Registrazione di indirizzi IP e comunicazione dei nomi di utenti al titolare dei diritti intellettuali

La Redazione
21 Giugno 2021

Ammesse, a determinate condizioni, la registrazione sistematica di indirizzi IP degli utenti e la comunicazione dei loro nominativi e indirizzi postali al titolare dei diritti intellettuali (o a un terzo) per consentire la presentazione di un ricorso per risarcimento danni.

Ammesse, a determinate condizioni, la registrazione sistematica di indirizzi IP degli utenti e la comunicazione dei loro nominativi e indirizzi postali al titolare dei diritti intellettuali (o a un terzo) per consentire la presentazione di un ricorso per risarcimento danni.

Lo ha stabilito la CGUE nella sentenza ECLI:EU:C:2021:492, C-597/19 del 17 giugno 2021.

L'impresa M. presentava una richiesta di informazioni diretta contro un fornitore di accesso a internet presso il Tribunale delle imprese di Anversa, per ottenere una decisione che ingiungesse al fornitore suddetto di produrre i dati identificativi dei suoi clienti sulla base degli indirizzi IP raccolti da una società specializzata per conto dell'impresa M..
Il giudice del rinvio chiede, in primis, alla Corte se la condivisione di segmenti di un file multimediale contenente un'opera protetta sulla suddetta rete «costituisca una comunicazione al pubblico ai sensi del diritto dell'Unione». Chiede, in secondo luogo, se il titolare di diritti di proprietà intellettuale, come l'impresa M., la quale non li sfrutta, ma chiede il risarcimento del danno a presunti autori di violazioni, «possa beneficiare delle misure, delle procedure e dei mezzi di ricorso previsti dal diritto dell'Unione al fine di garantire il rispetto di tali diritti».

Con riguardo alla prima richiesta, la Corte stabilisce che il caricamento dei segmenti, previamente scaricati, di un file multimediale contenente un'opera protetta che utilizza una rete tra utenti (peer-to-peer) costituisce una «messa a disposizione del pubblico di un'opera». L'utente non deve scaricare una soglia minima di segmenti e qualsiasi atto con cui quest'ultimo dia accesso ad opere protette «può costituire un atto di messa a disposizione».
Nel caso in esame, si tratta proprio di un numero indeterminato di destinatari potenziali ed è effettuato presso un pubblico nuovo.

Con riferimento al secondo punto, la Corte ritiene che il titolare dei diritti di proprietà intellettuale, la quale ha ottenuto tali diritti mediante una cessione di crediti e che non li sfrutta, ma chiede il risarcimento del danno a presunti autori di violazioni, possa beneficiare delle misure previste dal diritto dell'Unione, a meno che la sua domanda non sia abusiva e la constatazione di un siffatto abuso deve essere valutata dal giudice del rinvio, altrimenti la domanda deve essere respinta se non è giustificata o proporzionata.

Le imprese acquistano diritti di sfruttamento limitati su talune opere al solo fine di potersi servire dei procedimenti giudiziari per ottenere i nomi e gli indirizzi di tali utenti, dopo avere individuato gli indirizzi IP. Successivamente, vengono inviate a tali utenti richieste risarcitorie per danni subiti da tali imprese, dietro la minaccia di azioni giudiziarie. Tuttavia, invece di avviare ricorso, tali imprese propongono una composizione amichevole, dietro il pagamento di una somma.
Tale comportamento equivale tuttavia a sfruttare «non i diritti economici d'autore, bensì le violazioni di tali diritti, creando in tal modo una fonte di redditi fondata sulla violazione del diritto. Il diritto d'autore viene pertanto deviato dai suoi obiettivi ed utilizzato, per non dire che ne viene fatto abuso, a fini ad esso estranei».

Infine, la Corte dichiara che il diritto dell'Unione «non osta, in linea di principio, né alla registrazione sistematica, da parte del titolare di diritti di proprietà intellettuale o da parte di un terzo per suo conto, di indirizzi IP di utenti di reti tra pari (peer-to-peer) le cui connessioni Internet sono state asseritamente utilizzate in attività di violazione (trattamento dei dati a monte), né alla comunicazione dei nomi e degli indirizzi postali degli utenti a tale titolare o a un terzo ai fini di un ricorso per risarcimento danni (trattamento dei dati a valle)». Tuttavia, tali richieste devono essere giustificate, proporzionate, non abusive e previste da una misura legislativa nazionale «che limita la portata dei diritti e degli obblighi derivanti dal diritto dell'Unione».
Il diritto europeo non prevede alcun obbligo per una società di comunicare a soggetti privati i dati personali per poter avviare, dinanzi ai giudici civili, procedimenti nei confronti delle violazioni del diritto d'autore, ma consente agli Stati membri di imporre un siffatto obbligo.
Ancora, l'articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2004/48, in combinato disposto con l'articolo 3, paragrafo 2, della stessa, deve essere interpretato nel senso che «il giudice nazionale deve negare il beneficio del diritto all'informazione previsto all'articolo 8 di tale direttiva se, alla luce delle circostanze della controversia, esso constata che la richiesta di informazioni è ingiustificata o abusiva».

Fonte: Dirittoegiustizia.it

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.