gli è proprio», anche se tale attività ermeneutica abbia dato luogo ad un provvedimento «abnorme o anomalo» ovvero abbia comportato uno «stravolgimento» delle «norme di riferimento». In questi casi si può profilare, eventualmente, un error in iudicando, ma non una violazione dei limiti esterni della giurisdizione. In conclusione, secondo la Corte, «il controllo del limite esterno della giurisdizione – affidato alla Corte dall'art. 111, comma 8, Cost.non include il sindacato sulle scelte ermeneutiche del giudice amministrativo, suscettibili di comportare errori in iudicando o in procedendo senza che rilevi la gravità o intensità del presunto errore di interpretazione, il quale rimane confinato entro i limiti interni della giurisdizione amministrativa, considerato che l'interpretazione delle norme costituisce il proprium distintivo dell'attività giurisdizionale» (Cass. civ., n. 27770/2020).

Tratto da: www.dirittoegiustizia.it

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