Sull'invio della lista testi a mezzo PEC

28 Giugno 2021

Nel processo penale non è consentito alle parti l'uso della PEC per il deposito della lista testi, periti e consulenti tecnici presso gli uffici, perché l'utilizzo di tale mezzo informatico è riservato alla sola cancelleria per le notificazioni ai difensori disposte dall'autorità giudiziaria. Nella fattispecie, peraltro, la Corte ha ritenuto venuto meno lo stesso fondamento della sanzione di inammissibilità conseguente alla violazione delle forme di trasmissione degli atti di parte previste dal codice di rito...
Massima

Nel processo penale non è consentito alle parti l'uso della posta elettronica certificata per il deposito della lista testi, periti e consulenti tecnici presso gli uffici, perché l'utilizzo di tale mezzo informatico – ai sensi dell'art. 16, comma 4, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, conv., con modif., dalla l. 17 dicembre 2012, n. 221 – è riservato alla sola cancelleria per le notificazioni ai difensori disposte dall'autorità giudiziaria.

Nella fattispecie, peraltro, la Corte ha ritenuto venuto meno lo stesso fondamento della sanzione di inammissibilità conseguente alla violazione delle forme di trasmissione degli atti di parte previste dal codice di rito, perché la cancelleria aveva spontaneamente provveduto a stampare su supporto cartaceo e a inserirle tempestivamente nel fascicolo le liste testi pervenute a mezzo PEC.

Fonte: www.ilprocessotelematico.it

Il caso

La Corte di Appello ha integralmente confermato la condanna alla pena di sette anni di reclusione emessa dal Tribunale di Frosinone all'esito del primo grado di giudizio nei confronti dell'imputato, ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 609-bis c.p. per aver costretto un minore infra-quattordicenne a subire e a compiere atti sessuali in due distinte occasioni.

Avverso questo provvedimento, l'imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando, tra l'altro, la violazione dell'art. 468 c.p.p. in ordine alle liste testimoniali depositate sia dal pubblico ministero, sia dalla parte civile a mezzo PEC che la Corte di appello aveva ritenuto ammissibili sull'assunto che fossero state tempestivamente stampate dalla cancelleria su supporto cartaceo. Secondo il ricorrente, tale modalità di trasmissione era da ritenersi ab origine non consentita, essendo precluso alle parti l'utilizzo del mezzo informatico, riservato nel processo penale alle sole notificazioni effettuate dalla cancelleria.

La questione

La questione posta al vaglio della Suprema Corte può essere sintetizzata nel modo seguente: è consentito al pubblico ministero e alle parti private di un processo penale impiegare la posta elettronica certificata per depositare in cancelleria la lista testi? L'eventuale inammissibilità delle liste testi inviate tramite PEC viene meno nel caso in cui la cancelleria abbia spontaneamente provveduto a stampare gli atti pervenuti e ad inserirli nel fascicolo del dibattimento?

Le soluzioni giuridiche

1. La Corte ha ritenuto infondato il motivo di ricorso illustrato.

Pur prendendo atto della graduale trasformazione del sistema processuale in giustizia digitale, in assenza di una espressa norma derogatoria delle disposizioni codicistiche (prevista invece per il giudizio civile dall'art. 16-bis d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modifiche nella l. n. 221/2012), il deposito degli atti di parte nel processo penale non può avvenire con modalità diverse da quelle prescritte dal codice di rito. Per quanto specificamente concerne la lista testimoniale, pertanto, resta ferma la prescrizione del deposito in cancelleria come disposto dall'art. 468, comma 1, c.p.p. (Cass. pen., Sez. III, 26 ottobre 2016, n. 6883).

La ratio sottesa alla sanzione di inammissibilità dell'invio degli atti di parte a mezzo PEC in luogo delle modalità prescritte dal codice risiede nella mancanza del fascicolo telematico, che costituisce l'approdo finale dell'architettura digitale degli atti giudiziari. Manca lo strumento di ricezione e raccolta in tempo reale degli atti del processo trasmessi dalle parti, accessibile e consultabile da costoro così come dal giudice. In assenza di tale ricettore, l'atto depositato a mezzo PEC deve essere di fatto ritenuto inesistente, necessitando, per essere visibile in concreto, dell'attività di stampa da parte della cancelleria e di inserimento del documento stampato nel fascicolo d'ufficio, di formazione e composizione esclusivamente cartacea.

Tale onere aggiuntivo, tuttavia, non può essere posto a carico del personale di cancelleria, non potendosi il mezzo di semplificazione di trasmissione degli atti giudiziari perseguito per mezzo dell'introduzione del processo telematico tradursi in un aggravio degli incombenti dell'ufficio che il nuovo sistema processuale, ancora in corso di elaborazione, intende al contrario alleviare.

Ciò non esclude che, nel caso in cui la cancelleria abbia spontaneamente provveduto, così come è accaduto nella specie per le liste testimoniali trasmesse via PEC dal pubblico ministero e dalla parte civile, a stampare su supporto cartaceo i suddetti atti e ad inserirli nel fascicolo di ufficio in tempo utile rispetto al termine di sette giorni liberi dalla data fissata per il dibattimento, viene meno lo stesso fondamento della sanzione di inammissibilità conseguente alla violazione delle forme di trasmissione degli atti di parte.

La piena visibilità dei documenti prodotti sia per le altre parti del processo sia per il giudice, infatti, supera il vizio originario del mezzo di trasmissione, venendo meno, per mezzo della intervenuta trasformazione successiva in documenti cartacei, visibili, accessibili e consultabili da tutti i protagonisti del processo, le preclusioni che l'invio telematico per sua natura, allo stato, comporta.

Secondo la Corte di cassazione, pertanto, la Corte distrettuale ha correttamente disatteso la contestazione difensiva, rilevando come la tempestiva allegazione al fascicolo del dibattimento delle liste testimoniali in questione non abbia prodotto in concreto nessuna violazione del diritto di difesa per l'imputato, con conseguente inoperatività della sanzione processuale dell'inammissibilità.

Osservazioni

1. Con la sentenza illustrata, la Corte ha ribadito l'indirizzo giurisprudenziale consolidato secondo cui l'art. 468 cod. proc. pen. prevede che le liste dei testimoni, periti e consulenti tecnici debbano essere depositate in cancelleria. La previsione di una modalità tassativa per l'inoltro di tali atti preclude l'utilizzo di strumenti alternativi, come la PEC (Cass. pen., Sez. III, 26 ottobre 2016, n. 6883; Cass. pen., Sez. VI, 6 novembre 2019, n. 5456; Cass. pen, Sez. V, 14 marzo 2019, n. 32019).

L'invio delle liste testi tramite PEC, in particolare, comporterebbe l'onere per la cancelleria ricevente di stampare il documento pervenuto per metterlo a disposizione del giudice e delle altre parti, non essendo stato istituito un fascicolo telematico penale nel quale possa confluire in automatico l'atto inviato dalla parte.

Tale impegno per il personale di cancellerie, oltre ad essere oneroso, necessitando il presidio di una casella di posta elettronica certificata, non è previsto da alcuna norma.

2. Nel caso di specie, tuttavia, la Corte ha rilevato che, pur non essendovi tenuta per legge, la cancelleria aveva provveduto a stampare gli atti pervenuti ed a inserirne copia nel fascicolo d'ufficio. Tale attività, secondo una valutazione del tutto condivisibile, ha fatto venire meno il fondamento della sanzione di inammissibilità conseguente alla violazione delle forme di trasmissione degli atti di parte.

In questa prospettiva, la decisione può essere inscritta nell'ambito di un indirizzo, ricorrente nella giurisprudenza della Suprema Corte in tema di strumenti telematici usati nel processo penale, che assicura la conservazione dell'atto, pur viziato, se è stato in grado di raggiungere lo scopo avuto di mira.

L'esame delle sentenze della Corte, invero, sembra consentire di scorgere la frequente affermazione di alcuni principi che potrebbero fondare la base per una futura riflessione sul processo penale telematico come quello di conservazione degli atti e del raggiungimento dello scopo, che pare ispirare alcune decisioni, soprattutto nei casi in cui non è previsto il rispetto di specifiche forme nel codice di procedura, e quello del rispetto del contraddittorio che, nell'ipotesi di impiego di mezzi telematici, impone di garantire alla difesa il diritto di accesso agli atti digitalizzati in un tempo compatibile con i termini che le sono riconosciuti per l'esercizio delle sue prerogative.

In tema di notificazioni, più specificamente, la Corte di cassazione, valorizzando le previsioni di norme secondarie, ha anche affermato che grava sul destinatario l'onere di osservare la necessaria diligenza per consentire la consegna degli atti (Cass. pen., Sez. III, 18 giugno 2018, n. 51464), spingendosi finanche a sostenere che sussisterebbe un onere di collaborazione, implicito nel sistema e necessario per assicurare la funzionalità del meccanismo telematico (Cass. pen., Sez. V, 18 febbraio 2020, n. 15112).

3. Per completezza deve rilevarsi che, per il periodo dell'emergenza Covid (e cioè fino alla scadenza del termine di cui all'art. 1 dl. 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla l. 22 maggio 2020, n. 35” - e dunque, al momento fino al 31 luglio 2021 ex art. 6 d.l. n. 44 del 2021), l'art. 24, comma 4, dl.28/10/2020, c.d. ristori, ha previsto che “Per tutti gli atti, documenti e istanze comunque denominatidiversi da quelli indicati nei commi 1 e 2, fino alla scadenza del termine di cui all'articolo 1 del decreto legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla l. 22 maggio 2020, n. 35, è consentito il deposito con valore legale mediante posta elettronica certificata inserita nel Registro generale degli indirizzi di posta elettronica certificata di cui all'art. 7 del decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44.

Questa norma, quindi, ha previsto un ampio ricorso alla PEC per l'inoltro di atti, documenti e istanze. Si tratta di una formulazione particolarmente ampia che ben potrebbe ricomprendere anche l'invio delle liste testimoni, periti e consulenti tecnici.

Il successivo comma 5 della medesima disposizione, però, ha stabilito che “Ai fini dell'attestazione del deposito degli atti dei difensori inviati tramite posta elettronica certificata ai sensi del comma precedente, il personale di segreteria e di cancelleria degli uffici giudiziari provvede ad annotare nel registro la data di ricezione e ad inserire l'atto nel fascicolo telematico. Ai fini della continuità della tenuta del fascicolo cartaceo provvede, altresì, all'inserimento nel predetto fascicolo di copia analogica dell'atto ricevuto con l'attestazione della data di ricezione nella casella di posta elettronica certificata dell'ufficio”.

Orbene, è stato necessario introdurre una specifica norma che imponesse al personale di segreteria e di cancelleria degli uffici giudiziari di provvedere, “ai fini della continuità della tenuta del fascicolo cartaceo” all'inserimento in tale fascicolo “di copia analogica dell'atto ricevuto con l'attestazione della data di ricezione nella casella di posta elettronica certificata dell'ufficio” sul presupposto, evidentemente, che tale dovere non fosse previsto dalla legge.

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