La mancanza degli adeguati assetti organizzativi nell'assetto societario

Emanuel Monzeglio
28 Giugno 2021

L'assetto organizzativo è, ai sensi dell'art. 12 CCI, uno degli strumenti di allerta della situazione di crisi. Nell'attuale situazione di profonda difficoltà economica, gli adeguati assetti risultano ancora più necessari ed urgenti rispetto al passato: l'Autore si sofferma sugli adeguati assetti secondo il principio della business judgment rule e sulla responsabilità degli amministratori .
Introduzione

Come è noto, tutti gli imprenditori che operino in forma societaria o collettiva hanno il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale, ex art. 2086 c.c.. L'assetto organizzativo è, ai sensi dell'art. 12 CCI, uno degli strumenti di allerta della situazione di crisi. Nell'attuale situazione di profonda difficoltà economica, gli adeguati assetti risultano ancora più necessari ed urgenti rispetto al passato.

Il recente intervento normativo del 2019 ha focalizzato l'attenzione sul fatto che gli adeguati assetti debbano consentire di rilevare tempestivamente l'insorgere della crisi e della perdita della continuità, nonché di attivarsi tempestivamente per l'adozione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento giuridico per il superamento di essa, (art. 3, comma 2, D. Lgs. n. 14/2019), ponendo come fondamento la “tempestività”. Questo nuovo approccio permette di raggiungere la correlazione tra i principi di corretta amministrazione, gli adeguati assetti e il monitoraggio della continuità aziendale. Quest'ultimo aspetto, cioè la capacità dell'impresa di costituire un complesso economico funzionante destinato alla produzione di reddito (OIC 11, Finalità e postulati del bilancio d'esercizio, § 21), è presupposto fondamentale per accertare precocemente l'inizio della crisi, al fine di pianificare gli interventi da adottare già nel momento in cui la continuità risulta pregiudicata.

Adeguati assetti secondo il principio della business judgment rule

Il legislatore, per la predisposizione di un assetto adeguato, non ha però individuato un “modello obbligatorio” a contenuto specifico: come espresso da una recente pronuncia del Tribunale di Roma (sentenza del 15-24 settembre 2020, in ilsocietario.it, con nota di Maurutto-Turchi, L'applicabilità della business judgment rule alle scelte organizzative e ai doveri di cui all'art. 2086 c.c.), si tratta di un obbligo non predeterminato nel suo contenuto, che acquisisce concretezza solo avuto riguardo alla specificità dell'impresa esercitata e del momento in cui quella scelta organizzativa viene posta in essere”.

Ne consegue che, per definire che gli assetti siano “adeguati”, si rinvia ad una valutazione discrezionale da parte degli organi gestori, orientata sulla base di parametri qualitativi e quantitativi legati alla natura e alla dimensione dell'impresa. Si deve, altresì, precisare che il principio della discrezionalità è applicabile esclusivamente alle scelte gestionali degli amministratori e non è estendibile al rispetto dei loro doveri, sempre obbligatori.

Responsabilità degli amministratori in relazione agli adeguati assetti

Alla luce di quanto sopra esposto, come da posizione del Tribunale di Roma, si ritiene di poter applicare le regole del c.d. business judgment rule anche all'adeguatezza degli assetti, in quanto la funzione organizzativa rientra nel concetto di gestione societaria, nel senso che l'organizzazione diviene espressione di scelte di fondo di tipo gestionale ed è, a sua volta, funzionale all'adozione di decisioni in grado di orientare, influenzare e dirigere la gestione, anche nel momento di crisi(così il Trib. Roma, 15.09.2020, cit.). Infatti, secondo la B.J.R. i giudici non entreranno mai nel merito delle decisioni economiche degli amministratori, se queste sono state adottate con la dovuta diligenza, professionalità e buona fede, in applicazione di quanto prescritto, in termini generali, dagli artt. 1175 e 1375 c.c., ma dovranno limitarsi a valutare la diligenza mostrata da quest'ultimi nell'analizzare preventivamente i margini di rischio delle operazioni che hanno posto in essere.

Conseguentemente, ai sensi dell'ex art. 2392 c.c. all'amministratore di una società non può essere imputato un danno per aver compiuto scelte inopportune dal punto di vista economico, ma il giudizio sulla diligenza nell'adempimento del proprio mandato riguarda solo “l'omissione di quelle cautele, verifiche e informazioni preventive normalmente richieste per una scelta di quel tipo, operata in quelle circostanze e con quelle modalità(così: Cass., n. 3652/1997); gli amministratori, cioè, non possono essere ritenuti responsabili solamente per il cattivo esito di un affare, perché l'eventuale responsabilità giuridica non attiene al merito delle scelte da lui compiute, ma al processo che porta a tale decisione. La motivazione la si può trovare nell'ex art. 2380-bis c.c., in quanto gli amministratori nel dare attuazione alle operazioni necessarie al perseguimento dell'oggetto sociale si trovano regolarmente a dover subire l'inevitabile possibilità d'insuccesso delle iniziative economiche operate, ragione per cui la condotta degli amministratori dovrà essere valutata ex ante, prescindendo dagli esiti, positivi o negativi, delle scelte effettuate. È importante, altresì, sottolineare che le regole del business judgment rule non si applicano indistintamente a qualunque decisione degli amministratori, infatti la valutazione discrezionale deve, comunque, far capo a due criteri di fondamentale importanza: legittimità e ragionevolezza delle scelte.

A conferma di quanto detto, la sentenza della Cass. civ., Sez. I, 22 giugno 2017 n. 15470, seguendo l'orientamento giurisprudenziale (Cass., Sez. I, sentenze n. 3652/1997 e 3409/2013) ha affermato che in tema di responsabilità degli amministratori di società di capitali, per i danni cagionati alla società, l'insindacabilità nel merito delle scelte di gestione trova un limite nella valutazione della ragionevolezza delle stesse” (Mansoldo, Responsabilità degli amministratori di S.p.A., in Ricerche giuridiche, vol. 6, 2017).

Richiamando l'obbligatorietà degli assetti organizzativi imposta dal legislatore, ai sensi dell'art. 2086 c.c., ed applicando i principi della business judgment rule, l'amministratore, nel predisporre gli assetti societari, dovrà dimostrare di aver recepito tutte le informazioni possibili, di aver effettuato tutte le verifiche a sua disposizione e aver agito secondo la diligenza professionale nelle scelte effettuate.

Infatti, a tal proposito, non potrà ritenersi responsabile l'amministratore che abbia predisposto delle misure organizzative che, con una valutazione ex ante, erano adeguate, secondo le sue conoscenze e secondo gli elementi a sua disposizione, a verificare tempestivamente la perdita della continuità aziendale; parimenti, non potrà essere ritenuto responsabile l'amministratore che pur avendo tempestivamente rilevato, grazie alla struttura organizzativa predisposta, il venir meno della continuità aziendale, ponga in essere interventi che successivamente si rivelino inutili ad evitare la degenerazione della crisi, sempre sulla base di una valutazione ex ante, qualora tali interventi non risultino manifestatamente irrazionali ed ingiustificati (Trib. Roma, cit.).

Considerazioni conclusive

Ricapitolando, quindi, gli amministratori non possono incorrere in responsabilità per i danni cagionati per aver compiuto scelte, legittime e razionali, inopportune dal punto di vista economico previa l'attenta valutazione delle informazioni raccolte e dei risultati ottenuti dalle verifiche effettuate; al contrario potranno, invece, incorrere in responsabilità per i danni cagionati alla società, ex art. 2392 c.c., nel momento in cui gli stessi abbiano compiuto scelte e intrapreso operazioni in assenza di informazioni, senza le dovute verifiche, e queste siano risultate manifestatamente imprudenti o assolutamente sproporzionali rispetto ai mezzi finanziari e patrimoniali della società, dando così adito di non avere agito con la diligenza dovuta in funzione della natura dell'incarico.

In conclusione si può dedurre che, la predisposizione degli adeguati assetti organizzativi ai sensi dell'art. 2086 c.c. è una condizione essenziale per far sì che il procedimento decisionale possa uniformarsi al dovere di agire in modo diligente e conforme alla “corretta amministrazione” in modo tale da arrivare ad affrontare la crisi anticipatamente rispetto al passato, focalizzandosi attentamente sul monitoraggio della continuità aziendale, sulle verifiche, sulle informazioni da recepire e sulla legittimità delle proprie scelte cosicché si possa trovare “protezione” nel principio della business judgment rule.

Resta fermo il fatto che la mancata adozione di qualsivoglia misura organizzativa comporti una responsabilità dell'organo gestorio in particolare quando si rimane inerti di fronte ai segnali indicatori di una situazione di crisi e/o perdita della continuità.

Fonte: ilsocietario.it

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