Danno biologico: l''INAIL adotta la formula Gabrielli anche in caso di menomazioni preesistenti concorrenti, indennizzate nel regime del t.u. del 1965
17 Giugno 2021
Può accadere che l'invalidità provocata da un infortunio sul lavoro o da una malattia professionale sia aggravata da una precedente invalidità di origine professionale o extra-professionale.
Se l'invalidità successiva colpisce lo stesso organo o sistema organico –funzionale o sistemi diversi funzionalmente collegati, si parla di “concorso di invalidità”; viceversa, se la nuova lesione attinge un organo diverso o sistemi distinti e non funzionalmente collegati, si è in presenza di una “coesistenza di invalidità”.
Nella disciplina contenuta nel testo unico del 1965 il “concorso di invalidità” riceve un trattamento di favore, poiché il grado di riduzione permanente dell'attitudine al lavoro, risultato aggravato da un'inabilità preesistente extra-professionale oppure già tutelata in una gestione diversa da quella in cui si è verificato il nuovo infortunio oppure da un'inabilità liquidata in capitale, ai sensi dell'art. 75, D.P.R. n. 1124/65, viene rapportato non all'attitudine al lavoro normale, ma a quella ridotta per effetto delle preesistenti inabilità, adoperandosi la cd. formula Gabrielli, rappresentata da una frazione in cui il denominatore indica il grado di attitudine al lavoro preesistente e il numeratore la differenza fra questa e il grado di attitudine residuato dopo l'infortunio (art. 79, D.P.R. n. 1124/65).
Se la precedente invalidità ha origine professionale ed è stata indennizzata con una rendita, inoltre, il sistema assicurativo ante D. Lgs. n. 38/2000 prevede la costituzione di una rendita unica, calcolata sulla base del grado di riduzione complessiva dell'attitudine al lavoro, determinata con la formula di Balthazard, che rappresenta un metodo proporzionalistico a scalare (art. 80, D.P.R. n. 1124/65). La stessa regola si ritrova qualora l'assicurato, che aveva già subito un infortunio sul lavoro o una malattia professionale dopo il 25 luglio 2000, data di entrata in vigore della protezione sociale del danno biologico, riporti un nuovo evento lesivo, dovendosi procedere “alla valutazione complessiva dei postumi ed alla liquidazione di un'unica rendita o dell'indennizzo in capitale corrispondente al grado complessivo della menomazione dell'integrità psicofisica” (art. 13, comma 5, D. Lgs. n. 38/2000).
Poiché il legislatore non ha inteso unificare postumi conseguenti ad eventi lesivi ricadenti nel regime del testo unico con quelli derivanti da eventi lesivi ricadenti nel nuovo regime, prevedendo la coesistenza delle due discipline e, ove esistano i presupposti, la coesistenza di più indennizzi, ritenuta legittima dalla Corte Costituzionale [1], la cd. formula Gabrielli ha trovato applicazione solo quando il grado di menomazione dell'integrità psicofisica causato da infortunio sul lavoro o malattia professionale risulti aggravato da menomazioni preesistenti concorrenti derivanti da fatti estranei al lavoro o da infortuni o malattie professionali verificatisi o denunciate prima del 25 luglio 2000, non indennizzati in rendita (art. 13, comma 6, prima parte, D. Lgs. n. 38/2000); mentre in caso di invalidità preesistente derivata da un infortunio sul lavoro o una malattia professionale verificatasi o denunciata prima del 25 luglio 2000, indennizzata con una rendita oppure con la liquidazione di un capitale, il grado di menomazione conseguente al nuovo infortunio o alla nuova malattia professionale viene valutato senza tenere conto delle preesistenze (art. 13, comma 6, seconda parte, D. Lgs. n. 38/2000) e l'assicurato continua a percepire la rendita costituita nella precedente gestione (art. 13, comma 6, D. Lgs. n. 38/2000).
In sostanza, in questi ultimi casi il legislatore ha escluso l'applicazione della formula Gabrielli con cui si terrebbe conto del maggior valore da attribuirsi alle membra od arti residui da una precedente minorazione concorrente.
Pertanto, il lavoratore assicurato, che ottiene la rendita costituita nel regime del testo unito 1965, riceve l'indennizzo per il danno biologico, come se la preesistenza non esista, dovendosi operare la valutazione del nuovo danno, come se l'integrità psico-fisica sia completa, come chiarito anche dall'INAIL (circolare INAIL 4 agosto 2000, n. 57).
Il legislatore, però, non ha considerato che la valutazione dei postumi del danno biologico operata senza tener conto della patologia preesistente concorrente, già indennizzata nel regime del testo unico 1965, così come consente l'interpretazione letterale dell'art. 13, comma 6, seconda parte, D. Lgs. n. 38/2000, comporta una duplicazione indennitaria, laddove la rendita costituita per il danno biologico si aggiunge a quella già erogata nel regime precedente per la medesima menomazione.
Più precisamente, qualora in presenza di due danni lavorativi concorrenti, in diverso regime di tutela, si proceda senza tener conto dalla preesistenza, come afferma la seconda parte dell'art. 13, comma 6, D. Lgs. n. 38/2000, si cade nell'errore di valutare ed indennizzare due volte lo stesso danno.
La questione è giunta al cospetto della Suprema Corte, che si è avvalsa dell'interpretazione letterale della norma per escludere lo scorporo dal danno biologico della patologia indennizzata nel regime del testo unico e, poi, della Corte costituzionale, che ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 13, comma 6, seconda parte, D. Lgs. n. 38/2000, nella parte in cui non prevede l'utilizzo della formula Gabrielli. [1] Corte cost. 19 dicembre 2006, n. 426, secondo cui non è fondata la q.l.c. dell'art. 13 comma 6 secondo e terzo periodo, d.lg. 23 febbraio 2000 n. 38, censurato, in riferimento agli art. 3 comma 2, 38 comma 2 e 76 cost., nella parte in cui non consente di procedere ad una valutazione complessiva dei postumi conseguenti ad infortuni sul lavoro o malattie professionali verificatisi prima della entrata in vigore del d.m. 12 luglio 2000 e di quelli intervenuti dopo tale data, poiché la separata valutazione degli eventi lesivi ricadenti sotto la disciplina dell'art. 13 rispetto a quelli pregressi costituisce una logica conseguenza di una razionale scelta discrezionale del legislatore, fondata sull'obiettiva differenza dei parametri valutativi e delle conseguenze indennizzabili ed articolata in modo tale da non lasciare, nell'ambito di ciascuno dei diversi regimi, alcun vuoto di tutela. Le sentenze della Corte di Cassazione
Un lavoratore, titolare di una rendita per inabilità lavorativa del 47%, di cui 40% per broncopneumopatia da silicati, costituita ante D. Lgs. n. 38/2000, conviene in giudizio l'INAIL, chiedendone la condanna all'erogazione di un capitale o di una rendita per silicosi o, in via subordinata, per pneumoconiosi professionale.
L'Istituto si difende, sostenendo che il danno della preesistenza lavorativa concorrente, indennizzato nel vecchio regime, debba essere scorporato dal danno complessivo per definire così la quota di danno sopravvenuto da imputare al nuovo evento che verrà accertato.
Il Tribunale, accertato un danno biologico da silicosi polmonare in misura del 50 %, condanna l'Istituto a costituire una rendita, senza scorporare il danno già indennizzato nella vigenza del testo unico del 1965.
L'INAIL impugna la sentenza, dolendosi che il primo giudice non abbia considerato l'eccezione di scorporo avanzata nei propri scritti difensivi.
La Corte di Appello, pur ammettendo che il nuovo danno si sovrapponga a quello preesistente, conferma la sentenza di prime cure, in quanto l'art. 13, comma 6, non prevede affatto lo scorporo richiesto dall'Istituto, che con ricorso per cassazione contesta l'interpretazione meramente letterale operata dalla Corte di Appello, che doveva procedere, invece, ad un più corretto inquadramento sistematico.
La Corte di Cassazione, con ampia e argomentata motivazione, respinge il ricorso, evidenziando, innanzi tutto, che il disposto letterale dell'art. 13, comma 6, seconda e terza parte, D. Lgs. n. 38/2000, “non contempla la distinzione pretesa dalla difesa dell'Inail”, non distinguendo “la malattia nuova (o l'infortunio nuovo) che riguardi lo stesso apparato da quello che non lo riguardi”; inoltre, anche l'interpretazione sistematica della stessa norma favorisce questa soluzione, “posto che il legislatore quando ha voluto prendere in esame e distinguere le "menomazioni preesistenti concorrenti" lo ha fatto esplicitamente (come appunto all'art. 13, comma 6, prima parte per quelle extra lavorative e non indennizzate in rendita per affermare per essi l'applicazione della formula Gabrielli, già recepita nell'art. 79 t.u. n. 1124)”.
Poiché la nuova normativa è caratterizzata dal principio di non unificazione dei postumi e di separatezza e coesistenza dei regimi e degli indennizzi, aggiunge la Corte, “il preteso scorporo del danno biologico afferente alla pregressa bronco pneumopatia, comporterebbe altresì una applicazione retroattiva della disciplina del D.Lgs. n. 38 del 2000 relativa al danno biologico (sia pure in negativo, ai fini della sua sottrazione) ad una malattia precedente la sua entrata in vigore, in contrasto con la regola fondamentale della materia, volta a regolare ciascun evento secondo le regole in vigore nell'ambito del proprio orizzonte temporale di riferimento”; cosicchè, conclude la Corte, “la valutazione del nuovo danno deve essere effettuata come se la preesistente integrità psico-fisica fosse completa”, ossia senza alcuno tipo di scorporo della preesistente menomazione, come si ricava pure dalla “circolare interna Inail n. 57/2000, emessa dopo il D.Lgs. n. 38 del2000” (Cass. 13 marzo 2018, n. 6048).
Dopo pochi giorni la Corte pubblica un'altra sentenza, con una motivazione analoga, con cui decide un'altra causa, trattata nella stessa camera di consiglio del 6 dicembre 2017, con l'annullamento della sentenza resa sempre dalla Corte di Appello di Cagliari, che aveva escluso che il lavoratore potesse pretendere “un irragionevole duplice indennizzo per la stessa malattia a carico dell'apparato respiratorio diagnosticata in passato come broncopneumopatia e ora come silicosi; conseguentemente il danno respiratorio ora riscontrato non risultava un danno sopravvenuto a quello preesistente già indennizzato ma coincideva con tale danno” (Cass. 19 marzo 2018, n. 6778). Un lavoratore, già indennizzato con una rendita costituita in regime di testo unico per aver contratto una broncopneumopatia di origine professionale nella misura dell'85%, denuncia all'INAIL, nella vigenza del D. Lgs. n. 38/2000, di aver contratto un'asbestosi polmonare e chiede accertarsi il suo diritto al riconoscimento di un indennizzo correlato al danno biologico determinato dalla predetta tecnopatia.
L'INAIL valuta in misura del 4% l'asbestosi, poiché il grave danno respiratorio era già indennizzato dalla rendita per broncopneumopatia, costituita nel regime del testo unico del 1965.
Il Tribunale di Cagliari, adito dal lavoratore, accerta un danno biologico in misura del 75%, detraendo, però, dai singoli ratei quelli relativi alla rendita già in godimento per la broncopneumopatia cronica, costituita nel regime del testo unico.
La sentenza è impugnata sia dall'INAIL, che si duole che il Tribunale abbia duplicato il risarcimento del medesimo pregiudizio, chiedendo al giudice del gravame di compensare unicamente il maggior danno derivato dalla tecnopatia sopravvenuta sia dall'erede del lavoratore assicurato, deceduto nel corso del primo grado, il quale censura la decisione per lo scorporo dei ratei della precedente patologia, stante il diritto di ottenere l'indennizzo per l'asbestosi, ai sensi dell'art. 13, comma 6, seconda parte, D. Lgs. n. 38/2000, senza tener conto della patologia preesistente, così come stabilito anche dalla Corte di Cassazione.
La Corte di Appello, avvalendosi della ctu espletata in primo grado e dopo i chiarimenti forniti dal perito, in punto di fatto accerta che l'asbestosi rappresenta una patologia professionale nuova, instauratasi in soggetto affetto da molti anni da bronchite cronica asmatiforme da inalazione di gas e vapori irritanti e che il danno funzionale respiratorio derivante dalla sola bronchite cronica asmatiforme, già indennizzato nel regime del testo unico, non può essere scisso e separatamente quantificato dal danno funzionale respiratorio derivato sia dalla bronchite cronica sia dall'asbestosi, manifestatasi in epoca più recente e quantificato nella misura del 75%.
Dovendo decidere sulle domande avanzate dall'INAIL, fautore di un'interpretazione diversa da quella letterale dell'art. 13, comma 6, secondo e terzo periodo, al fine di evitare una duplicazione della valutazione dei medesimi effetti invalidanti e che privilegia una nozione di danno di apparato da valutare in misura del 7% dopo aver scorporato i danni prodotti dalle due patologie, e dall'erede del lavoratore assicurato, che, a sua volta, propone un'interpretazione rigorosamente letterale dell'art. 13, comma 6, seconda parte, sulla base della quale ottenere la costituzione di una rendita per l'asbestosi in misura del 75%, conservando intatta quella maturata nel regime del testo unico, il giudice del gravame osserva che il rispetto dell'orientamento giurisprudenziale espresso dalla Cassazione comporterebbe l'accoglimento dell'appello incidentale della vittima con la costituzione di una nuova rendita in misura del 75%, che produce, però, una duplicazione quasi totale dell'indennizzo.
Perciò la Corte di Appello, reputando di non poter percorrere una soluzione diversa da quella indicata dalla Corte di Cassazione, fautrice di un'interpretazione letterale della norma, ravvisando un duplice profilo di illegittimità della norma da applicare sia per disparità di trattamento tra le due ipotesi contemplate dall'art. 13, comma 6, la cui prima parte valuta l'evento danno avvenuto nel precedente regime al fine di pervenire ad una valutazione complessiva della menomazione, non prevista quando invece sia stata costituita una rendita e la cui menomazione non deve considerarsi nell'accertamento dei postumi del secondo evento, sia per violazione dell'art. 38 Cost., poiché la duplicazione di indennizzo “spezza il collegamento sia con lo stato di necessità che con l'adeguatezza del rimedio predisposto dal legislatore”, con ordinanza 27 maggio 2020, n. 130, pubblicata sulla G.U. 30 settembre 2020, rimette alla Corte Costituzionale la verifica sulla legittimità dell'art. 13, comma 6, secondo periodo, D. Lgs. n. 38/2000, che impone “di far riferimento ad una piena efficienza fisica, anche se in concreto già compromessa, portando pertanto a valutare necessariamente due volte le conseguenze di una determinata patologia o le conseguenze di patologie interessanti gli stessi organi o influenti sugli stessi parametri vitali”. Con una sentenza manipolativa additiva la Corte costituzionale dichiara l'illegittimità dell'art. 13, comma 6, secondo periodo, D. Lgs. n. 38/2000, nella parte in cui non prevede che, per le patologie aggravate da menomazioni preesistenti concorrenti, già tutelate nel regime del testo unico con rendita o con la liquidazione di un capitale, trovi applicazione la formula Gabrielli, contemplata in presenza di patologie concorrenti preesistenti extra - professionali o non indennizzate in rendita in aggiunta alla persistente erogazione della rendita di cui al terzo periodo del medesimo comma 6.
Se la “formula Gabrielli”, afferma la Consulta, prevista nell'art. 13, comma 6, prima parte, consente di valorizzare la preesistenza nel caso in cui questa aggravi gli effetti di una tecnopatia concorrente, senza contaminare i sistemi valutativi e senza applicare retroattivamente il danno biologico per stimare gli effetti di menomazioni verificatesi o denunciate prima del 25 luglio 2000, la sua mancata applicazione alle patologie concorrenti per le quali, in base al t.u. infortuni, sia stato erogato un indennizzo, allora, determina un pregiudizio per l'assicurato che “irragionevolmente si vede privato – nel secondo periodo della norma – di una piena stima del danno biologico, in caso di tecnopatia i cui effetti pregiudizievoli siano aggravati da quelli di una pregressa patologia concorrente (e non già meramente coesistente)”.
Premesso che l'interpretazione letterale dell'art. 13, comma 6, seconda parte, fornita con le sentenze del 2018 dalla Corte di Cassazione - che non poteva certo applicare la formula Gabrielli anche alle ipotesi di cui alla seconda parte del comma 6 - fosse l'unica praticabile per porre rimedio “con i soli strumenti dell'interpretazione, al vulnus creato dalla formulazione letterale della disposizione”,la Corte costituzionale ne dichiara l'illegittimità per violazione dell'art. 3 Cost. sotto un duplice profilo, poiché l'assicurato, che ha già avuto dall'INAIL un indennizzo per la prima tecnopatia, ottiene di più, nella stima degli effetti pregiudizievoli derivanti dalla seconda tecnopatia concorrente, del lavoratore che – in base al t.u. infortuni – non abbia ricevuto alcun precedente indennizzo e perché la piena stima in danno biologico delle medesime conseguenze pregiudizievoli indennizzate nel regime del testo unico, le quali continuerebbero a ricevere la tutela ante D. lgs. n. 38/2000, produce “una duplicazione di indennizzi inerenti alla medesima tecnopatia, non riconducibile ai casi eccezionali espressamente previsti dal legislatore a beneficio di particolari categorie di soggetti fragili”.
Dunque, la Corte costituzionale, pur salvando ancora la scelta del legislatore volta ad evitare “ogni commistione valutativa tra vecchio e nuovo regime normativo”, che ha passato indenne lo scrutinio di legittimità costituzionale (Corte cost. n. 426/2006), allorquando si è esclusa “ai fini del superamento della franchigia, la possibilità, ex art. 13, comma 6, secondo periodo, del d.lgs. n. 38 del 2000, di stimare congiuntamente gli effetti delle patologie verificatesi sotto i due diversi sistemi normativi”, non giustifica la differente disciplina prevista nella prima e nella seconda parte dell'art. 13, comma 6, D. Lgs. n. 38/2000, che provoca, a suo dire, un vulnus ai danni dell'assicurato al quale, a causa dell'eterogeneità fra danno da incapacità lavorativa generica e danno biologico, non può essere tolto quanto è stato riconosciuto per il primo pregiudizio, che non può incidere neanche su quanto spetta per il danno biologico derivante da una successiva patologia aggravata dalla preesistenza.
Infine, la Consulta nega che l'applicazione della “formula Gabrielli” possa comportare un rischio di duplicazione di indennizzi, considerato che “come sempre avviene in applicazione del primo periodo – il medico-legale andrà a scorporare dagli effetti combinati delle due patologie valutati in danno biologico, quelli riconducibili alla preesistenza, che non vengono in quanto tali stimati, ma servono solo ad abbattere il valore dell'integrità psicofisica su cui si riverbera la patologia concorrente, che vede, dunque, appesantiti i propri effetti pregiudizievoli e la relativa stima”. Conclusioni
Si tratta di esito ipotizzato dal giudice rimettente che, in caso di pronuncia di incostituzionalità con l'estensione della formula Gabrielli anche alle fattispecie disciplinate dall'art. 13, comma 6, seconda parte, pronostica l'accoglimento dell'appello dell'INAIL per la rideterminazione del danno complessivo dovuto alla vittima per il secondo pregiudizio.
Pertanto, a seguito della declaratoria di parziale illegittimità costituzionale dell'art.13, comma 6, secondo periodo, D. Lgs. n. 38/2000, nel caso in cui le preesistenze lavorative concorrenti ricadenti nel regime di cui al T.U. n.1124/1965 siano state già indennizzate in rendita, la Corte Costituzionale suggerisce di procedere a valutare la preesistenza in termini di danno biologico, scorporarla dalla inabilità complessiva, e su questa base applicare la “formula Gabrielli”, privilegiando le ragioni della vittima rispetto a quelle vantate dall'INAIL, proprio perché, come ricorda la Consulta, “l'infortunio sul lavoro o la malattia professionale colpiscono, infatti, il lavoratore nel suo bene più prezioso, la salute, e questo impone una tutela che affonda le proprie radici nell'art. 38 Cost.”. |