Entro quale termine dev’essere dedotto il difetto di potestas iudicandi degli arbitri?
28 Giugno 2021
F. e N. hanno impugnato dinanzi alla Corte di appello un lodo arbitrale chiedendo ne fosse dichiarata la nullità ai sensi dell'art. 829, comma 1, c.p.c., sul rilievo che le parti avevano previsto di deferire la decisione ad un collegio arbitrale composto ai sensi dell'art. 150 del d.P.R. 554/1999, con la nomina del terzo arbitro, quindi, affidata alla camera arbitrale per i lavori pubblici, il che avrebbe reso la clausola, secondo l'assunto dei deducenti, insanabilmente invalida, essendo tale disciplina pubblicistica inapplicabile nei rapporti tra privati. La Corte d'appello di Ancona ha rigettato l'impugnativa, ritenendo preclusa ogni questione sulla potestas iudicandi degli arbitri. Ricorrono per la cassazione della sentenza della Corte d'appello F. ed N.
La corte ritiene il motivo infondato. Dall'insieme degli artt. 829, comma 1, n. 1) e 817, comma 2, secondo periodo, c.p.c., si ricava, infatti, che l'impugnazione per nullità del lodo per l'ipotesi in cui «la convenzione di arbitrato è invalida», è ammessa a condizione che la parte abbia eccepito nella prima difesa successiva all'accettazione degli arbitri l'incompetenza di questi ultimi per invalidità del compromesso o della clausola compromissoria (salvo il caso – che qui non ricorre – di controversia non arbitrabile). L'invalidità della convenzione di arbitrato degrada dunque a nullità sanabile se non eccepita. Pertanto, nel caso di specie, si sottrae alla censura dei ricorrenti la statuizione della Corte d'appello che ha ritenuto preclusa ogni questione sulla potestas iudicandi degli arbitri in conseguenza della prospettata invalidità della clausola arbitrale, non essendo stata eccepita nel corso del procedimento arbitrale nella prima difesa utile.
Tratto da: www.dirittoegiustizia.it |