Diritto d'accesso e segnalazioni di operazioni sospette antiriciclaggio: un ossimoro?
24 Giugno 2021
Introduzione
La segnalazione effettuata ai sensi dell'art. 41 d.lgs. n. 231/2007 deve ritenersi rientrante nel novero dei documenti attinenti all'attività informativa nei settori istituzionali di cui all'art. 4, lett.c), DM n. 603/1996, e, quindi, deve essere sottratta all'accesso di cui alla l. n. 241/1990.
(Fonte: IlPenalista.it)
La vicenda processuale
Con ricorso del 2018, la Signora (omissis) si costituiva contro il Ministero dell'Economia e delle Finanze, per la riforma della sentenza del Tar Puglia, Sez. Terza, del medesimo anno. Detto provvedimento in sede giurisdizionale amministrativa a sua volta respingeva il ricorso della medesima Appellante avverso un dispositivo dell'Amministrazione del Corpo della Guardia di Finanza, il quale negava l'accesso ai contenuti della segnalazione di operazione sospetta (d'ora in poi, Sos) esaminata dalla medesima Gdf dopo essere pervenuta, ai sensi della normativa c.d. “antiriciclaggio”, alla Compagnia di Monopoli in data 24 febbraio 2016. La decisione del Consiglio di Stato
Con la sentenza in esame il Consiglio ha ritenuto infondato il ricorso in appello. Sembrano aver fatto premio soprattutto le istanze riconducibili alla descrizione che la Polizia giudiziaria – nel caso di specie – ha formulato della fattispecie relativa alla segnalazione in predicato, come presidio ineludibile della legalità della prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio. D'altronde, lo “sbilanciamento” di forze per l'istante era assai difficile da superare. Due delle Autorità “di vigilanza” sul sistema costruito dal d.lgs. n. 231/2007, ossia il Mef e la Gdf, su un tema caro alla operatività delle medesime, oltre che, ovviamente, normato con presidi opportunamente rigidi di riservatezza e trattamento di dati personali. L'organo giurisdizionale si riporta a quanto chiaramente si evince dall'art. 38 del decreto antiriciclaggio, ossia la tutela della riservatezza del segnalante, che da sola basterebbe a escludere qualsivoglia accesso alla Sos, tranne che nei casi tassativamente previsti dalla norma de qua. La (pioneristica) pronuncia che qui si annota mostra allo studioso ed all'operatore, tra i tanti, almeno due profili di stringente attualità. Innanzitutto, va da sé, l'interferenza tra diritto amministrativo e diritto penale. L'azione delle Pubbliche Amministrazioni, impostata alla trasparenza ed al connesso diritto all'accesso della documentazione da queste custodita, si incontra con un ostacolo che, per quanto possa apparire ovvio, non è affatto scevro da considerazioni, che qui sono state fatte, nel tentativo della difesa del ricorrente di riparare quantomeno al danno reputazionale (o presunto tale) del proprio cliente. Riservatezza, segreto, privacy, tutti termini che – se non inquadrati in contesti giuridici e normativi appropriati – tendono inesorabilmente a confondersi in trattazioni che, giova dirlo, sovente risultano superficiali, soprattutto per quanto attiene alla regolamentazione contro il riciclaggio. Nel d.lgs. n. 231/2007 si parla, infatti, di “riservatezza” (al contrario della privacy, se ci si passa la semplificazione, che non si presta a nessuna autorizzazione o deroga, salvo quella di cui alle prossime righe), precisamente al comma 1 del ripetuto art. 38. Detta riservatezza è richiesta sull'identità delle persone che hanno effettuato la Sos. La violazione di tale obbligo comporta sanzioni penali, non a caso. La custodia della suddetta identità è a carico del soggetto che, incaricato (rectius, delegato) all'adempimento segnaletico all'Autorità di vigilanza di settore (Uif, Unità di informazione finanziaria), decide se inoltrare o meno la Sos che ha ricevuto da altro soggetto dipendente dell'azienda o struttura sottoposte agli obblighi di cui al decreto antiriciclaggio. Basti pensare che, ai sensi del comma 3 dell'articolo de quo, “in ogni fase del procedimento, l'Autorità giudiziaria adotta le misure necessarie ad assicurare che l'identità del segnalante sia mantenuta riservata”, e che, in ogni caso, il nominativo del medesimo non può essere inserito nei fascicoli processuali, tranne che la stessa Autorità non disponga diversamente, ma “con provvedimento motivato” da indispensabilità ai fini dell'accertamento dei reati per i quali si procede, “ed assicurando l'adozione di ogni accorgimento idoneo a tutelare il segnalante”. Viene addirittura poi richiamata (merita solo accennarla per quanto qui necessita) la legislazione in materia di attività svolte sotto copertura da agenti di polizia. Qui allora la riservatezza migra a segreto istruttorio, e se possibile si rafforza, sia a livello formale che sostanziale. Secondo chi scrive, questo primo profilo di novità del caso in esame fa premio sul secondo, che si va ad analizzare, seppur brevemente. La seconda questione che qui si intende espungere dalla vicenda in esame è quella relativa proprio ad una accezione di “accesso” che qui non può (e non avrebbe potuto) trovare accoglimento, avendo però cura di precisare che, nel caso di difesa in giudizio da eventuali chiamate in correità sul reato di riciclaggio, è ovvio ritenere che il difensore possa accedere alla Sos, insieme a tutti gli atti del fascicolo a carico del suo assistito. Sempre però che la Sos ci sia, ai sensi di quanto sopra si ricordava, e cioè che il magistrato inquirente, a suo insindacabile giudizio, abbia disposto la deroga all'oscuramento del nominativo del segnalante. Va detto che le eccezioni de quibus non sono rare, e in questa sede non v'è tempo di indugiare su considerazioni di politica del diritto e di prassi giudiziaria. Dovrebbe però accadere - quantomeno secondo una interpretazione letterale della norma, e guardando alla prassi seguita dalle strutture deputate all'analisi delle Sos - che il rapporto (relazione tecnica) della citata Uif, ma anche quelli successivi delle Forze di Polizia deputate all'accertamento dei reati, che prende avvio dopo la trasmissione di detto report dall'Unità di informazione finanziaria, già non dovrebbero contenere i riferimenti di cui si parla in questa nostra annotazione. Ma non va affatto accantonata l'ipotesi che, anche in questo stadio del procedimento, si possano avere dati riconducibili al segnalante che, ad esempio, ha dovuto essere sentito come persona informata da parte delle Autorità investigative. Diventa allora delicatissimo il profilo, che qui non si tratterà poiché giuspenalistico di non poco momento, della considerazione del soggetto segnalante quale “testimone” nell'eventuale processo a carico del soggetto segnalato. La qual cosa non vediamo impossibile, ma certamente da evitarsi e riservare a casi estremi. Il Decreto del Ministero delle Finanze n. 603/1993 pare risolvere in radice questi dubbi, pur essendo “di parte amministrativa”. Infatti, quando esso precisa, all'art. 4 (che viene opportunamente citato nella sentenza che qui è in rassegna), che sono sottratti al diritto di accesso – il che fa nascere il casus belli – i “documenti attinenti all'attività informativa nei settori istituzionali, siano essi originati autonomamente sia che provengano da altri organismi, in Italia o all'estero, con i quali intercorrono rapporti di collaborazione diretta e indiretta”; così come sono, del pari, sottratti a siffatto diritto “i documenti relativi all'attività investigativa, ispettiva e di controllo dalla cui diffusione possa comunque derivare pregiudizio alla prevenzione e repressione della criminalità nei settori di competenza, ciò sarebbe già da considerarsi bastevole a suffragare le tesi vincenti della Corte. Il discorso però si chiude in maniera tombale quando, su tutti, vengono richiamati come off limits “i documenti del Corpo della Guardia di Finanza inerenti all'emanazione di ordini di servizio, nonché all'esecuzione del servizio stesso, relazioni, rapporti, ed informative concernenti l'attività svolta nei settori istituzionali” (lettera i) dell'art. 4). Una apparente miscellanea di norme, che trova in ogni caso la quadra in una efficace sintesi che, anche per lo studioso e l'operatore, risulta di estrema efficacia e utilità prospettiche. Per un approfondimento in materia di regolamentazione antiriciclaggio si rimanda a R.Razzante, Manuale di legislazione e prassi dell'antiriciclaggio, Giappichelli, 2020; AA.VV., Le nuove regole antiriciclaggio, Wolters Kluwer, 2020. Sulla configurazione normativa e operativa delle segnalazioni di operazioni sospette, su tutti, A. Parrotta, R.Razzante, Il sistema di segnalazione interna. Il whistleblowing nell'assetto anticorruzione, antiriciclaggio e nella prevenzione da responsabilità degli Enti, Pacini, 2019; R.Razzante, Riservatezza delle segnalazioni di operazioni sospette di riciclaggio: qualche profilo critico, in Riv. 231, n. 1/2021. Sulla trasparenza amministrativa e il diritto di accesso, A. Aveni, Il diritto di accesso agli atti nella pubblica amministrazione, aggiornato al D. Lgs. n. 97/2016 e alla giurisprudenza del febbraio 2018, La Moderna, 2018; M. Di Rienzo, M. Ferrarini, Manuale operativo sull'accesso civico generalizzato, Santarcangelo di Romagna, Maggioli, 2018; S. Foà, La nuova trasparenza amministrativa, in Diritto Amministrativo, 2017, fasc. 1, pp. 65-99. |