La liquidazione del danno parentale secondo Cass. 10579/2021: più che un endorsement per Roma, un invito a Milano

Giuseppe Chiriatti
22 Giugno 2021

La critica mossa dalla Corte alla tabella di Milano appare condivisibile, atteso che la previsione di un amplissimo range monetario tra un valore minimo e un valore massimo è inidonea non solo a garantire uniformità di trattamento, ma prima ancora ad orientare e possibilmente “avvicinare” le parti già nel corso delle trattative stragiudiziali. La pronuncia, dunque, ben potrebbe essere letta come un invito – all'Osservatorio di Milano - a intervenire quanto prima sulla struttura della tabella per la liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale e ciò in ragione del fatto che, a distanza di dieci anni dalla pubblicazione della sentenza Amatucci, la prevalente giurisprudenza di merito continua ad accordare la propria preferenza ai valori monetari espressi dalla tabella meneghina.
Introduzione

Con sentenza n. 10579 del 21 aprile 2021 la Corte di Cassazione è intervenuta in tema di liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale, statuendo che tale pregiudizio “deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul sistema a punti, che preveda, oltre l'adozione del criterio a punto, l'estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l'elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, da indicare come indefettibili, l'età della vittima, l'età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, nonché l'indicazione dei relativi punteggi”.

All'indomani della sua pubblicazione, la pronuncia è stata interpretata da alcuni commentatori come un assist alle tabelle romane (così HAZAN M., Rc auto, danno parentale, dalla Cassazione un «assist» alle tabelle di Roma, 4 maggio 2021) che si porrebbe nel solco della più generale critica mossa dalla Terza Sezione della Corte di Cassazione al “primato” delle tabelle milanesi così come sancito dalla storica sentenza Amatucci (Cass. 12408/2011).

Ed in effetti, non vi è dubbio che il principio di diritto enucleato dalla Corte rievochi quasi pedissequamente i criteri elaborati dal Tribunale di Roma ai fini della liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale (le tabelle romane sono consultabili al sito http://www.tribunale.roma.it/allegatinews/A_24405.pdf).

D'altro canto, ci preme qui evidenziare come la Corte di Cassazione abbia sì espresso il proprio favore per il metodo di calcolo che è stato appunto concepito dal tribunale capitolino, ma non sia giunta ad eleggere formalmente le tabelle romane quale parametro di equità su scala nazionale. Ed è proprio da questa “sfumatura”, apparentemente irrilevante, che muove l'ipotesi posta nel titolo del presente contributo, e cioè che l'intervento della Corte, più che un assist in favore della tabella romana rappresenti un invito – rivolto all'Osservatorio di Milano – a rimettere mano (vedremo più avanti in che termini) alle proprie tabelle.

Una breve premessa: sulla preferenza (tutt'ora) accordata dai giudici di merito alla tabella milanese

La scelta della Cassazione di esprimere il proprio favore per il sistema a punti, senza per questo eleggere le tabelle romane quale parametro di equità su scala nazionale, non può certo sorprendere: ed infatti, la decisione – per mano della sentenza Amatucci – di individuare nelle Tabelle di Milano il criterio di riferimento per la liquidazione equitativa del danno non patrimoniale era stata espressamente giustificata col fatto che “ben sessanta tribunali, anche di grandi dimensioni […] al di là delle diversità delle condizioni economiche e sociali dei diversi contesti territoriali, hanno posto a base del calcolo medio i valori di riferimento per la liquidazione del danno alla persona adottati dal Tribunale di Milano, dei quali è dunque già nei fatti riconosciuta una sorta di vocazione nazionale” (così Cass. 12408/2011).

Ebbene, a distanza di dieci anni, la maggior parte dei tribunali italiani continua ad accordare la propria preferenza alle tabelle di Milano: per l'effetto, un'eventuale ed estemporanea “imposizione” delle tabelle romane quale parametro di equità avrebbe assunto i contorni di una inopportuna forzatura non corroborata da alcuna evidenza empirica e ciò a maggior ragione ove si consideri come, negli anni, la stessa Corte d'Appello di Roma abbia ammesso il ricorso - senza riserva alcuna – alle tabelle milanesi (ex multis Corte d'Appello Roma, Sez. I, Sent., 26/07/2018).

Di quanto sopra, del resto, è ben consapevole la stessa Cassazione che - a distanza di solo due settimane dalla pronuncia in esame – ha chiarito come “la decisione del giudice di merito di avvalersi delle tabelle del Tribunale di Milano sia in sintonia con la giurisprudenza di questa Corte” atteso che “le tabelle milanesi per la liquidazione del danno non patrimoniale si sostanziano in regole integratrici del concetto di equità, atte quindi a circoscrivere la discrezionalità dell'organo giudicante” e pertanto “sono legittimamente adottabili come parametro di riferimento” (Cass. 11719/2021).

In definitiva, il principio espresso da Cass. 10579/2021 – ove adeguatamente coordinato con quello espresso dalla sentenza Amatucci poi riconfermato dalla recentissima Cass. 11719/2021 – ben potrebbe essere interpretato nei termini che seguono: ai fini della liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale occorre tuttora utilizzare i valori monetari espressi della tabella di Milano, ma “declinati” secondo un sistema a punti.

L'attuale struttura della tabella milanese

Fatta tale premessa, occorre nondimeno comprendere per quale ragione, a parere della Corte, l'attuale tabella debba essere “ristrutturata”.

In particolare, volendo enucleare i passaggi più rilevanti della sentenza, il sillogismo svolto dalla Corte può essere così sintetizzato:

a) la tabella para-normativa deve “garantire non solo un'adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l'uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi”;

b) tale duplice funzione è adeguatamente assolta dalle tabelle di Milano per quel che attiene alla liquidazione del danno non patrimoniale da lesione del bene salute (che consente di pervenire ad una quantificazione uniforme del danno standard con possibilità di “personalizzare” il risarcimento in ragione delle peculiarità del caso concreto) ma non anche per quel che attiene alla liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale, dal momento che la tabella meneghina si limita ad individuare un range piuttosto ampio tra un valore minimo ed un valore massimo (secondo la Corte ci ritroveremmo al cospetto di una “clausola generale, di cui si è soltanto ridotto, sia pure in modo relativamente significativo, il margine di generalità”);

c) per ovviare a tale inconveniente occorre, dunque, predisporre “una tabella basata sul sistema a punti, che preveda, oltre l'adozione del criterio a punto, l'estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l'elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, da indicare come indefettibili, l'età della vittima, l'età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, nonché l'indicazione dei relativi punteggi".

Ora, a parere di chi scrive, la censura mossa dalla Cassazione alla tabella di Milano è certamente fondata, atteso che la previsione di un amplissimo range monetario tra un valore minimo e un valore massimo è inidonea non solo a garantire l'uniformità di trattamento, ma prima ancora ad orientare - e possibilmente avvicinare - le parti già nel corso delle trattative che precedono il giudizio (così favorendo il contenzioso).

Oltretutto, le criticità rilevate dalla Corte risultano ulteriormente aggravate dal fatto che nel 2018 l'Osservatorio di Milano, al fine dichiarato di prevenire il riconoscimento automatico del valore monetario posto nel limite inferiore del range, tenne a precisare che “non esiste un minimo garantito da liquidarsi in ogni caso” e che il valore “base” ben potrebbe essere derogato in peius dal Giudice: in altri termini, la tabella per la liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale, stando all'interpretazione “autentica” dell'Osservatorio, può essere oggi descritta come una forbice da 0 (zero) fino al valore massimo (€ 336.500,00/€ 146.120,00) e ciò andrebbe a mortificare ulteriormente l'esigenza di uniformità così come evidenziata dalla Corte (sul punto sia consentito rinviare a CHIRIATTI G., Il “valore monetario base” nella tabella per la liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale, RIDARE, 6 dicembre 2018).

Alla luce di quanto appena riportato, dunque, la ragioni che hanno determinato la Corte a sollecitare una “ristrutturazione” della tabella milanese risultano pienamente condivisibili; ciò che, al contrario, non convince è la soluzione suggerita dalla Corte e, cioè, l'adozione di un sistema a punti.

Sull'applicazione del sistema a punti: alcune note critiche

La liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale, infatti, è determinata dal concorso di alcune variabili, la cui interazione non pare possa essere sintetizzata mediante una mera moltiplicazione del “punto base” per coefficienti ”fissi”.

Quanto sopra risulterà tanto più evidente ove solo si consideri il particolare atteggiarsi di una delle circostanze di maggiore rilievo ai fini della quantificazione del danno e che non casualmente risulta espressamente valorizzato anche dalla tabella romana: quello della convivenza.

Ebbene, non si teme smentita nell'affermare che la convivenza possa risultare maggiormente significativa nell'ambito del rapporto tra nonno e nipote (poiché non particolarmente frequente) di quanto non sia, invece, nell'ambito di una relazione di coppia.

E ancora, l'elemento della convivenza potrebbe assumere un ben diverso “peso” a seconda dall'età della vittima e del superstite. In tale prospettiva si pensi all'ipotesi della perdita di un genitore da parte del figlio:

  • ove quest'ultimo sia minorenne, la convivenza presso la casa familiare non assurge - rispetto all'id quod plerumque accidit - a circostanza eccezionale tale da legittimare un incremento del risarcimento (fermo restando che, in una simile ipotesi, già solo la prossimità del rapporto parentale nonché l'età della vittima e del superstite potrebbero determinare il giudice a liquidare un importo ben superiore al valore “base” della tabella milanese);

  • ove invece il figlio sia maggiorenne e la convivenza col de cuius fosse determinata, ad esempio, da un concreto bisogno di assistenza morale (si pensi all'ipotesi in cui il figlio superstite sia affetto da una disabilità) a quel punto la convivenza assurgerebbe ad elemento certamente significativo e, in quanto tale, meriterebbe di essere adeguatamente valorizzato (anche tenendo conto, ad esempio, del numero di altri familiari conviventi che possano sostituire il de cuius nel prestare assistenza al figlio superstite).

Anche tale ultimo elemento (presenza di altri superstiti) potrebbe assumere un “peso” diverso a seconda del grado di parentela intercorrente tra il de cuius e il superstite: si pensi soltanto alla posizione del nonno che perda uno dei suoi due nipoti e la si confronti con quella di una madre che perda uno dei suoi due figli.

In definitiva, nella liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale il “peso” effettivo di ciascun elemento istruttorio raccolto ben potrebbe variare a seconda dell'effettivo atteggiarsi degli altri (nonché in ragione del grado di parentela tra superstite e de cuius).

L'impiego, dunque, di coefficienti “fissi” (così come suggerito dalla Corte di Cassazione), se da un lato garantisce maggiore certezza, dall'altro si risolve in un'acritica automatizzazione della liquidazione, tantomeno accettabile ove solo si consideri come ci si trovi al cospetto di un danno di natura soggettiva (la sofferenza interiore determinata dalla perdita), la cui valutazione sconta - per definizione - un inevitabile margine di approssimazione e per l'effetto richiede un ben più attento e complessivo esame di tutte le circostanze di fatto da cui possa inferirsi – anche solo presuntivamente – l'effettiva consistenza del pregiudizio (altrimenti non direttamente verificabile).

Si tratta, dunque, come suggestivamente rilevato da un autore, “di dare ‘faccia e numeri' a pregiudizi di gravità tale da non esser di per sé misurabili, tantomeno in termini di equivalente monetario” (così HAZAN M., cit.): per l'effetto, occorre individuare un metodo che pur riducendo l'eccessivo margine di discrezionalità nella liquidazione del danno risulti al contempo “elastico” e consenta al giudice di ricomporre – mediante una sintesi critica e non meramente matematica - tutti gli elementi istruttori raccolti nel corso del processo.

Una proposta per l'Osservatorio di Milano

Alla luce di quanto sopra, una soluzione di compromesso tra la necessità di “preservare” la tabella di Milano (e in particolare i valori monetari ivi espressi) e quella di restringere l'ambito di discrezionalità del giudice nel graduare il risarcimento all'interno del range di riferimento (senza per questo ricorrere ad un acritico automatismo algebrico) potrebbe essere quella di assegnare a ciascuna circostanza di fatto tra quelle indicate dalla Cassazione (età della vittima e del superstite, convivenza, presenza di altri familiari) una quota percentuale rispetto al valore monetario massimo espresso dalla tabella, così individuando il “peso variabile” (da un minimo ad un massimo) che ciascuna circostanza può assumere ai fini della liquidazione del danno.

Giusto per esemplificare e dare contezza della concreta operatività di una tabella così strutturata, occorrerebbe individuare dei sub range nei termini che seguono:

  • l'età del superstite può incidere da 0 al 25% del valore monetario massimo;
  • l'età della vittima può incidere da 0 al 25% del valore monetario massimo;
  • la convivenza può incidere da 0 al 25% del valore monetario massimo;
  • l'assenza di altri familiari può incidere da 0 al 25% del valore monetario massimo.

In tal modo, il giudice resterebbe pur sempre libero - ma entro un più stringente limite convenzionale (e, dunque, uniforme) – di valorizzare ciascuna circostanza in ragione del suo concreto atteggiarsi e della sua effettiva interazione con le altre, fermo restando che, ove ritenga di dover valorizzare al massimo ciascuna delle circostanze emerse e provate in corso di istruttoria, il giudice ben potrà procedere a quel punto con la liquidazione dal valore massimo previsto in tabella.

Oltretutto, adottando una simile soluzione, non sarebbe neppure necessario individuare un valore minimo e, pertanto, verrebbe pienamente assecondato il principio – affermato dall'Osservatorio di Milano nel 2018 – secondo cui “non esiste un minimo garantito da liquidarsi in ogni caso”.

Per ragioni di metodo (ed in questo risiede il “valore aggiunto” delle tabelle di Milano che ha poi determinato la scelta della Cassazione di eleggerle quale parametro di equità a livello nazionale), occorrerebbe procedere, invero, con un'accurata analisi della giurisprudenza di merito al fine di comprendere il “peso” effettivo di ciascun elemento istruttorio nella prassi pretoria e, dunque, restituire agli operatori (giudici, avvocati e liquidatori) uno strumento per la liquidazione che risulti strettamente legato al “diritto vivente”. E proprio in tal senso, la proposta qui formulata potrebbe consentire al Gruppo 3 dell'Osservatorio di Milano di procedere con una prima “sintesi” del lungo monitoraggio in corso da ben tre anni, avente ad oggetto l'analisi di alcune centinaia di sentenze di merito in cui è stata fatta applicazione delle tabelle di Milano.

Oltretutto, anche alla luce di quanto riportato in precedenza, si potrebbe addirittura valutare – in una seconda fase - di ulteriormente focalizzare il monitoraggio al fine di comprendere il concreto atteggiarsi di ogni singola circostanza con riguardo a ciascuno dei rapporti parentali contemplati dalla tabella milanese e, per l'effetto, declinarne il “peso” in percentuale diversa a seconda della tipologia di legame vulnerato dall'illecito.

In conclusione

La pronuncia della Cassazione è certamente condivisibile nella parte in cui rileva che la tabella di Milano non restituisce ad oggi un criterio uniforme di liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale, ma non anche nella parte in cui suggerisce di ricorrere all'impiego di un acritico sistema a punti.

Ed infatti, tale ultima soluzione (che è poi quella praticata dal Tribunale di Roma) si risolve nell'automatica moltiplicazione di un punto base per coefficienti fissi e, dunque, non consente al giudice di pervenire ad un'adeguata sintesi di tutti gli elementi istruttori raccolti e della loro reciproca interazione.

Date tali premesse, la sentenza in commento, più che un endorsement in favore della tabella romana, costituisce dunque un monito se non addirittura un invito all'Osservatorio di Milano affinché vengano quanto prima individuati dei criteri idonei a ridurre la discrezionalità del giudice nella liquidazione del danno (e, aggiungiamo noi, a orientare le parti già nel corso delle trattative stragiudiziali).

In tal senso, non è certo casuale che, sempre nella sentenza in commento, la Cassazione abbia incidentalmente tenuto ad evidenziare che “nell'edizione 2021 delle tabelle milanesi non è comunque più indicato solo l'ammontare complessivo del danno non patrimoniale, inclusivo del danno biologico e del danno morale, ma è stata opportunamente aggiunta l'indicazione dell'importo monetario di ciascuna delle citate componenti, così aderendo alle indicazioni della sopra citata Cass. 25164/2020”.

Ebbene tale passaggio incidentale – proprio perché eccentrico rispetto alla questione di diritto propriamente trattata dalla Corte (e cioè quella attinente alla liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale) – non può che essere letto come una sorta di “gradimento” per la scelta dell'Osservatorio di “adeguarsi” ai suggerimenti della Corte in tema di liquidazione del danno non patrimoniale derivante dalla lesione del bene salute (senza peraltro aver rinnegato la struttura originaria della tabella del 2009).

È pur vero che - a differenza di tale ultima “operazione” (la quale si è risolta in una mera revisione della veste grafica della tabella) - l'intervento richiesto dalla Corte in tema di danno da perdita del rapporto parentale potrebbe risultare maggiormente “invasivo”.

Nondimeno, occorre ribadire ancora una volta come i valori monetari espressi dalla tabella milanese costituiscano un patrimonio “esperienziale” che dev'essere essere adeguatamente custodito, in quanto nessun'altra tabella gode ad oggi - o potrebbe godere nel prossimo futuro - del medesimo “suffragio” (tant'è che la Cassazione, pur esprimendo il proprio favore per il sistema a punti, non ha potuto eleggere le tabelle romane a parametro di equità): ancora una volta, dunque, l'onore e l'onere di trovare una soluzione di compromesso gravano sull'Osservatorio di Milano.

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