È abuso di diritto la richiesta repentina del locatore di tutti i canoni di locazione non richiesti da sette anni
22 Giugno 2021
Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 16743/21; depositata il 14 giugno.
La Società agiva in via monitoria per il recupero dei canoni di locazione scaduti e non pagati dal conduttore dal 2004 a fine 2013. Nell'opporsi al pagamento, il conduttore Tizio chiedeva in via riconvenzionale l'accertamento del contratto dissimulato di comodato intervenuto nella Società, ovvero tra sé medesimo e il padre Caio, all'epoca entrambi soci della società, attraverso il quale quest'ultimo avrebbe consentito al figlio il godimento gratuito dell'abitazione in proprietà della società. In primo grado, il giudice adito accoglieva la richiesta monitoria. Nel giudizio di secondo grado, invece, la Corte d'appello riformava parzialmente il provvedimento. In particolare, secondo la Corte territoriale, il contratto di locazione era stato formalizzato nel 2004; inoltre, non vi era mai stata da parte della Società locatrice una richiesta del pagamento del canone pattuito, se non in seguito al divorzio intervenuto tra Tizio e la moglie che aveva dato luogo all'assegnazione della casa coniugale alla ex moglie. Solo in seguito al divorzio, la Società inviava una lettera di diniego di rinnovazione della locazione alla scadenza, seguita da uno sfratto per morosità intimato nei confronti di Tizio nel 2011 (quindi dopo 7 anni), mai però iscritto a ruolo. Detto ciò, la Corte di merito, pur ritenendo efficace il contratto di locazione, ha ritenuto dovuti i canoni maturati solo dalla data della prima richiesta di pagamento operata nel 2011 e sino al rilascio dell'immobile nel dicembre 2013, pari a 10 rate trimestrali. Avverso il provvedimento in commento, entrambe le parti hanno proposto ricorso in Cassazione.
Secondo la S.C., il debitore, in relazione alle circostanze del caso e ai rapporti sociali e familiari connessi al rapporto locatizio, si era trovato improvvisamente a dovere fronteggiare una richiesta di pagamento per una somma che con il trascorrere del tempo era divenuta esorbitante rispetto alla misura periodica concordata. Sicché, la condotta di inerzia del creditore aveva leso il debitore, incorso in un ragionevole affidamento nel senso di intervenuta sostanziale remissione per facta concludentia compiuta da controparte in relazione ai canoni locatizi.
A parere della Corte di legittimità, per quanto accertato in punto di merito, non era stato il silentium in quanto tale la manifestazione di assoluta rinuncia al diritto della locatrice, quale espressione contrattuale di volontà tacita nella forma di comportamento concludente. Piuttosto, l'esercizio repentino del diritto installatosi in una circostanziata situazione di maturato affidamento della sua intervenuta abdicazione, correlata a un assetto di interessi pregresso, aveva integrato un abuso del diritto e comportato, altresì, la negazione di tutela dell'interesse di controparte in considerazione di sopravvenute circostanze nelle quali il giudice di merito aveva riscontrato un conflitto tra le parti determinatosi per altre questioni, pacificamente non collegate al contratto. Con riguardo alla fattispecie in esame, la S.C. ha affermato il seguente principio di diritto: “il principio di buona fede nell'esecuzione del contratto di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c. legittima in punto di diritto l'insorgenza in ciascuna parte dell'affidamento che, anche nell'esecuzione di un contratto a prestazioni corrispettive ed esecuzione continuata, ciascuna parte si comporti nella esecuzione in buona fede, e dunque rispettando il correlato generale obbligo di solidarietà che impone a ciascuna delle parti di agire in modo da preservare gli interessi dell'altra, anche a prescindere tanto da specifici obblighi contrattuali, quanto dal dovere generale del "neminem laedere"; ne consegue che in un contratto di locazione di immobile ad uso abitativo l'assoluta inerzia del locatore nell'escutere il conduttore per ottenerne il pagamento del corrispettivo sino ad allora maturato, protrattasi per un periodo di tempo assai considerevole in rapporto alla durata del contratto, e suffragata da elementi circostanziali oggettivamente idonei a ingenerare nel conduttore un affidamento nella remissione del diritto di credito da parte del locatore per facta concludentia, la improvvisa richiesta di integrale pagamento costituisce esercizio abusivo del diritto”. In conclusione, secondo la S.C., il principio di diritto è stato rispettato dalla Corte territoriale; sicché, per le ragioni esposte, il ricorso di entrambe le parti è stato rigettato. |