Al via le consultazioni per il decreto redditometrico
18 Giugno 2021
Inizia a prendere forma il famigerato redditometro. Il Ministero dell'Economia e delle Finanze ha avviato una consultazione pubblica, riservata alle associazioni maggiormente rappresentative di consumatori, sullo schema del decreto redditometrico, attuativo dell'art. 38, comma 5, d.P.R. n. 600/1973, così come novellato dall'art. 10, comma 1, d.l. del 12 luglio 2018, n. 87.
Entro il 15 luglio le associazioni suindicate dovranno presentare osservazioni, valutazioni e pareri in relazione alla bozza del decreto pubblicato sul sito del Mef. Il provvedimento in esame è strutturalmente suddiviso in due tabelle:
Nella prima tabella vi rientrano le singole voci di spesa di cui l'Ufficio viene a conoscenza mediante l'accesso agli archivi dell'Anagrafe tributaria e che sono riferibili a macroaree quali consumi, investimenti, risparmio e spese per trasferimenti. Tra le tante, sono annoverate: le spese per l'acquisto di elettrodomestici, di smartphone, spese sostenute per l'energia elettrica, per il gas, nonché le somme corrisposte a titolo di canone di locazione, di mutuo e via enumerando. Il decreto si pone il precipuo fine di stabilire i criteri per individuare la capacità contributiva dell'interessato intesa come la “spesa sostenuta dal contribuente e la propensione al risparmio”. La metodologia adoperata rientra tra le tipologie di accertamento induttivo di cui l'Ufficio si avvale al fine di ricostruire il reddito del contribuente, sulla base di un ragionamento contrario, partendo cioè dagli indicatori di capacità contributiva. Il redditometro, che sarà operativo a decorrere dall'esercizio 2016, presenta indubbiamente delle criticità, trattandosi di un controllo automatizzato, che si basa su indicatori parametrici. In primis, desta una certa perplessità, perché potenzialmente lesivo della privacy del contribuente. L'Ufficio, infatti, invade la sfera personale dell'interessato per individuare gli indici di capacità contributiva da cui desumere il reddito percepito. Si è, tuttavia, cercato di equilibrare tale ingerenza con l'aumento delle garanzie riconosciute al contribuente nella fase istruttoria.
In particolare, è previsto un doppio contraddittorio che consente al soggetto sottoposto a verifica di fornire la prova contraria, rigorosamente documentale, e si traduce nella dimostrazione che il finanziamento delle spese è avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nel periodo di imposta, con redditi esenti, o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta oppure legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile, ovvero che è avvenuto da parte di soggetti diversi dal contribuente. Tale partecipazione procedimentale non deve, in ogni caso, ridursi ad una mera appendice, ma deve essere “effettiva” con l'obbligo per l'Ufficio di valutare utilmente il punto di vista del contribuente. Un ulteriore profilo di criticità riguarda, tuttavia, le spese da considerare.
Il Garante della privacy, infatti, con il provvedimento n. 515 del 21 novembre 2013, ha indicato una serie di misure per limitare l'impatto del redditometro sulla privacy dei contribuenti, raccomandando di vagliare solo le spese di ammontare “certo”. La bozza in esame, invece, contiene diversi riferimenti a spese “medie” Istat, di fatto soprassedendo alle indicazioni del Garante e generando, invero, una praesumptio de praesumptio.
Inoltre, suscita dubbi il cd. scostamento qualificato pari al 20%, tra quanto dichiarato e quanto accertato, che legittima l'Ufficio ad operare mediante procedimento redditometrico.
Un parametro stringente che si traduce in una “vessazione” a danno del contribuente costretto a fornire una prova, spesso diabolica, del divario. L'Ufficio, inoltre, in caso di scostamento qualificato non deve applicare sic et simpliciter lo standard, in quanto finirebbe per effettuare un recupero meramente algoritmico e non conforme alla concreta ed effettiva capacità contributiva dell'interessato. Diversamente, l'ente deve raccogliere informazioni ed elementi utili in sede di contraddittorio che consentano di “qualificare” le presunzioni (che abbiano i requisiti di gravità, precisione e concordanza).
Il metodo redditometrico, soprattutto sullo sfondo dell'attuale situazione epidemiologica, appare allora un fardello che, se da un lato favorisce l'economicità dell'azione amministrativa, dall'altro potrebbe vessare le categorie di contribuenti già colpiti dalla crisi pandemica. Spetta, tuttavia, ai soggetti ai quali è affidata la consultazione, dirimere il contrasto tra l'attività impositiva e i diritti dei contribuenti, cercando di contemperare le rispettive posizioni. |